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Giustizia tributaria: si attende la riforma

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Ph. Luca Martini / Hill Landscape

Giustizia tributaria: si attende la riforma

La riforma della giustizia tributaria è avvertita oramai come una necessità. La questione si pone da tempo al centro del dibattito del nostro Paese; non solo, infatti, gli operatori di settore ma anche la politica, il mondo delle libere professioni e delle associazioni di categoria discutono circa l’opportunità di procedere ad un cambiamento di rotta drastico e riformatore.

Il PNRR (Piano nazionale di ripresa e di resilienza) approvato dal Parlamento e positivamente accolto dalla Commissione europea non manca di dedicare attenzione al tema includendo quest’ultimo nel novero dei prioritari interventi di riforma del nostro sistema giudiziario e, dunque, tra le priorità d’azione indicate dal Governo.

Su tale presupposto, il 14 aprile 2021, il Ministro della giustizia e il Ministro dell’economia e delle finanze hanno istituito la Commissione per la giustizia tributaria avente il duplice compito di esaminare le criticità esistenti e di formulare proposte per la riforma con l’obiettivo “di migliorare la qualità della risposta giudiziaria e di ridurre i tempi del processo”.

La Commissione ha portato a termine il compito assegnatole il 30 giungo scorso pubblicando la relazione finale sulle proposte di riforma strutturale della giustizia tributaria.

Nello specifico, essa passa in rassegna le principali criticità dell’attuale sistema di giustizia tributaria; la notevole complessità e variabilità della normazione, il deficit di conoscenze attorno alla giurisprudenza di merito, la durata del processo, le dimensioni quantitative del contenzioso tributario e, con specifico riferimento alla figura del giudice, l’insufficiente livello di specializzazione nonché la diffusa percezione d’una imperfetta indipendenza di esso.

Ad avviso di chi scrive, le ultime due appaiono di particolare interesse e dunque meritevoli di approfondimento ulteriore.

  • insufficiente livello di specializzazione dei giudici. A incidere negativamente sulla professionalità del giudice tributario è soprattutto il regime part-time in cui quest’ultimo opera; il fatto che esso si vada a qualificare oggi come giudice onorario che, molto spesso, svolge unitamente a tale incarico altra attività lavorativa, vale a rendere l’impegno in concreto spendibile in Commissione molto limitato. Ciò si ripercuote non solo sull’effettiva possibilità per il giudice di partecipare alle udienze, stimata in media in uno o due volte al mese ma anche sulla qualità dell’apporto prestato in Commissione che, stante la complessità tecnico giuridica delle controversie fiscali, richiederebbe, invece, un tipo di impegno lavorativo quantomeno di tipo esclusivo. Connesso al regime part-time è anche l’aspetto retributivo dei giudici; esso, essendo individuato, per qual che concerne la sola componente variabile, proprio con riferimento alle presenze del giudice in Commissione, si dimostra infatti del tutto inadeguato soprattutto a fronte della complessità e della delicatezza dell’incarico svolto.
  • diffusa percezione d’una imperfetta indipendenza dei giudici tributari. Benché le disposizioni che, almeno nell’intenzione del legislatore, andrebbero a garantire il soddisfacimento di tale istanza siano molteplici e non di poco conto – l’istituzione di un organo di autogoverno della Giustizia tributaria, l’introduzione di cause di incompatibilità, anche piuttosto severe o, ancora, la disciplina relativa alla ricusazione e astensione del giudice - esse, allo stato attuale, possono essere considerate assolutamente insufficienti a garantire la posizione del giudice sotto tale profilo e questo emerge soprattutto ove le stesse si vadano a correlare con quelle che invece attribuiscono al MEF poteri ancora troppo penetranti. Si pensi, ad esempio, alle disposizioni che attribuiscono a quest’ultimo il potere di nomina dei componenti di Commissione e di determinazione dei relativi compensi.

Per far fronte a tali criticità, la Commissione ha individuato, con riferimento alle problematiche specificatamente prese in considerazione, tali possibili soluzioni;

  • rafforzare la specializzazione dei giudici tributari. A tale proposito, una prima proposta, ferma restando la configurazione della magistratura tributaria come onoraria, introduce il requisito della laurea magistrale in giurisprudenza o in economia o al titolo di dottore di ricerca in materie giuridico-aziendali per quanti non appartengono alla magistratura ordinaria, amministrativa o contabile. Non sono previste innovazioni né per il primo grado, né per la sezione tributaria della Corte di Cassazione; nel secondo grado, invece, è prevista l’istituzione d’una apposita sezione per le liti in alcune materie e con un valore economico superiore alla soglia dei 25.000 €. La seconda proposta, invece, si spinge fino all’istituzione di un giudice speciale – i tribunali tributari e le corti d’appello tributarie – e al rafforzamento sia del meccanismo di reclutamento, sia della scelta da parte di quanti intendano ricoprire gli uffici della giurisdizione tributaria (accesso fondato su un pubblico concorso, riservato ai laureati in giurisprudenza e ai giudici tributari in servizio e facoltà per gli attuali giudici ordinari, amministrativi, contabili e militari optare per il trasferimento alla magistratura tributaria). In sostanza, i giudici tributari non sarebbero più giudici onorari, ma professionali e a tempo pieno. Due ulteriori tratti distintivi di questa proposta sono la previsione del giudice monocratico onorario per le liti minori (fino a 3000 €) e l’istituzione per legge della sezione tributaria della Corte di Cassazione.
  • consolidare l’indipendenza dei giudici tributari. Al riguardo, la Commissione reputa necessario rimuovere due ostacoli: le modalità di determinazione dei compensi e la mancanza di autonomia del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria rispetto al MEF.

Nella speranza che tutto ciò possa finalmente tramutarsi in realtà, l’augurio è che si possa finalmente attribuire alla giustizia tributaria la dignità che effettivamente merita, al pari di ogni altra giurisdizione.