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Green pass: il controllore aziendale e la privacy

Banalità del male
Ph. Arbër Arapi / Banalità del male

Green pass obbligatorio per i lavoratori dipendenti

Dal 15 ottobre 2021, ai sensi del decreto-legge 21 settembre 2021, n. 127, «a chiunque svolge una attività lavorativa nel settore privato è fatto obbligo, ai fini dell'accesso ai luoghi in cui la predetta attività è svolta, di possedere e di esibire, su richiesta, la certificazione verde COVID-19» (art. 3, c. 1).

La certificazione verde diviene quindi indispensabile per poter accedere ai luoghi in cui si svolge l’attività lavorativa.

I lavoratori che dichiarano di non possedere la certificazione verde o che ne risultano privi «sono considerati assenti ingiustificati fino alla presentazione della predetta certificazione» (art. 3, c. 6). Il decreto-legge specifica inoltre che «Per i giorni di assenza ingiustificata non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominato» (art. 3, c. 6).

 

Green pass: controllo aziendale

Con il decreto-legge 21 settembre 2021, n. 127 anche i datori di lavoro privati sono tenuti al controllo della certificazione verde. In particolare, il datore di lavoro è tenuto a definire l’organizzazione delle verifiche, «anche a campione, prevedendo prioritariamente, ove possibile, che tali controlli siano effettuati al momento dell'accesso ai luoghi di lavoro» (art. 3, c. 5).

La normativa presenta evidenti incertezze sul merito e sul metodo dei controlli. Mentre viene ammessa la possibilità di eseguire controlli all’ingresso, non si esclude che gli stessi possano avvenire «a campione». La responsabilità della politica di controllo è quindi interamente demandata al datore di lavoro privato.

 

Green pass: l’incaricato aziendale e la privacy

L’accertamento delle violazioni degli obblighi (del predetto decreto, commi 1 e 2) deve avvenire ad opera di soggetti individuati con «atto formale» (art. 3, c. 5) dal datore di lavoro. Dalla verifica delle violazioni è prevedibile che discenda l’autorizzazione al trattamento dei dati personali, disciplinata dal decreto-legislativo 10 agosto 2018, n. 101, art. 2-quaterdecies. È questa solo una deduzione, dal momento che non sono fornite informazioni in merito a forma, sostanza e redazione dell’atto.

La materia della privacy è quindi trasversale alla presente disciplina, pertanto il raggio di azione degli incaricati aziendali deve restringersi al perimetro segnato dalla citata normativa sul trattamento dei dati personali.

In questo senso, i dati verbalizzati negli atti che accertano la trasgressione ad opera di un lavoratore richiedono una tutela che il decreto-legge ignora. Peraltro, questi dati, devono essere trasferiti al prefetto, attraverso un trattamento non specificato. Il decreto-legge 127/2021 presenta delle zone d’ombra che solo il datore di lavoro, in autonomia e con responsabilità, dovrà illuminare. Almeno per garantire i diritti di tutti.