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Ferdinand von Schill: capitano degli insorgenti prussiani

Pubblicato in Cultura&Identità, anno XIII, n. s., n. 33, 29 settembre 2021, pp. 30-34
Ferdinand von Schill
Ferdinand von Schill

Il bicentenario della morte di Napoleone Bonaparte (1769-1821), ricorrente quest’anno, mi ha fatto imbattere — lo devo al vecchio e brillante saggio sul Côrso di Jacques Bainville (1879-1936), che ho riletto con l’occasione — in Ferdinand von Schill (1776-1809), indicato come un ufficiale prussiano organizzatore di operazioni irregolari contro l’occupazione napoleonica di parte del Paese baltico all’inizio degli anni 1800.

Immediatamente mi è venuto spontaneo ricollegare la sua figura a quella di un altro leader guerrigliero, un ufficiale italiano al servizio della Corona austriaca, il maggiore Branda de’ Lucioni (1740-1803), che avevo avuto modo di studiare anni addietro[1]. Incuriosito da questa similitudine ho svolto qualche breve ricerca, che auspico sufficiente quanto meno per riportare alla luce un “reperto” ignorato della grande pagina storica dell’Insorgenza europea.

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Ferdinand Baptist von Schill nasce il 6 gennaio 1776 a Wilmsdorf, vicino a Dresda, in Sassonia, da una famiglia di militari. Suo padre, Johann Georg (1736-1822), è ufficiale di cavalleria al servizio dell’Impero, passato in seguito al servizio del principe-elettore di Sassonia, Federico Augusto I (1750-1827), quindi nell’esercito prussiano.

Nel 1790 Johann Georg presenta il figlio quattordicenne a Friedrich Adolf von Kalckreuth (1737-1818), comandante del rinomato reggimento di dragoni Markgraf von Anspach-Bayreuth, detto anche “Die Hohenfriedberger” — “quelli della battaglia di Hohenfriedberg” in Slesia, oggi Polonia —, che lo prende con sé come alfiere. Nel 1793 von Schill diventa sottotenente e prosegue la carriera fino a conseguire il grado di maggiore.

Combatte nella guerra fra Regno di Prussia e Francia napoleonica — nel quadro della Quarta Coalizione anti-francese — scoppiata nel l’ottobre del 1806. Per il valore dimostrato nel corso del vittorioso attacco contro Gülzow nel Mecklenburgo, condotto il 7 dicembre 1806, il re Federico Guglielmo III lo promuove primo tenente e lo decora con l’Ordine Pour le Mérite.

Il giovane ufficiale sarà gravemente ferito da un colpo di sciabola alla testa — la maschera mortuaria riporterà anche il dettaglio della cicatrice — nella battaglia di Auerstadt. Medicato sommariamente, riesce a riparare a Magdeburgo, poi, a mano a mano che l’esercito prussiano si ritira, dopo la sconfitta nella battaglia di Jena, sotto i colpi dell’Armée, nella fortezza di Kolberg — oggi Kołobrzeg in Polonia — a Stettino, sul Mar Baltico. Guarito, nel 1807 partecipa alla difesa della fortezza assediata dai francesi, effettuando diverse sortite per ricognizione e per colpire le retrovie nemiche.

Visti i successi conseguiti e il sentimento anti-francese del popolo, von Schill decide allora di trasformare queste sortite in una vera e propria “guerriglia” — proprio in quegli anni, nella Spagna occupata da Napoleone nasce il termine “guerrilla”, per indicare la guerra a bassa intensità e la lotta partigiana — contro le forze francesi con teatro l’intera Pomerania, ignorando le richieste del suo comandante di tornare al suo reggimento di stanza nella Prussia orientale — dove i prussiani nuovamente sconfitti ad Auerstatdt, si erano trincerati. Alla fine dell’inverno 1807, appoggiata dai russi, la Prussia torna all’attacco ma viene sconfitta all’inizio di febbraio nella battaglia, peraltro non decisiva, di Eylau.

Quando riprendono gli scontri con i francesi, von Schill può dar corpo al suo disegno. Con un ordine del 12 gennaio 1807, il re gli permette di istituire gli Schill Freikorps, dei corpi franchi, ossia delle milizie irregolari incaricate di compiere atti di guerriglia e scorrerie. Von Schill aggrega allora — a proprie spese — soldati dispersi o impazienti di agire tratti dai ranghi dell’esercito prussiano. Il suo corpo franco nel febbraio del 1807 arriverà a contare oltre 960 tra fanti e “cacciatori”, 450 cavalieri e 50 artiglieri con 11 cannoni leggeri.

Gl’incursori prussiani godono del massimo sostegno da parte della popolazione. Quando le operazioni del corpo franco sono condotte con tecniche guerrigliere, hanno successo, ma, quando le formazioni di von Schill entrano in battaglia campale, s’infrangono contro la maggior potenza delle armi francesi.

Una sua incursione su Stargard — oggi Stargard Szczeciński — il 15 febbraio 1807 — quindi poco dopo Eylau — è respinta con notevoli perdite. Promosso nel frattempo al grado di Rittmeister (capitano capo-squadrone) difende valorosamente la fortificazione di Naugard — oggi Nowogard — ma senza successo: probabilmente il neo-maggiore ha sopravvalutato le sue forze. Così, deve fare ritorno a Kolberg, di nuovo ferito. Qui, ripresosi, si scontra con il comandante, colonnello Ludwig Moritz von Lucadou (1741-1812), a causa del suo cattivo apporto di subordinazione gerarchica, peraltro non chiaramente definito dal re.

Quando i francesi assediano nuovamente Kolberg nel marzo del 1807[2], von Schill si reca a Stralsund, nel nord-ovest della Pomerania, lungo la costa del Baltico, per persuadere gli svedesi che la occupavano — anche la monarchia svedese partecipava alla Quarta Coalizione anti-napoleonica —, anch’essi fronteggiati e presto pure essi assediati dai francesi, a inviare truppe a sostegno di Kolberg. Alla metà di aprile, a Stoccolma, la capitale, rinnova la stessa richiesta. Il 12 maggio si imbarca con la sua cavalleria da Kolberg verso la Pomerania occidentale, passando agli ordini del futuro feldmaresciallo Gebhard Leberecht von Blücher, principe di Wahlstatt (1742-1819) a Rügen, mentre la fanteria rimase a difendere Maikuhle sulla costa baltica.

Ma la guerra, dopo varie vicende e assedi, volge a sfavore della Prussia e della Svezia e nell’estate del 1807 viene siglato un armistizio che consente alla Francia di mantenere per qualche tempo il controllo dell’area strategica baltica.

Una settimana dopo l’armistizio, le e truppe comandate da von Schill — senza aver partecipato ad alcun combattimento — devono ritirarsi con Blücher nell’area di demarcazione fra Kammin — oggi Kamień Pomorski — e Köslin — oggi Koznalin. Dopo la pace di Tilsit del luglio del 1807 il corpo di Schill è così trasferito in servizio di addestramento.

Nel settembre 1807, il re prussiano nomina Schill “Besitzer” (titolare, lett. “proprietario”) del 2° Reggimento Ussari del Brandeburgo “von Schill”, mentre le truppe di fanteria di Schill vengono incorporate fra i regolari come Battaglione Leggero “von Schill”.

Il 10 dicembre 1808, dopo il ritiro degli occupanti francesi, von Schill cavalcherà in trionfo con il suo reggimento di ussari alla testa delle truppe prussiane di ritorno a Berlino.   

Ma la guerra nel quadrante tedesco-orientale e baltico è tutt’altro che finita.

Nel 1809 i nuovi coalizzati, Gran Bretagna e Impero austriaco, nel loro piano di attacco contro Napoleone prevedono lo scoppio di insorgenze contemporaneamente in Austria e in Germania.

Tentativi di far scoppiare sollevazioni popolari o a guerre partigiane vi sono anche da parte del duca Friedrich Wilhelm di Brunswick-Wolfenbüttel (1771-1815), reduce da Jena, in Sassonia e in Vestfalia — alla testa dell’Herzoglich Braunschweigischen Korps, detto la “Schwarze Schar” (brigata nera) — e da Wilhelm Caspar Ferdinand Freiherr von Dörnberg (1768-1850), nell’Hannover e, nell’aprile del 1809, in Assia.

Il piano degli austriaci assegnava a von Schill un ruolo importante. Ma egli non volle aspettare l’inizio delle operazioni belliche. Il plauso festoso della popolazione, il risvegliato patriottismo germanico e probabilmente anche una certa eccessiva fiducia in se stesso spingono l’ufficiale degli ussari a progettare azioni offensive audaci ma avventate e prive di coordinamento con il comando dell’esercito asburgico. Il generale Ernst von Rüchel (1754-1823), con la cui figlia Elise von Schill nel frattempo si è fidanzato e nella cui tenuta nella Pomerania occidentale, Haseleu, è stato occasionalmente ospite, tenta invano di dissuaderlo e di indurlo a moderare la sua impazienza.

Dopo l’inizio della guerra, il 28 aprile, von Schill lascia Berlino con il suo reggimento come per andare a svolgere delle manovre. Un miglio fuori della città, tenne ai suoi soldati un discorso che dà l’impressione che egli agisca sulla base di ordini dei superiori. Egli, in realtà, concepisce un piano offensivo autonomo. Fingendo di non aver mai ricevuto l’ordine del comando supremo, detenuto dall’arciduca Carlo d’Asburgo-Lorena (1771-1847), di tornare immediatamente a Berlino, trasforma il suo reparto nella formazione autonoma detta degli “Schillsche Jäger” (cacciatori di von Schill).  

Von Schill si dirige prima a Dessau, per cercare di sollevare la Vestfalia occupata dai francesi. Occupa la città il 2 maggio e da lì fa diffonde un appello, che si apre con «An die Deutschen» (“Ai tedeschi”) e che passerà alla storia, perché considerato una delle prime espressioni di sentimento nazionale germanico prima di Lipsia[3]. La notizia dell’ampiezza dei mezzi messi in campo dai franco-bavaresi per reprimere la vasta insurrezione guidata da Andreas Hofer (1767-1810) nelle valli del Tirolo austriaco, arrivata all’inizio di maggio, mette un deciso freno alla sua sete di azione. Ma il maggiore si lascia trasportare dai suoi ufficiali e il 5 maggio, nei pressi di Magdeburgo, partecipa, insieme a una divisione della guarnigione di Magdeburgo, alla battaglia di Dodendorf, uno scontro sanguinoso anche per i francesi.

Lo stesso giorno, Jérôme Bonaparte (1784-1860), fratello di Napoleone e re di Westfalia — che aveva incorporato ampi territori prussiani dopo la sconfitta di Jena del 1806 —, gli mise sulla testa una taglia di diecimila franchi. Il re di Prussia Federico Guglielmo III (1770-1840) condannerà apertamente l’azione bellica non autorizzata condotta da von Schill.

Il suo reparto, accresciuto da nuovo reclutamento, sarà inviato nella bassa Elba e da lì, incalzato dagli olandesi, alleati dei francesi, comandati da Carl Heinrich Wilhelm Anthing (1766-1823), e dai danesi, anch’essi alleati dei francesi, si dirige nuovamente in direzione della fatale Stralsund: i suoi occupanti, polacchi e truppe del Mecklenburgo, gli vengono incontro per fermarlo ma von Schill riesce a sconfiggerli a Damgarten.

I cacciatori di von Schill riescono così ad arrivare a Stralsund, ancora occupata dagli alleati dei francesi, penetrandovi attraverso il Tribseer Tor (la Porta di Tribsee): von Schill sperava di fare della città-fortezza un caposaldo e un faro della definitiva liberazione della Pomerania dal dominio francese. Al suo commilitone ussaro, tenente Leopold Wichard Heinrich von Lützow (1786-1844), confida: «Abbiamo bisogno di Stralsund come base per la guerriglia, anche se dovessimo cadere onorevolmente».

La conquista di Stralsund avviene dopo sanguinosi scontri casa per casa e soprattutto dopo un vittorioso assalto contro gli artiglieri dei filo-francesi nella Mönchstraße. Con l’aiuto dell’ufficiale di artiglieria svedese Friedrich Gustav Petersson (1766-1809), le truppe di von Schill riescono a scacciare l’occupante francese della città. Dopo la vittoria, von Schill intraprende il ripristino delle fortificazioni della città rase al suolo e riesce ad attirare verso la città un migliaio di contadini nella zona per farla risorgere economicamente. Tuttavia, contrariamente a quanto ha sperato, il suo arrivo non farà un grande effetto sulla popolazione di Stralsund, meno ispirata dal patriottismo rispetto a von Schill. Anzi, i contadini si lamentavano del nuovo coinvolgimento della città nelle operazioni belliche, che portavano sempre degli oneri per i cittadini.

Ma presto i francesi ritornano, questa volta in veste di assedianti e con supremazia numerica schiacciante. Hanno infatti messo in campo le brigate dei generali Henri-Bertrand Gratien (1773-1844) e Johann von Ewald (1744-1813), che contano più di seimila uomini fra danesi e olandesi. Davanti alla situazione apparentemente disperata di Stralsund dubbi sorgono anche fra le truppe di von Schill. Alcuni degli ufficiali di von Schill, incluso l’amico von Lützow, preferiscono ritirarsi da Stralsund.

Il 31 maggio 1809, come von Schill si aspetta, comincia la battaglia di Stralsund, combattuta strada per strada. I francesi attaccano dalla parte della Tribseer Tor, attraverso la quale lo stesso Schill era entrato sei giorni prima. Il primo assalto è respinto, ma l’attacco alla Tribseers Tor è solo un diversivo. La loro forza principale è concentrata sulla Kniepertor (la Porta di Kniper), da dove avanza rapidamente verso il centro della città. Le truppe di von Schill combattono disperatamente contro forze soverchianti ma sono battute e disperse. Solo una piccola parte di esse riuscirà a fuggire attraverso la Frankentor (la Porta di Franconia): il grosso troverà la morte in battaglia. Alcuni ufficiali fatti prigionieri e inizialmente incarcerati in una cantina della Fährstrasse-Alter Markt (Mercato Vecchio): una targa commemorativa sopra l’ingresso lo ricorda ancora oggi.

Mentre gli scontri si spengono, von Schill è colpito a morte da un proiettile mentre percorre a cavallo la Fährstrasse di fronte al numero 21 nel tentativo di sottrarsi alla cattura, che intendeva attuare passando attraverso il Johanniskloster (Convento di San Giovanni), pensando che di lì sarebbe stato in grado di uscire dalla città.

Il suo corpo, che, oltre al colpo di fucile ricevuto, presenta una ferita al viso e l’addome trafitto da una baionettata infertagli ex post, è portato nella casa del chirurgo sul Mercato Vecchio, ma von Schill è morto. La sua testa è spiccata dal corpo in presenza di Gratien e inviata a Jérôme Bonaparte come trofeo. Il suo corpo è sepolto il 2 giugno 1809 in una tomba sconosciuta nel cimitero di Sankt Jürgen a Stralsund. Il compagno d’armi di von Schill, Petersson, è catturato e fucilato il 4 giugno 1809 davanti alla Kniepertor: una targa commemorativa ricorda ancor oggi il fatto.

Circa duecento cavalleggeri e alcuni cacciatori si fanno strada con le armi e ottengono il permesso di spostarsi liberamente in Prussia, dove sono congedati. Gli ufficiali, alcuni dei quali contumaci, sono portati davanti a una corte marziale. Alcuni sono assolti, altri puniti con la reclusione in fortezza e sei ufficiali, che avevano seguito von Schill solo in seguito, sono condannati al congedo con disonore per diserzione.

Un altro distaccamento fugge da Rügen via mare fino a Swinemünde — oggi Swinoujscie —, ma il resto del corpo rimane in campo. 557 fra sottufficiali e soldati sono fatti prigionieri. Dopo essere stati rilasciati, quattordici dei prigionieri di Braunschweig sono fucilati nel luogo dell’odierno memoriale di von Schill, il resto finisce nei bagni penali francesi.

Undici ufficiali catturati sono portati a Wesel e lì giustiziati il 16 settembre 1809. Nel 1835 nel luogo dell’esecuzione l’esercito prussiano erigerà un monumento. Causa la morte, il processo per diserzione contro il defunto von Schill sarà sospeso dal re, ma, come è consuetudine nel caso delle diserzioni, i suoi beni saranno confiscati dallo Stato.

A von Schill risale il detto “meglio una fine con orrore che un orrore senza fine”, a esprimere la sua preferenza per le vie brevi, anche se questo comporti accettare maggiori svantaggi in itinere.

Solo nel 1837 la testa di von Schill, conservata in un gabinetto di storia naturale a Leida, nei Paesi Bassi, sarà portata a Braunschweig in un’urna. Nello stesso anno gli sarà eretto un monumento. Sotto di esso, una cripta con le sepolture dei suoi quattordici compagni d’armi fucilati. L’urna con il teschio è sepolta ai piedi del monumento in Schillstrasse.

Schill è protagonista dei film Die elf Schillschen Officers (Gli undici ufficiali di Schill; 1926 e 1932), Der Feuerreiter (Il cavaliere di fuoco; 1940) e il già citato Kolberg (1945).

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Ho evocato in esordio la figura del maggiore Lucioni e, come si evince anche solo da queste brevi note, non poche sono le dissimiglianze fra i due personaggi dell’Insorgenza anti-napoleonica, che agiscono a migliaia di chilometri di distanza fra loro, ai limiti estremi dell’area dei Paesi dai governi anti-napoleonici.

I corpi franchi prussiani — che curiosamente, ma fino a un certo punto, torneranno dopo il primo conflitto mondiale nell’area baltica e nella repressione delle insurrezioni comuniste delle città germaniche nel primo dopoguerra — e le milizie territoriali a ferma temporanea che formavano la Massa Cristiana piemontese nel 1799 non sono infatti la stessa cosa. Né von Schill è un mero animatore e sollevatore di contadini come Lucioni: è piuttosto un militare di carriera, che le circostanze e l’impazienza ispirata dal suo patriottismo conducono a svolgere azioni belliche autonome e irregolari.

Comunque, la “riscoperta” di von Schill mi rafforza nell’ipotesi che nel quadro sconfinato dei conflitti degli anni di Napoleone un qualche ruolo, magari con ridotta infuenza sugli eventi ma reale testimonianza di un valoroso intento di reazione e di resistenza allo strapotere dell’impero “illuminato”, abbiano giocato anche personaggi a luci e ombre come Lucioni e von Schill. Come pure nella convinzione che la frastagliata realtà storica dei movimenti insorgenti, di guerriglia, partigiani, in tutte le loro molteplici dimensioni — per esempio la loro struttura e il loro peso tattico e strategico —, che popolano le cronache degli anni dal 1792 al 1813, non sia ancora sufficientemente illuminata dagli storici.

Per il momento, dunque, onore alla memoria di von Schill e alla sua ferrea determinazione a lottare per la patria contro l’ennesimo travestimento, quello bellico-imperiale, della Rivoluzione nella sua versione “francese”.

 

[1] Cfr. Marco Albera e Oscar Sanguinetti, Il maggiore Branda de’ Lucioni e la “massa cristiana”. Aspetti e figure dell’insorgenza anti-giacobina e della liberazione del Piemonte nel 1799, Libreria Piemontese Editrice, Torino 1999.

[2] Sulla vicenda esiste un film, Kolberg, titolato in italiano La cittadella degli eroi, di chiaro taglio propagandistico, apparso nel 1945 — quando appunto le divisioni della Wehrmacht e delle Waffen-SS difendevano con le unghie e con i denti dai russi sovietici le prime zone orientali del territorio patrio —, diretto da Veit Harlan (1899-1964) e da Wolfgang Georg Louis Liebeneiner (1905-1987).

[3] «Ai tedeschi. / Fratelli miei che languite in catene sotto un popolo straniero! È giunto il momento di liberarvi dai ceppi e di tornare a una condizione nella quale avete vissuto felicemente per secoli, finché l’ambizione illimitata di un audace conquistatore ha diffuso una miseria immensa nella patria. Abbiate coraggio, seguite il mio consiglio e saremo quello che eravamo! Suonate le campane a martello! Questo terribile segno del fuoco lasciate che accenda nei vostri cuori la pura fiamma dell’amore per la patria e sia il segno del tramonto per i vostri oppressori. Impugnate tutti le armi! Falci e picche possono prendere il posto dei fucili. Le armi inglesi presto si aggiungeranno a quelle già arrivate. Impugnata con mano forte, la pacifica falce può diventare un’arma mortale. Imbracciamo tutti le armi, partecipiamo alla gloria della liberazione della patria! Combattiamo per la pace e per la gioia per noi e per i nostri figli! Chiunque sarà così codardo da eludere questo invito alla gloria incontrerà vergogna e disprezzo ed essi saranno il suo marchio per tutta la vita! Che una nobile fanciulla tedesca non stringa mai la mano a un tale traditore! Facciamoci coraggio! Dio è con noi e con la nostra giusta causa. Possa la preghiera di chi è anziano implorare benedizioni su di noi. Gli eserciti dell’Austria avanzano vittoriosi, malgrado le vanagloriose dichiarazioni della Francia; i tirolesi hanno già gloriosamente spezzato le catene; i buoni assiani si sono già radunati: mi precipito da voi alla testa di guerrieri valorosi. Presto la giusta causa vincerà e l’antica gloria della patria sarà ristabilita. Alle armi! Schill» (l’immagine del manoscritto e il testo in tedesco sono consultabili nel sito web <https://www.bommi2000.de/geschichte/19jh/1809/1809aufruf.php>; trad. red.).