Il problema dell’ingente quantità di stupefacenti
Il problema dell’ingente quantità di stupefacenti
Profili de jure condito
Il comma 2 Art. 80 TU 309/90 dispone che “se il fatto riguarda quantità ingenti di sostanze stupefacenti o psicotrope, le pene sono aumentate dalla metà a due terzi; la pena è di trenta anni di reclusione quando i fatti previsti dai commi 1, 2 e 3 dell’Art. 73 riguardano quantità ingenti di sostanze stupefacenti o psicotrope e ricorre l’aggravante di cui alla lett. e) del comma 1 [ovverosia le sostanze illecite sono adulterate o commiste ad altre in modo che ne risulti accentuata la potenzialità lesiva, ndr].
La ratio dell’”ingente quantità” non è ponderalmente circostanziata, nel comma 2 Art. 80 TU 309/90. Per conseguenza, come sempre e come prevedibile, è spettato alla Giurisprudenza di legittimità il difficile compito di chiarire il contenuto semantico del lemma attributivo “ingente”. Quindi, in definitiva, il Magistrato di merito, in conformità alle linee direttive della Suprema Corte, è tenuto a concretizzare il comma 2 Art. 80 TU 309/90, in tanto in quanto il Legislatore ha lasciato all’interprete una notevole lacuna. D’altra parte, anche molti Dottrinari hanno precisato che il concetto di “ingente quantità” è eccessivamente lato e generico. Anzi, sempre nella Dottrina penalistica, non è mancato chi ha messo in evidenza l’incostituzionalità del comma 2 Art. 80 TU 309/90. P.e., la predetta aggravante viola la certezza del Diritto e rende impraticabile la difesa dell’imputato ex comma 2 Art. 24 Cost. . Inoltre, l’ipertrofica natura indeterminata di tale norma rende impraticabile la celebrazione di un “giusto processo” ex comma 2 Art. 111 Cost. . Oppure ancora, contrariamente a quanto disposto dall’Art. 3 Cost., talvolta il comma 2 Art. 80 TU 309/90 ostacola l’eguale trattamento sanzionatorio degli infrattori.
Si consideri pure che l’aumento della forbice edittale di cui nell’aggravante in questione dilata eccessivamente i limiti della durata della custodia cautelare e delle indagini preliminari. Un ulteriore problema consta pure nel fatto che l’indulto ex L. 241/2006 escludeva dalla propria precettività lo spaccio di un quantitativo “ingente” di stupefacenti.
Le Sezioni Unite Primavera del 2000
La ratio dell’ingente quantità non è mai stata ulteriormente e sufficientemente definita de jure condito, il che ha lasciato spazio ad un’abbondante Giurisprudenza che, di fatto, si è sostituita al ruolo ordinario del Legislatore. Sicché, non è mancato, in Dottrina, chi ha definito l’esegesi del comma 2 Art. 80 TU 309/90 alla stregua di una “vicenda di Common Law”, ove la Legislazione è, di fatto, delegata al Magistrato. In effetti, è anomala, nell’Ordinamento italiano, la presenza di una circostanza aggravante oltremodo severa, ancorché indefinita in termini quantitativo-ponderali; si tratta di una lacuna ingestibile, che ipostatizza il ruolo del giudice. Per fisiologica conseguenza, negli Anni Ottanta e Novanta del Novecento, la Corte di Cassazione ha qualificato l’attributo “ingente” attraverso sinonimi dal significato più intuitivo, come “molto grande … rilevante … consistente … immane … notevole … particolarmente notevole e rilevante … imponente … pericoloso [quantitativo]”. Tuttavia, si trattava di concetti troppo vaghi ed indeterminati.
Finalmente, dopo una trentina d’anni di aporie ermeneutiche, ex comma 1 art. 618 Cpp, Cass., SS.UU., 21 giugno 2000, n. 17, Primavera ha statuito che “l’aggravante [di cui al comma 2 Art. 80 TU 309/90] riguarda il dato quantitativo be questo va verificato in base al principio attivo e non in base al peso lordo […]. [Inoltre] la circostanza aggravante speciale dell’ingente quantità di sostanza stupefacente prevista dal comma 2 Art. 80 TU 309/90, la cui ratio legis è da ravvisare nell’incremento del pericolo per la salute pubblica [ex comma 1 Art. 32 Cost.], ricorre ogniqualvolta il quantitativo di sostanza oggetto di imputazione, pur non raggiungendo valori massimi, sia tale da creare condizioni di agevolazione del consumo nei riguardi di un rilevante numero di tossicodipendenti, secondo l’apprezzamento del giudice del merito, che, vivendo la realtà sociale del comprensivo territoriale nel quale opera, è da ritenersi in grado di apprezzare specificamente la ricorrenza di tale circostanza”.
Oggi, in Dottrina, l’interpretazione di Sezioni Unite Primavera del 2000 è considerata come vaga ed insufficiente. Siffatto Precedente reca la pretesa di trasformare il Magistrato del merito in un Criminologo costantemente intento ad esaminare le statistiche sulla tossicodipendenza locale. Il giudice di primo e di secondo grado, inoltre, non può e non deve conoscere le mode tossicomaniche presenti nella “realtà sociale del comprensorio territoriale nel quale opera”, giacché l’AG non si occupa di variabili sociologiche. Sezioni Unite Primavera del 2000 pretende, in maniera utopistica, che la Magistratura si perda in considerazioni puramente criminologiche ed epidemiologiche. Del resto, anche Cass., sez. pen. VI, 5 novembre 2010, n. 9029, in aperto contrasto con Sezioni Unite Primavera del 2000, evidenzia che “il mercato della droga ha caratteri globali e, normalmente, non riceve significativi connotati da una determinata area territoriale”. Anche a parere di chi redige, Sezioni Unite Primavera del 2000 erra nel pretendere, da parte del Magistrato del merito, un’assurda nonché pesante osservazione statistica della “realtà sociale del comprensorio territoriale nel quale opera”; le valutazioni giudiziali, infatti, non si riducono a trattati di sociologia o di scienze politiche.
Di più, il criterio statistico-criminologico contemplato in Sezioni Unite Primavera del 2000 è eccessivamente soggettivo, astratto, discrezionale, e ciò contrasta con la ratio della certezza e della prevedibilità del Diritto Penale. Analizzare la situazione criminologica della tossicomania in un “comprensorio territoriale” significa aprire la strada a valutazioni ideologiche e personalistiche che impediscono un prudente e razionale convincimento del giudice. Tant’è che, per la prima volta, Cass., sez. pen. VI, 2 marzo 2010, n. 20119 tentò di proporre un criterio oggettivo, numerico ed incontestabilmente certo, ovverosia “non possono definirsi ingenti quantitativi di droghe pesanti (in particolare, tra le più diffuse, eroina e cocaina), che, presentando un valore medio di purezza per il tipo di sostanza, siano al di sotto dei 2 Kg.; e quantitativi di droghe leggere (in particolare haschisch e marjuana) che, sempre in considerazione di una percentuale media di principio attivo, nin superino i 50 Kg.”. Purtroppo, la ratio “numerica” e risolutrice di Cass., sez. pen. VI, 2 marzo 2010, n. 20119 rimase pressoché inapplicata sino all’avvento, due anni dopo, di Sezioni Unite Biondi del 2012. Ognimmodo, Cass., sez. pen. VI, 2 marzo 2010, n. 20119 ha avuto il merito primigenio di aver tentato di introdurre un metodo d’analisi puramente matematico, dunque assolutamente e finalmente certo. Era il preludio di una nuova era nell’ermeneutica giurisprudenziale del comma 2 Art. 80 TU 309/90.
Le Sezioni Unite Biondi del 2012
Le Sezioni Unite Biondi del 2012 prendono atto circa la vaghezza e l’inadeguatezza empirica delle Sezioni Unite Primavera del 2000. Ormai, come prefigurato dalla lungimirante Cass., sez. pen. VI, 2 marzo 2010, n. 20119, la Dottrina premeva per un’interpretazione algebrico-quantitativa del comma 2 Art. 80 TU 309/90.
D’altra parte, anche il Massimario del 2011 rimarcava il fallimento clamoroso della Giurisprudenza di Cassazione, in tanto in quanto “il termine ingente [nel comma 2 Art. 80 TU 309/90] è fonte delle quantificazioni le più disparate, che vanno dai 15 grammi ai 100 Kg. […] [Ormai] si è giunti alla paradossale conclusione in base alla quale la sussistenza di [tale] aggravante (e l’aggravamento della pena) dipendono dalla concorrenza di una circostanza oggettiva [ancorché] molto soggettivamente interpretata, in quanto essa è rimasta concettualmente incerta e quantitativamente fluttuante”. Oltretutto, come implicitamente evidenziato dal Massimario del 2011, la suesposta incertezza esegetica provocava pure una perenne violazione della ratio costituzionale della certezza del Diritto e della pena detentiva.
Nel dispositivo finale delle Sezioni Unite Biondi del 2012, dopo ben trentasette anni di dubbi e di lacune, viene stabilito che “l’aggravante dell’ingente quantità, di cui al comma 2 Art. 80 TU 309/90, non è di norma ravvisabile quando la quantità sia inferiore a 2000 volte il valore massimo in milligrammi (valore-soglia) determinato, per ogni sostanza, nella tabella allegata al DM 11 aprile 2006, ferma restando la discrezionale valutazione del giudice di merito, quando tale quantità sia superata”. Da notare è che le espressioni “di norma” e “ferma restando la discrezionale valutazione del giudice di merito” attenuano la ratio “quantitativa” in favore di quella “qualitativa” alla luce della lett. e) comma 1 Art. 80 TU 309/90. Ovverosia, a prescindere dal quantitativo, può verificarsi che “le sostanze stupefacenti o psicotrope [siano] adulterate o commiste ad altre in modo che ne risulti accentuata la potenzialità lesiva”. P.e., si pensi ad una quantità di fentanyl o di eroina “non ingente”, ma qualitativamente pericolosa per la salute degli assuntori.
Schematicamente parlando, in Sezioni Unite Biondi del 2012, sono “non ingenti”, ex comma 2 Art. 80 TU 309/90,
- meno di 500 mg per l’eroina
- meno di 1.500 mg per la cocaina
- meno di 2.000 mg (2 Kg.) per l’haschisch e la marjuana
Nelle Motivazioni, Sezioni Unite Biondi del 2012 precisa di “non aver usurpato una funzione normativa, che, ovviamente, compete solo al Legislatore […]. E’ [infatti] stata compiuta un’operazione puramente ricognitiva, che ha quale metro e riferimento i dati tabellari [del DM 11 aprile 2006].
Sezioni Unite Biondi del 2012 ha “tradotto” i valori tabellari del DM 11 aprile 2006 attraverso una matrice algebrica assai arzigogolata. I dati ponderali di partenza sono la dose media giornaliera, comparata con la dose media singola (DMS) contemplata nel DM 11 aprile 2006. Ora, la quantità massima detenibile (QMD) è ottenuta moltiplicando la dose media singola ai sensi del DM 11 aprile 2006. A questo punto, si moltiplica la QMD X 2000 e si ottiene il risultato finale in mg. .
P.e., nella fattispecie del THC, nel DM 11 aprile 2006, la dose media singola è 25 mg, X il moltiplicatore 20 (poi trasformato in 40 dal DM 4 agosto 2006). Dunque, la QMD è 1 Kg. (1000 mg), X il moltiplicatore 2000. Il risultato finale è 2 Kg., al di sotto dei quali non scatta l’aggravante dell’ingente quantità ex comma 2 Art. 80 TU 309/90. Come si può notare, il calcolo è un vero e proprio bizantinismo, ma Sezioni Unite Biondi del 2012 si smarca dall’accusa di sostituirsi al Legislatore grazie ai valori de jure condito contenuti nel DM 11 aprile 2006. Ognimmodo, senza alcun dubbio, il criterio algebrico-ponderale, pur se complicato, risolve le lacunosità del comma 2 Art. 80 TU 309/90. Era necessario ripristinare un minimo di certezza del Diritto Penale applicabile, anche alla luce della ratio di ragionevolezza processuale ex Art. 111 Cost. .
Le Sezioni Unite Polito del 2020
TAR del Lazio 21/03/2007 aveva annullato il DM 4 agosto 2006, mentre era tornata in vigore la tabella allegata al precedente e mai validamente superato DM 11 aprile 2006. Per conseguenza, andava rimodulato il calcolo dell’ingente quantità di THC, poiché, ai sensi del DM 11 aprile 2006, DMS 25 mg. X 20 = QMD 500 mg. X 2000 = 1 Kg di principio attivo e non 2 Kg. Come erroneamente sancito da Sezioni Unite Biondi del 2012.
Secondo Cass., sez. pen. IV, 15 novembre 2017, n. 55014, l’errore algebrico contestato è bagatellare; quindi “la modifica del valore-soglia con riferimento alle droghe leggere [in TAR del Lazio 21/03/2007] non influisce sul principio di Diritto elaborato dalla Sentenza Biondi e, pertanto, va applicato il criterio di calcolo contenuto nella Sentenza medesima, così limitando il limite del principio attivo [per la marjuana e per l’haschisch] in 1 Kg.”.
All’opposto, Cass., sez. pen. VI, 13 luglio 2017, n. 36209 reputa che “è più opportuno rifare il calcolo con metodi diversi (moltiplicando la DMS X il moltiplicatore ministeriale 40, oppure raddoppiando il moltiplicatore empirico a 4000), purché si arrivi al risultato di 2 Kg di principio attivo per l’ingente quantità; e questo è necessario al fine di rispettare le proporzioni e rendere omogeneo il principio affermato dalle Sezioni Unite Biondi”. A parere di chi redige, trattasi di calcoli astratti e strumentalizzati. Senza dubbio, ognimmodo, un consimile ginepraio esegetico sarebbe evitabile attraverso un semplice, breve e risolutivo intervento del Legislatore, sempre pronto a cavalcare i malumori popolari, ma estremamente pigro nel risolvere problemi autenticamente tecnici.
In secondo luogo, Sezioni Unite Biondi del 2012 è stata contestata anche perché Consulta 32/2014 ha dichiarato incostituzionale la L. 49/2006. Più nel dettaglio, Cass., sez. pen. III, 27 maggio 2015, n. 1609 ha contestato che “[la Sentenza Biondi] è incompatibile con il nuovo e diverso quadro legislativo [provocato dall’intervento abrogativo di Consulta 32/2014]. Infatti, la nuova disciplina poggia sulla distinzione tra droghe leggere (tabelle II e IV) e droghe pesanti (tabelle I e III), mentre la Sentenza Biondi era maturata quando, vigente un’unica tabella, la legge Fini-Giovanardi prevedeva la stessa disciplina sanzionatoria per le condotte aventi ad oggetto sia le droghe leggere sia quelle pesanti”.
Ora, la sussistenza dell’antinomia ermeneutica tra Sezioni Unite Biondi del 2012 e tra il filone esegetico “anti-Biondi” inaugurato da Cass., sez. pen. III, 27 maggio 2015, n. 1609 ha richiesto l’intervento, ex comma 1 Art. 618 Cpp, delle Sezioni Unite, adite da Cass., sez. pen. IV, Ordinanza 38635 del 10 settembre 2019. Tale Ordinanza ha chiesto alle SS.UU. “se, con riferimento alle droghe leggere, la modifica del sistema tabellare realizzata per effetto del DL 36/2014, convertito, con modificazioni, nella L. 79/2014, imponga una nuova verifica in ordine alla sussistenza dei presupposti per l’applicazione della circostanza aggravante dell’ingente quantità [ex comma 2 Art. 80 TU 309/90], in considerazione dell’accresciuto tasso di modulazione normativa, oppure [se] mantengano validità, per effetto dell’espressa reintroduzione della nozione di QMD, ai sensi del comma 1 bis Art. 75 TU 309/90 e ss.mm.ii., i criteri basati sul rapporto tra quantità di principio attivo e valore massimo tabellarmente detenibile di cui alla Sentenza delle SS.UU., n. 36258 del 24 maggio 2012, Biondi”. In buona sostanza, Cass., sez. pen. IV, Ordinanza n. 38635 del 10 settembre 2019, ex comma 1 Art. 618 Cpp, ha chiesto alle Sezioni Unite se la Sentenza Biondi del 2012 mantenga ancora legittimità dopo l’epocale intervento di Consulta 32/2014, e ciò specialmente con afferenza alle droghe cc.dd. “leggere” (marjuana e haschisch).
L’Ordinanza 38635/2019 ha rinvenuto risposta in Cass., SS.UU., 30 gennaio 2020, n. 14722, Polito, il cui dispositivo afferma che “a seguito della riforma introdotta nel sistema della legislazione in tema di stupefacenti dal DL 36/2014, convertito, con modificazioni, dalla L. 79/2014 mantengono validità i criteri [numerico-ponderali] fissati dalla Sentenza delle Sezioni Unite n. 36258 del 24 maggio 2012, Biondi, per l’individuazione della soglia oltre la quale è configurabile la circostanza aggravante dell’ingente quantità prevista dal comma 2 Art. 80 TU 309/90 [e] con riferimento, in particolare, alle droghe leggere, la soglia rimane fissata in 2 Kg di principio attivo [a prescindere da TAR del Lazio 21/03/2007]”.
Nelle Motivazioni di Sezioni Unite Polito del 2020, viene, in ultima analisi, difesa la struttura di fondo delle Sezioni Unite Biondi del 2012. Ossia, le Sezioni Unite Polito del 2020 confermano la bontà giuridica e, a parere di chi commenta, pure la comodità interpretativa della ratio algebrico-ponderale ai fini della corretta analisi del comma 2 Art. 80 TU 309/90. D’altra parte, tanto Consulta 32/2014 quanto la susseguente L. 79/2014 dissertano ampiamente in tema di distinzione tra sostanze leggere o pesanti, ma non tangono per nulla il diverso problema del concetto di “ingente quantità” ex comma 2 Art. 80 TU 309/90. Anzi, ai fini di quanto stabilito, nel 2012, dalle Sezioni Unite Biondi, la qualità “leggera” o “pesante” della canapa non ha nulla a che vedere con l’aggravante dell’ingente quantitativo.
Sezioni Unite Polito del 2020, inoltre, reputa non influente e secondario l’errore di calcolo, nelle Sezioni Unite Biondi, determinato da TAR del Lazio 21/03/2007; pertanto, poco importa applicare il DM 11 aprile 2006, piuttosto che il DM 4 agosto 2006, o altri metodi di calcolo. Detto in altri termini, come rimarcato nelle Motivazioni di Sezioni Unite Polito del 2020, “nel ragionamento [delle Sezioni Unite Biondi] è venuta prima la verifica delle quantità definibili ingenti [ex comma 2 Art. 80 TU 309/90] […] e poi quella [meno importante, ndr] dei numeri atti a rappresentarle. Sicché l’evidente errore di lettura del DM [4 agosto 2006 anziché 11 aprile 2006] quanto al valore-soglia di principio attivo del THC, non può inficiare in alcun modo l’accertamento empirico delle quantità rilevanti effettuato dalla Sezioni Unite, ma impone solo una correzione dei fattori del calcolo per ricostruirlo secondo i principi espressi in Sentenza; e che questa correzione riguardi il moltiplicatore normativo della dose media singola (20, divenuto 40 e poi tornato a 20) per ottenere la dose-soglia o, in alternativa, il moltiplicatore empirico di questa (2000 o 4000) poco importa, perché il risultato aderente all’esito dell’indagine induttiva delle Sezioni Unite cristallizzato nella Sentenza Biondi è che la soglia minima perché si possa intendere ingente una quantità di droga leggera è di 2 Kg. di principio attivo”. Come si può notare, Sezioni Unite Polito del 2020 manifesta un approccio assai pragmatico, nel quale non trova spazio il dettaglio dell’intervento, in pratica del tutto insignificante, di TAR del Lazio 21/03/2007. Inoltre, Sezioni Unite Polito del 2020 ribadisce che, in Sezioni Unite Biondi del 2012, il problema essenziale è l’ingente quantità ed i suoi limiti ponderali; dunque, il metodo del calcolo rappresenta una questione non rilevante. L’importante è dare al comma 2 Art. 80 TU 309/90 quella certezza precettiva “algebrica” che esso non ha mai avuto dal 1975 al 2012.
In definitiva, Sezioni Unite Polito del 2020 stabilisce che “l’aggravante dell’ingente quantità, di cui al comma 2 Art. 80 TU 309/90, non è di norma ravvisabile quando la quantità sia inferiore a:
- 1,5 Kg di principio attivo per la cocaina
- 5 etti di principio attivo per l’eroina
- 2 Kg di principio attivo per le droghe leggere
ferma restando la discrezionale valutazione del giudice di merito, quanto tale quantità sia superata”. Gli incisi “di norma” e “ferma restando la discrezionale valutazione del giudice” indicano che la preminenza del criterio “quantitativo” lascia il posto a quella della ratio “qualitativa” nella fattispecie di droghe tagliate male o troppo pure, dunque potenzialmente lesive anche a basso dosaggio (lett. e) comma 1 Art. 80 TU 309/90). Quindi, il principio quantitativo non viene assolutizzato apoditticamente nemmeno in Sezioni Unite Polito del 2020.
Dal canto suo, Cass., sez. pen. III, 27 gennaio 2022, n. 8559 ha confermato appieno Sezioni Unite Polito di due anni prima; ovverosia “pur dopo la modifica del sistema tabellare degli stupefacenti, realizzata per effetto […] della L. 79/2014, ai fini dell’applicazione della circostanza aggravante dell’ingente quantità [ex comma 2 Art. 80 TU 309/90] mantengono tutt’ora [nel 2022] validità i criteri fissati dalle Sezioni Unite Biondi del 24 maggio 2012 […], ferma restando la discrezionalità giudiziale in caso di superamento del limite così ottenuto. Peraltro, con riferimento alle droghe leggere, la soglia rimane fissata in Kg. 2 di principio attivo [THC] (si vedano le Sezioni Unite, Sentenza 30 gennaio 2020, Polito)”.
Il problema dell’accertamento “indiziario” della quantità di principio attivo
Non sempre è agevole l’accertamento del quantitativo ingente o non ingente del principio attivo. P.e., si ponga mente alla frequente fattispecie di piante di cannabis non ancora giunte alla debita maturazione. Il garantismo in fatto di “dato ponderale” è rimarcato pure da Cass., sez. pen. VI, 14 febbraio 2017, n. 27434, in tanto in quanto “la scelta che conduce alla condanna dell’imputato [pesantemente aggravata ex comma 2 Art. 80 TU 309/90] dev’essere fondata, in ogni caso, su un dato probatorio al di là di ogni ragionevole dubbio, caratterizzato da un alto grado di credibilità razionale, con l’esclusione […] delle eventualità più remote […]. In tema di stupefacenti, qualora gli indizi a carico di un soggetto consistano in mere dichiarazioni captate nel corso di operazioni di intercettazione, senza che sia operato il sequestro della sostanza stupefacente ( la cd droga parlata), la loro valutazione, ai sensi del comma 2 Art. 192 Cpp [in tema di processo indiziario, ndr], deve essere compiuta dal giudice con particolare attenzione e rigore [poiché l’ esistenza di un fatto non può essere desunta da indizi, a meno che questi siano gravi, precisi e concordanti ex comma 2 Art. 192 Cpp]”.
Analogo problema si pone pure in caso di mancanza dell’analisi tossicologica nella fase dell’applicazione delle misure cautelari. A tal proposito, le Motivazioni di Cass., sez. pen. VI, 27 novembre 2012, n. 47984 precisano che “[il giudice], asservendo il proprio ragionamento logico ad un criterio di assoluta prudenza […] [deve emettere] un giudizio che va ben oltre la soglia dell’alta probabilità”. Pure in questo caso, pertanto, la Suprema Corte respinge una valutazione sommaria tendente ad applicare in maniera non ragionevole e non prudente l’aggravante ex comma 2 Art. 80 TU 309/90.
Siffatto equilibrio garantistico vale pure per la “droga parlata”, ovverosia quando il narcotraffico è provato non dal sequestro di una quantità “ingente”, bensì da intercettazioni telefoniche e/o ambientali. P.e., Cass., sez. pen. IV, 9 luglio 2020, n. 21377 precisa che “in tema di traffico di sostanze stupefacenti accertato esclusivamente mediante intercettazioni telefoniche ed ambientali (la cd droga parlata), il giudice può comunque ritenere la sussistenza della circostanza aggravante dell’ingente quantità allorché, sulla base del complessivo compendio probatorio, emerga che tale traffico ha raggiunto la soglia massima ravvisabile […] determinata, per ogni sostanza, nella tabella allegata al DM 11 aprile 2006, pur dovendo tale valutazione essere compiuta con particolare attenzione e rigore”. Cass., sez. pen. IV, 9 luglio 2020, n. 21377 richiama il comma 2 Art. 80 TU 309/90 all’interno del garantismo accusatorio dell’Art. 111 Cost., in tema di ragionevolezza ed equità del Procedimento Penale.
In effetti, altrettanto filo-garantistica è Cass., sez. pen. IV, 5 luglio 2013, n. 46194, dal momento che “[nei casi della droga parlata o di piante di stupefacenti non ancora mature] la circostanza aggravante dell’ingente quantità può ritenersi sussistente anche in difetto di sequestro della sostanza, purché vi siano elementi di prova certi [ex comma 2 Art. 192 Cpp] che consentano di pervenire, per via indiretta, all’individuazione del dato quantitativo”. In Cass., sez. pen. IV, 5 luglio 2013, n. 46194 gli indizi “gravi, precisi e concordanti” sono stati “il guadagno realizzato, la qualità e la quantità delle sostanze da taglio utilizzate, la provenienza della droga, la mancanza di elementi per ritenere di scadente qualità o di infimo grado di purezza lo stupefacente […]. Ma è chiaro che si tratta di indicazioni aperte ad ogni elemento anche imprevedibile o infrequente, purché esso consenta [ex comma 2 Art. 192 Cpp] una deduzione univoca sul dato quantitativo [eventualmente presumibile come ingente]”. Ciò vale soprattutto nella fattispecie delle piante di cannabis che non hanno ancora maturato il THC. P.e., Cass., sez. pen. III, 18 aprile 2018, n. 39018 evidenzia che, se la canapa non è ancora matura, il Magistrato del merito può egualmente applicare il comma 2 Art. 80 TU 309/90 “in base al dato ponderale virtuale ricavabile all’esito del ciclo produttivo [della pianta e delle infiorescenze] tenuto conto del prevedibile sviluppo della piantagione”. Similmente, Cass., sez. pen. III, 19 ottobre 2016, n. 6021 predica la piena compatibilità tra il delitto tentato e l’aggravante dell’ingente quantità “in base ad un preciso giudizio ipotetico dal quale sia possibile desumere con certezza che, se il reato fosse stato portato a compimento, la condotta avrebbe riguardato un quantitativo ingente di droga”.