I principi di proporzionalità e adeguatezza nel sistema delle misure cautelari reali
Abstract
L’elaborato tratta dell’operatività dei principi di proporzionalità e adeguatezza in relazione alle misure cautelari reali.
Come noto, tali principi sono sanciti dall’art. 275 c.p.p. in relazione ai provvedimenti de libertate: essi devono orientare la scelta del giudice nel caso concreto, in modo da rendere l’azione cautelare compatibile con il dettato costituzionale e convenzionale.
In assenza di un’analoga previsione legislativa a quella dell’art. 275 c.p.p., dottrina e giurisprudenza si sono interrogate in quale modo, e attraverso quale iter logico-giuridico, i principi di proporzionalità e adeguatezza devono trovare applicazione anche in relazione ai sequestri reali.
Sul punto, l’operatività di tali principi è stata recuperata dalla giurisprudenza di legittimità, imponendo al giudice una valutazione cautelare sulla possibilità di soddisfare i pericula del caso concreto con la misura meno afflittiva possibile per il destinatario del provvedimento.
L’elaborato analizza, infine, il rapporto di proporzionalità che dovrebbe sussistere tra il valore dei beni oggetto del sequestro conservativo ex art. 316 c.p.p. e l’entità dei crediti da garantire.
The work deals with the operative about principles of proportionality and adequacy in relation to precuationary forfeiture.
As known, these principles are enshrined in art. 275 c.p.p. regarding to the measures about personal freedom: they must direct the choise of the judge in the specific case, in order to make the precautionary action compatible with constitutional and conventional provision.
Without an analogous legislative prevision to the one in art. 275 c.p.p., doctrine and jurisprudence have questioned whether, and through which logical-legal process, principles of proportionality e adequacy must to be applied also in relation to real seizures.
Further to this point, operability of these principles was recovered by the jurisprudence of legitimacy. It imposed a precautionary assestment on the judge, about the possibility to satisfy the pericula of the specific case with the measure as least distressing as possible for the subject of provision.
In the end, the paper analysis the ratio of proportionality that there should be between value of the assests of attachment ex art. 316 c.p.p. and the amount of credit to be guaranteed.
Sommario
1. Introduzione.
2. L’orientamento dottrinale e giurisprudenziale.
3. Le misure interdittive come alternativa al sequestro reale e altre possibili soluzioni.
4. Rapporto di proporzionalità tra il valore dei beni oggetto del sequestro conservativo e l’entità del credito da garantire.
5. Conclusioni.
Summary
1. Introduction.
2. The doctrinal and jurisprudential orientation.
3. Interdictive measures as an alternative to real seizure and other possible solutions.
4. Ratio of proportionality between the value of the assest subject to the attachment and the amount of credit to be guaranteed.
5. Concluding remarks
1. Introduzione
I sequestri reali sono volti a porre un vincolo di indisponibilità su beni mobili o immobili per finalità cautelari. In particolare, il sequestro conservativo mira ad evitare che, nell’attesa della condanna definitiva dell’imputato[1], si disperdano le garanzie patrimoniali, rendendo così inefficace l’eventuale alienazione del bene[2].
Il destinatario della misura perde la disponibilità della res ma non viene cancellato il rapporto giuridico che lo lega a questa.
Il sequestro preventivo, invece, ha la finalità di impedire la libera disponibilità di un bene, e quindi «paralizzare lo status quo ed evitare, fin tanto che la vicenda giudiziaria non si concluda, l’ineffettività della pronuncia finale»[3].
Entrambe le misure possiedono i caratteri della provvisorietà e strumentalità: l’intervento cautelare è preordinato all’emissione di un successivo provvedimento definitivo, e gli effetti della misura sono limitati a un periodo di tempo determinato, ossia fino all’adozione del provvedimento a cui è finalizzato[4].
Considerato che, come sottolineato in dottrina, le misure cautelari reali incidono sulle cose e non sulle persone, sul piano della gravità degli effetti dovrebbero trovarsi in una posizione subordinata rispetto alle misure personali.
Ma nella realtà i sequestri reali, in particolare quello preventivo di cui all’art. 321 c.p.p., possono incidere «nella vita delle persone in misura ben maggiore rispetto ad una misura cautelare personale, magari blanda»[5].
Pertanto, dottrina e giurisprudenza nel corso degli anni si sono interrogate se i principi di proporzionalità, adeguatezza e gradualità, dettati dall’art. 275 c.p.p. per le misure cautelari personali, trovino applicazione anche per le misure cautelari reali.
2. L’orientamento dottrinale e giurisprudenziale
Preso atto dell’interrogativo a cui dottrina e giurisprudenza hanno tentato di dare risposta, occorre innanzitutto sottolineare che all’interno del Titolo II del Libro IV del codice di rito non si rinvengono previsioni analoghe a quella dell’art. 275 c.p.p. Inoltre, nell’ambito delle cautele reali non sembra esservi quella varietà, in funzione di un crescente grado di afflittività, che connota il sistema delle misure de libertate[6].
La dottrina ha sostenuto l’estensione analogica dell’art. 275 c.p.p. in virtù degli artt. 85 disp. att. c.p.p. e 324 c.p.p.[7]. La prima norma era applicabile in forza del rinvio effettuato dall’art. 104 disp. att. c.p.p. alla disciplina del sequestro probatorio contenuta nel capo VI della medesima normativa (in cui rientra appunto l’art. 85 disp. att. c.p.p.).
Quest’ultimo autorizza la restituzione delle cose sequestrate previa esecuzione di specifiche prescrizioni, consentendo di rimuovere il vincolo di indisponibilità sul bene allorquando le esigenze cautelari cui esso è preordinato possano essere ugualmente tutelate, eliminando la situazione di pericolo senza privare l’interessato della libera disponibilità della res.
Il rinvio predetto è stato, tuttavia, soppresso dalla modifica legislativa che nel 2009 ha integralmente sostituito l’art. 104 disp. att. c.p.p. [8], indebolendo la tesi dell’estensione analogica.
Dall’art. 324, comma 7, c.p.p.[9], si fa discendere invece il potere di revoca parziale del sequestro, sia in sede di riesame che in fase applicativa, anche nell’ipotesi in cui la misura adottata sia eccessiva rispetto alle finalità perseguite[10].
La giurisprudenza di legittimità era divisa in due posizioni contrastanti. Un primo orientamento escludeva l’operatività dei principi di proporzionalità e adeguatezza, ritenendo l’astratta configurabilità del reato e la libera disponibilità della cosa sufficienti a configurare il pericolo di aggravamento o protrazione delle conseguenze del reato[11].
Successivamente, però, la Cassazione si è espressa per l’applicabilità dei principi in esame anche alle misure cautelari reali. I principi di proporzionalità e adeguatezza devono costituire oggetto di valutazione preventiva e non eludibile da parte del giudice, il quale deve motivare adeguatamente sulla impossibilità di conseguire il medesimo risultato attraverso una meno invasiva misura interdittiva, al fine di evitare un’esasperata compressione di diritti costituzionalmente rilevanti quali il diritto di proprietà e di libera iniziativa economica[12].
In altre parole, il giudice prima di disporre il sequestro preventivo su una res, soprattutto se questa è di una certa rilevanza patrimoniale per il destinatario del provvedimento cautelare, deve valutare se il periculum del caso concreto possa essere fronteggiato con una misura meno afflittiva della sua sfera giuridica, alla luce di principi di proporzionalità e adeguatezza[13].
La Cassazione ha anche affermato il dovere del giudice di motivare sull’impossibilità di modulare il sequestro preventivo in maniera tale da non compromettere la funzionalità del bene sottoposto a vincolo oltre le effettive necessità dettate dall’esigenza cautelare che si intende arginare[14].
Si nota quindi il tentativo della giurisprudenza di legittimità di concepire il vincolo del sequestro preventivo non come rigido ma, piuttosto, come elastico, in modo da graduarlo e adattarlo ai pericula del caso concreto, secondo il principio del minor sacrificio necessario.
In conclusione, la Cassazione fa discendere l’applicabilità dei principi di proporzionalità e adeguatezza anche alle misure cautelari reali non tramite l’applicazione analogica dell’art. 275 c.p.p., come aveva sostenuto parte della dottrina, ma in base all’interpretazione dello stesso art. 321 c.p.p.[15].
Poiché ai sensi di tale norma lo scopo del sequestro preventivo è quello di impedire che la libera disponibilità della cosa possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato, il giudice è tenuto a un preciso percorso argomentativo. Deve verificare se: a) l’aggravamento o la protrazione delle conseguenze del reato possono essere evitati senza privare il soggetto dalla disponibilità della cosa; b) il sequestro preventivo è sufficiente a garantire tale risultato; c) tale risultato, infine, può essere conseguito con misure meno afflittive.
3. Le misure interdittive come alternativa al sequestro reale e altre possibili soluzioni
Come detto, la giurisprudenza di legittimità indica le misure interdittive per evitare l’esasperata compressione dei diritti in gioco[16]. Ad esempio, potrebbe ipotizzarsi che il sequestro preventivo nei confronti di un’azienda possa essere sostituito con il divieto temporaneo di esercitare attività imprenditoriale ex art. 290 c.p.p. nei confronti dell’amministratore dell’azienda medesima.
In tal modo i principi contenuti nell’art. 275 c.p.p. risulterebbero immediatamente operanti[17].
Tuttavia, al riguardo emergono diversi punti critici. Innanzitutto, per l’adozione della misura cautelare personale occorre la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 c.p.p. a carico di un soggetto chiaramente individuato.
Inoltre, ai sensi dell’art. 287 c.p.p., l’applicazione della misura ex art. 290 c.p.p. è subordinata alla gravità dei fatti per cui si procede[18].
Infine, non è certo che la misura interdittiva di cui si tratta sia idonea a eliminare i pericula connessi alla prosecuzione dell’impresa[19].
Al netto di ciò, la dottrina ha volto lo sguardo alla disciplina concernente la nomina degli amministratori giudiziari di cui all’art. 104-bis disp. att. c.p.p.[20].
La norma prevede che nell’ipotesi di sequestro di aziende, società ovvero beni di cui sia necessario assicurare l’amministrazione, l’autorità giudiziaria può nominare un amministratore giudiziario che, sotto il controllo del pubblico ministero, ha il compito di fare il possibile onde conseguire il risultato di annientare o quanto meno ridurre le cause che determinano il periculum in mora, limitando allo stesso tempo il più possibili i disagi connessi alla completa sospensione dell’attività di impresa.
Pertanto, l’applicazione del sequestro preventivo congiuntamente alla nomina dell’amministratore giudiziario può costituire quello strumento meno invasivo, richiesto dalla giurisprudenza di legittimità, per affrontare le esigenze cautelari manifestatesi nel caso concreto, in ossequio ai principi di proporzionalità, adeguatezza e gradualità[21].
4. Rapporto di proporzionalità tra il valore dei beni oggetto del sequestro conservativo e l’entità del credito da garantire
Il legislatore, nel disciplinare il sequestro conservativo all’art. 316 c.p.p., non ha specificato la necessità di un rapporto di proporzionalità tra il valore dei beni oggetto del vincolo di indisponibilità e la presumibile entità del credito da garantire.
In tale quadro sono sorti diversi e opposti orientamenti dottrinali e giurisprudenziali.
Considerato che il principio di proporzionalità che deve trovare applicazione anche all’interno del sistema delle misure cautelari reali, appare condivisibile l’orientamento dottrinale che ritiene irragionevole e lesivo del principio in esame il sequestro che «attinga beni di valore ictu oculi eccedente in misura rilevante l’ammontare dei crediti da garantire»[22].
Parte della giurisprudenza di legittimità esclude che il riferimento a tale rapporto di proporzionalità possa essere considerato come requisito di validità del sequestro conservativo, in quanto, come desunto dal comma 2 dell’art. 319 c.p.p., la valutazione di proporzionalità è sancita solamente tra l’importo della cauzione eventualmente offerta e il valore dei bene sequestrati[23]. Di converso, altro indirizzo esegetico sostiene che i beni oggetto del sequestro conservativo devono essere congrui e non chiaramente eccedenti rispetto all’ammontare dei crediti da garantire[24].
È poi compito del giudice «valutare che il vincolo sia mantenuto nei limiti in cui la legge lo consente e verificare la ragionevole proporzionalità fra crediti da garantire ed ammontare del debito, fermo restando che spetta all’interessato che denunci la sproporzione dare la prova del proprio assunto»[25].
La giurisprudenza ritiene, inoltre, applicabile l’art. 496 c.p.c. anche nel procedimento penale, che consente al giudice, ove risulti l’eccessività dei beni originariamente pignorati rispetto all’ammontare del credito, la riduzione del pignoramento[26].
La questione di cui si tratta è ancor più problematica se si tiene conto che le Sezioni Unite hanno sostenuto che ai fini della validità del provvedimento impositivo del sequestro conservativo non è necessaria la specificazione della somma da garantire con la misura cautelare reale in esame, in quanto la determinazione del suo ammontare, sia ai fini dell’eventuale prestazione di idonea cauzione, sia per evitare il perdurare ingiustificato del vincolo, può essere effettuata successivamente dal giudice[27].
Di converso, altro orientamento in seno alla giurisprudenza di legittimità riteneva che la somma dovesse essere almeno approssimativamente indicata, al fine evitare di sottoporre a vincolo una quantità di beni aventi un valore maggiore ovvero inferiore rispetto al credito da garantire, e per consentire la possibilità di offrire una cauzione in somma di denaro[28].
Il dettato codicistico appare ancor più lacunoso in relazione alla disciplina dell’offerta di cauzione in forma impeditiva e sostitutiva. Ai sensi dell’art. 319 c.p.p., se l’imputato o il responsabile civile offrono una cauzione idonea a tutelare i crediti di cui all’art. 316 c.p.p., il giudice dispone che non si proceda al sequestro conservativo.
Il comma 2 prevede poi che se l’offerta è proposta con la richiesta di riesame, il giudice revoca la misura qualora ritenga che la cauzione sia proporzionata al valore delle cose sequestrate. Infine, il comma 3 dispone che la misura è altresì revocata se l'imputato o il responsabile civile offre, in qualunque stato e grado del processo di merito, cauzione idonea.
Pertanto, quest’ultima può trovare esplicitazione tanto in via preventiva, in forma impeditiva, quanto successivamente alla disposizione del sequestro conservativo (e cioè in sede di riesame o in qualunque stadio del processo di merito), in forma sostitutiva[29].
Se tale offerta è ritenuta congrua, può evitare l’applicazione della misura medesima oppure determinarne la revoca con efficacia estintiva.
Mentre nei commi 1 e 2 dell’art. 319 c.p.p. la cauzione è riferita rispettivamente alla idoneità a garantire i crediti di cui all’art. 316 c.p.p. e alla proporzionalità con il valore delle cose sequestrate[30], nell’ipotesi del terzo comma il giudice non ha punti di riferimento espliciti. Nel silenzio della legge, la dottrina si è interrogata sul punto. Alcuni autori ritengono che la cauzione debba essere ancorata all’entità del credito da garantire e non al valore dei beni sequestrati[31].
Difatti, «qualora l’idoneità della cauzione venisse commisurata al valore dei beni sequestrati ne conseguirebbe la violazione del principio di proporzionalità nell’ipotesi in cui tale valore eccedesse l’ammontare dei crediti da garantire»[32]. Altro orientamento sostiene che dopo l’apposizione del vincolo reale il criterio più logico è quello di ancorare la cauzione al valore dei beni[33].
Infine, in via intermedia, si ritiene che l’offerta di cauzione avanzata successivamente all’applicazione del sequestro debba essere valutata con riferimento sia ai crediti da garantire che al valore delle cose da dissequestrare[34].
Tra le varie tesi sopraindicate, pare maggiormente rispettosa del principio in esame quella che richiede la sussistenza di un rapporto di proporzionalità tra l’importo dell’offerta di cauzione e l’entità dei crediti da garantire.
Oltre ad essere auspicabile un intervento legislativo in tal senso, il legislatore dovrebbe anche specificare la necessità di un rapporto di proporzionalità tra il valore dei beni oggetto del vincolo di indisponibilità e l’ammontare dei crediti da garantire, ai sensi dell’art. 316 c.p.p., con il sequestro conservativo.
5. Conclusioni
I principi di proporzionalità e adeguatezza sono parametri fondamentali nella scelta della misura cautelare da applicare nel caso concreto. Attraverso i passaggi logico-consequenziali imposti dal c.d. test di proporzionalità si garantisce la correttezza della decisione adottata, la sua confutabilità, e si evitano le possibili derive arbitrarie del giudice.
Tali principi sono centrali in un sistema dove devono essere bilanciate esigenze di primissimo rilievo in contrasto tra di loro.
Essi rappresentano «la stella polare in grado di indicare la via da seguire»[35] tra i continui e sempre ondeggianti interventi legislativi.
Dall’analisi della disciplina delle misure cautelari reali sono emerse diverse lacune, dovute a un legislatore frettoloso che non ha tenuto conto del fatto che talvolta le cautele reali incidono nella vita delle persone con un’intensità maggiore rispetto ad una misura personale[36].
Pertanto, la giurisprudenza di legittimità ha recuperato la piena operatività dei principi di proporzionalità, adeguatezza e gradualità (dettati dall’art. 275 c.p.p. per le misure cautelari personali) con riferimento ai sequestri reali.
Tali principi devono costituire oggetto di valutazione preventiva non eludibile da parte del giudice, il quale deve motivare adeguatamente sulla impossibilità di conseguire il medesimo risultato attraverso una meno invasiva misura interdittiva, onde evitare una esasperata compressione di diritti costituzionalmente garantiti.
In particolare, la disciplina del sequestro preventivo, definito dalla dottrina come «figlio di un dio minore»[37] rispetto alla complessità normativa che caratterizza le cautele personali, manca di una precisa indicazione dei presupposti applicativi, specie in quello funzionale alla confisca di cui al comma 2 dell’art. 321 c.p.p., tanto da allontanarlo dal tradizionale modello cautelare.
Per recuperare una piena impostazione cautelare sarebbe quindi auspicabile una migliore definizione legislativa dei presupposti applicativi e dell’operatività dei principi di proporzionalità e adeguatezza.
[1] A parere di D’ONOFRIO M., Il sequestro conservativo penale, Padova, 1997, 15, «il sequestro conservativo, quale misura cautelare volta a tutelare gli interessi patrimoniali connessi al reato, è – per la sua preordinazione all’adozione di un provvedimento definitivo – strumentale rispetto a quest’ultimo, per cui rimane operativo fino all’emanazione dello stesso, che concerne il merito della controversia. A tale strumentalità si correla la provvisorietà del provvedimento adottato, che perde efficacia nel momento della pronuncia di quello definitivo».
[2] La giurisprudenza di legittimità ha affermato che la finalità del sequestro conservativo è quella di impedire la disponibilità materiale e giuridica della cosa sequestrata, rendendone inefficace l’eventuale alienazione (Cass. Pen., Sez. V., sent. n. 886 del 6 febbraio 1994).
[3] Così SCALFATI A., Il sequestro preventivo: temperamento autoritario con aspirazioni al “tipo” cautelare, in Dir. pen. proc., 5, 2012, 533.
[4] Come sottolineato da SCALFATI A., Il sequestro preventivo: temperamento autoritario con aspirazioni al “tipo” cautelare, cit., 533, se l’istituto cautelare non fosse caratterizzato dalla provvisorietà allora «la misura, una volta disposta, servirebbe semplicemente ad anticipare gli effetti penali sperati».
[5] Così POTETTI D., Limiti, proporzionalità e adeguatezza del sequestro preventivo, in Cass. pen., 3, 2020, 1181. Come sottolineato dall’Autore, le cose non sono separate dalle persone: colpire le prime può equivalere a colpire pesantemente le seconde. Si pensi all’imprenditore al quale venga sequestrato tutto il suo patrimonio, al cittadino comune al quale vengano sequestrati (in parte) lo stipendio o la pensione, ovvero al sequestro di una grande azienda che può pregiudicare l’economia nazionale.
[6] Sul punto cfr. MONTAGNA M., I sequestri nel sistema delle cautele penali, Padova, 2005, 50. A parere di GUALTIERI P., Sequestro preventivo, in Trattato di procedura penale, diretto da Spangher G., vol. II, t. 2, Le misure cautelari, a cura di SCALFATI A., Torino, 2008, 386, non sembra decisivo l’assunto chi principi di adeguatezza e proporzionalità sarebbero tipici soltanto delle misure cautelari personali, in quanto presuppongono una possibilità di scelta tra misure diversificate per afflittività, mentre il sequestro preventivo non ha alternative, poiché, come si è accennato, anche questa misura può essere diversamente articolata».
[7] Si veda D’ONOFRIO M., Il sequestro preventivo penale, Padova, 1998, 45; FIORE S., Accertamento dei presupposti e problematiche applicative in tema di sequestro preventivo, in Riv. it. dir. proc. pen., 1995, 560; POTETTI D., Sequestro preventivo e ordini di fare: quali limiti?, in Cass. pen., 1995, 1420; SELVAGGI E., Art. 321 c.p.p., in Commento al nuovo codice di procedura penale, coordinato da Chiavario M., vol. III, Torino, 1990, 371.
[8] L’art. 2, comma 9, della legge 15 luglio 2009, n. 94 ha poi integralmente sostituito l’art. 104 disp. att. c.p.p., disponendo che il sequestro preventivo è eseguito sugli immobili o mobili registrati, con la trascrizione del provvedimento presso i competenti uffici. Per un commento, si veda RENZETTI S., L’esecuzione del sequestro preventivo, in AA.VV., Il “pacchetto sicurezza” del 2009, a cura di MAZZA O. e VIGANÒ F., Torino, 2009, 550 ss.
[9] La norma in questione prevede il potere del tribunale, in sede di riesame, di disporre la revoca parziale del sequestro.
[10] Secondo FIORE S., Accertamento dei presupposti e problematiche applicative in tema di sequestro preventivo, cit., 558, i principi di proporzionalità e adeguatezza trovano applicazione anche con riferimento alle misure reali in virtù del fatto che il giudice può revocare il sequestro dettando prescrizioni, ovvero revocarlo parzialmente qualora risulti eccessivo rispetto alle esigenze da salvaguardare. Di contraria opinione MENDOZA R., Questioni in tema di sequestro conservativo, in Cass. pen., 1997, 1823, che, nell’escludere l’applicabilità dei principi di proporzionalità, adeguatezza e gradualità alle misure cautelari reali, non ritiene decisivo il potere di revoca parziale del sequestro, valido per qualunque tipo di siffatta misura.
[11] Cass. Pen., Sez. III, sent. 16818 del 16 gennaio 2007, secondo cui i principi di proporzionalità e adeguatezza costituiscono criteri, stabiliti dal titolo I del libro IV del codice di procedura penale, solo per giustificare la scelta tra le varie misure e non per legittimare la restrizione della libertà personale. Analogamente Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 20147 del 11 febbraio 2009; Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 16818 del 16 gennaio 2007;
[12] Cass. Pen., Sez. VI, sent. n. 15807 del 9 gennaio 2014; Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 12500 del 15 dicembre 2011; Cass. Pen., Sez. V, sent. n. 8152 del 21 gennaio 2010; Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 38411 del 7 ottobre 2010; A fini esemplificativi, Cass. Pen., Sez. III, sent. 21271 del 7 maggio 2014 ha ritenuto legittimo il sequestro preventivo di un intero dominio internet, in ragione della motivata impossibilità tecnica di oscurare il singolo file lesivo del diritto d’autore o con una meno invasiva misura interdittiva.
[13] A parere di MILANI L., Proporzionalità, adeguatezza e gradualità in tema di sequestro preventivo, in Cass. pen., 12, 2012, 4170, questa esigenza si manifesta in maniera decisiva allorché tra i beni assoggettati a sequestro preventivo siano le aziende o gli stabilimenti industriali di una società. In questi casi, infatti, la sospensione delle attività produttive comporta problematiche non rilevanti, sia circa le operazioni di spegnimento degli impianti, sia dal punto di vista dei risvolti occupazioni provocati dalla chiusura dei reparti. Secondo GUALTIERI P., Sequestro preventivo, cit., 385, «con l’art. 275 c.p.p. si è data veste normativa ad un principio generale informatore del nostro ordinamento processuale (quello del ‘sacrificio minimo’), secondo cui è legittima la compressione di posizioni giuridiche costituzionalmente protette soltanto se si osservino i canoni di adeguatezza, proporzionalità e gradualità: è, infatti, innegabile che nel disporre il sequestro preventivo il giudice debba muoversi all’interno di questo quadro».
[14] Cass. Pen., Sez. V, sent. n. 8382 del 16 gennaio 2013.
[15] Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 12500 del 15 dicembre 2011, secondo cui i profili di proporzionalità, adeguatezza e gradualità della misura cautelare vengono in rilievo «in base alla stessa interpretazione dell’art. 321, comma 1, c.p.p.; senza necessità di ricorrere all’applicazione analogica del disposto dell’art. 275 c.p.p., riferito alle sole misure cautelari personali». Nello stesso senso Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 12500 del 15 dicembre 2011.
[16] Già dai primi anni dell’entrata in vigore dell’attuale codice di procedura penale, la dottrina aveva sottolineato i punti di contratto tra il sequestro preventivo e le misure cautelari interdittive. Sul punto cfr. GALANTINI N., Art. 321 c.p.p., in Commentario del nuovo codice di procedura penale, diretto da Amodio E. – Dominioni O., vol. III, Milano, 1990, 276; VICICONTE G., Il sequestro preventivo tra esigenze cautelari e finalità di prevenzione, in Riv. it. dir. proc. pen, 1992, 367.
[17] Sul punto cfr. MILANI L., Proporzionalità, adeguatezza e gradualità in tema di sequestro preventivo, cit., 4172.
[18] Come noto, la norma prevede che «salvo quanto previsto da disposizioni particolari, le misure previste in questo capo possono essere applicate solo quando si procede per delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni».
[19] Come rilevato da MILANI L., Proporzionalità, adeguatezza e gradualità in tema di sequestro preventivo, cit., 4172, «quand’anche l’interdizione all’esercizio delle attività imprenditoriali colpisse uno o più membri del consiglio di amministrazione di una grande società, non vi sarebbe la certezza di incidere realmente sulla perpetrazione di una condotta illecita ricollegabile non alle scelte di singoli soggetti, bensì alla politica industriale seguita dall’ente in tutte le sue componenti».
[20] Sul punto cfr. MILANI L., op. ult. cit., 4176–4178.
[21] MILANI L., op. ult. cit., 4178 sottolinea però ulteriori aspetti critici. Infatti, il testo dell’art. 104-bis disp. att. c.p.p. non specifica se l’autorità giudiziaria che nomina gli amministratori debba anche ordinare loro quali decisioni adottare, o per lo meno fornire delle direttive in tal senso. In assenza di indicazioni contenute in provvedimenti scritti, infatti, potrebbero sorgere serie difficoltà per l’imprenditore “amministrato” che intendesse censurare la gestione intrapresa dall’amministratore giudiziario, specialmente allorché si tratti di una figura esterna all’azienda.
[22] Così TABASCO G., Principio di proporzionalità e misure cautelari, Padova, 2017, 152.
[23] Cass. Pen., Sez. V, sent. 5 marzo 2007, Capogna, in CED., n. 235839.
[24] In quanto implicitamente richiesto dall’art. 316 c.p.p. Si veda Cass. Pen., Sez. III, sent. 11 giugno 2004, Portman, in Arch. nuova proc. pen., 2005, 55.
[25] Cass. Pen., Sez. V, sent. n. 9851 del 19 gennaio 2015. Sulla prova della sproporzione gravante sull’interessato si era già espressa Cass. Pen., Sez. II, sent. 20 novembre 2009, Melis, in CED., n. 245466.
[26] Cass. Pen., Sez. II, sent. 20 novembre 2009, Melis, in CED., n. 245466.
[27] Cass. Pen., Sez. Un., sent. n. 34623 del 26 giugno 2002.
[28] Cass. Pen., Sez. V., sent. 25 giugno 2010, Dal Pozzo, in CED., n. 249494, secondo cui anche la stima dei beni può non essere puntuale. È sufficiente una valutazione complessiva, di natura sintetica, dei loro valori. Più risalente, Cass. Pen., Sez. V., sent. 18 agosto 1998, in Cass. pen., 2000, 452; Cass. Pen., Sez. II, sent. 16 ottobre 1997, Sannino, in Arch. nuova proc. pen., 1998, 690.
[29] Difatti si ottiene uno spostamento del vincolo reale dai beni originariamente avvinti ad altri offerti dall’imputato o dal responsabile civile.
[30] A parere di TABASCO G., Principio di proporzionalità e misure cautelari, cit., 152, il riferimento all’idoneità dell’offerta a garantire le obbligazioni di cui all’art. 316 c.p.p. (comma 1), e alla proporzionalità della cauzione al valore delle cose sequestrate (comma 2), rivela «l’intento del legislatore di informare anche le misure afflittive che limitano la disponibilità dei beni non solo al principio di adeguatezza ma anche a quello di proporzionalità».
[31] Di tale parere SELVAGGI E., Art. 319 c.p.p., in Commento al nuovo codice di procedura penale, coordinato da Chiavario M., vol. III, Torino, 1990, 354, secondo cui l’idoneità della cauzione va commisurata all’ammontare, almeno approssimativo, del credito, non essendo sufficiente che essa equivalga al prezzo della cosa oggetto del sequestro. Di parere simile anche TABASCO G., Principio di proporzionalità e misure cautelari, cit., 153.
[32] TABASCO G., op. ult. cit., 153.
[33] GARAVELLI M., Art. 319, in Commentario breve al codice di procedura penale, a cura di CONSO G. e ILLUMINATI G., Padova, 2015.
[34] ZAPPALÀ E. – PATANÉ V., Le misure cautelari, in SIRACUSANO D. – GALATI A. – TRANCHINA G. – ZAPPALÀ E., Diritto processuale penale, a cura di DI CHIARA G. e PATANÉ V., Milano, 2013, 492.
[35] TABASCO G., Principio di proporzionalità e misure cautelari, cit., 222.
[36] POTETTI D., Limiti, proporzionalità e adeguatezza del sequestro preventivo, cit., 1181.
[37] SCALFATI A., Il sequestro preventivo: temperamento autoritario con aspirazioni al “tipo” cautelare, cit., 533.