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Il difficile percorso del TU 309/90

TU 309/90 e stupefacenti
TU 309/90 e stupefacenti

Il difficile percorso del TU 309/90

Le problematiche degli Anni Duemila

Il sistema tabellare del TU 309/90 rappresenta una scelta normativa apprezzabile, ancorché complessa, soprattutto a seguito delle modifiche cui ha costretto Consulta n. 32/2014. Nella primigenia stesura del TU 309/90, esistevano quattro tabelle. La I e la III disciplinavano le cc.dd. “droghe pesanti“, mentre la II e la IV si occupavano delle cc.dd. “droghe leggere“, ammessa e non concessa la pertinenza degli ingannevoli lemmi “droga leggera“. Le Tabelle V e VI erano riservate ai medicinali psicotropi o psicoattivi ad uso ospedaliero, oppure acquistabili solo dietro presentazione di regolare ricetta medica. Ora, sotto il profilo sanzionatorio, per le sostanze pesanti, la pena aveva una forbice edittale tra gli 8 ed i 20 anni di reclusione, mentre, per le sostanze leggere, si andava da un minimo di 2 anni di reclusione ad un massimo di 6 anni. Successivamente, con la L. 49/2006, ossia la c.d. “Legge Fini-Giovanardi“, venne abrogata la differenziazione tra droghe pesanti e droghe leggere e, per conseguenza, tutti gli stupefacenti vennero a confluire in un'unica tabella, con l'eccezione di una seconda tabella che giuridificava i medicinali a base di sostanze non alienabili al di fuori delle farmacie.

Anzi, la L. 49/2006 sottoponeva, ex Art. 73 TU 309/90, tutte le droghe ad un unico margine edittale di pena, compreso tra i 6 ed i 20 anni di reclusione. Dopodiché, Consulta 32/2014 ha, a sua volta, abrogato la L. 49/2006, provocando il ritorno ex tunc alle quattro tabelle risalenti alla stesura originaria del TU 309/90. Infine, la lacuna disarmonica cagionata da Consulta 32/2014 è stata sanata dalla nuova L. 79/2014, che ripristinava la cesura tra droghe leggere e droghe pesanti, con una forbice edittale tra gli 8 ed i 20 anni di reclusione per le sostanze “dure“ ed una tra i 2 ed i 6 anni di reclusione per la cannabis. Ora, per quanto afferisce alle droghe pesanti, Consulta 32/2014, pur avendo ridato vita alla legislazione pregressa, in cui il minimo edittale era di 8 anni di reclusione, ha anche statuito, per evitare una reformatio in pejus, che si dovesse applicare il minimo sanzionatorio della L. 49/2006, benché, nel complesso, dichiarata incostituzionale. Per quanto afferisce, poi, alle droghe leggere, Consulta 32/2014 ha riportato il margine sanzionatorio dai 2 ai 6 anni, sempre per evitare una diminuzione dell'impianto garantistico relativo all'Art. 73 TU 309/90. Tale arzigogolata scelta, forzatamente cagionata da Consulta 32/2014, è stata confermata, per le sostanze pesanti, da Cass., 23 giugno 2015, n. 33373, nonché da Cass., 26 settembre 2014, n. 44808. Parimenti, per le droghe leggere, l'applicazione della norma più favorevole al reo, dopo Consulta 32/2014, è stata ribadita da Cass., SS.UU., 17 luglio 2014, n. 44895.

Da menzionare è pure Cass., 7 ottobre 2015, n. 43432 (ripresa da Cass., 11 luglio 2014, n. 44791), la quale ha statuito che “[dopo la L. 79/2014] il ritorno alla distinzione tra droghe pesanti e leggere impone, oggi, di fare riferimento a due distinte figure di reato. [Ma] in caso di fatti commessi nell'intervallo 2006-2014, e relativi [contestualmente] a sostanze di entrambe le tipologie [leggere e pesanti], il giudice è chiamato ad individuare la norma, in concreto, più favorevole, scegliendo tra, da un lato, l'applicazione di un reato unico con oggetto misto [droghe sia pesanti sia leggere] e cornice edittale 2-6 anni; dall' altro lato, due o più reati uniti dal vincolo della continuazione, con oggetto sostanze diverse [sia pesanti sia leggere] e cornici edittali, rispettivamente, 8-20 anni [per le droghe pesanti] e 2-6 anni [per le droghe leggere]“. Tuttavia, rimane il problema della eventuale nullità delle Sentenze di condanna per droghe leggere (canapa) emesse dal 2006 al 2014, ovverosia prima che la L. 49/2006 fosse dichiarata costituzionalmente illegittima da Consulta 32/2014. Secondo Cass., 21 maggio 2014, n. 25176, l'essenziale, per i reati commessi dal 2006 al 2014, è di non cadere nella reformatio in pejus. Ovverosia, come rimarcato da Cass.m 8 aprile 2014, n. 19241 (ripresa da Cass., 30 aprile 2015, n. 23952) “la Giurisprudenza di legittimità [in tema di droghe pesanti e leggere coltivate, trafficate, smerciate o raffinate dal 2006 al 2014] deve propendere nettamente per l'annullamento della Sentenza di condanna [nei primi due gradi di giudizio] e [la Cassazione] deve rideterminare la pena. Il radicale mutamento della cornice edittale, autentico parametro di disvalore del fatto, obbliga il giudice ad esercitare nuovamente il proprio potere discrezionale, conferitogli dagli Artt. 132 e 133 CP“. Questa ricerca garantistica del favor rei vale anche, secondo Cass., SS.UU., 26 febbraio 2015, n. 33040, nelle Sentenze di patteggiamento. Analogo garantismo, ai sensi di Cass., SS.UU., 26 febbraio 2015, n. 22471, va applicato pure allorquando lo smercio, la coltivazione, la raffinazione o il traffico di sostanze leggere afferisca a fattispecie aggravate dalla continuazione del reato.

Analogo ragionamento vale pure per le Sentenze di condanna passate in giudicato tra il 2006 ed il 2014. D'altronde, già prima di Consulta 32/2014, anche Consulta 251/2012 si era posta il problema dell'eventuale modificazione di una Sentenza di condanna definitiva, ancorché basata su una norma incriminatrice penale dichiarata, ex tunc, contraria alla Carta Costituzionale. A tal proposito, le Sezioni Unite Gatto (Cass., SS.UU., 29 maggio 2014, n. 42858) hanno stabilito che “la legalità si declina, soprattutto, sul fronte della conformità ai principi costituzionali; dunque, far eseguire una condanna, o una parte di essa, fondata su una norma contraria alla Costituzione, e, perciò, dichiarata invalida dal giudice delle leggi, significa violare il principio di legalità“. L'impatto di Cass., SS.UU., 29 maggio 2014, n. 42858 è prevalso; pertanto, la Giurisprudenza di legittimità, dopo Consulta 32/2014, ha finito per annullare la gran parte delle condanne ex Art. 73 TU 309/90 emesse nell'intervallo 2006-2014, sotto la vigenza della L. 49/2006. Ha prevalso, come si può notare, la soluzione maggiormente drastica, ma anche maggiormente logica e garantistica. Pertanto, nel caso di Sentenze di condanna passate in giudicato e relative all'applicazione della L. 49/2006, tra il 2006 ed il 2014, Cass., SS.UU., 26 febbraio 2015, n. 37107 (riconfermata da Cass., 19 maggio 2015, n. 36357) ha stabilito che “il giudice dell' esecuzione deve non revocare la Sentenza, bensì dichiarare non eseguibile la pena inflitta e sostituirla con quella costituzionalmente legittima, avvalendosi dei poteri di cui agli Artt. 665 e 670 Cpp, in caso di Sentenza [e] dei poteri di cui all'Art. 188 disp. att. Cpp. -estensivamente interpretato– in caso di patteggiamento […]. Lo stravolgimento della cornice edittale [per gli effetti di Consulta 32/2014] implica una nuova ponderazione del trattamento sanzionatorio, in linea con i criteri previsti agli Artt. 132 e 133 CP, seppur conformemente alle acquisizioni cristallizzatesi nel [pregresso] giudizio di merito (si tratta della c.d. intangibilità dell' accertamento)“.

Chi redige concorda con Cass., SS.UU., 26 febbraio 2015, n. 37107 nonché con Cass., 19 maggio 2015, n. 36357, ovverosia gli Artt. 132 e 133 CP consentono di “graduare“ non poco la gravità soggettiva ed oggettiva del delitto p. e p. ex Art. 73 TU 309/90, almeno tra il 2006 ed il 2014, ovverosia durante la vigenza costituzionalmente illegittima della L. 49/2006. Dopodiché, a seguito di Consulta 32/2014, la nuova L. 79/2014 ha, finalmente, ripristinato un certo ordine sanzionatorio e qualificatorio. Il nuovo impianto generale della L. 79/2014 non è né ottimo né perfetto, ma, perlomeno, ha allontanato le gravi lacune derivanti dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale della L. 49/2006. L'istituto della non eseguibilità della pena inflitta tra il 2006 ed il 2014 era ormai l'unico modo per uscire da bizantinismi inutili e, soprattutto, contrari alla “scala di gravità“ espressamente e fondamentalmente prevista dagli Artt. 132 e 133 CP
 

La lieve entità nel TU 309/90

Ex comma 5 Art. 73 TU 309/90, “salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque commette uno dei fatti previsti dal presente articolo che, per i mezzi, la modalità o le circostanze dell' azione, ovvero per la qualità e quantità delle sostanze è di lieve entità, è punito con le pene della reclusione dai sei mesi a quattro anni e della multa da euro 1.032 a euro 10.329“. Come noto, il comma 5 Art. 73 TU 309/90 ha introdotto, nel TU 309/90, la distinzione tra illeciti penali ed illeciti non penalmente rilevanti. La nozione di “fatto lieve“ era presente già nella primigenia stesura del TU 309/90, ma, con l'Art. 4 bis DL 272/2005, al fatto di lieve entità venne accostata una forbice edittale che oscillava dagli 1 ai 6 anni di reclusione. Ciononostante, in maniera filo-abolizionistica, sempre l'Art. 4 bis DL 272/2005 ha contemplato, nel comma 5 Art. 73 TU 309/90, il lavoro di pubblica utilità come sanzione sostitutiva delle pene detentive e pecuniarie ivi previste. Infine, con il DL 146/2013, convertito nella L. 10/2014, il massimo edittale, nel comma 5 Art. 73 TU 309/90, venne abbassato a soli 5 anni, anziché 6; inoltre, anche grazie a Cass., 8 gennaio 2014, n. 14288 il comma 5 Art. 73 TU 309/90 assurse al non secondario rango di norma incriminatrice autonoma. Per la verità, pochi mesi dopo l'entrata in vigore del DL 272/2005, la Consulta ha dichiarato incostituzionali gli Artt. 4 bis e 4 vicies ter del DL 272/2005, pur se la Corte Costituzionale ha precisato che il comma 5 Art. 73 TU 309/90 è e rimane una fattispecie autonoma di reato. Invece, veniva abrogato il comma 5 bis Art. 73 TU 309/90, introdotto dal DL 272/2005. Rimanevano comunque salvi gli effetti favorevoi al reo durante il periodo di applicabilità del DL 272/2005, il tutto, come ragionevole, per evitare, di nuovo, una reformatio in pejus. Infine, il DL 36/2014, convertito nella L. 79/2014, ha rivisitato, più garantisticamente, la forbice edittale del comma 5 Art. 73 TU 309/90, che ora oscilla da 6 masi a 4 anni, anziché da 1 a 5 anni. Inoltre, il DL 36/2014 ha reintrodotto la misura alternativa del lavoro di pubblica utilità ex comma 5 bis Art. 73 TU 309/90.

Senza dubbio, le summenzionate novellazioni sono eccessive ed incoerenti e rivelano una ratio legislativa tutt'altro che ordinata, nonché esposta ai malumori o, viceversa, agli entusiasmi populistici di questa o quella forza politica di turno.

Il comma 5 Art. 73 TU 309/90 si caratterizza, anzitutto, per la sua apprezzabile onnicomprensività, in tanto in quanto esso afferisce a tutti i reati pp. e pp. dall' Articolo in questione, purché essi siano caratterizzati dalla “lieve entità“ dei mezzi, della modalità, delle circostanze dell'azione, della qualità o della quantità della sostanza trafficata, raffinata, coltivata o smerciata. Inoltre, come precisato da Cass, 15 ottobre 2015, n. 46507, “la fattispecie [ex comma 5 Art. 73 TU 309/90] non trova applicazione qualora anche uno solo degli indici [che sono cinque] assuma una pregnanza negativa, tale da sterilizzare eventuali elementi di segno favorevole; essa è applicabile, viceversa, quando tutti i [cinque] elementi che caratterizzano il fatto, nella sua concretezza, depongono univocamente nel senso della scarsa attitudine offensiva“.

P.e., la non lieve entità del dato quantitativo ha recato alla non applicabilità del comma 5 Art. 73 TU 309/90 in Cass., 18 agosto 2015, n. 35666, in Cass., 5 giugno 2015, n. 26205 nonché in Cass., 21 aprile 2015, n. 20423. Oppure, la non lieve entità delle modalità dell' azione ha precluso, essa sola, l'intera precettività del comma 5 Art. 73 TU 309/90 in Cass., 6 luglio 2015, n. 30500. Oppure ancora, la non lieve entità delle circostanze ha ostacolato la vigenza del comma 5 Art. 73 TU 309/90 in Cass., 27 marzo 2015, n. 32695. Assai simili, in tema di esclusione della lieve entità per causa di uno solo dei cinque parametri, sono pure Cass., 13 agosto 2015, n. 39844, Cass., 27 marzo 2015, n. 20410, Cass, 7 gennaio 2015, n. 9840 nonché Cass., 3 novembre 2015, n. 49463. Senza dubbio, ciò che più conta è che l' attuale forbice edittale del comma 5 Art. 73 TU 309/90 oscilla dai 6 mesi ai 4 anni. Siffatto margine sanzionatorio assai attenuato comporta pure, sotto il profilo processuale, che:

  1. il comma 5 Art. 73 TU 309/90 configura una fattispecie criminosa che si prescrive velocemente, come confermato pure da Consulta 152/2014
  2. per i fatti di lieve entità, non si applica la custodia cautelare intramuraria (comma 2 Art. 280 Cpp), con grande sollievo per chi è chiamato a fronteggiare quotidianamente il sovraffollamento carcerario
  3. l'azione penale è esercitabile mediante citazione diretta
  4. ex Art. 168 bis CP, il comma 5 Art. 73 TU 309/90 non ostacola la sospensione del processo con messa alla prova, il che risulta assai utile nelle fattispecie di lieve entità che vedono protagonisti minorenni o giovani adulti
  5. sussiste la sospensione dell'esecuzione per pene inferiori ad anni 3 di reclusione, ex comma 5 Art. 656 Cpp, oppure per pene inferiori ad anni 4 di reclusione ex comma 3 bis Art. 47 L. 354/75, ora abrogato
  6. è applicabile l'Art. 131 bis CP (esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto), pur se taluni autorevoli Precedenti di legittimità separano la precettività del comma 5 Art. 73 TU 309/90 da quella dell' Art. 131 bis CP, seppure la ratio di entrambe le norme sia simile

Tuttavia, rimane il complesso nodo problematico dell'applicabilità automatica, o meno, del comma 5 Art. 73 TU 309/90 alle droghe leggere (leggere ?). A tal proposito, Cass., 28 febbraio 2014, n. 10514 afferma che, nel caso della cannabis, la “lieve entità“ scatta in maniera necessaria, in tanto in quanto, attualmente, prevale, anche in Dottrina, lo jato tra sostanze “dure“ e sostanze “leggere“. D'altronde, de jure condito, anche l'attuale Art. 75 TU 309/90 offre un trattamento sanzionatorio solo amministrativo, dunque attenuato, per le sostanze stupefacenti meno pesanti. Viceversa, Trib. Nola, Ord. 8 maggio 2014 e Trib. minorenni Reggio Calabria, Ord. 5 febbraio 2015, n. 113, ex Artt. 3, 27 e 117 Cost., hanno rimesso gli Atti alla Corte Costituzionale, in tanto in quanto, almeno per ora, manca una norma espressa che consenta di applicare automaticamente il comma 5 Art. 73 TU 309/90 alla marjuana ed all' hashish, pur se l'Art. 75 TU 309/90 invita, indirettamente, il Magistrato di merito ad un trattamento sanzionatorio attenuato nei confronti delle cc.dd. “droghe leggere“, che, comunque, ad avviso di chi scrive, “leggere“ non sono, sotto il profilo medico-tossicologico. A tal proposito, Consulta, Ordinanza 26/03/2015 ha sottolineato che manca un intervento legislativo in forma espressa. Dunque, per il momento, la Normativa vigente non permette di riservare, in forme privilegiata, il comma 5 Art. 73 TU 309/90 alla cannabis.

Rimane, poi, il problema di giuridificare il periodo di passaggio nel quale il comma 5 Art. 73 TU 309/90 non era ancora una fattispecie penale autonoma. Naturalmente, rimane fermo, come sempre, il divieto di una reformatio in pejus. Per i fatti di reato commessi prima dell' entrata in vigore della L. 49/2006, prevale il favor rei, ed è indifferente se il comma 5 Art. 73 TU 309/90 sia qualificato alla stregua di una semplice circostanza attenuante, oppure di una norma incriminatrice autonoma sotto il profilo giuridico-strutturale. In secondo luogo, per i reati pp. e pp. ex Art. 73 TU 309/90 e commessi dopo l'entrata in vigore della L. 49/2006, il Magistrato è tenuto ad applicare, sempre e comunque, la novella del comma 5 Art. 73 TU 309/90 che comporti un regime sanzionatorio più favorevole al reo. Pertanto, nell' intervallo 2006-2014, non importa se e come sia stata novellata la “lieve entità“. L' essenziale è, come sempre, rispettare il favor rei. In terzo luogo, per i reati pp. e pp. ex Art. 73 TU 309/90, e commessi dopo l'entrata in vigore della L. 79/2014, si applica il comma 5 Art. 73 TU 309/90 in qualità di fattispecie autonoma di reato. Comunque, come si può notare, la Giurisprudenza di legittimità non tiene troppo in conto i capricci novellatori del Legislatore, purché prevalga costantemente e tassativamente la soluzione maggiormente favorevole al responsabile. La reformatio in pejus va rigettata con vigore, perché contraria alla ratio garantistica tipica del Diritto Penale europeo. La “norma più favorevole“, pur nel groviglio delle novelle legislative, prevale sempre in Cass., 4 novembre 2014, n. 52031, Cass., 28 maggio 2014, n. 27619, Cass., 12 giugno 2014, n. 27952 nonché in Cass., 25 settembre 2014, n. 44115.

L' essenza consiste nel far prevalere la scelta più garantistica, senza fissarsi eccessivamente su questa o quella modifica legislativa, magari introdotta per spirito populista, senza riflettere sulle reali conseguenze tecniche. Perciò, anche il comma 5 Art. 73 TU 309/90 dimostra la pochezza e la non professionalità del Legislatore italiano, che fa e disfa a seconda di ideologie partitiche prive di fondamento tecnico. Il Legislatore italiano è una misera bandiera esposta al vento dei malumori della politica, anche in tema di lotta al consumo ed al traffico di stupefacenti.

Vale, dunque, anche la ratio presente nelle Sezioni Unite Gatto (Cass., SS.UU., 29 maggio 2014, n. 42858). Il favor rei è e rimane un principio fondamentale, pure nel caso in cui, per ragioni di sopravvenuta illegittimità costituzionale, il Giudice sia stato costretto ad una reformatio in pejus. In tal caso, ex comma 4 Art. 30 L. 87/1953 ed ex Artt. 655, 656 e 666 Cpp, il Magistrato dell'esecuzione dichiara non (più) eseguibile la pena o parte della pena. Tuttavia, di nuovo, chi scrive nota che siffatte disagevoli antinomie non si presenterebbero se il Legislatore italiano rimediasse motu proprio a gravi lacune, che costringono l'AG ad assurgere all'indebito rango di fonte di produzione del Diritto. Chi commenta non può non criticare negativamente un TU 309/90 in balìa di continue, inutili novellazioni, le cui conseguenze tecniche mettono, addirittura, in pericolo l' equità garantistica del Diritto Penale in tema di produzione e traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope (si allude alla tormentata struttura complessiva dell'Art. 73 TU 309/90). In effetti, le troppe novelle al comma 5 Art. 73 TU 309/90 rischiano di violare i sacrosanti principi in tema di successione delle leggi penali ex Art. 2 CP.
 

Il valore-soglia per l' uso personale

Nel TU 309/90, ma anche in svariati Ordinamenti penali e/o amministrativi stranieri, il valore della “quantità massima detenibile“ (QMD) viene a tracciare il confine tra infrazioni penali in tema di stupefacenti ed infrazioni a rilevanza meramente amministrativa, dunque meno gravi. Il concetto di QMD è stato introdotto dalla L. 49/2006 nel vecchio comma 1 bis Art. 73 TU 309/90, ai sensi del quale era punito, con una forbice edittale dai 6 ai 20 anni di reclusione, “[…] chiunque importa, esporta, acquista, riceve […] a qualsiasi titolo o, comunque, illecitamente detiene sostanze stupefacenti o psicotrope che, per quantità […] [e] se superiori ai limiti massimi indicati con decreto del ministero della salute […], ovvero per modalità di presentazione, avuto riguardo al peso lordo complessivo o al confezionamento frazionato, ovvero per altre circostanze dell'azione […] appaiono destinate ad un uso non esclusivamente personale“

Viceversa, sempre grazie alla L. 49/2006, ex Art. 75 TU 309/90, se la QMD è per uso personale, la fattispecie risulta meno aggravata ed è sanzionata esclusivamente per la via amministrativa

Ora, Consulta 32/2014 ha abrogato il comma 1 bis Art. 73 TU 309/90 nonché la previsione, sempre ex comma 1 bis Art. 73 TU 309/90, del decreto del ministero della salute (pre)detrminante la QMD. Dopodiché, il DL 36/2014 ha ripristinato la vigenza di un Decreto Ministeriale periodico stabilente la QMD. In secondo luogo, sempre a seguito di Consulta 32/2014, la L. 79/2014 ha reintrodotto il concetto di punibilità esclusivamente amministrativa della detenzione di una QMD riservata al solo uso personale.
 

I precursori di droghe nel TU 309/90. Il trionfo dell' esterofilia liberticida

            Nei Lavori Preparatori del TU 309/90, sono definiti precursori di droghe “alcune sostanze chimiche, normalmente utilizzate in numerosi processi industriali e farmaceutici e commercializzate in modo del tutto lecito, anche in quantitativi rilevanti, ma che possono avere [anche] una funzione determinante nella produzione, fabbricazione e preparazione illecita di droghe d'abuso, sia di origine naturale che di sintesi o semi-sintesi“. Tutti i precursori di droghe sono catalogicamente elencati, sebbene non in maniera esaustiva, nell' Allegato I del Regolamento CE n. 273/2004, il quale, tuttavia, non disciplina i precursori destinati al normale uso medico e farmaceutico. Anzi, per il vero, l' elenco dei precursori è necessariamente aperto, in tanto in quanto la tecnica chimica scopre precursori sempre nuovi e, spesso, economicamente non impegnativi e di facile reperibilità. Molti precursori, come l'efedrina, l'LSD, il piperonale ed il safrolo, sono una “materia prima“ facilmente reperibile a costi assai ridotti. Dopodiché, con mezzi e metodiche non complicate, i precursori vengono trasformati, senza troppe spese, in stupefacenti, soprattutto sintetici, come le amfetamine, l' MDMA e gli allucinogeni non vegetali. Come specificato nei Lavori Preparatori del DLVO 258/1996, esistono pure dei precursori, come l'anidride acetica ed il permanganato di potassio, che fungono da reagenti per la trasformazione delle droghe vegetali, oppure da solventi, come accade nelle fattispecie dell'acetone, dell'etere e dell'acido cloridrico, i quali estraggono e purificano sostanze illecite “dure“ quali l'eroina e la cocaina. Come si può notare, le varietà dei precursori sono innumerevoli, difficilmente catalogabili e agevolmente impiegabili tanto per le sostanze d'abuso sintetiche quanto per quelle vegetali. L'importanza centrale dei precursori è oggi tale da essere stata giuridificata nella Convenzione ONU di Vienna del 1988, ratificata dall' Italia con la L. 328/1990.

L' Art. 12 della Convenzione di Vienna del 1988 statuisce che “esiste la necessità di adottare misure per controllare alcune sostanze, compresi i precursori, i prodotti chimici ed i solventi che sono utilizzati nella fabbricazione di stupefacenti e di sostanze psicotrope […] [Si tratta di] sostanze che frequentemente vengono utilizzate nella fabbricazione illecita di stupefacenti e sostanze psicotrope […]. Ogni Stato deve adottare le misure che ritiene appropriate per impedire la deviazione di sostanze figuranti in Tabella I e II verso il mercato illecito“. Siffatte Tabelle I e II allegate alla Convenzione di Vienna del 1988 prevedono che il precursore venga catalogato e controllato da PG ed AG

  1. se la sostanza-precursore è frequentemente utilizzata per la fabbricazione illecita di stupefacenti o di sostanze psicotrope (Art. 12 Convenzione di Vienna del 1988)
  2. se la fabbricazione del precursore, in funzione del volume e dell'ampiezza, crea gravi problemi di sanità pubblica o sociali (Art. 12 Convenzione di Vienna del 1988)

Allo stato attuale, nell'UE, i precursori sono giuridificati, dal 18/08/2005, attraverso i tre Regolamenti (CE) 273/2004, (CE) 111/2005 e (CE) 1277/2005. Per quanto afferisce al Diritto italiano, il DLVO 50/2011 cataloga i precursori sull base della loro pericolosità tossicologico-criminologica. Nella categoria 1 del DLVO 50/2011, sono inseriti i precursori maggiormente dannosi o uncinanti, almeno sotto il profilo potenziale. Essi sono commerciabili e detenibili soltanto con un'apposita licenza triennale rilasciabile da parte del ministero della salute. Viceversa, sempre nel DLVO 50/2011, la categoria 2 giuridifica i precursori meno tossici, per il cui commercio è richiesta la mera registrazione presso il ministero della salute. Infine, nella categoria 3 del DLVO 50/2011, sono catalogati i precursori il cui obbligo di registrazione è tassativo solamente nel caso di esportazione verso Stati extra-UE ed in quantità superiori a quanto previsto, nel massimo, dal Reg. (CE) 1277/2005. I precursori della categoria 3 sono, a loro volta, sottoposti ad un regime di sorveglianza rafforzato nel caso in cui essi vengano esportati verso i Paesi “a rischio“ indicati nell'Allegato IV del Reg. (CE) 1277/2005.

Il DLVO 50/2011 ha recepito in toto la Normativa dell' UE, abrogando il comma 2 Art. 73 TU 309/90, ai sensi del quale, prima della relativa abrogazione, “le pene di cui al comma 2 si applicano anche nel caso di illecita produzione o commercializzazione delle sostanze chimiche di base e dei precursori di cui alle categorie 1, 2 e 3 dell' Allegato I al presente Testo Unico, utilizzabili nella produzione clandestina delle sostanze stupefacenti o psicotrope previste nelle tabelle di cui all' Art. 14“. Nella Normativa vigente, dopo miriadi di novellazioni, la tematica dei precursori è attualmente disciplinata dall' Art. 70 TU 309/90, il quale risulta completamente modellato sulla base di decine e decine di recenti Direttive e Regolamenti UE

Chi scrive contesta aspramente tale asservimento totale, totalizzante ed a-critico dell' Art. 70 TU 309/90 al Diritto Comunitario. L' esterofilia del Diritto italiano, anche in tema di precursori di droghe, ha raggiunto livelli aberranti. Ormai, buona parte del Diritto italiano, e non solo con afferenza al TU 309/90, patisce un'esterofilia spinta ai massimi livelli. L'UE, anche nell'Art. 70 TU 309/90, manifesta una volontà liberticida nei confronti dei singoli Ordinamenti nazionali. La supina europeizzazione dell' Art. 70 TU 309/90 dimostra la volontà dell'UE di azzerare l'autonomia sovrana dei Legislatori degli Stati comunitari. Qualsivoglia atto normativo autenticamente autonomo è percepito alla stregua di un grave ed inaccettabile oltraggio verso un sistema unitario centripeto, che mortifica ogni pur minima autonomia. In effetti, anche sotto il profilo semantico, l'Art. 70 TU 309/90 pare il bel compito di un diligente alunno elementare timoroso di non aver sufficientemente compiaciuto la maestra dispotica ed egocentrica. L'UE, a parere di chi redige, impone troppo e concede poco, sotto il profilo del Diritto Penale e delle Politiche criminalistiche. E' quanto mai necessario un ritorno al rispetto delle singole specificità nazionali.