Il perenne problema criminologico della tossicodipendenza

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Il perenne problema criminologico della tossicodipendenza

 

Perché ci si droga?

Brewer & Godley & Hulvershorn (2017)[1] coraggiosamente ed anti-populisticamente precisano che “il disturbo da uso di sostanze è caratterizzato da un desiderio continuo di una sostanza e dall'incapacità di smettere di utilizzarla, nonostante causi problemi fisici e psicologici. Le dipendenze non sono problemi di forza di volontà o di moralità. La dipendenza è una malattia potente e complessa. Le persone che hanno una dipendenza dalle sostanze non possono semplicemente smettere, anche se lo desiderano”. Dunque, Brewer & Godley & Hulvershorn (ibidem)[2] sgomberano il campo da pregiudizi a causa dei quali il tossicodipendente già uncinato tende ad essere dipinto alla stregua di una persona viziosa ed autonoma, in tanto in quanto gli stupefacenti tolgono ogni reattività ordinaria, specialmente quando il tossicomane proviene da un contesto socio-familiare malsano che spinge ad evadere tramite il mondo delle droghe e/o dell'alcol.

Anche la “dipendenza” consiste in uno stato patologico dominato dalla necessità assoluta ed assolutizzante di fare uso di una determinata sostanza. Importante, poi, è sottolineare che la dipendenza fisica è pressoché invincibile, giacché il cervello del tossicodipendente non è più in grado di distinguere tra le sensazioni piacevoli ordinarie e quelle indotte. In effetti, il tossicomane in astinenza manifesta veri e propri sintomi fisici, come tremori, dolori e nausea, segni evidenti di irreversibilità o, comunque, di gravità dell'intossicazione. Tra l'altro, esiste pure la dipendenza psicologica, non meno forte e constante nell'incapacità di affrontare le situazioni senza sostanze. Chi è psicologicamente dipendente reca un sistema nervoso indebolito e non in grado di accettare una normale alternanza tra gioia e frustrazioni.

In maniera sintetica e catalogica, Fortuna & Porche & Padilla (2018)[3] hanno elencato i principali sintomi del disturbo da abuso di sostanze, ovverosia: “bisogno di fare uso della sostanza frequentemente, necessità di aumentare il dosaggio, con il passare del tempo, per ottenere lo stesso effetto; assicurarsi di non restare senza una scorta; spendere denaro per procurarsi la sostanza, anche nei casi in cui sia difficoltoso affrontare la spesa; continuare ad abusare della sostanza pur essendo consapevoli dei problemi e dei danni, fisici e psicologici, che questa provoca; tentare, senza successo, di liberarsi dalla dipendenza; ignorare obblighi e responsabilità, lavorativi e relazionali, a causa dell'uso di droghe; sperimentare i sintomi dell'astinenza quando si tenta di interrompere l'utilizzo della sostanza”. Come si può notare, anche Fortuna & Porche & Padilla (ibidem)[4]sottolineano che la tossicodipendenza è una vera e propria “malattia” psicofisica, la cui disintossicazione richiede una terapia farmacologica di lungo periodo.

I predetti Autori rimarcano anch'essi che l'uncinamento è reversibile al prezzo di sforzi enormi, il cui successo è graduale e non apoditticamente garantito, in tanto in quanto l'individuo tossicomane manifesta una volontà indebolita e fragile. Similmente, anche il DSM-V contempla il c.d. “disturbo da abuso di sostanze” e lo qualifica come un'autentica “malattia”, allorquando sono presenti, per un periodo non inferiore ai 12 mesi, almeno 2 dei seguenti sintomi:

  1. Tolleranza, ovvero la necessità di quantità sempre maggiori della sostanza per ottenere l'effetto desiderato
  2. Astinenza, ovvero la presenza di sintomi fisici ed emotivi che compaiono quando la persona non usa la sostanza
  3. Importanti attività sociali, lavorative o ricreative vengono abbandonate o ridotte a causa dell'uso della sostanza
  4. Sforzi infruttuosi di ridurre o controllare l'uso della sostanza
  5. Dispendio di tempo per le attività necessarie per ottenere la sostanza, utilizzare la sostanza o riprendersi dai suoi effetti
  6. Perdita di controllo sull'uso: l'uso della sostanza tende a verificarsi nonostante le conseguenze negative che ha apportato sulla persona e sulla conduzione della sua vita
  7. Uso continuativo nonostante la consapevolezza che la droga rappresenti un problema. Nonostante molti pazienti siano consapevoli dei rischi sulla loro salute fisica, psicologica, sulle relazioni familiari e sociali, non riescono a smettere
  8. Uso continuativo con incapacità a svolgere le proprie attività. A causa dell'assunzione di droga, molti pazienti, in base alla fascia d'età, interrompono gli studi, perdono il lavoro, oppure divengono incapaci di assolvere i loro compiti familiari o genitoriali
  9. Uso continuativo della sostanza, anche in situazioni di rischio. Spesso, le persone che fanno uso di sostanze arrivano ad utilizzarle anche in situazioni rischiose, come mettersi alla guida o quando devono svolgere compiti di precisione
  10. Uso ricorrente, nonostante ciò determini problemi sociali o interpersonali. L'uso della sostanza diventa prevalente su qualsiasi altra attività
  11. Craving: desiderio improrogabile della sostanza

 

Da notare è che il DSM-V, pubblicato (rectius: novellato) nel 2013 ha unificato nel DUS (disturbo da uso di sostanze) le due distinte e pregresse categorie di “abuso di sostanze” e di “dipendenza da sostanze”. Tuttavia, ciò che più conta è che la tossicodipendenza non occasionale viene qualificata come uno “stato patologico” psico-fisico. Viceversa, negli Anni Ottanta del Novecento, non era diffusa la percezione medico-forense di quanto la dipendenza da droghe fosse una vera e propria “malattia”.

Sotto il profilo eziologico, Labbe & Yeterian & Wilner & Kelly (2017)[5] osservano che “le cause della dipendenza non sono univoche e, come per molti altri disturbi psicologici, possono essere analizzate solo prendendo in considerazione diversi fattori di rischio, che possono contribuire all'instaurarsi di una dipendenza. [Ma] è ancora poco chiaro cosa distingua una persona che diventa dipendente da una sostanza da una che, invece, non svilupperà mai un abuso di droghe”. Meno generici sono decisamente gli anglofoni Liese & Tripp (2018)[6], a parere dei quali “tra i fattori che certamente possono influenzare la probabilità di sviluppare una dipendenza [vi è] la compresenza di disturbi mentali [perché] le persone che hanno già ricevuto una diagnosi di depressione o di disturbo da stress post traumatico hanno una maggiore probabilità di diventare dipendenti da una sostanza utilizzata come modalità per gestire le emozioni dolorose, come paura, vergogna, senso di colpa o disgusto”.

Viceversa, Magill & Apodaca & Borsari & Gaume & Hoadley & Gordon & Moyers (2018)[7] puntano molto sulla “storia familiare di dipendenze […] [Ossia] l'abuso di sostanze si verifica più comunemente in individui provenienti da alcune famiglie, a causa di una probabile predisposizione genetica e, allo stesso tempo, di un'influenza ambientale”. Dal canto loro, Mark & Meinhofer (2018)[8] mettono in evidenza la basilarità dell'”utilizzo precoce: minore è l'età del primo utilizzo, più aumenta la possibilità che, in un cervello ancora in fase di sviluppo, si arrivi ad abusare di sostanze [comprese le bevande alcoliche, ndr]”.

L'età adolescenziale costituisce un periodo assai delicato in tema di iniziazione al mondo delle tossicodipendenze. Di solito, si nota, nell'ultra-13enne, un “effetto trampolino”, per cui dalla cannabis e dalle bevande alcoliche, si passa facilmente all'utilizzo di sostanze “pesanti”, ammesso e non concesso che esistano droghe cc.dd. “leggere”. A tal proposito, Marmostein & White (2018)[9] precisano che “[esistono] molte pressioni da parte dei coetanei. [Ovvero] per le persone più giovani, in particolare, l'influenza del gruppo dei pari può esercitare un forte influsso nell'utilizzo e nell'abuso di droghe”. Tuttavia, non bisogna mai dimenticare che, sotto il profilo criminologico, un conto è l'esperienza isolata, un altro conto è, invece, l'inizio ed il perdurare di una vera e propria carriera tossicomanica, la quale, come afferma Ministero della Salute (2017)[10] dipende, soprattutto ed anzitutto, “da una mancanza di sostegno familiare. Sia una situazione familiare di difficoltà emotiva, sia una mancanza di controllo da parte dei genitori possono aumentare il rischio che si instauri una dipendenza”.

Come si può notare, Ministero della Salute (ibidem)[11] mette in evidenza, nel bene o nel male, il valore protettivo della famiglia, che è, non solo nelle Civiltà mediterranee, il primo nucleo socializzativo nonché la prima fondamentale ed insostituibile agenzia di controllo. Le disfunzionalità di tipo familiare lasciano un segno indelebile nella personalità del giovane adulto. Degni di menzione sono pure Owens & Nason & Yeater (2018)[12], a parere dei quali l'uncinamento varia “a seconda della tipologia di sostanza, [giacché] alcuni tipi di droghe, come antidolorifici o cocaina, producono un rapido sviluppo della dipendenza, così come la modalità di assunzione può influenzarne il decorso”. D'altra parte, è materialmente verificabile che la cocaina o gli oppiacei cagionano danni psico-fisici maggiori rispetto al THC, pur se l'astinenza totale rimane un punto fermo irrinunciabile e grandemente auspicabile, soprattutto perché il tossicomane tende a mescolare contestualmente le sostanze entro una prospettiva “poli-tossicomanica”, ovverosia è ben difficile rinvenire un assuntore che non abbia esperimentato più di una tipologia di droga, a cominciare dall'abuso di alcol.

Sotto il profilo della disintossicazione, si propone la solita alternativa tra psicoterapia e terapia farmacologica. Con attinenza a questa tematica, Romano & Peters (2016)[13] specificano che “trattare una dipendenza significa aiutare l'individuo ad interrompere l'assunzione della sostanza, evitando che si verifichino ricadute, e a recuperare il proprio ruolo in famiglia, sul lavoro o nella società. Esistono diversi approcci evidence based per il trattamento delle dipendenze, raggruppabili nelle macro-categorie delle psicoterapie e del trattamento farmacologico: a seconda del paziente e della tipologia di sostanza utilizzata, verrà prescelta una delle due forme di trattamento, oppure una combinazione di entrambe”.

A parere di chi redige, è utopistico pensare ad un trattamento esclusivamente psicoterapeutico, in tanto in quanto l'aiuto farmacologico rimane imprescindibile, anche nella fattispecie, meno grave e maggiormente diffusa, del consumo non cronico di marjuana ed haschisch. L'impiego di farmaci sopperisce alle carenze volitivo-caratteriali dell'assuntore. Infatti, anche Wright (2018)[14] opta per una combinazione tra psico- e farmaco-terapia, in tanto in quanto “la terapia farmacologica viene usata, prevalentemente, per gestire i sintomi dell'astinenza e prevenire le ricadute. In primo luogo, quindi, i farmaci aiutano ad eliminare i sintomi dolorosi che si manifestano durante la disassuefazione e ad evitare che si ricominci ad assumere la sostanza: questo non costituisce, in sé, il trattamento, ma rappresenta un primo passo indispensabile per il cambiamento.

I disturbi psicologici eventualmente compresenti, inoltre, potrebbero contribuire al mantenimento della dipendenza: il loro trattamento è un ulteriore obiettivo che facilita la disassuefazione”. Come si nota, pure Wright (ibidem)[15] non nega la necessità di coniugare psicoterapia e farmacoterapia, soprattutto di fronte alle tossicodipendenze maggiormente uncinanti. P.e., un utilizzatore di oppiacei non può essere tolto dalla propria dipendenza senza un supporto farmacologico. Attualmente, in ogni caso, le psicoterapie maggiormente in uso in Europa e nel Nordamerica sono la Terapia Cognitivo Comportamentale (TCC), l'Approccio Motivazionale e la Terapia Dialettico Comportamentale (DBT). Ognimmodo, a parere di chi scrive, molto dipende poi dalla tipologia di sostanza assunta e dal periodo più o meno lungo dell'assunzione. P.e., un eroinomane cronico non reca le medesime esigenze di un individuo uncinato dal fentanyl. A sua volta, un 15enne con una lieve dipendenza dal THC non manifesta la stessa gravità di sintomi di un 40enne cocainomane.

 

La cocaina

La cocaina è un prodotto naturale estratto dalle foglie della pianta di coca (Erythroxylon coca Lam). E' impiegata limitatamente in campo medico come anestetico topico. La base libera, conosciuta a volte come crack, è una forma fumabile di cocaina. La cocaina in base libera (free base) ed il sale cloridrato sono polveri bianche. Quando si presenta sotto forma di crack, la cocaina base assume di solito la forma di piccoli grumi (100-200 mg). Nell'uso illecito, la cocaina viene tipicamente sniffata (insufflata), in modo da essere assorbita attraverso la mucosa nasale. Il crack è una forma fumabile di cocaina. L'iniezione di cocaina è meno comune. Una dose tipica di cocaina o crack è di 100-200 mg. Gli adulteranti comuni della cocaina sono la fenacetina, la lidocaina, la benzocaina, la procaina, la caffeina, il paracetamolo e gli zuccheri.

La cocaina ha un effetto stimolante sul sistema psicomotorio simile all'amfetamina ed ai relativi composti. Aumenta le concentrazioni del trasmettitore sia nella sinapsi noradrenergica sia in quella dopaminergica e agisce anche come agente anestetico. Come l'amfetamina, induce euforia, tachicardia ed ipertensione ed è un inibitore dell'appetito. La cocaina ha anche un forte potere rinforzante, sviluppando una rapida dipendenza psicologica. Se consumata insieme all'alcol, la cocaina sviluppa anche il metabolita coca etilene. L'emivita plasmatica della cocaina è di 0,7-1,5 ore. La dose minima letale è stimata in 1,2 grammi, ma soggetti sensibili sono morti per una dose di appena 30 mg applicata alle membrane mucose, mentre i tossicodipendenti possono tollerare sino a 5 grammi al giorno. Le soluzioni di cocaina cloridrato hanno un limitato utilizzo medico come anestetico topico per procedure chirurgiche che coinvolgono l'occhio, il naso e la gola. La cocaina è elencata nell'Allegato I della Convenzione Unica sugli stupefacenti del 1961 delle Nazioni Unite. Gli esteri ed i derivati di ecgonina, che sono convertibili in ecgonina e cocaina, sono anch' essi controllati ai sensi della predetta Convenzione. La cocaina è annotata nella Tabella I di cui al TU 309/90.

 

L'eroina

L'eroina è un preparato grezzo della diamorfina. E' un prodotto semisintetico ottenuto dall'acetilazione della morfina, a sua volta ricavata dall'oppio, che è il lattice estratto dalle capsule di talune specie di papavero (p.e., il papaverum somniferum L). Sino alla fine degli Anni Settanta del Novecento, quasi tutta l'eroina consumata in Europa proveniva dal sud-est asiatico, ma ora la maggior parte proviene dall'Asia sud-occidentale, in una zona che comprende Afghanistan e Pakistan. L'eroina del sud-ovest asiatico è una polvere marrone (brown sugar) di solito in forma di base libera, che non è solubile in acqua, ma in solventi organici

La diamorfina, come la morfina e molti altri oppiacei, produce analgesia. A parte l'analgesia, la diamorfina produce sonnolenza, euforia e senso di distacco. Gli effetti soggettivi successivi all'iniezione sono noti come “rush” e sono associati a senso di calore e piacere, seguito da un prolungato periodo di sedazione.

 

La cannabis

La cannabis è un prodotto naturale, il cui ingrediente psicoattivo principale è il THC. La pianta della cannabis è ampiamente diffusa e cresce nelle zone temperate e tropicali. Insieme a tabacco, alcol e caffeina è una delle droghe più consumate al mondo. La marjuana (“erba”) consiste nelle infiorescenze e nelle foglie essiccate. La resina di cannabis (“haschisch”) è un solido compresso, estratto dalle parti resinose della pianta. L'olio di cannabis, invece, (“hash”) viene estratto dalla cannabis tramite solvente. La cannabis viene quasi sempre fumata. Esistono piante maschili e piante femminili. Il THC è ampiamente concentrato all'interno delle infiorescenze della pianta femmina

Una sigaretta (“spinello”) mediamente contiene 200 mg di erba o resina di cannabis. La farmacologia della cannabis è complicata dalla presenza di una vasta gamma di cannabinoidi. A piccole dosi, la cannabis produce euforia, solleva dall'ansia, ha effetto sedativo, ma dà pure un forte stordimento. Per certi aspetti, gli effetti sono simili a quelli causati dall'alcol. Se fumato, il THC può essere rilevato nel plasma a pochi secondi dall'inalazione. Alcuni metaboliti sono riscontrabili nelle urine fino a due settimane dopo l'assunzione per fumo o ingestione.

 

Cannabinoidi sintetici

I cannabinoidi sintetici sono funzionalmente simili al THC. Essi agiscono sugli stessi recettori della cannabis nel cervello e in altri organi. Tali sostanze sono state inizialmente adoperate con finalità terapeutiche nel trattamento del dolore cronico. Tuttavia, si è rivelato difficile separare le proprietà mediche dagli effetti psicoattivi indesiderati.

Alla fine del 2008, sono stati individuati alcuni cannabinoidi sintetici in miscele vegetali da fumare e nei cc.dd. “incensi” e “profumatori d'ambiente”. Tra questi, i più diffusi erano Spice, Silver, Spice Gold e Yucatan Fire, ma tanti altri sono entrati poi a far parte dei prodotti denominati Spice. Questi derivati non contengono tabacco o cannabis, ma, se fumati, producono effetti simili a quelli della cannabis ad alto tenore di THC. Vengono venduti in negozi specializzati (head shops) e su internet.

 

Il Fentanyl ed i suoi derivati

Il Fentanyl è un analgesico con una potenza di almeno 80 volte superiore a quella della morfina. Il Fentanyl ed i suoi derivati sono utilizzati come anestetici ed analgesici sia in medicina sia in veterinaria. Il Fentanyl ed i suoi sali compaiono in forma di polveri bianche granulari o cristalline. Le formulazioni farmaceutiche si presentano come soluzioni di Fentanyl citrato ad uso iniettivo, come cerotti transdermici o, ancora, come pasticche per uso transmucoso orale. Il Fentanyl è un analgesico che agisce principalmente sul recettore m-oppiaceo. Oltre alla sua azione analgesica, il Fentanyl provoca stordimento ed euforia; quest'ultima meno marcata rispetto all'eroina ed alla morfina. Tra gli effetti collaterali più comuni figurano nausea, capogiri, vomito, affaticamento, mal di testa, costipazione, anemia ed edema periferico.

 

L'LSD (acido lisergico)

La dietilamide dell'acido lisergico (LSD) è un allucinogeno semisintetico tra i più potenti mai conosciuti. Il suo uso è divenuto popolare tra gli Anni Settanta ed Ottanta del Novecento, ma ora è meno comune. L'LSD è stato sintetizzato, per la prima volta, da Albert Hoffmann per i laboratori Sandoz di Basilea nel 1938. Negli Anni '50 e '60, la Sandoz ne fece una valutazione per scopi terapeutici e commercializzò l'LSD con il nome di Delysid. L'uso ricreativo è iniziato negli Anni '60 ed era associato alla cultura psichedelica.

L'LSD di solito viene prodotto come sale di tartrato, che è incolore, inodore e solubile in acqua. La dose di strada si presente sotto forma di quadratini di carta assorbente stampati con disegni caratteristici e perforati in modo da poter essere ritagliati in piccoli francobolli (di solito di 7 mm) contenenti ciascuno una singola dose. Ogni foglio contiene circa 100 dosi. L'LSD viene assunto per via orale. Le dosi di carta vengono messe sulla lingua, dove la droga viene assorbita rapidamente. Le pastiglie o le capsule vengono invece inghiottite.

 

Gli allucinogeni

Gli allucinogeni hanno come effetto principale quello di produrre alterazioni psicosensoriali. Tali alterazioni possono comportare allucinazioni visive, uditive, olfattive, gustative e tattili. Inoltre, possono indurre cambiamenti di umore. I più diffusi allucinogeni di origine naturale sono la mescalina (peiote), la psilocina, la psilocibina, la bufotenina, il DMT (diametil-triptamina) e la ibogaina. A loro volta, i più noti allucinogeni di sintesi sono la fenciclidina, il DOM, il DOB, la TMA, il DET, il 2c-B ed il 2C-I. Di tutte le sostanze allucinogene summenzionate, solo la fenciclidina (PCP) dà assuefazione ed è in grado di produrre una dipendenza accompagnata da sindrome di astinenza.

Gli effetti degli allucinogeni variano in funzione sia del tipo di sostanza sia delle quantità assunte. Gli effetti principali indotti sono: tachicardia, midriasi, tremori, nausea, ipertermia, ipertensione, psicosi tossica (di tipo delirante o dominata da ansia e tremore), stati di panico. Le sostanze psichedeliche ed allucinogene rappresentano i più antichi tipi di droga con effetti sul sistema nervoso centrale. Molti di essi sono noti da migliaia di anni presso varie civiltà. Al giorno d'oggi, sono presenti sul mercato clandestino composti di natura sintetica di grande potenza, i quali riproducono gli effetti delle sostanze alcaloidi tratte dalle rispettive molecole vegetali: la sintesi di queste ultime avvenne negli Anni Sessanta e Settanta del Novecento.

 

 

[1]Brewer & Godley & Hulvershorn, Treating Mental Health and Substance Use Disorders in Adolescents: What Is on the Menu ? Current psychiatry reports, 19(1), 5, 2017

 

[2]Brewer & Godley & Hulvershorn, op. cit.

 

[3]Fortuna & Porche & Padilla, A treatment development study of a cognitive and mindfulness-based therapy for adolescents with co-occurring post-traumatic stress and substance use disorder. Psychology and Psychotherapy: Theory, Research and Practice, 91(1), 2018

 

[4]Fortuna & Porche & Padilla, op. cit.

[5]Labbe & Yeterian & Wilner & Kelly, Cognitive and behavioral approaches for treating substance use disorders among behavioral medicine patients, In: The Massachusetts Geìneral Hospital Handbook of Behavioral Medicine, Humana Press, 2017

 

[6]Liese & Tripp. Advances in Cognitive Behavioral Therapy for Substance Use Disorders and Addictive Behaviors, Science and Practice in Cognitive Therapy: Foundations, Mechanism and Applications, 2018

 

[7]Magill & Apodaca & Borsari & Gaume & Hoadley & Gordon & Moyers, A mata-analysis of motivational interviewing process: Technical, relational and conditional process models of change, Journal of consulting and clinical psychology, 86(2), 2018

 

[8]Mark & Meinhofer, The Extent to Which Psychiatrists Diagnose and Treat Substance Use Disorders, Psychiatric Service, 2018

 

[9]Marmostein & White, Comorbidity with Substance Abuse. The Wiley Handbook of Disruptive and Impulse-Control Disorders, 2018

 

[10]Ministero della Salute, Prevenire le dipendenze da sostanze [online], www.salute.gov.it  2017

 

[11]Ministero della Salute, op. cit.

 

[12]Owens & Nason & Yeater, Dialectical behavior therapy for Multiple Treatment Targets: A Case Study of a Male whit Comorbid Personality and Substance Use disorders, International Journal of Mental Health and Addiction, 16(2), 2018

 

[13]Romano & Peters, Understanding the process of motivational interviewing: A review of the relational and techical hypotheses, Psychoterapy Research, 26(2), 2016

 

[14]Wright, Comprehensive Assessment of Substance Abuse and Addiction Risk in Adolescence, in New Directions in Treatment, Education and outreach for Mental Health and Addiction, Springer, Cham., 2018

 

[15]Wright, op. cit.