Il regno di Guge: grazie a Giuseppe Tucci
Il regno di Guge: grazie a Giuseppe Tucci
Vi sono luoghi al mondo un tempo vivi e prosperi che sono oggi ignoti alla maggior parte delle persone. Qui nel Tibet occidentale primo fra tutti è l’antico Regno di Guge.
Fu un importante crocevia commerciale lungo la rotta tra l’India ed il Tibet, fiorì intorno al IX secolo e nel X secolo Guge era ormai un ricco centro che dava da vivere a diverse migliaia di persone. Ciò era avvenuto anche perché, in seguito alla persecuzione del Buddhismo intrapresa dal re tibetano Lang Darma nel IX secolo, la spinta propulsiva di questa religione si era spostata dal Tibet centrale al Tibet occidentale.
Il suo grande re Yeshe Ö (che in seguito abdicò per diventare un semplice monaco) incoraggiò la circolazione delle idee tra l’India e il Tibet ed inviò il giovane monaco Rinchen Zangpo (958-1055) per un periodo di studio e formazione sui testi sacri in India. Al suo ritorno, 17 anni dopo (978), questi divenne uno dei più importanti traduttori (in tibetano “lotsava”) di testi dal sanscrito, nonché una figura chiave per la rinascita del buddhismo sull’altopiano tibetano.
Yeshe Ö, catturato dal re Garlog che aveva chiesto un ingente riscatto per la sua liberazione, aveva insistito che l’oro raccolto venisse piuttosto usato per far venire il monaco Atisha dall’India. Rinchen Zangpo fondò 108 (numero ritenuto sacro) monasteri nel Tibet occidentale, in Ladakh e nella valle dello Spiti, tra i quali quelli di Thöling e Tsaparang, dove lui e in seguito Atisha, arrivato nel 1040 d.C. e fermatosi a Thöling due anni, tradussero testi fondamentali dal sanscrito al tibetano.
Thöling divenne famosa nel 1076 per il grande concilio che si svolse sotto re Tseldé, al quale parteciparono tutti i dignitari religiosi del Tibet e che segnò il trionfo del Buddhismo nel Tibet stesso. La morte di Re Tseldé segnò la fine della monarchia di Tsaparang.
L’importanza religiosa e politica di Thöling e Tsaparang durò tuttavia fino al XVII secolo, quando iniziò la decadenza. Questa fu favorita da un clima di scontro religioso originato dal favore accordato dal re dell’epoca al missionario cattolico portoghese padre Antonio de Andrade, arrivato nel 1625 e rimasto fino al 1630, e dalle successive reazioni dei lama buddhisti.
Il regno cadde in rovina nel XVII secolo in seguito a discordie interne (fra il re e suo fratello, abate del monastero di Töling) che lo avevano indebolito quando subì un assedio durato due anni da parte di un esercito di kashmiri del re del Ladakh Senge Namgyal.
Il re di Guge era asserragliato nella sua imprendibile fortezza di Tsaparang, ma l’esercito invasore iniziò a uccidere all’esterno i cittadini inermi uno alla volta. Non potendo sopportare tale vista, il re aprì le porte e decise di consegnarsi prigioniero per fermare il massacro, ma fu decapitato insieme alla famiglia reale.
Attorno al 1650 il regno scomparve dalla carta del Tibet ed i suoi territori passarono sotto il dominio di Lhasa. Da allora i palazzi andarono in rovina e i monasteri furono abbandonati. Nel frattempo il Buddhismo in India, terra d’origine, era stato sradicato da almeno 4 secoli per opera della dinastia musulmana dei Moghul. La riscoperta avvenne nel 1933 ad opera del famoso tibetologo italiano Giuseppe Tucci.
Il paesaggio è di straordinario fascino. Il territorio arido è solcato da profonde gole scavate dal fiume Sutlej. La regione conserva magnifici esempi di grotte con pitture rupestri buddhiste. Le rovine di Tsaparang, abbarbicate ad una collina, racchiudono ancora oggi tracce di questa preziosa civiltà.
Mi aggiro in uno dei suoi templi, affascinato dalla bellezza del complesso e delle pitture, intaccata dal tempo e dagli uomini. Una ragazza tibetana, incantata quanto me, ma più di me esperta, sembra conoscere bene quel luogo. Ci scambiamo impressioni e lei, con dolore, mi narra delle distruzioni di statue ed affreschi ad opera delle Guardie Rosse durante la Rivoluzione Culturale iniziata nel 1966.
“Tu sei italiano? Ebbene, sappi che noi conosciamo come erano questi tesori prima delle distruzioni grazie alle foto delle spedizioni di Tucci”. Non capita spesso, ahimé, di sentire parlare bene del nostro Paese e provo un brivido di inusuale orgoglio.