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Inammissibile il ricorso ex articolo 702 bis codice procedura civile

procedimento sommario
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Con Ordinanza del 07.02.2020 il Tribunale Ordinario di Varese ha chiarito che il ricorso ex articolo 702 bis codice procedura civile promosso dalla società incorporante deve essere dichiarato inammissibile se non viene fornita la prova dell’avvenuta incorporazione a seguito di eccezione ritualmente formulata dalla controparte.

Non è infrequente imbattersi, soprattutto di negli ultimi anni e in ambito bancario - finanziario, nella successione delle parti processuali a seguito di vicende modificative degli assets societari.

I profondi stravolgimenti e le grandi trasformazioni che hanno cambiato radicalmente il nostro sistema bancario hanno avuto notevoli ripercussioni anche in sede processual-civilistica.

È opportuno precisare, infatti, che a seguito di fusioni, incorporazioni o acquisizioni societarie, una delle parti processuali può mutare. Di tali vicende deve esserne data contezza all’Organo Giudicante, in particolar modo qualora avvenga l’instaurazione di un procedimento connesso o dipendente a quello principale.

Le eccezioni formulate a seguito di tali eventi vengono sollevate non di rado nelle aule giudiziarie, di talché le Corti sono spesso chiamate a intervenire per risolvere contrasti inerenti alla legittimazione attiva o passiva delle parti processuali, siano esse originarie o intervenute.

Tali questioni, tuttavia, non sempre si pongono di agevole soluzione.

Di recente, ad esempio, la giurisprudenza di merito si è interrogata sulla possibilità in capo al Giudice di assegnare ex officio un termine per sanare il vizio di mancata allegazione dell’atto notarile o della visura societaria nel quale era incorso il creditore incorporante all’interno di un ricorso ex articolo 702 bis codice procedura civile: eccezione prontamente sollevata dalla difesa avversaria in sede di comparsa di costituzione e non superata tramite produzione documentale entro la prima udienza.

Il Tribunale di Varese, sezione seconda civile, chiamato a esprimersi sulla suddetta fattispecie, aderendo all’interpretazione restrittiva già rimarcata dalla Corte di Cassazione, ha chiarito con ordinanza del 07.02.2020 che in tali situazioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, essendo escluso il potere ex officio del Giudice di assegnare un termine onde permettere alla parte di comprovare l’allegata legittimazione ove l’eccezione sia stata già sollevata da controparte e non assolta in giudizio.

La vicenda sulla quale il Tribunale è intervenuto con l’ordinanza sopra richiamata, nasce da un ricorso ex articolo 702 bis codice procedura civile introdotto da un istituto di credito al fine di vedere accertata la qualità di erede di un soggetto ad essa asseritamente debitore.

La ricorrente, infatti, agiva in giudizio sul presupposto di essere creditrice del resistente nell’ambito di una procedura esecutiva promossa in forza di un decreto ingiuntivo emesso a favore di una società terza, ad essa incorporata.

La banca puntava infatti ad ottenere dal Giudice adito una pronunzia volta a rilevare come, in assenza di rinunzia espressa all’eredità, il debitore era diventato erede puro e semplice, avendo compiuto atti incompatibili con la volontà di rinunciare, quali l’adempimento alla voltura catastale e l’accettazione di eredità trascritta.

Con comparsa di risposta ritualmente depositata il debitore aveva eccepito la carenza di legittimazione attiva, atteso che l’istituto di credito, pur avendo enunciato la sussistenza dell’incorporazione, non ne aveva fornito in alcun modo la prova, essendo quindi privo della titolarità del diritto azionato.

Il Tribunale di Varese, con ordinanza del 07.02.2020, rilevava che effettivamente di tale incorporazione – e quindi della vicenda evolutiva/modificativa con prosecuzione della società incorporante in tutti i rapporti anteriori alla fusione della società incorporata – non era data prova, neppure a seguito della precisa contestazione formulata dalla parte resistente.

Richiamando la nota sentenza 15414/2017 della Suprema Corte di Cassazione il Tribunale escludeva altresì la possibilità per il giudice di assegnare un termine per permettere alla ricorrente di sanare la carenza probatoria: ciò in quanto tale onere sorge per l’incorporante immediatamente giacché sul rilievo di parte l’avversario è chiamato tempestivamente a contraddire.

Venendo a mancare uno dei presupposti processuali e di conseguenza la possibilità che si esprima sul merito della causa, il Giudice dichiarava inammissibile il ricorso in quanto carente di prova circa la legittimazione attiva, con conseguente condanna alla refusione delle spese processuali.