Diritto e tecnologia, chi è il più veloce? Teorie a confronto
Diritto e tecnologia, chi è il più veloce? Teorie a confronto
La funzione tradizionale del diritto è garantire la pacifica convivenza dei cittadini e la disciplina delle “regole di base” del vivere civile.
Negli ultimi decenni la produzione giuridica ha dovuto affrontare il problema della velocità con cui cambiano gli ambiti per la sua applicazione.
“Legiferare è sempre una scelta che implica soluzioni di problemi tecnici di grandi difficoltà” (E. Severino)
La funzione tradizionale del diritto è garantire la pacifica convivenza dei cittadini e la disciplina delle “regole di base” del vivere civile. Le dimensioni della sovrastruttura giuridica che permea le nostre vite è però immensa, tanto da far pensare che il Legislatore sia andato oltre alle regole essenziali e entri nel dettaglio delle regole del mondo moderno.
Se i mondi da regolare diventano più di uno le cose si complicano ulteriormente!
Stiamo parlando di metaverso, a tutti gli effetti, un mondo parallelo. Il Legislatore si trova ad affrontare una sfida immensa: regolare un mondo che per sua natura nasce come sistema diffuso, a-territoriale, a-politico, a-temporale e, soprattutto, in continua evoluzione.
La domanda se il diritto sia in grado di correre alla stessa velocità dell’evoluzione tecnologica sorge spontanea ed il giurista americano Lawrence Lessing, nel 1999, negli anni del boom di Internet tentò di darne una risposta. La tesi di fondo del suo libro – Code is law – è che il codice digitale rappresenti una forma di condizionamento del comportamento umano e dunque una forma di norma non meno efficace e importante delle norme che promanano dal diritto statale.
Per Lessing non vanno studiate solo le regole giuridiche, ma anche le regole tecnologiche e che hanno una natura totalmente diversa dalle regole giuridiche.
Più in dettaglio Lessing ritiene si possano definire quattro norme differenti che regolano il mondo come lo conosciamo:
- il codice informatico
- le norme del mercato
- le norme sociali
- il diritto statale.
Il ruolo del diritto sembra avere una natura solamente residuale. A questa sensazione rispondono due filosofi e giuristi italiani: Natalino Irti ed Emanuele Severino.
Irti ritiene che il diritto, per quanto indebolito, sia capace di regolare la tecnica: prevarrà l’esigenza di raggiungere scopi attraverso norme ordinatorie.
Severino, invece, prevede l’estinzione del diritto dal momento che dovrà solo “subordinare il proprio scopo alla tecnica” e quest’ultima, avendo come scopo la propria crescita infinita, tenterà di asservire a sé quelle arti che invece hanno carattere trascendentale.
Quali saranno gli esiti di questa “lotta per la sopravvivenza” nessuno lo può sapere.
Sta di fatto che la nuova produzione giuridica si fonda sempre più sull’analisi delle fattispecie reali e sempre meno su dogmi e, purtroppo, le università italiane non sono all’avanguardia sul tema.
L’approccio casistico è tuttora sconosciuto – a differenza di quanto accade nelle Università che fanno formazione nei sistemi di common law – e nel nostro Paese molti studenti si laureano in Giurisprudenza senza aver mai letto una sentenza.
È evidente la necessità di inserire nei piani di studio esami ispirati al metodo socratico.
Ciò permetterebbe di formare studenti reattivi alle nuove esigenze giuridiche, e capaci di riconoscere le scelte di politica del diritto sottese ad ogni soluzione.
Tornando alla domanda iniziale, se il diritto è in grado di correre alla stessa velocità dell’evoluzione tecnologica, possiamo rispondere che dovrà farlo perché, se gli altri fattori possono venir meno, per ovvie ragioni, la giurisprudenza dei tribunali non può tacere.