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Il principio di non decettività dal diritto della pubblicità a quello dei segni distintivi

[Sintesi dell’intervento tenuto al convegno "Marchi, marketing pubblicità" - Università di Parma, Venerdì 26 ottobre 2007]

Il principio di non decettività assume rilievo centrale tanto nel diritto della pubblicità, quanto in quello dei segni distintivi.

L’esame dei precedenti dell’Autorità garante evidenzia anzi che nel diritto della pubblicità esso assume un significato ampio, comprensivo del divieto di utilizzazione confusoria del marchio. In questa prospettiva appaiono poco convincenti le affermazioni dell’Autorità garante intese ad evidenziare un differente spazio di applicazione e di interessi protetti dal principio di non ingannevolezza nella normativa sulla pubblicità e rispettivamente in quella dei segni distintivi.

In realtà secondo la giurisprudenza dell’Autorità garante qualsiasi uso di un marchio è suscettibile di essere considerato in termini di uso pubblicitario, e legittima l’autorità di controllo della concorrenza ad operare valutazioni del tutto sovrapponibili a quelle operate dall’autorità giudiziaria ordinaria nelle controversie relative alla decettività ed alla confondibilità dei segni distintivi.

La normativa in materia di marchi conserva con ciò uno spazio esclusivo di applicazione solo nelle controversie relative a segni non ancora utilizzati.

L’esistenza di due diversi ordini di discipline applicabili a situazioni sostanzialmente identiche può tuttavia determinare alcuni problemi di coordinamento dei principi sottostanti alla legislazione sui marchi e sulla pubblicità: in particolare derivanti dalla non perfetta coincidenza degli elementi costitutivi della tutela; dal possibile conflitto fra la protezione che la disciplina della pubblicità riconosce soltanto ai segni di fatto utilizzati e conosciuti dal pubblico, e che la disciplina sui marchi estende invece ai segni non utilizzati; dai dubbi relativi alla possibilità di ricostruire un’unica nozione di consumatore rilevante per l’applicazione dell’una o dell’altra disciplina.

La tutela riconosciuta dalla disciplina della pubblicità può inoltre influenzare l’applicazione della legge marchi: favorendo ad esempio le prospettive di acquisizione di secondary meaning di segni originariamente privi di carattere distintivo e perciò non tutelabili in base come segni distintivi, ma invece proteggibili come comunicazioni pubblicitarie. La possibilità di ricondurre i principi sottostanti alla tutela dei marchi e contro l’inganno pubblicitario ad un quadro unitario e coerente appare in questa prospettiva estremamente problematica.

[Sintesi dell’intervento tenuto al convegno "Marchi, marketing pubblicità" - Università di Parma, Venerdì 26 ottobre 2007]

Il principio di non decettività assume rilievo centrale tanto nel diritto della pubblicità, quanto in quello dei segni distintivi.

L’esame dei precedenti dell’Autorità garante evidenzia anzi che nel diritto della pubblicità esso assume un significato ampio, comprensivo del divieto di utilizzazione confusoria del marchio. In questa prospettiva appaiono poco convincenti le affermazioni dell’Autorità garante intese ad evidenziare un differente spazio di applicazione e di interessi protetti dal principio di non ingannevolezza nella normativa sulla pubblicità e rispettivamente in quella dei segni distintivi.

In realtà secondo la giurisprudenza dell’Autorità garante qualsiasi uso di un marchio è suscettibile di essere considerato in termini di uso pubblicitario, e legittima l’autorità di controllo della concorrenza ad operare valutazioni del tutto sovrapponibili a quelle operate dall’autorità giudiziaria ordinaria nelle controversie relative alla decettività ed alla confondibilità dei segni distintivi.

La normativa in materia di marchi conserva con ciò uno spazio esclusivo di applicazione solo nelle controversie relative a segni non ancora utilizzati.

L’esistenza di due diversi ordini di discipline applicabili a situazioni sostanzialmente identiche può tuttavia determinare alcuni problemi di coordinamento dei principi sottostanti alla legislazione sui marchi e sulla pubblicità: in particolare derivanti dalla non perfetta coincidenza degli elementi costitutivi della tutela; dal possibile conflitto fra la protezione che la disciplina della pubblicità riconosce soltanto ai segni di fatto utilizzati e conosciuti dal pubblico, e che la disciplina sui marchi estende invece ai segni non utilizzati; dai dubbi relativi alla possibilità di ricostruire un’unica nozione di consumatore rilevante per l’applicazione dell’una o dell’altra disciplina.

La tutela riconosciuta dalla disciplina della pubblicità può inoltre influenzare l’applicazione della legge marchi: favorendo ad esempio le prospettive di acquisizione di secondary meaning di segni originariamente privi di carattere distintivo e perciò non tutelabili in base come segni distintivi, ma invece proteggibili come comunicazioni pubblicitarie. La possibilità di ricondurre i principi sottostanti alla tutela dei marchi e contro l’inganno pubblicitario ad un quadro unitario e coerente appare in questa prospettiva estremamente problematica.