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Entrata in vigore del Trattato di Lisbona: risvolti sulla tutela dei diritti della persona, in particolare della dignità umana

SOMMARIO

1. Introduzione

2. La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea assurta a diritto primario dell’Unione

3. La nuova disciplina del risarcimento del danno morale a seguito della sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 26972/2008

4. Il risarcimento del danno alla dignità morale: le varie espressioni di tale diritto

4.1 Autonomia della lesione al diritto alla integrità morale rispetto al danno biologico

4.2. Risarcimento del danno morale da “mobbing”: il diritto alla dignità professionale

4.3. Danno per la perdita di ore di tempo libero: esclusione del risarcimento

5. Il diritto all’assistenza sociale come fine per assicurare un’esistenza dignitosa

6. Conclusioni

SUMMARY

1. Introduction

2. Bestowal to Charter of Fundamental Rights of the European Union of same legal value as the Treaties

3. New discipline of moral damages indemnity after Supreme Court of Cassation at “Sezioni Unite” (in its plenary composition) judgement n. 26972/2008

4. Indemnity to Human dignity: the different forms of this right

4.1 Independence of damages to mental integrity as regards to health injuries

4.3 Mobbing moral damages: the right to pursue a freely chosen or accepted occupation

4.3 Damages to “waste of spare time”: no recovery 5. Social assistance in order to ensure a decent existence

6. Conclusions

1. Introduzione

Il Trattato di Lisbona dell’Unione Europea (TUE) è entrato in vigore, il primo dicembre 2009, quasi in sordina sia tra gli operatori del diritto – i quali generalmente lo “scoprono” imbattendosene quasi per caso – sia, a maggior ragione, tra la gente comune.

La novità principale è stata la “successione” alla Comunità Europea dell’Unione Europea (art. 1), ma, per i più, tali strutture e istituzioni rimangono concetti astratti e non tangibili.

In verità il Trattato di Lisbona ha introdotto anche norme destinate ad avere conseguenze sulla vita di tutti noi (rectius, ha già prodotto diverse conseguenze) in particolar modo in materia di diritti inalienabili della persona i quali vengono, dall’art. 2 del TUE, posti a fondamento dell’Unione.

2. La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea assurta a diritto primario dell’Unione

La novità più importante si ha invece con l’attribuzione espressa alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea stesso valore dei Trattati. Alla luce del nuovo art. 6 TUE, la Carta di Nizza dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (adottata il 7 dicembre 2000) assurge a diritto primario avente quindi carattere cogente al pari dei Trattati. Il Trattato di Lisbona, in questo modo, interviene arricchendo il diritto europeo di un insieme di diritti civili, politici, economici e sociali giuridicamente vincolanti non solo per l’Unione e per le sue Istituzioni, ma anche per gli Stati Membri (cfr. Arlotta Antonio, La tutela dei diritti dell’uomo a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona: rapporti tra normativa interna e CEDU, nota a TAR Milano Lombardia, 15.9.2010, n. 5988, sez. III, Giur. Merito 2011, 2, 525). Si precisa appena che, prima del Trattato di Lisbona, a tale Carta, sebbene recepisse tutti i diritti che la Corte di Giustizia aveva fino a quel momento garantito in via giurisprudenziale, non era conferito alcun valore giuridico vincolante. I diritti e le libertà maggiormente significativi riconosciuti e affermati – tra gli altri – dalla Carta di Nizza sono il diritto alla dignità umana (art. 1), il diritto alla vita (art. 2), il diritto all’integrità della persona (art. 3), il diritto di sposarsi e di costituire una famiglia (Art. 9), il diritto al lavoro (art. 15) e il diritto all’assistenza sociale (art. 34).

Questo scritto si concentrerà sul diritto alla dignità morale il cui riconoscimento espresso (art. 1) ha comportato a livello pratico notevoli risvolti, specialmente in materia di risarcimento del danno morale, come si va di seguito ad esporre.

3. La nuova disciplina del risarcimento del danno morale a seguito della sentenza delle Sezioni Unite n. 26972/2008

In materia di risarcimento del danno morale, indispensabile è l’analisi della sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 26972 del 2008 la quale ha risolto un contrasto tra orientamenti giurisprudenziali sorto negli ultimi anni: il primo orientamento era favorevole alla configurabilità, come autonoma categoria, del danno esistenziale inteso come qualsiasi compromissione delle attività realizzatrici della persona umana (quali la lesione della serenità familiare o del godimento di un ambiente salubre); il secondo invece negava dignità concettuale alla nuova figura di danno: il danno non patrimoniale, essendo risarcibile solo nei casi previsti dalla legge – tra i quali rientrano i casi di lesione di valori della persona costituzionalmente garantiti – manca del carattere dell’atipicità.

Di conseguenza, secondo quest’ultimo orientamento, non sarebbe stato possibile concepire categorie generalizzanti, come quella del danno esistenziale, che avrebbero finito per privare il danno non patrimoniale del carattere della tipicità.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione sopra citate sposano la seconda teoria restrittiva completandola nei termini seguenti: l’art. 2059 c.c., che prevede il risarcimento del danno non patrimoniale, non delinea una distinta fattispecie di illecito produttiva di danno non patrimoniale, ma consente la riparazione anche dei danni non patrimoniali, nei casi determinati dalla legge. Pertanto “l’art. 2059 c.c. è norma di rinvio. Il rinvio è alle leggi che determinano i casi di risarcibilità del danno non patrimoniale” (punto 2.4).

I casi in cui la legge riconosce il risarcimento del danno non patrimoniale sono i seguenti:

- in primo luogo, l’art. 185 c.p. prevede la risarcibilità del danno patrimoniale conseguente a reato ("Ogni reato, che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarcimento il colpevole e le persone che, a norma delle leggi civili, debbono rispondere per il fatto di lui"). -

 Vi sono casi di risarcimento dei danni non patrimoniali previsti da leggi ordinarie in relazione alla compromissione di valori personali (L. n. 117 del 1998, art. 2: danni derivanti dalla privazione della libertà personale cagionati dall’esercizio di funzioni giudiziarie; L. n. 675 del 1996, art. 29, comma 9: impiego di modalità illecite nella raccolta di dati personali; D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 44, comma 7: adozione di atti discriminatori per motivi razziali, etnici o religiosi; L. n. 89 del 2001, art. 2: mancato rispetto del termine ragionevole di durata del processo).

- Al di fuori dei casi determinati dalla legge, in virtù del principio della tutela minima risarcitoria spettante ai diritti costituzionali inviolabili, la tutela è estesa ai casi di danno non patrimoniale prodotto dalla lesione di diritti inviolabili della persona riconosciuti dalla Costituzione.

Per effetto di tale estensione, va ricondotto nell’ambito dell’art. 2059 c.c., il danno da lesione del diritto inviolabile alla salute (art. 32 Cost.) denominato danno biologico, del quale è data, dal D.Lgs. n. 209 del 2005, artt. 138 e 139, specifica definizione normativa (sent. n. 15022/2005; n. 23918/2006). Trova adeguata collocazione nella norma anche la tutela riconosciuta ai soggetti che abbiano visto lesi i diritti inviolabili della famiglia (artt. 2, 29 e 30 Cost.) (sent. Cass. n. 8827 e n.8828/2003), concernenti la fattispecie del danno da perdita o compromissione del rapporto parentale nel caso di morte o di procurata grave invalidità del congiunto).

Eguale sorte spetta al danno conseguente alla violazione del diritto alla reputazione, all’immagine, al nome, alla riservatezza, diritti inviolabili della persona incisa nella sua dignità, preservata dagli artt. 2 e 3 Cost. (sent. n. 25157/2008).

Con questa sentenza, in poche parole, la Suprema Corte ha “bacchettato” le richieste risarcitorie e le duplicazioni di danni c.d. morali nel caso di lesioni minime al danno alla salute implicanti disagi trascurabili al danneggiato. Ha inoltre sancito che il danno esistenziale sia sì risarcito ma non nei casi di danni cosiddetti bagatellari, cioè di poco conto e non incidenti su diritti costituzionalmente garantiti, come ad esempio il danno morale per vacanza rovinata.

4. Il risarcimento del danno alla dignità morale: le varie espressioni di tale diritto

Come sopra detto, in codesto rinnovato e rigoroso contesto di risarcimento del danno morale, il Trattato di Lisbona e la Carta di Nizza forniscono una chiara ed espressa protezione costituzionale a determinati diritti fondamentali, diretta esplicazione del diritto alla dignità morale.

E’ difatti importante osservare che le norme del Trattato e, quindi, di conseguenza le norme che hanno pari valore al Trattato, si trovano sullo stesso grado gerarchico della Costituzione e delle leggi costituzionali [Il fondamento giuridico del primato delle norme comunitarie sul diritto interno, con il solo limite dei principi supremi del nostro ordinamento, è stato individuato dalla Corte Costituzionale nell’art. 11 Costituzione fin dagli anni ’70, nel senso che, in forza di tale articolo, l’ordinamento italiano può limitare la propria sovranità, e pertanto può attribuire a livello costituzionale determinate competenze normative all’Unione. All’art. 11 Cost., si è ora aggiunta la formulazione espressa prevista dall’art. 117, primo comma, Cost. dell’obbligo di rispettare i vincoli posti dall’ordinamento comunitario (Legge Costituzionale 18.10.2011, n.3)], pertanto il riconoscimento dei sopra elencati diritti e libertà li eleva al livello di diritti costituzionalmente garantiti. Si riscontrano già casi di applicazione pratica della Carta di Nizza:

4.1 autonomia della lesione al diritto alla integrità morale rispetto al danno biologico

Fino al 2008, le tabelle di liquidazione del danno (vedi ad esempio la tabella di Milano) quantificavano il danno morale automaticamente e unicamente nella misura di 1/3 del danno biologico (o danno alla salute) senza possibilità di personalizzazione della richiesta di risarcimento in relazione, ad esempio, alla gravità della lesione – oltre a quelle fisiche – alla propria integrità e dignità morale.

Il caso tipico é quello di un errore medico che comporti la compromissione degli organi sessuali: e’ evidente che in tale caso il danno alla salute e’ pari o quasi meno rilevante del danno alla vita sessuale e alla vita di coppia del danneggiato.

La Corte di Cassazione con sentenza n. 5795/2008 ha modificato tale sistema di liquidazione del danno morale, stabilendo che "nel caso di accertamento di un danno biologico di rilevante entità e di duratura permanenza, il danno morale, come lesione della integrità morale della persona (art. 2 e 3 della Costituzione in relazione al valore della dignità anche sociale, ed in correlazione alla salute come valore della identità biologica e genetica) non può essere liquidato in automatico e pro quota come una lesione di minor conto. Il danno morale è ingiusto così come il danno biologico, e nessuna norma costituzionale consente al giudice di stabilire che l’integrità morale valga la metà di quella fisica".

La Cassazione ha pertanto ribadito la “autonomia ontologica del danno morale”, autonomia che “deve essere considerata in relazione alla diversità del bene protetto, che attiene alla sfera della dignità morale delle persone” e “pure attiene ad un diritto inviolabile della persona” (Cass. n. 29191/2008; Cass. n. 379/2009, Cass. n. 557/2009 e Cass. n. 11059/2009).

La stessa Corte, dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, con sentenza del 10.03.2010 n° 5770 ha ribadito che: «……al fine della liquidazione del danno non patrimoniale, è appena il caso di ricordare che nella quantificazione del danno morale la valutazione di tale voce di danno, dotata di logica autonomia in relazione alla diversità del bene protetto, che pure attiene ad un diritto inviolabile della persona ovvero all’integrità morale, quale massima espressione della dignità umana, desumibile dall’art. 2 della Costituzione in relazione all’art. 1 della Carta di Nizza, contenuta nel Trattato di Lisbona, ratificato dall’Italia con legge 2 agosto 2008 n. 130, deve tener conto delle condizioni soggettive della persona umana e della concreta gravità del fatto, senza che possa quantificarsi il valore dell’integrità morale come una quota minore proporzionale al danno alla salute, dovendo dunque escludersi la adozione di meccanismi semplificativi di liquidazione di tipo automatico» (si confronti anche Cassazione civile sez. III 12 dicembre 2008, n. 29191; Tribunale di Bari sez. III 19 novembre 2009 n. 3478).

E’ evidente, comparando le due sentenze prima e dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, come quest’ultimo abbia rafforzato il valore del diritto all’integrità morale, il quale viene riconosciuto autonomamente rispetto al danno biologico in sé.

4.2. Risarcimento del danno morale da “mobbing”: il diritto alla dignità professionale

L’art. 15 della Carta di Nizza riconosce il diritto di ogni individuo di lavorare e di esercitare una professione liberamente scelta o accettata. Con sentenza 2352 del 2 febbraio 2010 la Suprema Corte, in un caso vertente sul risarcimento dei danni non patrimoniali derivanti da mobbing, ha affermato che “la Corte di appello, nel negare il danno da demansionamento, sul rilievo che esso riguardava esclusivamente il datore di lavoro (art. 2103 cod. civ.), e nel negare il danno patrimoniale dal lucro cessante, per la riduzione della attività professionale privata, compie una errata applicazione delle norme richiamate dal ricorrente a sostegno della sua causa petendi e cioè dell’art. 2043 c.c., come clausola generale del neminem laedere e dell’art. 2059 c.c., che non delinea una distinta figura di illecito produttiva di danno non patrimoniale, ma consente la riparazione anche dei danni non patrimoniali, nei casi determinati dalla legge e secondo la lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c., come norma deputata alla tutela risarcitoria del danno patrimoniale nella sua più ampia accezione (cfr. SU citata, in preambolo punti 2.2., 2.3., 2.8).

In buona sostanza il Dr. E. ha inteso tutelare una posizione di diritto soggettivo, costituzionalmente protetta, in relazione ad una attività professionale altamente qualificata ed esercitata nel campo della cardiochirurgia pediatrica. Il lavoro del professionista rientra in vero negli ambiti degli artt. 1 e 4 Cost., art. 35 Cost., comma 1, secondo le teorie organicistiche e laburistiche anche europee (cfr. art. 15, comma 1 della Carta di Nizza, recepita dal Trattato di Lisbona, e diritto vigente anche per l’Italia), e pone il lavoratore professionista in uno status costituzionalmente protetto, per le connotazioni essenziali e le condizioni di qualificazione e dignità della professione; in altri termini un una posizione soggettiva costituzionalmente protetta”.

Nella medesima sentenza si trova un altro riferimento al diritto alla dignità morale e alla Carta di Nizza: “Una ultima puntualizzazione dev’essere posta in relazione alla entrata in vigore del Trattato di Lisbona (1 dicembre 2009) che recepisce la Carta di Nizza con lo stesso valore del Trattato sulla Unione e per il catalogo completo dei diritti umani. I giudici del rinvio dovranno ispirarsi anche ai principi di cui all’art. 1 della Carta, che regola il valore della dignità umana (che include anche la dignità professionale) ed allo art. 15 che regola la libertà professionale come diritto inviolabile sotto il valore categoriale della libertà”.

4.3. danno per la perdita di ore di tempo libero: esclusione del risarcimento

La Corte invece ha stabilito, a seguito dell’orientamento adottato dalle Sezioni Unite del 2008 in materia (sentenza sopra citata), che il "tempo libero" (nella specie, impiegato per il disbrigo di pratiche per il ripristino dell’utenza telefonica illegittimamente sospesa) - diversamente da quello impiegato per il lavoro - non costituisce, di per sé, un diritto fondamentale della personalità tutelato a livello costituzionale (art. 2 e 3 cost.) e sovranazionale (dalla Cedu ovvero dalla Carta di Nizza, alla quale è assegnato lo stesso valore dei Trattati dell’Unione europea), giacché il suo esercizio è rimesso alla esclusiva autodeterminazione della persona, libera di scegliere come impiegarlo, così da differenziarsi profondamente dai diritti inviolabili dell’uomo che sono diritti irretrattabili, perché fondano la giuridica esistenza della persona sia dal punto di vista delle identità individuale, che della sua relazionalità sociale. Ne consegue che la lesione di un tale "immaginario" diritto non è fonte di responsabilità risarcitoria non patrimoniale (si veda Cass. Civ., sezione III, 27 aprile 2011 n.9422, Sculco C. Telecom Italia).

5. Il diritto all’assistenza sociale come fine per assicurare un’esistenza dignitosa

Nella sentenza decisa da Cass. Civ. n. 6548 del 2011, veniva posto alla Suprema Corte la questione se fosse possibile per il Giudice (di primo grado) rilevare d’ufficio l’impignorabilità (che comporta l’insussistenza del diritto di procedere ad esecuzione forzata) in ordine ad alcuni beni o categorie di essi (nella specie pensione corrisposta da ENASARCO), in assenza di un’eccezione in tal senso del debitore.

La Corte ha affermato che l’impignorabilità può essere rilevata anche di ufficio quando è posta per ragioni di interesse pubblico e perciò con norme imperative.

Nel caso di specie, ha ritenuto la Corte che sussista un pubblico interesse, diretta manifestazione del criterio di solidarietà sociale posto a fondamento della tutela di cui all’art. 38 Cost., a che il pensionato goda di un trattamento "adeguato alle esigenze di vita": e che tale pubblico interesse impone la compressione del diritto di terzi di soddisfare le proprie ragioni creditorie sul bene-pensione, sebbene non in maniera totale ed indiscriminata.

Infine così conclude: “l’esigenza pubblicistica è ancor più marcata, oggigiorno, dall’interazione nell’ordinamento interno delle norme comunitarie, visto che la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (adottata a Nizza il 7.12.00 e confermata con adattamenti a Strasburgo il 12.12.07, poi pubblicata, in versione consolidata, sulla G.U. dell’Unione Europea del 30 marzo 2010, n. C83, pagg. 389 ss.), efficace dalla data di entrata in vigore del Trattato di Lisbona (ratificato in Italia con L. 2 agosto 2008, n. 130), avutasi, com’è noto, in data 1.12.09, prevede, al comma 3, dell’art. 34 (rubricato "sicurezza sociale e assistenza sociale"), che, "al fine di lottare contro l’esclusione sociale e la povertà, l’Unione riconosce e rispetta il diritto all’assistenza sociale e all’assistenza abitativa volte a garantire un’esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongano di risorse sufficienti".

Anche in questo caso è evidente che la ratifica del Trattato di Lisbona, sebbene non abbia “dato origine” al diritto all’assistenza sociale, conferisce tuttavia al suo rispetto un’esigenza pubblicistica, prevalente sui diritti dei “privati”.

6. Conclusioni

Da quanto esposto, emerge chiaramente come l’introduzione del Trattato di Lisbona e, con esso, il riconoscimento alla Carta di Nizza dei diritti fondamentali dell’Unione europea dello stesso rango del Trattato ha un altissimo valore sul piano dei principi ma comporta altresì rilevanti conseguenze pratiche in materia di tutela dei diritti umani, in particolare dei diritti alla dignità e all’integrità morale, ai quali viene conferita sicura copertura costituzionale e pertanto riconoscimento risarcitorio, ma, anche, un valore preminente rispetto ad altri diritti, come, ad esempio, il diritto a vedere soddisfatte le proprie ragioni creditorie.

SOMMARIO

1. Introduzione

2. La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea assurta a diritto primario dell’Unione

3. La nuova disciplina del risarcimento del danno morale a seguito della sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 26972/2008

4. Il risarcimento del danno alla dignità morale: le varie espressioni di tale diritto

4.1 Autonomia della lesione al diritto alla integrità morale rispetto al danno biologico

4.2. Risarcimento del danno morale da “mobbing”: il diritto alla dignità professionale

4.3. Danno per la perdita di ore di tempo libero: esclusione del risarcimento

5. Il diritto all’assistenza sociale come fine per assicurare un’esistenza dignitosa

6. Conclusioni

SUMMARY

1. Introduction

2. Bestowal to Charter of Fundamental Rights of the European Union of same legal value as the Treaties

3. New discipline of moral damages indemnity after Supreme Court of Cassation at “Sezioni Unite” (in its plenary composition) judgement n. 26972/2008

4. Indemnity to Human dignity: the different forms of this right

4.1 Independence of damages to mental integrity as regards to health injuries

4.3 Mobbing moral damages: the right to pursue a freely chosen or accepted occupation

4.3 Damages to “waste of spare time”: no recovery 5. Social assistance in order to ensure a decent existence

6. Conclusions

1. Introduzione

Il Trattato di Lisbona dell’Unione Europea (TUE) è entrato in vigore, il primo dicembre 2009, quasi in sordina sia tra gli operatori del diritto – i quali generalmente lo “scoprono” imbattendosene quasi per caso – sia, a maggior ragione, tra la gente comune.

La novità principale è stata la “successione” alla Comunità Europea dell’Unione Europea (art. 1), ma, per i più, tali strutture e istituzioni rimangono concetti astratti e non tangibili.

In verità il Trattato di Lisbona ha introdotto anche norme destinate ad avere conseguenze sulla vita di tutti noi (rectius, ha già prodotto diverse conseguenze) in particolar modo in materia di diritti inalienabili della persona i quali vengono, dall’art. 2 del TUE, posti a fondamento dell’Unione.

2. La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea assurta a diritto primario dell’Unione

La novità più importante si ha invece con l’attribuzione espressa alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea stesso valore dei Trattati. Alla luce del nuovo art. 6 TUE, la Carta di Nizza dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (adottata il 7 dicembre 2000) assurge a diritto primario avente quindi carattere cogente al pari dei Trattati. Il Trattato di Lisbona, in questo modo, interviene arricchendo il diritto europeo di un insieme di diritti civili, politici, economici e sociali giuridicamente vincolanti non solo per l’Unione e per le sue Istituzioni, ma anche per gli Stati Membri (cfr. Arlotta Antonio, La tutela dei diritti dell’uomo a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona: rapporti tra normativa interna e CEDU, nota a TAR Milano Lombardia, 15.9.2010, n. 5988, sez. III, Giur. Merito 2011, 2, 525). Si precisa appena che, prima del Trattato di Lisbona, a tale Carta, sebbene recepisse tutti i diritti che la Corte di Giustizia aveva fino a quel momento garantito in via giurisprudenziale, non era conferito alcun valore giuridico vincolante. I diritti e le libertà maggiormente significativi riconosciuti e affermati – tra gli altri – dalla Carta di Nizza sono il diritto alla dignità umana (art. 1), il diritto alla vita (art. 2), il diritto all’integrità della persona (art. 3), il diritto di sposarsi e di costituire una famiglia (Art. 9), il diritto al lavoro (art. 15) e il diritto all’assistenza sociale (art. 34).

Questo scritto si concentrerà sul diritto alla dignità morale il cui riconoscimento espresso (art. 1) ha comportato a livello pratico notevoli risvolti, specialmente in materia di risarcimento del danno morale, come si va di seguito ad esporre.

3. La nuova disciplina del risarcimento del danno morale a seguito della sentenza delle Sezioni Unite n. 26972/2008

In materia di risarcimento del danno morale, indispensabile è l’analisi della sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 26972 del 2008 la quale ha risolto un contrasto tra orientamenti giurisprudenziali sorto negli ultimi anni: il primo orientamento era favorevole alla configurabilità, come autonoma categoria, del danno esistenziale inteso come qualsiasi compromissione delle attività realizzatrici della persona umana (quali la lesione della serenità familiare o del godimento di un ambiente salubre); il secondo invece negava dignità concettuale alla nuova figura di danno: il danno non patrimoniale, essendo risarcibile solo nei casi previsti dalla legge – tra i quali rientrano i casi di lesione di valori della persona costituzionalmente garantiti – manca del carattere dell’atipicità.

Di conseguenza, secondo quest’ultimo orientamento, non sarebbe stato possibile concepire categorie generalizzanti, come quella del danno esistenziale, che avrebbero finito per privare il danno non patrimoniale del carattere della tipicità.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione sopra citate sposano la seconda teoria restrittiva completandola nei termini seguenti: l’art. 2059 c.c., che prevede il risarcimento del danno non patrimoniale, non delinea una distinta fattispecie di illecito produttiva di danno non patrimoniale, ma consente la riparazione anche dei danni non patrimoniali, nei casi determinati dalla legge. Pertanto “l’art. 2059 c.c. è norma di rinvio. Il rinvio è alle leggi che determinano i casi di risarcibilità del danno non patrimoniale” (punto 2.4).

I casi in cui la legge riconosce il risarcimento del danno non patrimoniale sono i seguenti:

- in primo luogo, l’art. 185 c.p. prevede la risarcibilità del danno patrimoniale conseguente a reato ("Ogni reato, che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarcimento il colpevole e le persone che, a norma delle leggi civili, debbono rispondere per il fatto di lui"). -

 Vi sono casi di risarcimento dei danni non patrimoniali previsti da leggi ordinarie in relazione alla compromissione di valori personali (L. n. 117 del 1998, art. 2: danni derivanti dalla privazione della libertà personale cagionati dall’esercizio di funzioni giudiziarie; L. n. 675 del 1996, art. 29, comma 9: impiego di modalità illecite nella raccolta di dati personali; D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 44, comma 7: adozione di atti discriminatori per motivi razziali, etnici o religiosi; L. n. 89 del 2001, art. 2: mancato rispetto del termine ragionevole di durata del processo).

- Al di fuori dei casi determinati dalla legge, in virtù del principio della tutela minima risarcitoria spettante ai diritti costituzionali inviolabili, la tutela è estesa ai casi di danno non patrimoniale prodotto dalla lesione di diritti inviolabili della persona riconosciuti dalla Costituzione.

Per effetto di tale estensione, va ricondotto nell’ambito dell’art. 2059 c.c., il danno da lesione del diritto inviolabile alla salute (art. 32 Cost.) denominato danno biologico, del quale è data, dal D.Lgs. n. 209 del 2005, artt. 138 e 139, specifica definizione normativa (sent. n. 15022/2005; n. 23918/2006). Trova adeguata collocazione nella norma anche la tutela riconosciuta ai soggetti che abbiano visto lesi i diritti inviolabili della famiglia (artt. 2, 29 e 30 Cost.) (sent. Cass. n. 8827 e n.8828/2003), concernenti la fattispecie del danno da perdita o compromissione del rapporto parentale nel caso di morte o di procurata grave invalidità del congiunto).

Eguale sorte spetta al danno conseguente alla violazione del diritto alla reputazione, all’immagine, al nome, alla riservatezza, diritti inviolabili della persona incisa nella sua dignità, preservata dagli artt. 2 e 3 Cost. (sent. n. 25157/2008).

Con questa sentenza, in poche parole, la Suprema Corte ha “bacchettato” le richieste risarcitorie e le duplicazioni di danni c.d. morali nel caso di lesioni minime al danno alla salute implicanti disagi trascurabili al danneggiato. Ha inoltre sancito che il danno esistenziale sia sì risarcito ma non nei casi di danni cosiddetti bagatellari, cioè di poco conto e non incidenti su diritti costituzionalmente garantiti, come ad esempio il danno morale per vacanza rovinata.

4. Il risarcimento del danno alla dignità morale: le varie espressioni di tale diritto

Come sopra detto, in codesto rinnovato e rigoroso contesto di risarcimento del danno morale, il Trattato di Lisbona e la Carta di Nizza forniscono una chiara ed espressa protezione costituzionale a determinati diritti fondamentali, diretta esplicazione del diritto alla dignità morale.

E’ difatti importante osservare che le norme del Trattato e, quindi, di conseguenza le norme che hanno pari valore al Trattato, si trovano sullo stesso grado gerarchico della Costituzione e delle leggi costituzionali [Il fondamento giuridico del primato delle norme comunitarie sul diritto interno, con il solo limite dei principi supremi del nostro ordinamento, è stato individuato dalla Corte Costituzionale nell’art. 11 Costituzione fin dagli anni ’70, nel senso che, in forza di tale articolo, l’ordinamento italiano può limitare la propria sovranità, e pertanto può attribuire a livello costituzionale determinate competenze normative all’Unione. All’art. 11 Cost., si è ora aggiunta la formulazione espressa prevista dall’art. 117, primo comma, Cost. dell’obbligo di rispettare i vincoli posti dall’ordinamento comunitario (Legge Costituzionale 18.10.2011, n.3)], pertanto il riconoscimento dei sopra elencati diritti e libertà li eleva al livello di diritti costituzionalmente garantiti. Si riscontrano già casi di applicazione pratica della Carta di Nizza:

4.1 autonomia della lesione al diritto alla integrità morale rispetto al danno biologico

Fino al 2008, le tabelle di liquidazione del danno (vedi ad esempio la tabella di Milano) quantificavano il danno morale automaticamente e unicamente nella misura di 1/3 del danno biologico (o danno alla salute) senza possibilità di personalizzazione della richiesta di risarcimento in relazione, ad esempio, alla gravità della lesione – oltre a quelle fisiche – alla propria integrità e dignità morale.

Il caso tipico é quello di un errore medico che comporti la compromissione degli organi sessuali: e’ evidente che in tale caso il danno alla salute e’ pari o quasi meno rilevante del danno alla vita sessuale e alla vita di coppia del danneggiato.

La Corte di Cassazione con sentenza n. 5795/2008 ha modificato tale sistema di liquidazione del danno morale, stabilendo che "nel caso di accertamento di un danno biologico di rilevante entità e di duratura permanenza, il danno morale, come lesione della integrità morale della persona (art. 2 e 3 della Costituzione in relazione al valore della dignità anche sociale, ed in correlazione alla salute come valore della identità biologica e genetica) non può essere liquidato in automatico e pro quota come una lesione di minor conto. Il danno morale è ingiusto così come il danno biologico, e nessuna norma costituzionale consente al giudice di stabilire che l’integrità morale valga la metà di quella fisica".

La Cassazione ha pertanto ribadito la “autonomia ontologica del danno morale”, autonomia che “deve essere considerata in relazione alla diversità del bene protetto, che attiene alla sfera della dignità morale delle persone” e “pure attiene ad un diritto inviolabile della persona” (Cass. n. 29191/2008; Cass. n. 379/2009, Cass. n. 557/2009 e Cass. n. 11059/2009).

La stessa Corte, dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, con sentenza del 10.03.2010 n° 5770 ha ribadito che: «……al fine della liquidazione del danno non patrimoniale, è appena il caso di ricordare che nella quantificazione del danno morale la valutazione di tale voce di danno, dotata di logica autonomia in relazione alla diversità del bene protetto, che pure attiene ad un diritto inviolabile della persona ovvero all’integrità morale, quale massima espressione della dignità umana, desumibile dall’art. 2 della Costituzione in relazione all’art. 1 della Carta di Nizza, contenuta nel Trattato di Lisbona, ratificato dall’Italia con legge 2 agosto 2008 n. 130, deve tener conto delle condizioni soggettive della persona umana e della concreta gravità del fatto, senza che possa quantificarsi il valore dell’integrità morale come una quota minore proporzionale al danno alla salute, dovendo dunque escludersi la adozione di meccanismi semplificativi di liquidazione di tipo automatico» (si confronti anche Cassazione civile sez. III 12 dicembre 2008, n. 29191; Tribunale di Bari sez. III 19 novembre 2009 n. 3478).

E’ evidente, comparando le due sentenze prima e dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, come quest’ultimo abbia rafforzato il valore del diritto all’integrità morale, il quale viene riconosciuto autonomamente rispetto al danno biologico in sé.

4.2. Risarcimento del danno morale da “mobbing”: il diritto alla dignità professionale

L’art. 15 della Carta di Nizza riconosce il diritto di ogni individuo di lavorare e di esercitare una professione liberamente scelta o accettata. Con sentenza 2352 del 2 febbraio 2010 la Suprema Corte, in un caso vertente sul risarcimento dei danni non patrimoniali derivanti da mobbing, ha affermato che “la Corte di appello, nel negare il danno da demansionamento, sul rilievo che esso riguardava esclusivamente il datore di lavoro (art. 2103 cod. civ.), e nel negare il danno patrimoniale dal lucro cessante, per la riduzione della attività professionale privata, compie una errata applicazione delle norme richiamate dal ricorrente a sostegno della sua causa petendi e cioè dell’art. 2043 c.c., come clausola generale del neminem laedere e dell’art. 2059 c.c., che non delinea una distinta figura di illecito produttiva di danno non patrimoniale, ma consente la riparazione anche dei danni non patrimoniali, nei casi determinati dalla legge e secondo la lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c., come norma deputata alla tutela risarcitoria del danno patrimoniale nella sua più ampia accezione (cfr. SU citata, in preambolo punti 2.2., 2.3., 2.8).

In buona sostanza il Dr. E. ha inteso tutelare una posizione di diritto soggettivo, costituzionalmente protetta, in relazione ad una attività professionale altamente qualificata ed esercitata nel campo della cardiochirurgia pediatrica. Il lavoro del professionista rientra in vero negli ambiti degli artt. 1 e 4 Cost., art. 35 Cost., comma 1, secondo le teorie organicistiche e laburistiche anche europee (cfr. art. 15, comma 1 della Carta di Nizza, recepita dal Trattato di Lisbona, e diritto vigente anche per l’Italia), e pone il lavoratore professionista in uno status costituzionalmente protetto, per le connotazioni essenziali e le condizioni di qualificazione e dignità della professione; in altri termini un una posizione soggettiva costituzionalmente protetta”.

Nella medesima sentenza si trova un altro riferimento al diritto alla dignità morale e alla Carta di Nizza: “Una ultima puntualizzazione dev’essere posta in relazione alla entrata in vigore del Trattato di Lisbona (1 dicembre 2009) che recepisce la Carta di Nizza con lo stesso valore del Trattato sulla Unione e per il catalogo completo dei diritti umani. I giudici del rinvio dovranno ispirarsi anche ai principi di cui all’art. 1 della Carta, che regola il valore della dignità umana (che include anche la dignità professionale) ed allo art. 15 che regola la libertà professionale come diritto inviolabile sotto il valore categoriale della libertà”.

4.3. danno per la perdita di ore di tempo libero: esclusione del risarcimento

La Corte invece ha stabilito, a seguito dell’orientamento adottato dalle Sezioni Unite del 2008 in materia (sentenza sopra citata), che il "tempo libero" (nella specie, impiegato per il disbrigo di pratiche per il ripristino dell’utenza telefonica illegittimamente sospesa) - diversamente da quello impiegato per il lavoro - non costituisce, di per sé, un diritto fondamentale della personalità tutelato a livello costituzionale (art. 2 e 3 cost.) e sovranazionale (dalla Cedu ovvero dalla Carta di Nizza, alla quale è assegnato lo stesso valore dei Trattati dell’Unione europea), giacché il suo esercizio è rimesso alla esclusiva autodeterminazione della persona, libera di scegliere come impiegarlo, così da differenziarsi profondamente dai diritti inviolabili dell’uomo che sono diritti irretrattabili, perché fondano la giuridica esistenza della persona sia dal punto di vista delle identità individuale, che della sua relazionalità sociale. Ne consegue che la lesione di un tale "immaginario" diritto non è fonte di responsabilità risarcitoria non patrimoniale (si veda Cass. Civ., sezione III, 27 aprile 2011 n.9422, Sculco C. Telecom Italia).

5. Il diritto all’assistenza sociale come fine per assicurare un’esistenza dignitosa

Nella sentenza decisa da Cass. Civ. n. 6548 del 2011, veniva posto alla Suprema Corte la questione se fosse possibile per il Giudice (di primo grado) rilevare d’ufficio l’impignorabilità (che comporta l’insussistenza del diritto di procedere ad esecuzione forzata) in ordine ad alcuni beni o categorie di essi (nella specie pensione corrisposta da ENASARCO), in assenza di un’eccezione in tal senso del debitore.

La Corte ha affermato che l’impignorabilità può essere rilevata anche di ufficio quando è posta per ragioni di interesse pubblico e perciò con norme imperative.

Nel caso di specie, ha ritenuto la Corte che sussista un pubblico interesse, diretta manifestazione del criterio di solidarietà sociale posto a fondamento della tutela di cui all’art. 38 Cost., a che il pensionato goda di un trattamento "adeguato alle esigenze di vita": e che tale pubblico interesse impone la compressione del diritto di terzi di soddisfare le proprie ragioni creditorie sul bene-pensione, sebbene non in maniera totale ed indiscriminata.

Infine così conclude: “l’esigenza pubblicistica è ancor più marcata, oggigiorno, dall’interazione nell’ordinamento interno delle norme comunitarie, visto che la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (adottata a Nizza il 7.12.00 e confermata con adattamenti a Strasburgo il 12.12.07, poi pubblicata, in versione consolidata, sulla G.U. dell’Unione Europea del 30 marzo 2010, n. C83, pagg. 389 ss.), efficace dalla data di entrata in vigore del Trattato di Lisbona (ratificato in Italia con L. 2 agosto 2008, n. 130), avutasi, com’è noto, in data 1.12.09, prevede, al comma 3, dell’art. 34 (rubricato "sicurezza sociale e assistenza sociale"), che, "al fine di lottare contro l’esclusione sociale e la povertà, l’Unione riconosce e rispetta il diritto all’assistenza sociale e all’assistenza abitativa volte a garantire un’esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongano di risorse sufficienti".

Anche in questo caso è evidente che la ratifica del Trattato di Lisbona, sebbene non abbia “dato origine” al diritto all’assistenza sociale, conferisce tuttavia al suo rispetto un’esigenza pubblicistica, prevalente sui diritti dei “privati”.

6. Conclusioni

Da quanto esposto, emerge chiaramente come l’introduzione del Trattato di Lisbona e, con esso, il riconoscimento alla Carta di Nizza dei diritti fondamentali dell’Unione europea dello stesso rango del Trattato ha un altissimo valore sul piano dei principi ma comporta altresì rilevanti conseguenze pratiche in materia di tutela dei diritti umani, in particolare dei diritti alla dignità e all’integrità morale, ai quali viene conferita sicura copertura costituzionale e pertanto riconoscimento risarcitorio, ma, anche, un valore preminente rispetto ad altri diritti, come, ad esempio, il diritto a vedere soddisfatte le proprie ragioni creditorie.