Dirigenti Scolastici: mobilità per assistenza a disabile

Handicap
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Il Tribunale Ordinario di Cuneo, Giudice del Lavoro, Dott.ssa Daniela Rispoli, con ordinanza dell’11.11.2020, ha accolto il ricorso di un Dirigente Scolastico, avente ad oggetto il riconoscimento dei benefici della Legge 104/1992, ai fini della mobilità interregionale, per l’anno scolastico 2020/2021. Il Dirigente Scolastico assegnato come primo incarico presso un Istituto comprensivo della provincia di Cuneo, che non aveva ottenuto il nulla osta di trasferimento da parte dell’Ufficio Scolastico Regionale per il Piemonte, verso un’Istituzione scolastica dell’Ufficio Scolastico Regionale per la Toscana.

Il Giudice del Lavoro Cuneese con l’ordinanza ha accolto il ricorso del Dirigente, il quale ha evidenziato dei profili molto interessanti, vediamoli insieme.

Innanzitutto il Giudice ha ritenuto la propria giurisdizione, respingendo le richieste formulate da parte del Ministero dell’Istruzione sul punto, evidenziando che è pacifico che le questioni relative alla procedura di mobilità del personale docente appartengano alla giurisdizione del giudice ordinario, e che debba essere qualificato come diritto soggettivo l’interesse pregiudicato da decisioni assunte in materia dal Ministero, con poteri riconducibili a quelli propri del datore di lavoro (cfr. da ultimo Cass. 20.02.2020, n. 4318).

 

Legge 5 febbraio 1992 n. 104

Evidenziando che l’articolo 33, della Legge 5 febbraio 1992 n. 104 (Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate) prevede, nell’attuale formulazione, al comma 3 che: "A condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa… Il dipendente ha diritto di prestare assistenza nei confronti di più persone in situazione di handicap grave, a condizione che si tratti del coniuge o di un parente o affine entro il primo grado o entro il secondo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti".

Il comma 5 dispone poi che: "Il lavoratore di cui al comma 3 ha diritto a scegliere ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede″.

 

Decreto Legislativo del 16 aprile 1994 n. 297

Al contempo l’articolo 601 Decreto Legislativo 16.4.1994 n. 297 – testo unico in materia di istruzione – stabilisce poi che “gli articoli 21 e 33 della legge quadro 5 febbraio 1992 n. 104, concernente l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate si applicano al personale di cui al presente testo unico” (co. 1) e che “le predette norme comportano la precedenza all’atto della nomina in ruolo, dell’assunzione come non di ruolo e in sede di mobilità” (co. 2).

È insegnamento giurisprudenziale costante quello secondo cui “La posizione di vantaggio ex articolo 33 si presenta come un vero e proprio diritto soggettivo di scelta da parte del familiare-lavoratore che presta assistenza con continuità a persone che sono ad esse legate da uno stretto vincolo di parentela o di affinità. La ratio di una siffatta posizione soggettiva va individuata nella tutela della salute psico-fisica del portatore di handicap nonché in un riconoscimento del valore della convivenza familiare come luogo naturale di solidarietà tra i suoi componenti.” (così Cass SS. UU. del 27.3.2008, n. 7945).

 

Cassazione a Sezioni Unite. Legge 104/1992

Dunque, il Tribunale di Cuneo ha ribadito che pur se non assoluto (“ove possibile”), tale diritto può recedere solo ove incompatibile con le esigenze economiche e organizzative del datore di lavoro, in quanto in tali casi – segnatamente per quanto attiene ai rapporti di lavoro pubblico – potrebbe determinarsi un danno per la collettività (cfr. Cass. civ., n. 18030/2014; Cass. civ. n. 3896/2009; Cass. civ. SS.UU. n. 7945/2008).

Ed è “onere del datore di lavoro provare la sussistenza di ragioni di natura organizzativa, tecnica o produttiva, che impediscono di accogliere la richiesta di un’assunzione, o anche di trasferimento, presso una sede di lavoro vicina al domicilio della persona disabile che si assiste”.

In applicazione dei principi sovranazionali della tutela della persona disabile, al quale va data attuazione mediante meccanismi di solidarietà, la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, anche con recente ordinanza del 22.03.2018, n. 7120, ha ribadito che al dipendente va riconosciuto il diritto soggettivo al lavoro presso una sede prossima alla residenza del congiunto (madre) da assistere.

La Suprema Corte ha precisato che la disposizione dell’articolo 33 comma 5 della legge n. 104/1992 deve essere interpretata in termini costituzionalmente orientati, alla luce dell’articolo 3 comma 2° Costituzione, dell’articolo 26 della Carta di Nizza e della Convenzione delle Nazioni del 13.12.2006 sui diritti dei disabili, ratificata con legge n. 18 del 2009, in funzione della tutela della persona disabile (cfr. Corte di Cassazione, 7.6.2012 n. 9201).

Le misure previste dall’articolo 33 comma 5 devono dunque intendersi come razionalmente inserite in un ampio complesso normativo – riconducibile al principio sancito dall’articolo 3 comma 2 Costituzione – che deve trovare attuazione mediante meccanismi di solidarietà che, da un lato, non si identificano esclusivamente con l’assistenza familiare e, dall’altro, devono coesistere con altri valori costituzionali (cfr. da ultimo Corte di Cassazione, n. 24015/2017).

Ne consegue che le posizioni giuridiche soggettive in capo agli interessati, proprio per il loro fondamento costituzionale e di diritto sovranazionale, vanno individuate quali diritti soggettivi (e non interessi legittimi) ma richiedenti, di volta in volta, un bilanciamento necessario di interessi, con il relativo onere probatorio in capo al datore di lavoro (cfr. sull’onere probatorio Corte di Cassazione, 18.2.2009 n. 3896).

Come chiarito anche recentissimamente dalla S.C. con ordinanza 6150 del 01.03.2019, “ferma la qualificazione come "diritto" della posizione soggettiva del lavoratore nella scelta della sede di lavoro più vicina al familiare da assistere, e in tal senso si esprime l’articolo 33, comma 5 cit., non vi è dubbio che tale diritto non sia incondizionato (come reso evidente dall’inciso "ove possibile" contenuto nella norma) ma debba essere oggetto di un bilanciamento con altri diritti e interessi del datore di lavoro, ai sensi dell’articolo 41 Costituzione; tale bilanciamento, come già statuito da questa Corte (Cass. n. 24015 del 2017; n. 25379 del 2016; n. 9201 del 2012), “dovrà valorizzare le esigenze di assistenza e di cura del familiare disabile del lavoratore col solo limite di esigenze tecniche, organizzative e produttive, allegate e comprovate da parte datoriale, non solo effettive ma anche non suscettibili di essere diversamente soddisfatte”.

La ricostruzione del quadro normativo nazionale e sovranazionale e dei principi giurisprudenziali sopra richiamati induce dunque a ritenere che nel necessario bilanciamento di interessi e di diritti del lavoratore e del datore di lavoro, aventi ciascuno copertura costituzionale, dovranno essere valorizzate le esigenze di assistenza e di cura del familiare disabile del lavoratore, occorrendo salvaguardare condizioni di vita accettabili per il contesto familiare in cui la persona con disabilità si trova inserita ed evitando riflessi pregiudizievoli dal trasferimento del congiunto ogni volta che le esigenze tecniche, organizzative e produttive non risultino effettive e comunque insuscettibili di essere diversamente soddisfatte (Corte di Cass., n. 25379/2016; Corte di Cass., n. 9201/2012).

Sempre con riferimento al suddetto specifico istituto, la Cassazione, ha avuto modo di chiarire anche che i diritto di precedenza non opera solo in fase di costituzione del rapporto, bensì anche nel corso dello stesso: In materia di assistenza ai portatori di handicap, l’articolo 33, comma 5, della l. n. 104 del 1992, nel testo modificato dalla l. n. 53 del 2000 e dalla l. n. 183 del 2010, circa il diritto del lavoratore che assiste un disabile in situazione di gravità di scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio, va interpretato nel senso che tale diritto può essere esercitato, al ricorrere delle condizioni di legge, oltre che al momento dell’assunzione, anche nel corso del rapporto di lavoro, deponendo in tal senso il tenore letterale della norma, in coerenza con la funzione solidaristica della disciplina e con le esigenze di tutela e garanzia dei diritti del soggetto portatore di handicap previsti dalla Costituzione e dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ratificata e resa esecutiva con l. n. 18 del 2009.” (Cass. civ. Sez. Lav., 01.03.2019, n. 6150).

Quanto infine alla portata della richiamata disposizione anche la giurisprudenza di merito più autorevole ha chiarito che : “... tale norma di favore, benché non attribuisca un diritto assoluto, non può tuttavia essere pretermessa, ove si discuta della individuazione della sede di lavoro di un lavoratore che ne sia beneficiario, né consente che tale diritto sia sacrificato se non a fronte di rilevanti esigenze economiche, organizzative o produttive dell’impresa, che è onere del datore di lavoro allegare, prima, e provare, poi” (v. ex multis Tribunale Roma - Sez. Lav., 10.01.2019, n.111).

Riconoscimento da parte della giustizia amministrativa dei benefici concessi dalla Legge 104/1992

La giurisprudenza amministrativa ha coerentemente osservato che “compete piuttosto all’Amministrazione accertare se, pur in presenza di posti vacanti in organico, si oppongano all’assegnazione alla sede richiesta valutazioni legate ad esigenze di organizzazione del servizio ritenute inderogabili e pertanto prevalenti sulla garanzia dell’attività assistenziale cui è finalizzato il beneficio; di una simile verifica, in particolare, l’Amministrazione è tenuta a dare puntuale motivazione, con adeguata illustrazione delle circostanze che dovessero impedire l’assegnazione/trasferimento oggetto di domanda, anche per evitare un sostanziale svuotamento dell’istituto delle agevolazioni concesse ai familiari della persona disabile, sì da dover essere la decisione calibrata sui dati di fatto emergenti dall’istruttoria e fondarsi su specifiche esigenze organizzative interne, non potendosi, in definitiva, l’Amministrazione limitare ad invocare generiche esigenze di corretta organizzazione e buon andamento degli uffici”. (così T.A.R. Bologna, (Emilia-Romagna), sez. I, 05/04/2016, n. 379).

Per altri versi con la nota ministeriale 5 giugno 2020, prot. n. 14232, il Ministero, nel fornire indicazioni operative per disciplinare le operazioni di mobilità dei dirigenti, raccomanda di tenere “in debita considerazione, oltre ai criteri normativi e contrattuali sopra richiamati, la disciplina prevista dalla Legge n. 104/1992”.

 

Costituzionalmente garantiti i diritti della Legge 104/1992

In più occasioni la Consulta ha avuto modo di ribadire che la Legge 104/1992 è finalizzata alla tutela della salute psico-fisica del disabile, e che il ruolo delle famiglie «... resta fondamentale nella cura e nell’assistenza dei soggetti portatori di handicap» , spiegando anche che il diritto alla salute psico-fisica, ricomprensivo della assistenza e della socializzazione, va garantito e tutelato, al soggetto con handicap in situazione di gravità, sia come singolo che in quanto facente parte di una formazione sociale per la quale, ai sensi dell’articolo 2 Costituzione, deve intendersi «ogni forma di comunità, semplice o complessa, idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione, nel contesto di una valorizzazione del modello pluralistico».

È stato anche chiarito dalla Consulta che “la legge n. 104 del 1992 ha sicuramente un particolare valore, essendo finalizzata a garantire diritti umani fondamentali, come ha più volte avuto occasione di affermare la Corte anche con specifico riferimento all’articolo 33, c. 5.” (da Corte Costituzionale, 22.07.2002 n. 372).

Inoltre l’assistenza del disabile e, in particolare, il soddisfacimento dell’esigenza di socializzazione, in tutte le sue modalità esplicative, costituiscono fondamentali fattori di sviluppo della personalità e idonei strumenti di tutela della salute del portatore di handicap, intesa nella sua accezione più ampia di salute psico-fisica (Corte Costituzione n. 213 del 2016; n. 158 del 2007 e n. 350 del 2003). Ne consegue che il diritto alla salute psico-fisica, comprensivo della assistenza e della socializzazione, deve essere garantito e tutelato al soggetto con handicap in situazione di gravità, sia come singolo che in quanto facente parte di una formazione sociale per la quale, ai sensi dell’articolo 2 Costituzione, deve intendersi «ogni forma di comunità, semplice o complessa, idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione, nel contesto di una valorizzazione del modello pluralistico» (Corte Costituzione n. 213 del 2016; n. 138 del 2010), ivi compresa appunto la comunità familiare.

Con specifico riferimento, poi, all’articolo 33 comma 5 della Legge 104/’92, va premesso che lo stesso persegue la duplice finalità di garantire continuità di assistenza al malato con handicap – e comunque il diritto dello stesso di essere assistito da persona di famiglia, ex se idonea a garantire l’affectio di cui ogni malato necessita – e di assicurare anche il diritto del lavoratore di prestare assistenza al proprio familiare.

Ne consegue che il diritto di cui all’articolo 33 co. 5 costituisce una effettiva forma di tutela del diritto alla salute. È stato infatti chiarito che “La garanzia della vicinanza del luogo di lavoro rispetto alla residenza è strumento che agevola la tutela dell’integrità fisica del disabile” (da Corte Costituzionale, 18.07.1997 n. 246).

Il Giudice Cuneese a fronte del rilievo costituzionale dei diritti riconosciuti dalla legge 104/92, e dell’inequivocità del disposto dell’articolo 601 del decreto legislativo n. 297/1994 (“Tutela dei soggetti portatori di handicap”), stabilisce in maniera netta che “1. Gli articoli 21 e 33 della legge quadro 5 febbraio 1992, n. 104, concernente l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate si applicano al personale di cui al presente testo unico. 2. Le predette norme comportano la precedenza all’atto della nomina in ruolo, dell’assunzione come non di ruolo e in sede di mobilità”, non può sostenersi che le disposizioni del CCNL e del bando di concorso possano costituire l’espressione di quelle ragioni organizzative idonee a limitare l’esercizio del diritto di cui alla l. 104/92, dal momento che dette ragioni devono ravvisarsi in specifiche esigenze concrete fondate su puntuali circostanze fattuali e non possono dunque risolversi in una scelta aprioristica e generalizzata di esclusione di determinati soggetti dalla fruizione dei benefici.