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Il voto numerico non soddisfa l’obbligo della motivazione

Nota a Consiglio di Stato, Sezione Quinta, Decisione 1 settembre 2009, n.5145

L’onere della valutazione delle prove scritte di un concorso pubblico non può essere sufficientemente adempiuto con il solo punteggio numerico, sussistendo un obbligo di motivazione integrativa laddove la valutazione tecnica investa i giudizi legati all’espressione di particolare complessità, nei quali l’aderenza ai criteri preventivamente costituiti, la correttezza delle soluzioni e la coerenza nell’esposizione concettuale si riveli determinante nella scelta e discriminante la reciproca prevalenza dei candidati nel senso della loro idoneità a ricoprire posizioni lavorative di significativa importanza per l’amministrazione.

Consiglio di Stato, Sez. V, Decisione 1 settembre 2009 n. 5145

Tale decisione, seppur posta in essere riguardo ad un ambito lavorativo particolare, è di estrema rilevanza in quanto “rompe” un orientamento ormai consolidato e riferito in genere ai pubblici concorsi e agli esami di abilitazione, tipo quello forense. Infatti, a differenza dei giudici amministrativi di I° grado, in passato i giudici del Consiglio di Stato avevano sempre, con varie argomentazioni, ritenuto legittimo, sufficiente, valido ed esaustivo il punteggio numerico quale voto a prove concorsuali o abilitazione, ritenendo lo stesso una valutazione congrua ed adeguata del giudizio ivi espresso. Alla base della suddetta statuizione si ravvisava 1) sia l’esigenza a rispondere al noto principio di economia dell’attività amministrativa 2) sia soprattutto perché il giudizio così espresso era ritenuto tale da integrare e soddisfare la necessaria chiarezza sulle valutazioni di merito poste in essere dalla commissione.

A titolo di esempio, esattamente un anno addietro, il Consiglio di Stato aveva statuito che “si deve ritenere che anche dopo l’entrata in vigore della L. n. 241/1990, il voto numerico attribuito dalle competenti commissioni alle prove scritte od orali di un concorso pubblico o di un esame, esprime e sintetizza il giudizio tecnico-discrezionale della commissione stessa, contenendo in se stesso la motivazione, senza necessità di ulteriori chiarimenti. La motivazione espressa numericamente, quindi, oltre a rispondere ad un evidente principio di economicità amministrativa di valutazione, assicura la necessaria chiarezza e graduazione delle valutazioni compiute dalla Commissione nell’ambito del punteggio disponibile e del potere amministrativo da essa esercitato. (Cons. Stato, Sez. VI, 09/09/2008, n.4300).

A fronte del suddetto orientamento ormai consolidato da parte del Consiglio di Stato, d’altro canto, negli ultimi anni vi erano state varie pronunce dei Giudici di merito diametralmente opposte, le quali, in buona sostanza, ritenevano insufficienti, inadeguati ed illegittime e pertanto carenti di motivazione le valutazione espresse solo in termini meramente numerici. Detta tesi “minoritaria”, sostenuta negli anni passati da alcuni TAR, in particolare della Campania, del Veneto, della Sicilia, della Lombardia e della Calabria, è stata, e lo è tuttora, adottata in alcune isolate pronunce, sembrando priva di ogni concreta possibilità di definitiva affermazione giurisprudenziale avanti al Consiglio di Stato.

Tale tesi minoritaria era stata sostenuta la prima volta nel lontano 1997 con una storica sentenza del T.A.R. Lombardia-Milano, il quale aveva statuito che “ai sensi dell’art. 3 l. 7 agosto 1990 n. 241 e dell’art. 12 d.P.R. 9 maggio 1994 n. 487, la valutata insufficienza della prova scritta del concorso (nella specie ad assistente di I categoria, qualifica dirigenziale) deve essere motivata con l’esplicitazione compiuta e logica delle ragioni, risultando insufficiente l’indicazione del solo voto numerico“ (T.A.R. Lombardia Milano, Sez. III, 13/05/1997, n.594).

Invece, le ultime pronunce di specie si basavano sul principio per cui “la valutazione di una prova ha natura composita, in quanto essa: - costituisce l’espressione di un giudizio tecnico - discrezionale, che si esaurisce nell’ambito del procedimento concorsuale, allorché tale giudizio è positivo, di modo che essa può essere resa con un semplice voto numerico;- rappresenta al tempo stesso, oltre che un giudizio, un provvedimento amministrativo che conclude il procedimento concorsuale, tutte le volte in cui alle prove di un candidato venga attribuito un punteggio insufficiente, donde la necessità, in tale ipotesi, che all’assegnazione del voto faccia seguito l’espressione di un giudizio di non idoneità, con il quale vengano esplicitate le ragioni della valutazione negativa, conformemente al disposto di cui all’art. 3 della L. n. 241/1990, ove questo venga interpretato - conformemente all’orientamento prevalente - nel senso che la motivazione è necessaria solo per gli atti aventi contenuto provvedimentale” (Tra le ultime: T.A.R. Sicilia Catania, Sez. I, 29/01/2008, n.209; T.A.R. Lazio Roma, Sez. I bis, 07/07/2007, n.6169; T.A.R. Campania Napoli, Sez. II, 15/06/2007, n.6193).

Tale tesi “minoritaria” era stata sostenuta in precedenza in un’unica isolata occasione a Palazzo Spada, esattamente nella Sentenza n. 5503 del 2006, nella quale si statuiva che “si deve ritenere insufficiente il solo voto numerico per comprendere le ragioni di una valutazione di insufficienza o di un giudizio negativo in ordine alle prove concorsuali di natura comparativa” (Cons. Stato, Sez. IV, 20/09/2006, n.5503)

Di tale “contrasto” di orientamenti si è dovuta occupare di recente addirittura la Corte Costituzionale, la quale aveva dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale della norma impugnata (la legge professionale dell’avvocatura, ove viene indicata le modalità di valutazione degli aspiranti avvocati) nella parte in cui non prevedeva l’obbligo di motivare e giustificare il voto verbalizzato in termini numerici nell’ambito della valutazione delle prove scritte per l’abilitazione forense (Cort. Cost. Sent. n. 20 del 30 gennaio 2009).

Con la suddetta sentenza, come detto dopo innumerevoli e contrastanti pronunce da parte del Giudice amministrativo di I° grado, la Consulta era stata chiamata ad affrontare la complessa, dibattuta e delicata fattispecie riguardante le modalità di valutazione della prove scritte concernenti l’esame di avvocato. In particolare, la valutazione della Corte ha riguardato la possibile e presunta illegittimità costituzionale ai sensi degli articoli 24, I e II comma, 111, I e II comma, 113, I comma, e 117, I comma, della Costituzione con riferimento alle norme che “consentono” che il giudizio di valutazione degli elaborati redatti dai candidati sia espresso solo in termini numerici.

La Corte, è necessario ricordare, in plurime decisioni, aveva sempre escluso che la tesi dell’insussistenza, nell’ordinamento vigente, di un obbligo di motivazione dei punteggi attribuiti in sede di correzione e della capacità degli stessi punteggi numerici a rappresentare una valida motivazione del provvedimento di inidoneità costituisse una interpretazione obbligata e univoca della normativa vigente (si vedano: ordinanze n. 466 del 2000, n. 233 del 2001, n. 419 del 2005).

La Corte Costituzionale, nella Sentenza 20/2009, statuendo di conseguenza alle succitate ordinanze, prendeva atto della circostanza per cui la soluzione interpretativa offerta in giurisprudenza costituiva ormai un vero e proprio «diritto vivente». Di conseguenza, rigettava la denunciata illegittimità costituzionale ex art 24, 111, 113 e 117 Cost. della norma che, in base al “diritto vivente”, non imponeva alla commissione una specifica modalità di motivazione delle determinazioni da essa assunte in merito alle prove scritte ed orali. Pertanto, la disciplina censurata non era quindi idonea a interferire né con il diritto di difesa né con il principio del contraddittorio e si sottraeva all’ambito di applicazione dei parametri invocati dal rimettente.

La decisione sopra specificata della Corte Costituzionale sembrava essere il “punto di approdo” della più recente evoluzione della giurisprudenza del Consiglio di Stato riguardo alla “bontà” e adeguatezza del solo punteggio numerico nelle valutazione concorsuali. Detta tesi, che sembrava ormai essere considerata consolidata, ha subito una potenzialmente rivoluzionaria e battuta d’arresto. Infatti, con la recente pronuncia i Giudici di Palazzo Spada, i quali nelle stesse motivazioni ammettono di aver ben presente l’orientamento “maggioritario”, sostengono chiaramente l’insufficienza del mero punteggio numerico ad integrare una compiuta motivazione nella valutazione delle prove scritte di un concorso. Ciò, si legge, in quanto sarebbe in contrasto con l’obbligo della pubblica amministrazione di agire sempre con la massima trasparenza e correttezza. Detto modus agendi, inoltre, non è tale da subire alcuna limitazione o deroga di sorta, tanto meno nel caso di un concorso pubblico e soprattutto se riguardante giudizi legati all’espressione di nozioni di particolare complessità. Infatti, riconosce il Consiglio di Stato, sebbene i criteri generali di giudizio non siano sindacabili sotto il profilo della legittimità, la sinteticità del punteggio non consente sempre e comunque di esprimere in maniera compiuta la valutazione posta in essere dalla commissione in ordine alla maggiore o minore aderenza delle prove svolte dai candidati ai criteri prestabiliti. Da ciò ne consegue la necessità che il punteggio numerico sia integrato ogni qualvolta la complessità delle prove renda necessaria la comparazione dei giudizi con i criteri di valutazione e l’ostensibilità dell’apprezzamento in maniera più trasparente ed esaustiva rispetto al mero punteggio numerico.

L’onere della valutazione delle prove scritte di un concorso pubblico non può essere sufficientemente adempiuto con il solo punteggio numerico, sussistendo un obbligo di motivazione integrativa laddove la valutazione tecnica investa i giudizi legati all’espressione di particolare complessità, nei quali l’aderenza ai criteri preventivamente costituiti, la correttezza delle soluzioni e la coerenza nell’esposizione concettuale si riveli determinante nella scelta e discriminante la reciproca prevalenza dei candidati nel senso della loro idoneità a ricoprire posizioni lavorative di significativa importanza per l’amministrazione.

Consiglio di Stato, Sez. V, Decisione 1 settembre 2009 n. 5145

Tale decisione, seppur posta in essere riguardo ad un ambito lavorativo particolare, è di estrema rilevanza in quanto “rompe” un orientamento ormai consolidato e riferito in genere ai pubblici concorsi e agli esami di abilitazione, tipo quello forense. Infatti, a differenza dei giudici amministrativi di I° grado, in passato i giudici del Consiglio di Stato avevano sempre, con varie argomentazioni, ritenuto legittimo, sufficiente, valido ed esaustivo il punteggio numerico quale voto a prove concorsuali o abilitazione, ritenendo lo stesso una valutazione congrua ed adeguata del giudizio ivi espresso. Alla base della suddetta statuizione si ravvisava 1) sia l’esigenza a rispondere al noto principio di economia dell’attività amministrativa 2) sia soprattutto perché il giudizio così espresso era ritenuto tale da integrare e soddisfare la necessaria chiarezza sulle valutazioni di merito poste in essere dalla commissione.

A titolo di esempio, esattamente un anno addietro, il Consiglio di Stato aveva statuito che “si deve ritenere che anche dopo l’entrata in vigore della L. n. 241/1990, il voto numerico attribuito dalle competenti commissioni alle prove scritte od orali di un concorso pubblico o di un esame, esprime e sintetizza il giudizio tecnico-discrezionale della commissione stessa, contenendo in se stesso la motivazione, senza necessità di ulteriori chiarimenti. La motivazione espressa numericamente, quindi, oltre a rispondere ad un evidente principio di economicità amministrativa di valutazione, assicura la necessaria chiarezza e graduazione delle valutazioni compiute dalla Commissione nell’ambito del punteggio disponibile e del potere amministrativo da essa esercitato. (Cons. Stato, Sez. VI, 09/09/2008, n.4300).

A fronte del suddetto orientamento ormai consolidato da parte del Consiglio di Stato, d’altro canto, negli ultimi anni vi erano state varie pronunce dei Giudici di merito diametralmente opposte, le quali, in buona sostanza, ritenevano insufficienti, inadeguati ed illegittime e pertanto carenti di motivazione le valutazione espresse solo in termini meramente numerici. Detta tesi “minoritaria”, sostenuta negli anni passati da alcuni TAR, in particolare della Campania, del Veneto, della Sicilia, della Lombardia e della Calabria, è stata, e lo è tuttora, adottata in alcune isolate pronunce, sembrando priva di ogni concreta possibilità di definitiva affermazione giurisprudenziale avanti al Consiglio di Stato.

Tale tesi minoritaria era stata sostenuta la prima volta nel lontano 1997 con una storica sentenza del T.A.R. Lombardia-Milano, il quale aveva statuito che “ai sensi dell’art. 3 l. 7 agosto 1990 n. 241 e dell’art. 12 d.P.R. 9 maggio 1994 n. 487, la valutata insufficienza della prova scritta del concorso (nella specie ad assistente di I categoria, qualifica dirigenziale) deve essere motivata con l’esplicitazione compiuta e logica delle ragioni, risultando insufficiente l’indicazione del solo voto numerico“ (T.A.R. Lombardia Milano, Sez. III, 13/05/1997, n.594).

Invece, le ultime pronunce di specie si basavano sul principio per cui “la valutazione di una prova ha natura composita, in quanto essa: - costituisce l’espressione di un giudizio tecnico - discrezionale, che si esaurisce nell’ambito del procedimento concorsuale, allorché tale giudizio è positivo, di modo che essa può essere resa con un semplice voto numerico;- rappresenta al tempo stesso, oltre che un giudizio, un provvedimento amministrativo che conclude il procedimento concorsuale, tutte le volte in cui alle prove di un candidato venga attribuito un punteggio insufficiente, donde la necessità, in tale ipotesi, che all’assegnazione del voto faccia seguito l’espressione di un giudizio di non idoneità, con il quale vengano esplicitate le ragioni della valutazione negativa, conformemente al disposto di cui all’art. 3 della L. n. 241/1990, ove questo venga interpretato - conformemente all’orientamento prevalente - nel senso che la motivazione è necessaria solo per gli atti aventi contenuto provvedimentale” (Tra le ultime: T.A.R. Sicilia Catania, Sez. I, 29/01/2008, n.209; T.A.R. Lazio Roma, Sez. I bis, 07/07/2007, n.6169; T.A.R. Campania Napoli, Sez. II, 15/06/2007, n.6193).

Tale tesi “minoritaria” era stata sostenuta in precedenza in un’unica isolata occasione a Palazzo Spada, esattamente nella Sentenza n. 5503 del 2006, nella quale si statuiva che “si deve ritenere insufficiente il solo voto numerico per comprendere le ragioni di una valutazione di insufficienza o di un giudizio negativo in ordine alle prove concorsuali di natura comparativa” (Cons. Stato, Sez. IV, 20/09/2006, n.5503)

Di tale “contrasto” di orientamenti si è dovuta occupare di recente addirittura la Corte Costituzionale, la quale aveva dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale della norma impugnata (la legge professionale dell’avvocatura, ove viene indicata le modalità di valutazione degli aspiranti avvocati) nella parte in cui non prevedeva l’obbligo di motivare e giustificare il voto verbalizzato in termini numerici nell’ambito della valutazione delle prove scritte per l’abilitazione forense (Cort. Cost. Sent. n. 20 del 30 gennaio 2009).

Con la suddetta sentenza, come detto dopo innumerevoli e contrastanti pronunce da parte del Giudice amministrativo di I° grado, la Consulta era stata chiamata ad affrontare la complessa, dibattuta e delicata fattispecie riguardante le modalità di valutazione della prove scritte concernenti l’esame di avvocato. In particolare, la valutazione della Corte ha riguardato la possibile e presunta illegittimità costituzionale ai sensi degli articoli 24, I e II comma, 111, I e II comma, 113, I comma, e 117, I comma, della Costituzione con riferimento alle norme che “consentono” che il giudizio di valutazione degli elaborati redatti dai candidati sia espresso solo in termini numerici.

La Corte, è necessario ricordare, in plurime decisioni, aveva sempre escluso che la tesi dell’insussistenza, nell’ordinamento vigente, di un obbligo di motivazione dei punteggi attribuiti in sede di correzione e della capacità degli stessi punteggi numerici a rappresentare una valida motivazione del provvedimento di inidoneità costituisse una interpretazione obbligata e univoca della normativa vigente (si vedano: ordinanze n. 466 del 2000, n. 233 del 2001, n. 419 del 2005).

La Corte Costituzionale, nella Sentenza 20/2009, statuendo di conseguenza alle succitate ordinanze, prendeva atto della circostanza per cui la soluzione interpretativa offerta in giurisprudenza costituiva ormai un vero e proprio «diritto vivente». Di conseguenza, rigettava la denunciata illegittimità costituzionale ex art 24, 111, 113 e 117 Cost. della norma che, in base al “diritto vivente”, non imponeva alla commissione una specifica modalità di motivazione delle determinazioni da essa assunte in merito alle prove scritte ed orali. Pertanto, la disciplina censurata non era quindi idonea a interferire né con il diritto di difesa né con il principio del contraddittorio e si sottraeva all’ambito di applicazione dei parametri invocati dal rimettente.

La decisione sopra specificata della Corte Costituzionale sembrava essere il “punto di approdo” della più recente evoluzione della giurisprudenza del Consiglio di Stato riguardo alla “bontà” e adeguatezza del solo punteggio numerico nelle valutazione concorsuali. Detta tesi, che sembrava ormai essere considerata consolidata, ha subito una potenzialmente rivoluzionaria e battuta d’arresto. Infatti, con la recente pronuncia i Giudici di Palazzo Spada, i quali nelle stesse motivazioni ammettono di aver ben presente l’orientamento “maggioritario”, sostengono chiaramente l’insufficienza del mero punteggio numerico ad integrare una compiuta motivazione nella valutazione delle prove scritte di un concorso. Ciò, si legge, in quanto sarebbe in contrasto con l’obbligo della pubblica amministrazione di agire sempre con la massima trasparenza e correttezza. Detto modus agendi, inoltre, non è tale da subire alcuna limitazione o deroga di sorta, tanto meno nel caso di un concorso pubblico e soprattutto se riguardante giudizi legati all’espressione di nozioni di particolare complessità. Infatti, riconosce il Consiglio di Stato, sebbene i criteri generali di giudizio non siano sindacabili sotto il profilo della legittimità, la sinteticità del punteggio non consente sempre e comunque di esprimere in maniera compiuta la valutazione posta in essere dalla commissione in ordine alla maggiore o minore aderenza delle prove svolte dai candidati ai criteri prestabiliti. Da ciò ne consegue la necessità che il punteggio numerico sia integrato ogni qualvolta la complessità delle prove renda necessaria la comparazione dei giudizi con i criteri di valutazione e l’ostensibilità dell’apprezzamento in maniera più trasparente ed esaustiva rispetto al mero punteggio numerico.