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Immigrazione e ricongiungimento familiare

Svizzera – Corte Suprema Federale
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Immigrazione e ricongiungimento familiare

Svizzera – Corte Suprema Federale

Abstract: Il diniego di ricongiungimento familiare, può costituire “lesione dell’unità familiare"? Quando?

La separazione fisica, a seguito di migrazione, anche se prolungata nel tempo, determina, di per sè, la rottura del legame familiare? In sede di istanza di valutazione del ricongiungimento familiare in favore di minori, quali sono i criteri decisivi (età, bisogno di cura o altri)?

Il diniego del ricongiungimento familiare, può causare la rottura dell’equilibrio tra diritto individuale e interesse generale?

A queste domande si tenta di dare risposte nel seguente articolo.
 

Tre istanze di ricongiungimento

Il ricorrente dinanzi al “Bundesgericht” (Corte Suprema Federale) - nato nel 1990 - è cittadino della Macedonia del Nord. Nel 1994, all’età di 4 anni, era immigrato in Svizzera, ottenendo poi “Niederlassungsbewilligung” (permesso di residenza). Il 14.5.2014 aveva contratto matrimonio con una cittadina – coetanea – anch’essa di nazionalità della Macedonia del Nord.

Negli anni successivi, la moglie soggiornava in Svizzera nell’ambito del “bewilligungsfreien Touristenaufenthalt” (soggiorno per turisti non soggetto ad autorizzazione).

Al fine di ottenere il ricongiungimento (“Familiennachzug”) con la propria moglie, in data 13.6.2014, l’odierno ricorrente proponeva istanza al “Migrationsamt” (Ufficio Migrazione)                         del Cantone Thurgau, affinchè venisse concesso il “Familiennachzug” della moglie e del figlio, nato nel frattempo; istanza rigettata con provvedimento di data 17.8.2015. Motivazione: il “Nachzug” della moglie e del figlio avrebbe prodotto un “Fehlbetrag” mensile pari a 803,25 SFR **   e pertanto sussisteva il pericolo (“Gefahr”) “einer fortgesetzten Sozialhilfeabhängigkeit” (in parole semplici, che queste due persone sarebbero potute essere a carico dell’assistenza sociale).

Il ricorrente svolgeva attività lavorativa, ma il contratto di lavoro, che, secondo il ricorrente (che lo aveva allegato all’istanza “auf Familiennachzug”), avrebbe garantito un reddito alla moglie, veniva ritenuto un “Gefälligkeitsarbeitsvertrag”, vale a dire, un contratto simulato o fasullo, che dir si voglia.

Proposta, dal ricorrente – in data 7.7.2016 - una seconda istanza “auf Familiennachzug” per la moglie e per il figlio, anch’essa veniva rigettata con “Entscheid” di data 23.2.2018. Motivazione: insufficienza dei mezzi finanziari (“Fehlbetrag” von 1.122 SFR). Il rigetto era avvenuto, nonostante il ricorrente avesse allegato all’istanza, la dichiarazione di una ditta, che si era impegnata ad assumere la moglie del ricorrente, dopo che la stessa avesse ottenuta l’“Aufenthaltsgenehmigung”. Anche questa istanza veniva rigettata, ravvisandosi nuovamente una “Gefälligkeitserklärung”.

Contro il rigetto anche di quest’istanza da parte del “Migrationsamt”, il ricorrente proponeva ricorso, anch’esso “rigettato”.

Nèmigliore sorta aveva poi avuto un terzo “Familiennachzugsgesuch” di data 9.12.19, al quale era stato allegato un contratto di lavoro firmato (dal futuro datore di lavoro della moglie), nel quale era prevista una retribuzione mensile (brutto) di 3.178 SFR.

Con “Entscheid” dd. 13.10.2020, il “Migrationsamt” rigettava pure quest’istanza, motivando il rigetto con un “Fehlbetrag” pari a SFR 491. Inoltre, secondo quest’ufficio, la domanda era stata proposta fuori termine, perchè l’istanza “auf Familiennachzug” sarebbe dovuto essere inoltrata entro 5 anni (a decorrere dalla data del matrimonio (14.5.14)).

Proposta “Beschwerde” contro l’”Entscheid”, il Verwaltungsgericht Thurgau, con sentenza, rigettava questo reclamo, ma acconsentiva, che moglie e figlio del ricorrente potessero – provvisoriamente - soggiornare in Svizzera.
 

“Beschwerde” dinanzi alla Corte Suprema Federale

 Il 5.1.2022, il ricorrente proponeva “Beschwerde” dinanzi al “Bundesgericht” (Tribunale Federale - Corte Suprema), chiedendo l’annullamento della predetta sentenza e la concessione di una “Niederlassungsbewilligung” per la moglie e il figlio.

Ha osservato , il “Bundesgericht”, preliminarmente, che, in materia di “Ausländerrecht”, una “Beschwerde” concernente decisioni riguardanti stranieri, è ammissibile soltanto se il diritto federale o quello internazionale prevede un “Anspruch auf Bewilligung”, almeno allo stato potenziale (“dass potentiell…”).

Il ricorrente, ha poi osservato, la Corte Suprema, è in possesso di una “Niederlassungsbewilligung” e ha chiesto, ai sensi dell’art. 43, Abs. 1, AIG, il “Familiennachzug” per il coniuge e il figlio non ancora diciottenne; inoltre, si è richiamato all’art. 8 CEDU, che prevede il rispetto della vita privata e familiare.

L’art. 43, Abs. 1, AIG, statuisce, che il coniuge con cittadinanza straniera e i figli al di sotto i 18 anni (non coniugati), conviventi con persona in possesso di “Niederlassungsbewilligung”,              hanno diritto all’”Aufenthaltsbewilligung”:

  1. se vi è sistemazione abitativa rispondente alle esigenze della famiglia
  2. non fruisce di assistenza sociale
  3. sono in grado di comunicare nella lingua parlata nel luogo di soggiorno
  4. se la “nachziehende Person” non fruisce di “Ergänzungsleistung” o potrebbe fruirne.

L’art. 47, Abs. 1, AIG statuisce, che il “Familiennachzug” deve essere richiesto entro 5 anni a decorrere dalla concessione dell’”Aufenthalts– oder Niederlassungsbewilligung” oppure con decorrenza dalla data, in cui vi è stato mutamento delle condizioni economiche.

Il 2° “Nachzugsgesuch”, ha sostenuto il ricorrente, è stato inoltrato in termine.

Ha dedotto il ricorrente altresí, che è ammissibile la proposizione di una nuova domanda concernente il “Familiennachzug”, in quanto vi è stato “Statuswechsel”, essendo alla seconda istanza stato allegato un contratto di lavoro subordinato per il coniuge.              


Motivazione del “Bundesgericht”

 È ben vero, ha osservato la Corte Suprema, che l’allegazione di un contratto di lavoro firmato per la moglie, costituisce una “wesentliche Änderung der Umstände”, ma da ciò non può farsi derivare il decorso di una “Nachzugsfrist” (ved. sent. Trib. Fed. 2- C 856/2018).

Con riferimento all’assunto del ricorrente, secondo il quale, l’”istruttoria”, aperta dopo la 1^ domanda, si era conclusa dopo 2 anni circa, mentre la 2°  domanda è stata “definita” dopo un periodo di tempo ancora maggiore, ll Trib. Fed. ha osservato, che, effettivamente, è stato violato il “Beschleunigungsgebot” e che vi è stata pure “Rechtsverzögerung” (art. 29, Abs. 1, BV).

L`accertamento della sussistenza della suddetta violazione e la contravvenzione al predetto divieto, avviene in base a vari criteri (complessità del procedimento, questioni giuridiche da risolvere, comportamento dell’istante – ved. BGE 144 I 318 E 7.1 e 135 I 256 E 4.4).

Più è grave l’incidenza dei provvedimenti sulla sfera dell’istante, più è urgente la “beförderliche Behandlung der Sache”, la definizione della “pratica”.

Va tenuto conto altresí del “Rechtssicherheitsinteresse” (interesse alla certezza del diritto) dell’istante. Se, per esempio, l’esito del procedimento è di particolare importanza per l’interessato, anche il trascorrere di un breve  periodo di tempo di inattività dell’ufficio, può costituire violazione del “Gebot auf angemessene Verfahrensdauer” (vedasi sent. 2 C – 608/ 2017 della Suprema Corte).

Per il ricorrente la decisione “auf Familiennachzug”, è di particolare importanza ed è collegata alla tutela della vita familiare; era “in gioco” un diritto fondamentale (di cui agli artt. 8 CEDU e 13 BV). Non  sono emersi indizi, che il ritardo nella definizione del procedimento fosse ascrivibile al ricorrente (Art. 105, Abs. 2 BGG). Il legislatore ha voluto favorire l’integrazione stranieri con un “möglichst raschen Familiennachzug” (che il ricongiungimento familiare avvenga entro breve tempo – ved. BGE 146 I 185 E 7.1,1). Sotto questo profilo, la durata del procedimento – di ben 20 mesi – prima della decisione sull’istanza da parte del “Migrationsamt”, non può  considerarsi “angemessen” e costituisce violazione del “Beschleunigungsgebot”.

Per quanto concerne le conseguenze della predetta violazione, il ricorrente chiede la rimessione nel termine quinquennale di cui all’art. 47, Abs. 1, AIG. A tal fine, va tenuto della gravità, con la quale ha inciso il “temporeggiare” del “Migrationsamt” a seguito dell’inoltro delle istanze proposte dal ricorrente e se egli, in tal modo, “hat einen Rechtsnachteil erlitten” (BGE 143 IV 373 E 1.4.1).

Il ricorrente non poteva presumere, che l’allegazione di un contratto di lavoro subordinato, firmato, potesse avere come conseguenza il rigetto dell’istanza (per i motivi sopra esposti) e la decisione, tardiva, sulla stessa, ha comunque influito sull’osservanza del termine -  di decadenza – per la proposizione della domanda “auf Familiennachzug”.


Principi violati

Il competente ufficio ha violato i principi 1) del „Treu und Glauben”, 2) del “Verbot des überspitzten Formalismus”, 3) ``des Vertrauensschutzes“, 4) ‘‘und des Schutzes auf Familienleben“.

L’art. 9 BV prevede, che ogni persona ha diritto di essere trattata da organi dello Stato “nach Treu und Glauben“ e senza “Willkür“ (in modo  non arbitrario), diritto, che deve essere visto in relazione all’art. 29, Abs. 1, BV; violazioni, che  configurano una “formelle Rechtsverweigerung” (diniego di giustizia). Un atteggiamento formalistico eccessivo, può, “den Rechtssuchenden, den Rechtsweg in unzulässiger Weise versperren” (precludere in modo inammissibile il diritto di ottenere giustizia).“Überspitzte Formulierungen” si hanno, se una “stretta”/troppo rigorosa applicazione delle prescritte formalità, non è giustificata con riferimento alla salvaguardia di interessi meritevoli di tutela.

La Suprema Corte della Svizzera, più volte, ha sentenziato, che i termini stabiliti dall’art. 47 AIG (“Nachzugsfristen”), non sono in contrasto con l’art. 8 CEDU (tutela della vita familiare); essi hanno anche lo scopo, “die Einwanderung zu steuern”, di “pilotare” l’immigrazione (sent. 2-C 654/2021). Al contempo, la normativa de qua, ha lo scopo di indurre gli “Interessati” (stranieri), a chiedere un “Familiennachzug” senza dilazione eccessiva.

Ha precisato la Corte Suprema della Svizzera, che va esaminato anzitutto, se la durata delle decisioni nei precedenti “gradi” di “giudizio”, abbia, o meno, impedito o reso più gravoso, il diritto del ricorrente “auf Familiennachzug”.


La Convenzione ONU del 21.11.89, l’art. 8 CEDU e l’art. 13 BV

Nel caso in esame si tratta di stabilire, se il comportamento delle autorità, ha fatto sí, che il ricorrente, la di lui moglie e il loro figlio, nato nel 2015, siano stati lesi nei diritti fondamentali, come sostenuto dal ricorrente nel ricorso depositato presso la Corte Suprema. Va esaminato pure, se vi è stata violazione degli artt. 3 e 9 della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del 20.11.89.

Con riferimento alla salvaguardia della vita familiare (art. 8 EDU), la Corte Suprema della Confoederatio Helvetica, ha osservato, che non vi è violazione del citato articolo, se la persona, che è “anwesenheitsberechtigt” in Svizzera, può lasciare questo Stato senza alcuna difficoltà, al fine di riunirsi, all’estero, con una persona di famiglia, alla quale non è stato concesso di risiedere stabilmente in Svizzera (ved. BGE 144 II 1 E 6.1).

Qualora, però, sussistano difficoltà in proposito, è necessario (ai sensi dell’art. 8, comma 2, CEDU) contemperare l’interesse alla permanenza in Svizzera con quello  - pubblico – del cosiddetto Fernhalteinteresse (interesse, che lo straniero non soggiorni (stabilmente) in Svizzera (BGE 144 I 91 E 4.2)). Ovviamente, in sede di contemperamento degli interessi (cosiddetta ausländerrechtlichen Interessenabwägung), è necessario tenere conto anche del “Kindeswohl” (benessere del bambino), che deve essere considerato in via prioritaria in occasione dell’adozione di tutti i provvedimenti emanati dalla PA e dall’autorità giudiziaria.         È un diritto fondamentale del minore, crescere con entrambi i genitori (art. 9 della Convenzione ONU suddetta). Soltanto cosí, peraltro, può essere assicurato, che entrambi i genitori siano responsabili dell’educazione e dello sviluppo del minore (BGE 143 I 21 E 5.51 f).

Per quanto concerne il termine quinquennale per l’inoltro della domanda di ricongiungimento familiare, lo stesso è stato osservato per quanto riguarda il figlio del ricorrente, nato il 21.5.2015 (da tale data decorre il predetto termine). Non invece per la moglie, in quanto lo stesso decorre dalla data del matrimonio (14.5.2014).

Il figlio, pertanto, sarebbe “nachzugsberechtigt”; ha trascorso gran parte della sua vita in Svizzera, dove ha anche iniziato a frequentare la scuola d’obbligo.

La moglie del ricorrente, nella Macedonia del Nord, abita soltanto provvisoriamente presso i propri genitori. Il fatto che il ricorrente percepisca 489 SFR il mese a titolo di “Ergänzungsleistungen”, non può ”giustificare”, che gli si neghi il ricongiungimento familiare. Ciò urterebbe contro il principio di proporzionalità e, a tal fine, non può essere addotto l’interesse (della Svizzera) a una politica restrittiva in materia di immigrazione. La famiglia di origine di esso ricorrente, da molti anni, è (stabilmente) residente in Svizzera ed egli stesso, non ha alcun “Bezug” con la Macedonia del Nord. Se venisse accordato il “Nachzug” della moglie, al ricorrente non dovrebbero più essere pagate “Ergänzungsleistungen”. La sentenza a quo violerebbe gli artt. 8 CEDU e 13 BV ed è iniqua.

Ha osservato la Suprema Corte, che è ben vero, che l’interesse a una politica di immigrazione restrittiva, è un interesse pubblico. Tuttavia, nel caso de quo, depone in favore del “Familiennachzug”, sia il fatto, che se la moglie potesse lavorare in Svizzera, il ricorrente non avrebbe più titolo al percepimento di prestazioni assistenziali, sia il fatto, che il “Nachzug” corrisponderebbe al benessere del figlio.

La tesi dei giudici di merito, secondo la quale i contratti di lavoro (per la moglie), allegati alle prime due istanze di ricongiungimento familiare, fossero soltanto “Gefäligkeitsverträge”           (contratti fasulli), non è condivisibile. In tal modo l’art. 47, Abs. 1, AIG, verrebbe interpretato in contrasto con lo spirito dell’art. 8 CEDU.

Il ricorrente ha proposto il 13.6.14, cioè circa un mese dopo il matrimonio (14.5.14),  istanza “auf Familiennachzug”. Se il “Nachzug” fosse stato concesso e la moglie avesse avuto un reddito in Svizzera, le “Ergänzungsleistungen” in favore del ricorrente, sarebbero cessate (con un “Gewinn” per il bilancio federale).


Il “Beschleunigungsgebot”, il ``Gebot auf Vertrauensschutz“ e un formalismo esagerato

Le autorità,  contravvenendo al “Beschleunigungsgebot” (specialmente per quanto riguarda la seconda istanza), avevano fatto sí, che la “Nachzugsfrist” (di 5 anni) non potesse essere osservata. Le “Migrationsbehörden” hanno agito “überspitzt formalisitsch”.

Le “censure” contro l’impugnata sentenza sono fondate, essendo stato violato anche il “Gebot auf Vertrauensschutz”.

Ha ritenuto il Tribunale Federale, che, nel caso de quo, l’interesse “auf Familiennachzug”, debba prevalere su quello della “Beschränkung der Zuwanderung” (limitazione dell’immigrazione).

L’istanza “auf Familiennachzug” poteva essere accolta, in quanto non sussisteva “konkrete Gefahr auf Sozialabhängigkeit” (pericolo che (anche) alla moglie dovesse essere corrisposta "Sozialhilfe”). Mere ipotesi, come avanzate in proposito, non bastano. Bisogna tenere conto, se, nel caso concreto, il familiare, di cui si chiede il “Nachzug”, è in grado di sostenere esso stesso non soltanto per breve tempo. Dal secondo contratto di lavoro risultava, che non soltanto la moglie sarebbe stata in grado di guadagnarsi da vivere in Svizzera, ma che il reddito conseguito dalla stessa, avrebbe fatto sí, che l’esigenza della corresponsione di “Ergänzungsleistungen” al marito, sarebbe venuta meno.

Con riferimento all’assunto, secondo il quale, il “Nachzug” della moglie, non sarebbe potuto essere concesso, perchè la moglie non avrebbe avuto “Berufserfahrung” ed era da presumere, che non potesse esprimersi nella lingua del luogo, il Tribunale Federale ha osservato, che si tratta di assunti “pauschaler Natur”, anche perchè erano stati allegati 2 certificati attestanti l’avvenuta frequenza, nella Macedonia del Nord, di corsi in lingua tedesca da parte della moglie; il lavoro previsto per la moglie era l’effettuazione di pulizie.

Ciò premesso, il Tribunale Federale ha dato “Anweisung” al “Migrationsamt Thurgau”, di concedere alla moglie del ricorrente un’”Aufenthaltsbewilligung” e al figlio unaNiederlassungs bewilligung”.

Per quanto concerne le spese processuali, veniva richiamato l’art. 66, Abs 4, BGG, che non prevede “Spesen für bundesgerichtliche Verfahren” a carico della parte ricorrente. Al ricorrente veniva riconosciuto “Anspruch auf Parteienentschädigung” ai sensi dell’art. 68, Abs. 1 und 2, BGG. Le spese relative al “kantonalen Rechtsmittelverfahren”, sostenute dal ricorrente, devono essere determinate nuovamente, tenuto conto dell’esito del procedimento dinanzi al Tribunale Federale.  A tal fine veniva disposto rimessione degli atti alla “Vorinstanz”.

Condanna del Cantone Thurgau al pagamento di 2.000 SFR a titolo di ”Entschädigung für das bundesgerichtliche Verfahren”.

** Per “Fehlbetrag” s’intende l’integrazione del reddito (della pensione) al “minimo vitale”, importo a carico dello Stato.