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Il divieto di importazione diretta delle bevande alcoliche in Svezia e il diritto comunitario: monopolio o restrizione alle importazioni?

Nota a Corte di Giustizia, Sentenza 5 giugno 2007, C-170/04

Nel caso Rosengren ancora una volta i giudici comunitari sono stati chiamati a pronunziarsi sulla compatibilità con il diritto comunitario della legge svedese che assegna ad una società pubblica, Systembolaget, il monopolio sulla vendita al dettaglio delle bevande alcoliche.

La procedura e la sentenza

Alcuni residenti svedesi avevano acquistato via corrispondenza una partita di bottiglie di vino in Spagna. Al momento dell’ingresso delle bottiglie nel territorio svedese, le autorità doganali ne avevano disposto il sequestro in quanto l’importazione diretta di bevande alcoliche violava la legge svedese. Questa, oltre a prevedere il monopolio della vendita delle bevande alcoliche in favore di Systembolaget, ne proibisce anche l’ importazione diretta. Gli acquirenti avevano quindi impugnato il provvedimento davanti all’autorità giudiziaria. Il giudice adito, a sua volta, nel dubbio se la legge nazionale fosse in contrasto con il diritto comunitario, aveva rinviato la questione alla Corte di Giustizia in via pregiudiziale ex art. 234 CE.

In breve, i giudici comunitari hanno ritenuto che la compatibilità delle norme della legge svedese contestate dovesse essere valutata sulla base dell’art. 28 CE, piuttosto che dell’art. 31 CE. Successivamente, hanno individuato in tali norme una restrizione quantitativa delle importazioni, quindi vietata dall’art. 28 CE. Infine, i giudici comunitari non hanno concesso alle norme contestate l’esenzione di cui all’art. 30 CE a causa dall’inosservanza del principio di proporzionalità.

I rapporti tra l’art. 28 CE e l’art. 30 CE

La sentenza della Corte riguarda alcune questione giuridiche di un certo interesse, tra le quali la determinazione dei rispettivi ambiti di applicazione degli art. 28 e 31 CE. Poiché la norma svedese che vieta l’importazione diretta di bevande alcoliche è collegata al monopolio per la vendita a questa potrebbe applicarsi in via teorica o l’art. 31 CE o l’art. 28 CE. Essendo una questione sulla quale i giudici comunitari non hanno avuto spesso l’opportunità di pronunciarsi, la sentenza Rosengren contribuisce a consolidare la scarsa giurisprudenza sul punto.

L’art. 28 CE vieta agli stati membri le restrizione quantitative alle importazioni e ogni altra misura ad effetto equivalente. L’art. 31 CE si riferisce ai monopoli di natura commerciale, e impone agli stati membri l’obbligo di riordinare tali monopoli in modo tale da eliminare ogni discriminazione a danno di prodotti provenienti da altri stati membri.

Stabilire se una determinata misura nazionale restrittiva deve essere valutata ai sensi dell’art 28 CE o dell’art. 31 CE non è questione di poco conto. Infatti le misure nazionali ritenute incompatibili con l’art. 28 CE possono essere esentate ai sensi dell’art. 30 CE, mentre ai monopoli commerciali incompatibili con l’art. 31 non è riconosciuto un simile beneficio.

Nel risolvere il problema i giudici comunitari non si sono discostati da deciso nella precedente sentenza Franzén sempre in materia di monopolio previsto dalla legge svedese per la vendita di bevande alcoliche. Il criterio dirimente è che le norme nazionali che attengono all’esistenza o al funzionamento del monopolio devono essere valutate ai sensi dell’art. 31 CE; si applica, invece, l’art. 28 CE alle norme nazionali, che, anche se disciplinano il monopolio commerciale, incidono sugli scambi commerciali nel mercato comune.

Nel caso Franzén l’applicazione del criterio sopra indicato ha condotto i giudici comunitari ad applicare l’art. 31 CE alle norme svedesi relativa all’esistenza e al funzionamento di Systembogalet. In questa occasione la Corte ha statuito che le norme nazionali esaminate non sono incompatibili con il diritto comunitario. Al riguardo era stata decisiva la constatazione che le regole di organizzazione del monopolio non pregiudicano l’approvvigionamento dei consumatori di bevande alcoliche nazionali o importate. Queste regole si applicano indipendentemente dall’origine dei prodotti, il che non implica, in quanto tale, uno svantaggio per le bevande importate dagli altri Stati membri rispetto a quelle prodotte sul territorio nazionale.

Anche nel caso Rosengren la Corte ha seguito il criterio applicato nella sentenza Franzèn, sia pure con un diverso risultato finale. Se è vero che l’oggetto specifico del monopolio previsto dalla legge svedese è costituito dal conferimento del diritto esclusivo alla vendita al dettaglio delle bevande alcoliche, il divieto ai singoli di importazione delle bevande alcoliche non può essere considerato come relativo all’esistenza o al funzionamento del monopolio. Infatti, tale divieto non attiene alle modalità di vendita di tali bevande nel territorio svedese. Quindi la compatibilità con il diritto comunitario del divieto di importazione deve essere valutata sulla base dell’art. 28 CE.

La Corte non ha sul punto accolto le conclusioni dell’avvocato generale, secondo il quale il divieto di importazione diretta delle bevande alcoliche non era scindibile dal funzionamento del monopolio. L’intenzione del legislatore svedese era quella di canalizzare le vendita di bevande alcoliche attraverso esclusivamente Systembolaget. Il divieto di importazione diretta era dunque finalizzato al raggiungimento di tale obbiettivo e di conseguenza ricadeva nell’ambito di applicazione dell’art. 31 CE.

Restrizioni alle importazioni e esenzione ex art. 31 CE

Una volta optato per l’art. 28 CE, sulla base della nota formula Dassonville, la Corte ha stabilito che il divieto di importazione delle bevande alcoliche costituisce una misura ad effetto equivalente di una restrizione quantitativa della libera circolazione delle merci e quindi è vietata dal diritto comunitario. Infatti questa misura impone ai consumatori interessati all’importazione di bevande alcoliche una serie di oneri. Devono dapprima compilare un apposito formulario presso la sede del monopolista, e quindi ritornarvi almeno due volte, la prima per firmare il modulo di ordinazione, la seconda per ritirare le merci. Inoltre, il consumatore deve rimborsare le spese amministrative e di trasporto sostenute dal monopolista e non può richiedere l’importazione di quantitativi minimi di bevande, dato che tale richiesta difficilmente sarà accettata dal monopolista .

La Corte procede poi a verificare se il divieto di importazione può essere giustificato ai sensi dell’art. 30 CE. Secondo il governo svedese il divieto di importazione deve essere giustificato in quanto previsto a tutela della salute pubblica, la quale è uno degli interessi generali per il conseguimento dei quali il diritto comunitario prevede una deroga al divieto dell’art. 28. Il divieto di importazione è rivolto a limitare il consumo di bevande alcoliche e quindi a proteggere gli individui dal rischio di in consumo eccessivo di tali sostanze.

Tuttavia la Corte ha ritenuto che la misura in questione fosse rivolta, più che alla tutela della salute pubblica contro l’eccessivo consumo di bevande alcoliche, a privilegiare un particolare canale per l’importazione di tale bevande, quale quello assicurato dal monopolista Systembolaget. Inoltre, il divieto, anche a causa della scarsa rilevanza delle importazioni dirette effettuate dai singoli consumatori appariva inidonea a tutelare la salute pubblica.

Allora, il governo svedese ha rilevato che la giustificazione della misura era data dalla necessità di prevenire il consumo di bevande alcoliche da parte dei più giovani. L’importazione centralizzata delle bevande alcoliche consente al monopolista la verifica dell’età dei consumatori che hanno ordinato tali prodotti.

Tuttavia, la Corte non ha accolto quanto prospettato dal governo svedese ritenendo, invece, che la misura nazionale sotto esame è contraria al principio di proporzionalità. L’obbligatorio ricorso a Systembolaget quale canale per l’importazione di bevande alcoliche da parte dei singoli consumatori non appare idoneo a realizzare l’obbiettivo dichiarato della riduzione dell’eccessivo consumo di bevande alcoliche da parte dei più giovani. Il governo svedese non ha fornito alcuna prova se Systembolaget effettivamente verifica l’età dell’acquirente nel caso in cui la merce è consegnata tramite particolari modalità, come nel caso di spedizione postale o spedizione con ogni altro mezzo alla stazione o fermata di autobus più vicina.

Inoltre la misura appare eccessivamente restrittiva in quanto vieta in via assoluta le importazione dirette di bevande alcoliche. È pur sempre possibile tutelare i più giovani contro il rischio di un consumo eccessivo di alcol ricorrendo a strumenti meno restrittivi per la libera circolazione delle merci del divieto di importazione, quali affidare il controllo dell’età dei consumatori a soggetti terzi al momento della consegna delle bevande ovvero l’autocertificazione.

Anche nel sopraccitato caso Franzèn la Corte era giunta a conclusioni analoghe circa la compatibilità della legge svedese con i principi comunitari in materia di libera circolazione delle merci. La Corte ha infatti rilevato che la legge svedese, riservando l’importazione di bevande alcoliche agli operatori titolari di un’autorizzazione alla fabbricazione o al commercio all’ingrosso, ostacola il commercio tra gli Stati della CE. Le bevande alcoliche importate sarebbe quindi gravati da costi supplementari che invece non gravano sulle bevande nazionali, di qui l’incompatibilità con l’art. 28 CE. Né le misure restrittive potrebbero godere dell’esenzione dell’art. 30, dato che il governo svedese non ha dimostrato che queste fossero proporzionate rispetto all’obbiettivo della salute pubblica.

In conclusione, si può affermare che la Corte ha seguito il suo consolidato orientamento sull’applicabilità dell’esenzione prevista dall’art. 30 CE. Quando è possibile optare per strumenti meno restrittivi per la libera circolazione delle merci, ma non meno efficaci per la tutela degli interessi nazionali la Corte non concede l’esenzione ad una misura restrittiva che, a tutela di determinati interessi generali, impone un divieto assoluto di importazioni a merci provenienti da altri stati membri.

Talvolta, poi, sono gli stessi giudici comunitari a suggerire allo stato membro interessato le misure alternative meno restrittive. Spesso tali misure consistono nella previsione di ulteriori obblighi informativi sul prodotto in modo tale da consentire al consumatore una scelta di acquisito più consapevole circa i possibili rischi per la salute derivanti dal prodotto in questione. Così, anche nel caso Rosengren, la Corte accenna alla possibilità di ricorrere all’autocertificazionei, anche se le autorità svedesi sul punto non hanno fornito alcuna prova.

Riferimenti bibliografici

Corte di Giustizia CE, sentenza del 5 giugno 2007, causa C -170/04 Klas Rosengren e altri c Riksåklagaren

Corte di Giustizia CE, sentenza del 23 ottobre 1997, causa C-189/95, Franzén, Racc., 1997, p.I-5909.

Nel caso Rosengren ancora una volta i giudici comunitari sono stati chiamati a pronunziarsi sulla compatibilità con il diritto comunitario della legge svedese che assegna ad una società pubblica, Systembolaget, il monopolio sulla vendita al dettaglio delle bevande alcoliche.

La procedura e la sentenza

Alcuni residenti svedesi avevano acquistato via corrispondenza una partita di bottiglie di vino in Spagna. Al momento dell’ingresso delle bottiglie nel territorio svedese, le autorità doganali ne avevano disposto il sequestro in quanto l’importazione diretta di bevande alcoliche violava la legge svedese. Questa, oltre a prevedere il monopolio della vendita delle bevande alcoliche in favore di Systembolaget, ne proibisce anche l’ importazione diretta. Gli acquirenti avevano quindi impugnato il provvedimento davanti all’autorità giudiziaria. Il giudice adito, a sua volta, nel dubbio se la legge nazionale fosse in contrasto con il diritto comunitario, aveva rinviato la questione alla Corte di Giustizia in via pregiudiziale ex art. 234 CE.

In breve, i giudici comunitari hanno ritenuto che la compatibilità delle norme della legge svedese contestate dovesse essere valutata sulla base dell’art. 28 CE, piuttosto che dell’art. 31 CE. Successivamente, hanno individuato in tali norme una restrizione quantitativa delle importazioni, quindi vietata dall’art. 28 CE. Infine, i giudici comunitari non hanno concesso alle norme contestate l’esenzione di cui all’art. 30 CE a causa dall’inosservanza del principio di proporzionalità.

I rapporti tra l’art. 28 CE e l’art. 30 CE

La sentenza della Corte riguarda alcune questione giuridiche di un certo interesse, tra le quali la determinazione dei rispettivi ambiti di applicazione degli art. 28 e 31 CE. Poiché la norma svedese che vieta l’importazione diretta di bevande alcoliche è collegata al monopolio per la vendita a questa potrebbe applicarsi in via teorica o l’art. 31 CE o l’art. 28 CE. Essendo una questione sulla quale i giudici comunitari non hanno avuto spesso l’opportunità di pronunciarsi, la sentenza Rosengren contribuisce a consolidare la scarsa giurisprudenza sul punto.

L’art. 28 CE vieta agli stati membri le restrizione quantitative alle importazioni e ogni altra misura ad effetto equivalente. L’art. 31 CE si riferisce ai monopoli di natura commerciale, e impone agli stati membri l’obbligo di riordinare tali monopoli in modo tale da eliminare ogni discriminazione a danno di prodotti provenienti da altri stati membri.

Stabilire se una determinata misura nazionale restrittiva deve essere valutata ai sensi dell’art 28 CE o dell’art. 31 CE non è questione di poco conto. Infatti le misure nazionali ritenute incompatibili con l’art. 28 CE possono essere esentate ai sensi dell’art. 30 CE, mentre ai monopoli commerciali incompatibili con l’art. 31 non è riconosciuto un simile beneficio.

Nel risolvere il problema i giudici comunitari non si sono discostati da deciso nella precedente sentenza Franzén sempre in materia di monopolio previsto dalla legge svedese per la vendita di bevande alcoliche. Il criterio dirimente è che le norme nazionali che attengono all’esistenza o al funzionamento del monopolio devono essere valutate ai sensi dell’art. 31 CE; si applica, invece, l’art. 28 CE alle norme nazionali, che, anche se disciplinano il monopolio commerciale, incidono sugli scambi commerciali nel mercato comune.

Nel caso Franzén l’applicazione del criterio sopra indicato ha condotto i giudici comunitari ad applicare l’art. 31 CE alle norme svedesi relativa all’esistenza e al funzionamento di Systembogalet. In questa occasione la Corte ha statuito che le norme nazionali esaminate non sono incompatibili con il diritto comunitario. Al riguardo era stata decisiva la constatazione che le regole di organizzazione del monopolio non pregiudicano l’approvvigionamento dei consumatori di bevande alcoliche nazionali o importate. Queste regole si applicano indipendentemente dall’origine dei prodotti, il che non implica, in quanto tale, uno svantaggio per le bevande importate dagli altri Stati membri rispetto a quelle prodotte sul territorio nazionale.

Anche nel caso Rosengren la Corte ha seguito il criterio applicato nella sentenza Franzèn, sia pure con un diverso risultato finale. Se è vero che l’oggetto specifico del monopolio previsto dalla legge svedese è costituito dal conferimento del diritto esclusivo alla vendita al dettaglio delle bevande alcoliche, il divieto ai singoli di importazione delle bevande alcoliche non può essere considerato come relativo all’esistenza o al funzionamento del monopolio. Infatti, tale divieto non attiene alle modalità di vendita di tali bevande nel territorio svedese. Quindi la compatibilità con il diritto comunitario del divieto di importazione deve essere valutata sulla base dell’art. 28 CE.

La Corte non ha sul punto accolto le conclusioni dell’avvocato generale, secondo il quale il divieto di importazione diretta delle bevande alcoliche non era scindibile dal funzionamento del monopolio. L’intenzione del legislatore svedese era quella di canalizzare le vendita di bevande alcoliche attraverso esclusivamente Systembolaget. Il divieto di importazione diretta era dunque finalizzato al raggiungimento di tale obbiettivo e di conseguenza ricadeva nell’ambito di applicazione dell’art. 31 CE.

Restrizioni alle importazioni e esenzione ex art. 31 CE

Una volta optato per l’art. 28 CE, sulla base della nota formula Dassonville, la Corte ha stabilito che il divieto di importazione delle bevande alcoliche costituisce una misura ad effetto equivalente di una restrizione quantitativa della libera circolazione delle merci e quindi è vietata dal diritto comunitario. Infatti questa misura impone ai consumatori interessati all’importazione di bevande alcoliche una serie di oneri. Devono dapprima compilare un apposito formulario presso la sede del monopolista, e quindi ritornarvi almeno due volte, la prima per firmare il modulo di ordinazione, la seconda per ritirare le merci. Inoltre, il consumatore deve rimborsare le spese amministrative e di trasporto sostenute dal monopolista e non può richiedere l’importazione di quantitativi minimi di bevande, dato che tale richiesta difficilmente sarà accettata dal monopolista .

La Corte procede poi a verificare se il divieto di importazione può essere giustificato ai sensi dell’art. 30 CE. Secondo il governo svedese il divieto di importazione deve essere giustificato in quanto previsto a tutela della salute pubblica, la quale è uno degli interessi generali per il conseguimento dei quali il diritto comunitario prevede una deroga al divieto dell’art. 28. Il divieto di importazione è rivolto a limitare il consumo di bevande alcoliche e quindi a proteggere gli individui dal rischio di in consumo eccessivo di tali sostanze.

Tuttavia la Corte ha ritenuto che la misura in questione fosse rivolta, più che alla tutela della salute pubblica contro l’eccessivo consumo di bevande alcoliche, a privilegiare un particolare canale per l’importazione di tale bevande, quale quello assicurato dal monopolista Systembolaget. Inoltre, il divieto, anche a causa della scarsa rilevanza delle importazioni dirette effettuate dai singoli consumatori appariva inidonea a tutelare la salute pubblica.

Allora, il governo svedese ha rilevato che la giustificazione della misura era data dalla necessità di prevenire il consumo di bevande alcoliche da parte dei più giovani. L’importazione centralizzata delle bevande alcoliche consente al monopolista la verifica dell’età dei consumatori che hanno ordinato tali prodotti.

Tuttavia, la Corte non ha accolto quanto prospettato dal governo svedese ritenendo, invece, che la misura nazionale sotto esame è contraria al principio di proporzionalità. L’obbligatorio ricorso a Systembolaget quale canale per l’importazione di bevande alcoliche da parte dei singoli consumatori non appare idoneo a realizzare l’obbiettivo dichiarato della riduzione dell’eccessivo consumo di bevande alcoliche da parte dei più giovani. Il governo svedese non ha fornito alcuna prova se Systembolaget effettivamente verifica l’età dell’acquirente nel caso in cui la merce è consegnata tramite particolari modalità, come nel caso di spedizione postale o spedizione con ogni altro mezzo alla stazione o fermata di autobus più vicina.

Inoltre la misura appare eccessivamente restrittiva in quanto vieta in via assoluta le importazione dirette di bevande alcoliche. È pur sempre possibile tutelare i più giovani contro il rischio di un consumo eccessivo di alcol ricorrendo a strumenti meno restrittivi per la libera circolazione delle merci del divieto di importazione, quali affidare il controllo dell’età dei consumatori a soggetti terzi al momento della consegna delle bevande ovvero l’autocertificazione.

Anche nel sopraccitato caso Franzèn la Corte era giunta a conclusioni analoghe circa la compatibilità della legge svedese con i principi comunitari in materia di libera circolazione delle merci. La Corte ha infatti rilevato che la legge svedese, riservando l’importazione di bevande alcoliche agli operatori titolari di un’autorizzazione alla fabbricazione o al commercio all’ingrosso, ostacola il commercio tra gli Stati della CE. Le bevande alcoliche importate sarebbe quindi gravati da costi supplementari che invece non gravano sulle bevande nazionali, di qui l’incompatibilità con l’art. 28 CE. Né le misure restrittive potrebbero godere dell’esenzione dell’art. 30, dato che il governo svedese non ha dimostrato che queste fossero proporzionate rispetto all’obbiettivo della salute pubblica.

In conclusione, si può affermare che la Corte ha seguito il suo consolidato orientamento sull’applicabilità dell’esenzione prevista dall’art. 30 CE. Quando è possibile optare per strumenti meno restrittivi per la libera circolazione delle merci, ma non meno efficaci per la tutela degli interessi nazionali la Corte non concede l’esenzione ad una misura restrittiva che, a tutela di determinati interessi generali, impone un divieto assoluto di importazioni a merci provenienti da altri stati membri.

Talvolta, poi, sono gli stessi giudici comunitari a suggerire allo stato membro interessato le misure alternative meno restrittive. Spesso tali misure consistono nella previsione di ulteriori obblighi informativi sul prodotto in modo tale da consentire al consumatore una scelta di acquisito più consapevole circa i possibili rischi per la salute derivanti dal prodotto in questione. Così, anche nel caso Rosengren, la Corte accenna alla possibilità di ricorrere all’autocertificazionei, anche se le autorità svedesi sul punto non hanno fornito alcuna prova.

Riferimenti bibliografici

Corte di Giustizia CE, sentenza del 5 giugno 2007, causa C -170/04 Klas Rosengren e altri c Riksåklagaren

Corte di Giustizia CE, sentenza del 23 ottobre 1997, causa C-189/95, Franzén, Racc., 1997, p.I-5909.