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Crisi Ucraina: la guerra non dichiarata

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Ci si domanda se la legislazione emergenziale non rappresenti una sorta di discesa in guerra non dichiarata avvenuta senza preventiva autorizzazione parlamentare.

Giornali e media rilanciano la notizia della dichiarazione da parte del Governo di un nuovo “stato di emergenza” nazionale, collegato al conflitto tra Russia e Ucraina.

In verità una ricerca sulle fonti ufficiali non ha prodotto altro risultato che l’emissione di due decreti legge da parte del Governo, riguardanti il conflitto, nei quali però non si rinviene alcuna vera dichiarazione di emergenza nazionale ai sensi del Decreto Legislativo 1/2018.

Appare invece decisamente inquietante la decisione del Governo di emanare atti aventi forza di legge, senza un preliminare riscontro parlamentare, che prevedono molteplici deroghe a norme generali, la cui disciplina ha lo scopo di regolamentare la partecipazione italiana a quelli che potrebbero essere considerati veri e propri atti di guerra e la cessione di armamenti ad altri stati.

Il 25 febbraio 2022 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale ed è entrato immediatamente in vigore il Decreto Legge 25.2.22 n. 14 [1].

Esso prevede quanto segue:

“…Ritenuta la straordinaria necessità e urgenza, connessa alla grave crisi internazionale in atto in Ucraina, di emanare disposizioni in deroga alla predetta legge 21 luglio 2016, n. 145 per assicurare la partecipazione di personale militare alle iniziative della NATO per l’impiego della forza ad elevata prontezza, denominata Very High Readiness Joint Task Force (VJTF) [2];…

Ritenuta la straordinaria necessità e urgenza di emanare disposizioni, in deroga alla predetta legge 21 luglio 2016, n. 145, per assicurare la prosecuzione, per l’anno 2022, della partecipazione di personale militare al potenziamento dei citati dispositivi della NATO; …

Ritenuta la straordinaria necessità e urgenza di emanare disposizioni per la cessione di mezzi e materiali di equipaggiamento militari alle autorità governative dell’Ucraina e per semplificare le procedure di erogazione di aiuti alle autorità e alla popolazione del medesimo Paese; …

Articolo 1 È autorizzata, fino al 30 settembre 2022, la partecipazione di personale militare alle iniziative della NATO per l’impiego della forza ad elevata prontezza, denominata Very High Readiness Joint Task Force (VJTF). 2. È autorizzata, per l’anno 2022, la prosecuzione della partecipazione di personale militare al potenziamento dei seguenti dispositivi della NATO: a) dispositivo per la sorveglianza dello spazio aereo dell’Alleanza; b) dispositivo per la sorveglianza navale nell’area sud dell’Alleanza; c) presenza in Lettonia (Enhanced Forward Presence); d) Air Policing per la sorveglianza dello spazio aereo dell’Alleanza.

Articolo 2 È autorizzata, per l’anno 2022, la spesa di euro 12.000.000 per la cessione, a titolo gratuito, di mezzi e materiali di equipaggiamento militari non letali di protezione alle autorità governative dell’Ucraina.

Articolo 3 Per gli interventi di assistenza o di cooperazione in favore delle autorità e della popolazione dell’Ucraina, fino al 31 dicembre 2022, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e l’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo sono autorizzati a procedere in deroga alla legge 11 agosto 2014, n. 125, alle relative disposizioni attuative e a ogni disposizione di legge diversa da quella penale, fatto salvo il rispetto del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, nonché dei vincoli inderogabili derivanti dall’appartenenza all’Unione europea. Gli interventi di cui al presente articolo sono deliberati dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale o dal Vice Ministro delegato ai sensi dell’articolo 11, comma 3, della legge 11 agosto 2014, n. 125….

Il 28 febbraio 2022 è stato poi pubblicato il Decreto Legge n. 16 [3] immediatamente entrato in vigore, che stabilisce:

“… Ritenuta la straordinaria necessità e urgenza, connessa alla grave crisi internazionale in atto in Ucraina, di emanare disposizioni in deroga alla legge 9 luglio 1990, n. 185 e agli articoli 310 e 311 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 e alle connesse disposizioni attuative per sostenere le autorità governative ucraine, mediante la cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari, semplificando le procedure vigenti, in coerenza con le esigenze di prontezza operativa che la crisi internazionale in atto richiede; …

Articolo 1 Fino al 31 dicembre 2022, previo atto di indirizzo delle Camere, è autorizzata la cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell’Ucraina, in deroga alle disposizioni di cui alla legge 9 luglio 1990, n. 185 e agli articoli 310 e 311 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 e alle connesse disposizioni attuative. 2. Con uno o più decreti del Ministro della difesa, di concerto con i Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale e dell’economia e delle finanze, sono definiti l’elenco dei mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari oggetto della cessione di cui al comma 1 nonché le modalità di realizzazione della stessa, anche ai fini dello scarico contabile.”

Appare fondamentale conoscere le normative richiamate (non a caso) per derogarle, nei due D.L. sopra riportati.

Iniziamo allora dalla Legge 145/2016 [4]. Essa stabilisce quanto segue:

Articolo 1 Al di fuori dei casi di cui agli articoli 78 [5] e 87 [6], nono comma, della Costituzione, la partecipazione delle Forze armate, delle Forze di polizia ad ordinamento militare o civile e dei corpi civili di pace a missioni internazionali istituite nell’ambito dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) o di altre organizzazioni internazionali cui l’Italia appartiene o comunque istituite in conformità al diritto internazionale, comprese le operazioni militari e le missioni civili di polizia e per lo Stato di diritto dell’Unione europea, nonché a missioni finalizzate ad eccezionali interventi umanitari, è consentita, in conformità a quanto disposto dalla presente legge, a condizione che avvenga nel rispetto dei principi di cui all’articolo 11 della Costituzione [7], del diritto internazionale generale, del diritto internazionale dei diritti umani, del diritto internazionale umanitario e del diritto penale internazionale. 2. Rientra nell’ambito di applicazione della presente legge l’invio di personale e di assetti, civili e militari, fuori del territorio nazionale, che avvenga secondo i termini della legalità internazionale, delle disposizioni e delle finalità costituzionali, in ottemperanza agli obblighi di alleanze o ad accordi internazionali o intergovernativi, o per eccezionali interventi umanitari ...

Si tratta della normativa che disciplina l’utilizzo delle Forze Armate al di fuori dello Stato di Guerra ufficialmente dichiarato ponendo limiti e presupposti ben precisi.

Disciplina che è conformata, obbligatoriamente, all’articolo 11 della costituzione, cioè al ripudio della guerra anche come “mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.

La Legge 125 del 2014 contiene invece la “Disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo”, con le relative regole per il suo svolgimento pacifico, la cui finalità “contribuisce alla promozione della pace e della giustizia e mira a promuovere relazioni solidali e paritarie tra i popoli fondate sui principi di interdipendenza e partenariato.

Ancora, la legge 185/1990 [8] stabilisce “norme sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento” e a tal fine sancisce:

Articolo 1. L’esportazione, l’importazione e il transito di materiale di armamento [9], nonché la cessione delle relative licenze di produzione, devono essere conformi alla politica estera e di difesa dell’Italia. Tali operazioni vengono regolamentate dallo Stato secondo i principi della Costituzione repubblicana che ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. 2. L’esportazione, l’importazione e il transito dei materiali di armamento, di cui all’articolo 2, nonché la cessione delle relative licenze di produzione, sono soggetti ad autorizzazioni e controlli dello Stato. 3. Il Governo predispone misure idonee ad assecondare la graduale differenziazione produttiva e la conversione a fini civili delle industrie nel settore della difesa. 4. Le operazioni di esportazione e transito sono consentite solo se effettuate con governi esteri o con imprese autorizzate dal governo del paese destinatario. 5. L’esportazione ed il transito di materiali di armamento, nonché la cessione delle relative licenze di produzione, sono vietati quando siano in contrasto con la Costituzione, con gli impegni internazionali dell’Italia e con i fondamentali interessi della sicurezza dello Stato, della lotta contro il terrorismo e del mantenimento di buone relazioni con altri Paesi, nonché quando manchino adeguate garanzie sulla definitiva destinazione dei materiali. 6. L’esportazione ed il transito di materiali di armamento sono altresì vietati: a) verso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i principi dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, fatto salvo il rispetto degli obblighi internazionali dell’Italia o le diverse deliberazioni del Consiglio dei ministri, da adottare previo parere delle Camere; b) verso Paesi la cui politica contrasti con i principi dell’articolo 11 della Costituzione; c) verso i Paesi nei cui confronti sia stato dichiarato l’embargo totale o parziale delle forniture belliche da parte delle Nazioni Unite o dell’Unione europea (UE); d) verso i Paesi i cui governi sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani, accertate dai competenti organi delle Nazioni Unite, dell’UE o del Consiglio d’Europa [10]; e) verso i Paesi che, ricevendo dall’Italia aiuti ai sensi della legge 26 febbraio 1987, n. 49, destinino al proprio bilancio militare risorse eccedenti le esigenze di difesa del paese; verso tali Paesi è sospesa la erogazione di aiuti ai sensi della stessa legge, ad eccezione degli aiuti alle popolazioni nei casi di disastri e calamità naturali.”

Mentre gli articoli 301 e 311 del Decreto Legislativo 66/2010[11] disciplinano, rispettivamente, la cessione di beni mobili, a titolo oneroso il primo, ed a titolo gratuito il secondo, tra i quali sono compresi anche materiali bellici e armamenti. Ma l’articolo 311 stabilisce anche che “La cessione di materiali d’armamento dichiarati obsoleti per cause tecniche in favore dei soggetti di cui al comma 1 (Paesi in via di sviluppo e Paesi partecipanti al partenariato per la pace, nell’ambito dei vigenti accordi di cooperazione; organismi di volontariato di protezione civile iscritti negli appositi registri, n.d.r.) è consentita esclusivamente per materiali difensivi previo parere vincolante delle competenti Commissioni parlamentari.

Ucraina e Russia, rammentiamo, fanno entrambe parte dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, ma nessuna delle due è invece membro della NATO (North Atlantic Treaty Organization), né della Unione Europea, e dunque nessuna delle due può essere considerata formalmente alleata dell’Italia. Entrambe sono però vincolate ai regolamenti dell’ONU per la risoluzione delle controversie fra gli stati membri. Ancora, infine, esse sono in conflitto da molti anni fra loro[12], conflitto nel quale molte persone hanno già perso la vita [13].

Tornando alla disamina della normativa italiana, va annotato che, in primo luogo, nessuno dei Decreti Legge contiene “dichiarazioni di stato di emergenza” ai sensi del Decreto Legislativo 1/2018 (codice della protezione civile), che disciplina gli “eventi emergenziali di protezione civile”, per quanto il Decreto Legge 16/21 contenga disposizioni relative alla gestione dell’emergenza profughi [14].

È anche indispensabile comprendere che cosa sia la Very High Readiness Joint Task Force, per la quale, in deroga alle previgenti leggi, è stata disposta la proroga della partecipazione italiana.

Sul sito della NATO si legge:

Gli alleati della NATO hanno deciso di rafforzare la NRF nel 2014 creando una “forza di punta” al suo interno, nota come Very High Readiness Joint Task Force (VJTF).
Questa NRF rafforzata è una delle misure del Readiness Action Plan (RAP), che mira a rispondere ai cambiamenti nell’ambiente di sicurezza e rafforzare la difesa collettiva dell’Alleanza.
Il comando generale della NRF appartiene al Comandante supremo alleato in Europa (SACEUR)
[15].

La Very High Readiness Joint Task Force è una Brigata terrestre multinazionale composta da 5.000 militari, con forze marittime, aeree e speciali disponibili, avanguardia della NATO Response Force, capace di essere schierata in qualsiasi parte del mondo entro 2-3 giorni dall’attivazione, di arrivare a pieno organico entro 5 giorni e di essere rinforzata da due brigate pesanti (carri da combattimento, veicoli della fanteria, ecc.) nei giorni a seguire.

Si tratta dunque di un esercito vero e proprio, interforze, in assetto da combattimento e completamente equipaggiato.

Sempre sul sito della NATO, si legge ancora che “In risposta all’invasione non provocata e ingiustificata dell’Ucraina da parte della Russia nel febbraio 2022, la NATO ha attivato per la prima volta elementi della NRF in un ruolo di deterrenza e difesa. Gli alleati hanno piazzato migliaia di truppe aggiuntive - insieme a veicoli corazzati, unità di artiglieria, navi e aerei - ad alta prontezza stanziate per la NRF, assicurando che continui ad avere la velocità, la reattività e la capacità per difendere il territorio e le popolazioni della NATO.” [16]

L’Italia sta dunque partecipando e il Governo ha deciso che continui a partecipare, senza una preventiva decisione parlamentare, ad una “azione” militare di “deterrenza e difesa”, di cui non si conosce però il futuro svolgimento.

Contemporaneamente, il Governo italiano ha stabilito, in deroga a leggi precedenti, contenenti limiti ben precisi a tali ipotesi, di fornire gratuitamente armamenti, non solo difensivi, allo stato ucraino, in tal modo uscendo dal ruolo di neutralità di stato non belligerante e divenendo sostanzialmente “alleato” dell’Ucraina, contro la Russia. Che la posizione italiana sia questa, peraltro, appare evidente anche dalle dichiarazioni, a dir poco sconsiderate, del Ministro degli Esteri nei confronti del capo di stato russo Putin [17].

Tale scelta di campo e la relativa modalità di esecuzione, compiuta dal Governo italiano senza alcun preventivo mandato parlamentare, con la forma della decretazione d’urgenza, presta però il fianco a critiche sotto il profilo giuridico di legittimità scelta di continuare a legiferare per mezzo di Decreti Legge, scavalcando il potere legislativo costituzionalmente stabilito [18].

Se, infatti, emergenziale può essere considerata la necessità di provvedere alle necessità dei civili ucraini, sia in loco, sia profughi all’estero, non altrettanto urgente appare la decisione di appoggiare lo Stato straniero in una guerra, che anche se appare iniziata con l’invasione russa, ha invece radici lontane nel tempo e prodromi annosi di provocazioni reciproche, già sfociate nell’occupazione ed annessione russa della Crimea e negli accordi di Minsk del 2014 e 2015, cui l’Ucraina stessa ha però apertamente rifiutato di dar corso.

Senza prendere le parti di alcuno dei contendenti, ci si domanda, dunque, se tale forma di legislazione emergenziale sia legittima, in assenza di un effettivo pericolo immediato per la nazione italiana ed essendo stata espressamente emanata in deroga a normative generali specificamente previste a tutela dello stato, e volte ad evitare pericolose scelte di natura sostanzialmente bellica, senza una ragionata e collettiva decisione democraticamente assunta, finanche in violazione della Carta costituzionale e del generale principio di rigetto della guerra quale mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.

Appare, infatti, evidente che la scelta di abbandonare lo stato di neutralità, che impone il divieto di fornire aiuti bellici offensivi ad uno dei due stati belligeranti (nessuno dei quali, lo si ripete, può essere considerato suo alleato), metta l’Italia in una posizione decisamente sbilanciata e oltremodo pericolosa.

Infatti, oltre ad impedirle da ora in poi di adoperarsi diplomaticamente per la risoluzione del conflitto, come sarebbe invece suo preciso dovere imposto dall’appartenenza alla Società delle Nazioni, la scelta di fornire armamenti ad uno dei due stati in guerra la pone in una situazione di non belligeranza attiva, ma anche di non neutralità, trasformandola di fatto in “alleata” di uno dei due contendenti e facendo sorgere obblighi di cui è ignota la portata.

Infine, ci si domanda se, addirittura, questa legislazione emergenziale non rappresenti una sorta di discesa in guerra non dichiarata, da parte dell’Italia nei confronti della Russia, avvenuta con atto governativo, senza preventiva autorizzazione parlamentare.

Si ricorda che, quando l’Italia ha partecipato ad azioni NATO in situazioni di guerra, lo ha sempre fatto inviando militari da utilizzare come “osservatori” nell’ambito di operazioni ONU (Decreto Legge 12/99) o come “contingente di pace” con scopi umanitari di soccorso ai profughi (Decreto Legge 110/99), come avvenne nel 1999 nell’ex Jugoslavia.

La non neutralità che si trasformi in belligeranza collaterale, con l’invio di armamenti offensivi, comporterebbe inoltre una gravissima violazione dell’articolo 78 Costituzione, che prevede la deliberazione dello stato di guerra da parte delle Camere, le quali stabiliscono e conferiscono anche i poteri (ed i relativi limiti agli stessi) necessari al Governo.

La discesa in guerra senza deliberazione delle Camere da parte del Governo, sarebbe insomma assolutamente illegittima e travolgerebbe ogni atto normativo ed amministrativo consequenziale, aprendo la porta a responsabilità gravissime per tutto il Consiglio dei Ministri e, non ultimo, il Presidente della Repubblica, garante della Costituzione e firmatario dei Decreti Legge in oggetto.