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Crocifisso a scuola: parlano le Sezioni Unite

Antelope Canyon
Ph. Antonio Capodieci / Antelope Canyon

Sulla permanenza dell’esposizione di tale simbolo si fronteggiano due orientamenti. Per il primo, si tratterebbe di un’icona avente un valore storico-culturale tale da non collidere con il principio di laicità; per il secondo, il crocifisso rappresenterebbe un vero e proprio simbolo religioso capace di condizionare le coscienze, la cui affissione in luoghi pubblici, quali le aule scolastiche, determinerebbe una evidente lesione del principio di laicità dello Stato.

Come si vedrà di seguito, la Suprema Corte, statuendo l’illegittimità dell’obbligo di esposizione del crocifisso, ha aderito al secondo orientamento, seppur con alcuni temperamenti.

 

Crocifisso a scuola: la disciplina

La disciplina dell’esposizione del crocifisso nei luoghi pubblici risale innanzitutto a disposizioni regolamentari di carattere confessionista contenute nello Statuto Albertino, oltre che alla normativa emanata nel periodo fascista, che resero l’esposizione del crocifisso obbligatoria nelle aule delle scuole di ogni ordine e grado, negli uffici pubblici in generale e, infine, nelle aule giudiziarie.

Ad oggi non vi sono disposizioni di legge che regolano l’esposizione del crocifisso ma esclusivamente fonti regolamentari applicabili alle scuole elementari e medie. Il riferimento è ad alcuni regolamenti che includono il crocifisso tra gli arredi scolastici: si tratta dell’art. 118 del regio decreto 30 aprile 1924, n. 965, e dell’art.  119 del regio decreto 26 aprile 1928, n. 1297.

Emerge, così, un quadro normativo particolarmente debole, considerata la mancanza di una previsione legislativa rivolta a disciplinare la fattispecie.

In ogni caso, la presenza del crocifisso nelle aule delle scuole statali costituisce una vera propria tradizione, venendo soventemente intesa quale espressione del patrimonio identitario del popolo italiano.

Per cui, secondo alcuni, a prescindere dal suo fondamento normo-positivo, l’esposizione del crocifisso troverebbe un suo fondamento legale in una consuetudine dettata da una pratica costante e generalizzata suscettibile di rivelare una effettiva voluntas populi e di integrare, quindi, gli estremi di una opinio iuris et necessitatis.

Tuttavia, tale disciplina deve, in ogni caso, fare i conti e bilanciarsi con l’avvento della Costituzione e del principio di laicità nelle sue diverse inclinazioni.

 

Crocifisso a scuola: il principio di laicità

Il principio di laicità dello Stato non è contenuto in un preciso articolo della Costituzione, ma è stato ricavato in via ermeneutica dalla Corte Costituzionale attraverso una lettura costituzionalmente orientata degli articoli 2, 3, 7, 8, 19, 20 Cost., a partire dalla storica sentenza 12 aprile 1983 n. 203, con la quale è stato riconosciuto espressamente tale supremo principio, da intendersi non come indifferenza dello Stato innanzi alle religioni, ma come equidistanza, imparzialità e garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà di religione, in un regime di pluralismo confessionale e culturale.

Il principio di laicità mira, pertanto, a realizzare un sistema inclusivo e aperto di neutralità e di pari riconoscimento del pregio dei singoli convincimenti etico-religiosi.

È quindi evidente come con l’avvento della Costituzione repubblicana venga meno il previgente regime confessionale e il crocifisso non possa più rappresentare un simbolo identificativo della stessa Repubblica italiana, sconfinando dall’ordine religioso a quello civile.

Si tratta ora di capire se il venir meno dell’obbligo di esposizione si traduca in un vero e proprio divieto di presenza del crocifisso (o di altri simboli religiosi) nelle aule scolastiche.

 

Crocifisso a scuola: la parola alle Sezioni Unite

Con sentenza 6 luglio - 9 settembre 2021, n. 24414, la Suprema Corte ha fatto luce sulla questione. La decisione trae le mosse da un caso riguardante un professore di una scuola superiore che, contravvenendo a una circolare del dirigente scolastico, all’inizio delle proprie lezioni rimuoveva il simbolo religioso dalla parete, per poi riappenderlo al termine delle stesse.

La circolare del DS recepiva, tra l’altro, la richiesta di affissione del simbolo proveniente dagli studenti riuniti in assemblea e confermata dal consiglio di classe.

Per tale comportamento al docente venne inflitta la sanzione disciplinare della sospensione dall’insegnamento per trenta giorni. Sanzione disciplinare prontamente impugnata innanzi al Tribunale di Terni prima e, alla Corte di Appello di Perugia poi, dallo stesso docente, il quale lamentava il carattere discriminatorio e lesivo della sua libertà di insegnamento e di coscienza in materia religiosa, della circolare in questione, nonché della sanzione disciplinare subita.

In realtà, in entrambi i gradi di giudizio il ricorso venne respinto in quanto, secondo i giudici, il comportamento del docente integrerebbe una violazione dei doveri di formazione ed educazione propri di ogni insegnante, poiché la questione dell’affissione del crocifisso era stata oggetto di plurimi approfondimenti. In particolare, il giudice d’appello ha rilevato come l’esposizione del crocifisso non sia lesiva di diritti inviolabili della persona né possa essere, di per sola, fonte di discriminazione tra individui di fede cristiana e soggetti appartenenti ad altre confessioni.

Con la sentenza fiume di sessantacinque pagine, in commento, le Sezioni Unite ribaltano e annullano la pronuncia della Corte d’Appello perugina, statuendo alcuni importantissimi principi di diritto.

In particolare, per il Supremo Collegio:

  •  “in base alla Costituzione repubblicana, ispirata al principio di laicità dello Stato e alla salvaguardia della libertà religiosa positiva e negativa, non è consentita, nelle aule delle scuole pubbliche, l’affissione obbligatoria, per determinazione dei pubblici poteri, del simbolo religioso del crocifisso”; “l’articolo 118 del Regio decreto n. 965 del 1924, che comprende il crocifisso tra gli arredi scolastici, deve essere interpretato in conformità alla Costituzione e alla legislazione che dei principi costituzionali costituisce svolgimento e attuazione, nel senso che la comunità scolastica può decidere di esporre il crocifisso in aula con valutazione che sia frutto del rispetto delle convinzioni di tutti i componenti della medesima comunità, ricercando un “ragionevole accomodamento” tra eventuali posizioni difformi”.

È per tali motivi illegittima la circolare del dirigente scolastico che, nel richiamare tutti i docenti della classe al dovere di rispettare e tutelare la volontà degli studenti, espressa a maggioranza in assemblea, di vedere esposto il crocifisso nella loro aula, non cerchi un ragionevole accomodamento con la posizione manifestata dal docente dissenziente. L'illegittimità della circolare determina l'invalidità della sanzione disciplinare inflitta al docente per aver egli, contravvenendo all'ordine di servizio contenuto nella circolare, rimosso il crocifisso dalla parete dell'aula all'inizio delle sue lezioni, per poi ricollocarlo al suo posto alla fine delle medesime.

In conclusione, l’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche, a seguito di tale interpretazione evolutiva ad opera delle Sezioni Unite, non è più atto dovuto ma si trasforma in facoltà.

In tal modo la Corte, seppur enunciando un principio di diritto estremamente attento all’effettivo rispetto del principio di laicità, rimette la soluzione alla logica del caso per caso, affidando la soluzione ai singoli istituti scolastici, ammettendo, oltretutto, la possibilità di procedere mediante l’affissione di ulteriori simboli di altre fedi religiose o di convinzioni ideologiche-filosofiche presenti in classe.

I Giudici concludono, infine, ribadendo il ruolo passivo del simbolo in considerazione, affermando che lo stesso non implica propaganda né tantomeno proselitismo, non richiedendo, a causa della fissità e staticità che lo contraddistingue, alcuna adesione ai valori che ispira. Da ciò consegue che il foro interno del docente non può dirsi intaccato per la presenza del simbolo in sé considerato né può dirsi lesa la sua libertà di autodeterminazione o la libertà di coscienza, posto che la sola presenza del crocifisso non impone al docente di aderire alla confessione religiosa né gli impedisce ex ante di mostrare la propria non credenza, pur nel rispetto della sensibilità religiosa della comunità studentesca.

Pertanto, la circolare del dirigente scolastico, seppur illegittima, non integra una forma di discriminazione a causa della religione nei confronti del docente e non determina alcuna conseguenza di natura risarcitoria, poiché si limita a recepire la volontà degli studenti in ordine alla presenza del crocifisso.