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Erronea segnalazione alla centrale rischi

Nota a Corte di Cassazione - Sezione Terza Civile, Sentenza 4 giugno 2007, n.12929
La sentenza n.12929 del 4.6.2007, sezione terza civile della Cassazione, stabilisce il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale per la lesione del diritto all’immagine derivato dalla erronea segnalazione alla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia.

La fattispecie oggetto di esame della Suprema Corte riguarda la mancata erogazione di un finanziamento, ad una società di capitali, per un considerevole importo, a cagione di una posizione di sofferenza presso la Centrale Rischi della Banca d’Italia per L. 2.000.000, effettuato senza alcun fondamento dalla Banca d’America e d’Italia, frattanto diventata Deutsche Bank.

Le sentenze delle Corti di merito non avevano riconosciuto l’esistenza di un danno all’immagine della società per il solo fatto dell’inserimento nella Centrale Rischi della notizia riguardante la insussistente sofferenza, cioè di un danno non alla sua reputazione commerciale, di cui si sarebbe dovuto dare la prova di una perdita economica bensì “alla reputazione goduta come persona giuridica appartenente ad una determinata tipologia”( vd. Cass. Civ. 6507, 2001).

Con la sentenza in commento la Suprema Corte ha ritenuto risarcibile il danno all’immagine, così come sopra definito, utilizzando il disposto dell’art. 2059 c.c.

A tal proposito si ricorda che il dibattito sull’art. 2059 c.c. si presenta ancora estremamente vicace.

Secondo l’orientamento tradizionale, la disposizione in esame avrebbe esclusivo riguardo per il c.d. danno morale soggettivo. Tale lettura è stata peraltro fatta propria da una parte della dottrina che teorizza tra il danno patrimoniale ed il danno morale un terzo modello di pregiudizio, il c.d. danno esistenziale suscettibile di includere tutte quelle ripercussioni sfavorevoli (danni conseguenze) derivanti dall’illecito destinate a riflettersi sulla sfera a-reddituale della vittima o meglio sulla sfera delle attività realizzatrici della stessa, la risarcibilità delle quali sarebbe assicurata dalla clausola generale dell’art. 2043 c.c.

Secondo tale orientamento il danno morale soggettivo atterrebbe alla dimensione del sentire del soggetto danneggiato, mentre il danno esistenziale riguarderebbe il piano del fare.

Secondo una differente opinione il danno non patrimoniale conseguente alla ingiusta lesione di un interesse inerente alla persona, costituzionalmente garantito, non sarebbe soggetto, ai fini della risarcibilità, al limite derivante dalla riserva di legge correlata all’art. 185 c.p., e non presupporrebbe pertanto la qualificabilità del fatto illecito come reato, giacchè il rinvio ai casi in cui la legge consente la riparazione del danno non patrimoniale ben potrebbe essere riferito alle previsioni della Costituzione, ove si consideri che il riconoscimento in essa dei diritti inviolabili inerenti alla persona non aventi natura economica, necessariamente ne esigono la tutela, configurando in tal modo “un caso determinato dalla legge” al massimo livello, di riparazione del danno non patrimoniale.

La sentenza n. 12929 del 4.6.2007 afferma la risarcibilità del danno non patrimoniale sofferto dalla persona giuridica, sussumendolo sotto il disposto dell’art. 2059 c.c., nonostante la mancanza di una espressa previsione in tal senso, in quanto viene in rilevo la lesione di un diritto inviolabile inerente alla persona non avente natura economica ai sensi dell’art. 2 Cost.

In questa ottica la sentenza afferma la risarcibilità della lesione dello stesso diritto all’esistenza nell’ordinamento come soggetto, del diritto all’identità, del diritto al nome e del diritto all’immagine della persona giuridica.

Tali diritti, rappresentano l’equivalente in relazione alla persona giuridica o all’ente collettivo, dei diritti della persona fisica aventi fondamento nell’art. 2 della Cost. che impone il riconoscimento della risarcibilità del danno non patrimoniale in ragione di una espressa previsione della stessa norma costituzionale che riconosce i diritti inviolabili dell’uomo, cioè della persona fisica, anche aggregata in formazioni sociali, siano esse dotate di personalità giuridica o di una meno formale soggettività.

Tale risarcibilità viene riconosciuta a prescindere dalla verificazione di eventuali danni patrimoniali conseguenti, per la mera configurabilità di un danno di natura non patrimoniale.

Il danno risarcibile è identificabile pertanto nella diminuzione della considerazione e/o della reputazione della persona giuridica stessa, concretatesi in una incidenza negativa sull’agire delle persone fisiche che ricoprono gli organi della persona giuridica o dell’ente collettivo.

Nella fattispecie oggetto della sentenza della Suprema Corte, il danno evento è pertanto rappresentato dalla errata segnalazione alla Centrale Rischi da parte della Deutsche Bank mentre il danno conseguenza è identificabile nel riflesso negativo che tale inserimento ha avuto nella platea degli operatori economici.

Il quantum risarcitorio dovrà essere determinato e conseguentemente liquidato in via equitativa.

La sentenza n.12929 del 4.6.2007, sezione terza civile della Cassazione, stabilisce il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale per la lesione del diritto all’immagine derivato dalla erronea segnalazione alla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia.

La fattispecie oggetto di esame della Suprema Corte riguarda la mancata erogazione di un finanziamento, ad una società di capitali, per un considerevole importo, a cagione di una posizione di sofferenza presso la Centrale Rischi della Banca d’Italia per L. 2.000.000, effettuato senza alcun fondamento dalla Banca d’America e d’Italia, frattanto diventata Deutsche Bank.

Le sentenze delle Corti di merito non avevano riconosciuto l’esistenza di un danno all’immagine della società per il solo fatto dell’inserimento nella Centrale Rischi della notizia riguardante la insussistente sofferenza, cioè di un danno non alla sua reputazione commerciale, di cui si sarebbe dovuto dare la prova di una perdita economica bensì “alla reputazione goduta come persona giuridica appartenente ad una determinata tipologia”( vd. Cass. Civ. 6507, 2001).

Con la sentenza in commento la Suprema Corte ha ritenuto risarcibile il danno all’immagine, così come sopra definito, utilizzando il disposto dell’art. 2059 c.c.

A tal proposito si ricorda che il dibattito sull’art. 2059 c.c. si presenta ancora estremamente vicace.

Secondo l’orientamento tradizionale, la disposizione in esame avrebbe esclusivo riguardo per il c.d. danno morale soggettivo. Tale lettura è stata peraltro fatta propria da una parte della dottrina che teorizza tra il danno patrimoniale ed il danno morale un terzo modello di pregiudizio, il c.d. danno esistenziale suscettibile di includere tutte quelle ripercussioni sfavorevoli (danni conseguenze) derivanti dall’illecito destinate a riflettersi sulla sfera a-reddituale della vittima o meglio sulla sfera delle attività realizzatrici della stessa, la risarcibilità delle quali sarebbe assicurata dalla clausola generale dell’art. 2043 c.c.

Secondo tale orientamento il danno morale soggettivo atterrebbe alla dimensione del sentire del soggetto danneggiato, mentre il danno esistenziale riguarderebbe il piano del fare.

Secondo una differente opinione il danno non patrimoniale conseguente alla ingiusta lesione di un interesse inerente alla persona, costituzionalmente garantito, non sarebbe soggetto, ai fini della risarcibilità, al limite derivante dalla riserva di legge correlata all’art. 185 c.p., e non presupporrebbe pertanto la qualificabilità del fatto illecito come reato, giacchè il rinvio ai casi in cui la legge consente la riparazione del danno non patrimoniale ben potrebbe essere riferito alle previsioni della Costituzione, ove si consideri che il riconoscimento in essa dei diritti inviolabili inerenti alla persona non aventi natura economica, necessariamente ne esigono la tutela, configurando in tal modo “un caso determinato dalla legge” al massimo livello, di riparazione del danno non patrimoniale.

La sentenza n. 12929 del 4.6.2007 afferma la risarcibilità del danno non patrimoniale sofferto dalla persona giuridica, sussumendolo sotto il disposto dell’art. 2059 c.c., nonostante la mancanza di una espressa previsione in tal senso, in quanto viene in rilevo la lesione di un diritto inviolabile inerente alla persona non avente natura economica ai sensi dell’art. 2 Cost.

In questa ottica la sentenza afferma la risarcibilità della lesione dello stesso diritto all’esistenza nell’ordinamento come soggetto, del diritto all’identità, del diritto al nome e del diritto all’immagine della persona giuridica.

Tali diritti, rappresentano l’equivalente in relazione alla persona giuridica o all’ente collettivo, dei diritti della persona fisica aventi fondamento nell’art. 2 della Cost. che impone il riconoscimento della risarcibilità del danno non patrimoniale in ragione di una espressa previsione della stessa norma costituzionale che riconosce i diritti inviolabili dell’uomo, cioè della persona fisica, anche aggregata in formazioni sociali, siano esse dotate di personalità giuridica o di una meno formale soggettività.

Tale risarcibilità viene riconosciuta a prescindere dalla verificazione di eventuali danni patrimoniali conseguenti, per la mera configurabilità di un danno di natura non patrimoniale.

Il danno risarcibile è identificabile pertanto nella diminuzione della considerazione e/o della reputazione della persona giuridica stessa, concretatesi in una incidenza negativa sull’agire delle persone fisiche che ricoprono gli organi della persona giuridica o dell’ente collettivo.

Nella fattispecie oggetto della sentenza della Suprema Corte, il danno evento è pertanto rappresentato dalla errata segnalazione alla Centrale Rischi da parte della Deutsche Bank mentre il danno conseguenza è identificabile nel riflesso negativo che tale inserimento ha avuto nella platea degli operatori economici.

Il quantum risarcitorio dovrà essere determinato e conseguentemente liquidato in via equitativa.