Il Trattato Italo-Francese: opportunità o colpo di grazia alla sovranità nazionale?
di Gianandrea Gaiani
Con la firma ufficiale al Quirinale di Mario Draghi ed Emmanuel Macron, alla presenza del Presidente Sergio Mattarella, ha preso vita il Trattato cooperazione bilaterale rafforzata tra Italia e Francia meglio noto come “Trattato del Quirinale”.
Voluto nel 2017 dal governo guidato da Paolo Gentiloni e poi congelato dal governo M5S-Lega nel 2018-19, il trattato che stringe ulteriormente i legami tra Roma e Parigi è stato messo a punto negli ultimi due anni senza troppi clamori al punto che i suoi contenuti non sono nemmeno stati resi noti né dibattuti dal Parlamento e dalle forze politiche che saranno chiamate a ratificarlo alle Camere senza i margini per modificarlo sensibilmente.
Il Trattato in 12 punti (qui la versione integrale) è senza dubbio il frutto della volontà del PD (di certo il partito italiano più “filo-francese”) e delle pressioni di Parigi per stipulare una stringente intesa bilaterale che si aggiunge a quelle già concluse in passato dalla Francia con Gran Bretagna e Germania.
La firma era stara sollecitata da più parti dopo l’affermarsi del governo guidato da Mario Draghi la cui ampia maggioranza in un contesto di ridotti margini di confronto tra le forze politiche offriva le migliori condizioni per una sua approvazione senza troppi ostacoli.
Il Trattato esprime “la volontà d’intensificare i legami esistenti tra i due paesi e le intense cooperazioni bilaterali che si sono sviluppate nel corso della storia, in particolare in ambito politico, economico, sociale, educativo, scientifico e culturale e nei settori strategici per il futuro dell’Unione Europea – si legge nel documento che impegna le due Nazioni a operare insieme per “la stabilità e la prosperità a lungo termine del Mediterraneo”.
Il primo articolo riguarda la politica estera ed istituisce “meccanismi stabili di consultazioni rafforzate, a livello sia politico che di alti funzionari, in particolare in caso di crisi e alla vigilia di importanti scadenze. In questo quadro, esse organizzano consultazioni regolari”.
Le parti si impegnano a “promuovere le cooperazioni e gli scambi sia tra le proprie forze armate, sia sui materiali di difesa e sulle attrezzature, e a sviluppare sinergie ambiziose sul piano delle capacità e su quello operativo ogni qual volta i loro interessi strategici coincidano” ed in ambito europeo “a rafforzare le istituzioni e a difendere i valori fondanti del progetto europeo e lo Stato di diritto” promuovendo “una transizione dell’Unione Europea verso un modello di sviluppo resiliente, inclusivo e sostenibile, nel quadro di un’economia aperta e dinamica”.
Nel campo della Sicurezza l’intesa prevede il rafforzamento della cooperazione, bilaterale ed europea, “nella prevenzione e nella lotta contro le minacce criminali transnazionali gravi ed emergenti, in particolare la lotta contro la criminalità organizzata e il terrorismo, valutando una partecipazione congiunta agli strumenti europei. Esse intensificano la cooperazione transfrontaliera tra le loro forze dell’ordine”.
Sul piano economico viene previsto un incoraggiamento “degli scambi tra i rispettivi attori economici, garantendo la promozione di una crescita equa, sostenibile e inclusiva” impegnandosi ” a facilitare gli investimenti reciproci e avviando, in un contesto di bilanciamento dei rispettivi interessi, progetti congiunti per lo sviluppo di startup, piccole e medie imprese (PMI) o grandi imprese dei due Paesi, favorendo le relazioni reciproche e la definizione di strategie comuni sui mercati internazionali, nel quadro di un’Europa sociale”.
Con il Trattato Italia e Francia hanno siglato anche un accordo sullo Spazio, non ancora reso pubblico anche se il tema viene toccato anche dal Trattato che prevede cooperazione “nella costruzione dell’Europa dello Spazio, che costituisce una dimensione chiave dell’autonomia strategica europea e dello sviluppo economico dell’Europa. Esse favoriscono il coordinamento e l’armonizzazione delle loro strategie ed attività nel campo dell’esplorazione e dell’utilizzo dello spazio extra-atmosferico a fini pacifici e dell’accesso autonomo allo spazio da parte dell’Europa”.
Per Mario Draghi il trattato “la nostra sovranità, intesa come la nostra capacità di indirizzare il futuro, può rafforzarsi solo attraverso una gestione condivisa delle sfide comuni. Oltre a consolidare le nostre relazioni bilaterali, l’accordo vuole infatti favorire e accelerare il processo di integrazione europea.
Penso al rilancio degli investimenti, soprattutto in ambiti strategici e innovativi come i semiconduttori; alla transizione digitale ed energetica; alla costruzione di una vera difesa europea. Dobbiamo dotare l’Unione Europea di strumenti che siano compatibili con le nostre ambizioni e con le aspettative dei nostri cittadini”.
Al netto del linguaggio istituzionale il Trattato Italo-Francese rappresenta quindi potenziali opportunità ma al tempo stesso rischi per la residua sovranità dell’Italia e dovrà essere valutato in base alle iniziative che seguiranno la sua entrata in vigore.
Di fatto i suoi reali effetti positivi saranno valutabili solo in base alla sovranità che i governi italiani sapranno esprimere tenendo anche conto delle valutazioni e reazioni che il trattato susciterà presso i nostri maggiori alleati a Londra, Berlino e Washington ma anche a Mosca e Ankara.
Superfluo infatti evidenziare che su tutti i temi oggetto dell’accordo Parigi può vantare una leadership indiscussa o in ogni caso un maggior peso politico, economico, finanziario, industriale e militare rispetto a Roma.
La cooperazione nel settore Difesa è già in atto da tempo in termini industriali (MBDA, Thales Alenia Space, Telespazio, Naviris…) e di partecipazione a missioni comuni (specie in Africa) ma non si può dimenticare che la Francia è sempre stata ben lieta di acquisire aziende italiane in tutti settori ma non è mai stata disposta a cedere il controllo delle proprie come ha dimostrato la lunga quanto scabrosa vicenda Fincantieri -STX.
Un chiaro indizio di quali indirizzi prenderà il trattato bilaterale nell’ambito dell’industria della Difesa emergerà quando verrà definito il destino di WASS e Oto Melara, rami d’attività che Leonardo intende dismettere e che l’azienda franco-tedesca KNDS vorrebbe acquisire ponendosi in concorrenza con Fincantieri.
Tali valutazioni valgono inoltre per tutte le grandi aziende pubbliche italiane su cui da tempo i francesi hanno messo gli occhi: del resto Parigi è già il primo investitore straniero in Italia mentre Roma è l’ottavo investitore in Francia.
Nel trattato “le parti s’impegnano a facilitare il transito e lo stazionamento delle forze armate dell’altra Parte sul proprio territorio” ma a questo proposito è facile comprendere come l’Italia abbia ben poche ragioni per schierare proprie truppe o utilizzare basi in Francia mentre Parigi avrà molte ottime ragioni per schierare reparti presso basi italiane.
In considerazione del suo ruolo storico nel Mediterraneo, proteso verso l’Africa e più recentemente verso la regione orientale (al fianco della Grecia e a contrasto della Turchia), Parigi avrebbe un rilevante vantaggio strategico nel poter disporre, con le basi italiane, di “una portaerei naturale protesa nel Mediterraneo”
Occorre chiedersi se gli obiettivi perseguiti da tali schieramenti militari risponderanno anche agli interessi di Roma tenuto conto che questi sono stati spesso in antitesi con quelli di Parigi a partire dalla Libia del resto storicamente Francia e Italia sono tradizionalmente rivali nel Mediterraneo e in Africa. Se cesseranno di esserlo dipenderà essenzialmente da due ragioni: il prepotente emergere di interessi convergenti o comuni oppure la rinuncia di Roma (non certo di Parigi) a esercitare un ruolo d’influenza preponderante nel proprio “giardino di casa”.
Sul piano politico la differenza tra una Francia determinata a rafforzare il suo ruolo-guida nel continente e un’Italia instabile, in cui le forze politiche sono sempre più deboli o allineate ai poteri forti (specie quelli finanziari) non promette nulla di buono e rafforza l’ipotesi che Roma esca da questo accordo sempre più vassalla e sempre meno protagonista in Europa.
Nel braccio di ferro per l’egemonia all’interno dell’Unione è del resto evidente che una più stretta “tutela” francese sull’Italia aiuterà Parigi a bilanciare la potenza economica tedesca e a rilanciare la già predominante potenza francese in ambito militare che già vede nella “Force de frappe” l’unico deterrente nucleare della Ue.
Da tempo i francesi perseguono politiche di “integrazione” militare europea come l’iniziativa EI2 e la costituzione di forze congiunte ma a guida francese (come accade nel Sahel), in antitesi con la PESCO e con la posizione tedesca.
Al tempo stesso una più relazione vincolante con la Francia rischia di limitare il raggio d’azione e i margini di manovra dell’Italia nelle iniziative tese a rafforzare le intese con la Germania anche nei settori industrial-militari navale e terrestre.
L’Italia ha sempre avuto anche storicamente l’interesse a bilanciare i rapporti con le tre maggiori potenze d’Europa e uno squilibrio marcato in al senso verrebbe pagato innanzitutto in termini di sovranità.
Anche il richiamo alla fantomatica “integrazione europea” lascia il tempo che trova in una Ue sempre più incapace di esprimere una vera politica estera e in persino di difendere i propri confini esterni ed interni dai flussi migratori illegali, in un contesto che premia il rafforzamento delle egemonie continentali delle maggiori potenze continentali, Francia e Germania, per le quali l’Italia resta un partner intrinsecamente debole da attrarre nella propria area d’influenza.