Art. 105 Codice del Processo amministrativo (D.lgs. 104/2010): rimessione degli atti al Giudice di primo grado nel caso di “errore palese” di quest’ultimo (pronunce di improcedibilità ed irricevibilità del ricorso)

Una luce nella nebbia
Ph. Luca Martini / Una luce nella nebbia

Art. 105 Codice del Processo amministrativo (D.lgs. 104/2010): rimessione degli atti al Giudice di primo grado nel caso di “errore palese” di quest’ultimo (pronunce di improcedibilità ed irricevibilità del ricorso)

 

ABSTRACT

Nel processo amministrativo, ove il TAR abbia errato “palesemente” nel dichiarare improcedibile il ricorso a causa della ritenuta insussistenza dell’interesse ad agire del ricorrente, si deve ritenere che il Consiglio di Stato debba rimettere la causa al TAR, laddove tuttavia tale rimessione deriva non già dalla declaratoria di nullità della sentenza ex art.  105 comma 1 Codice del Processo Amministrativo, bensì dalla lesione dei diritti di difesa del ricorrente stesso, come previsto dalla medesima norma. Ciò in quanto l’interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. rappresenta il presupposto per l’esercizio del diritto di difesa, e quindi l’errore (peraltro palese) commesso dal Giudice di primo grado nell’aver ritenuto come insussistente tale presupposto ha determinato un’illegittima negazione del diritto stesso.

 

In administrative proceedings, where the TAR has “clearly” erred in declaring the appeal inadmissible due to the alleged lack of interest in bringing proceedings by the appellant, it must be held that the Council of State must refer the case to the TAR, where, however, such referral does not derive from the declaration of nullity of the sentence pursuant to art. 105 paragraph 1 of the Administrative Procedure Code, but rather from the violation of the rights of defense of the appellant himself, as provided for by the same provision. This is because the interest in bringing proceedings pursuant to art. 100 of the Code of Civil Procedure represents the prerequisite for the exercise of the right of defense, and therefore the error (which is also clear) committed by the first-instance Judge in having deemed such prerequisite to be non-existent has led to an illegitimate denial of the right itself.

 

Ove il TAR abbia errato “palesemente” nel dichiarare irricevibile il ricorso per tardività della notifica eseguita nei confronti della controparte (art. 35 CPA), si deve ritenere che il Consiglio di Stato debba rimettere la causa al TAR, laddove tuttavia tale rimessione deriva non già dalla declaratoria di nullità della sentenza ex art.  105 comma 1 Codice del Processo Amministrativo, bensì dall’art. 49 comma del medesimo, in quanto, se la “manifesta” irricevibilità del ricorso (causata pertanto da un errore “palese” del ricorrente) determina la chiusura del procedimento giudiziale con una sentenza resa in forma semplificata, allora, per coerenza, il “manifesto errore” commesso dal Giudice di primo grado nell’aver ritenuto la notifica come “tardiva”, dovrebbe determinare la retrocessione del procedimento alla fase di primo grado. Inoltre, per effetto dell’art. 37 CPA, il ricorrente, se ha diritto alla rimessione in termini ove abbia commesso una “colpa lieve”, dovrebbe avere, proprio per questo, tale diritto, consistente nella rimessione degli atti al primo Giudice, laddove sia stato quest’ultimo a commettere un errore in merito alla rilevazione di una notifica come “tardiva” e questo errore sia stato determinato da “colpa grave” (errore palese).

Where the TAR has “manifestly” erred in declaring the appeal inadmissible due to late notification of the opposing party (art. 35 CPA), it must be held that the Council of State must refer the case to the TAR, where, however, such referral does not derive from the declaration of nullity of the judgment pursuant to art. 105 paragraph 1 of the Administrative Procedure Code, but from art. 49 paragraph of the same, since, if the “manifest” inadmissibility of the appeal (therefore caused by an “obvious” error by the appellant) determines the closure of the judicial proceedings with a judgment rendered in simplified form, then, for consistency, the “manifest error” committed by the first-instance Judge in having deemed the notification as “late” should determine the relegation of the proceedings to the first-instance phase. Furthermore, by effect of art. 37 CPA, the appellant, if he is entitled to a reinstatement in terms where he has committed a "minor fault", should have, precisely for this reason, such a right, consisting in the remittance of the documents to the first Judge, where it was the latter who committed an error in relation to the classification of a notification as "late" and this error was determined by "serious fault" (obvious error).

Il Consiglio di Stato (CDS) – con sentenza non definitiva 21 febbraio 2025, n. 1483 – ha rimesso all’Adunanza Plenaria le seguenti questioni:

1) se l’art. 105, comma 1, c.p.a., nella parte in cui prevede che il Consiglio di Stato rimette la causa al giudice di primo grado se dichiara la nullità della sentenza, si applichi anche quando la sentenza appellata abbia dichiarato improcedibile il ricorso di primo grado errando palesemente nell’escludere la permanenza dell’interesse del ricorrente”;

2) se l’art. 105, comma 1, c.p.a., nella parte in cui prevede che il Consiglio di Stato rimette la causa al giudice di primo grado se dichiara la nullità della sentenza, si applichi anche quando la sentenza appellata abbia dichiarato irricevibile il ricorso di primo grado errando palesemente”.

• In merito alla prima questione.

Ai sensi dell’art. 105 D.lgs. 104/2010 (Codice del Processo Amministrativo, di seguito “CPA”), il Consiglio di Stato rimette la causa al giudice di primo grado soltanto se è mancato il contraddittorio, oppure è stato leso il diritto di difesa di una delle parti, ovvero dichiara la nullità della sentenza, o riforma la sentenza o l'ordinanza che ha declinato la giurisdizione o ha pronunciato sulla competenza o ha dichiarato l'estinzione o la perenzione del giudizio”.

Quand’ è che il ricorso amministrativo viene dichiarato “improcedibile”?

Ai sensi dell’art. 35 comma 1 lett. C) del CPA, ciò accade, tra l’altro,quando nel corso del giudizio sopravviene il difetto di interesse delle parti alla decisione”.

L’art. 105 comma 1 CPA prevede che “il Consiglio di Stato rimette la causa al giudice di primo grado soltanto se è mancato il contraddittorio, oppure è stato leso il diritto di difesa di una delle parti, ovvero dichiara la nullità della sentenza, o riforma la sentenza o l'ordinanza che ha declinato la giurisdizione o ha pronunciato sulla competenza o ha dichiarato l'estinzione o la perenzione del giudizio”.

Dal combinato disposto delle due norme, non risulta che il “difetto di interesse delle parti” alla decisione rientri nell’ambito dei casi di rimessione degli atti al Giudice di primo grado.

Tuttavia, vi rientra il caso in cui la sentenza di quest’ultimo venga dichiarata nulla.

Il CDS quindi chiede all’Adunanza Plenaria: nell’ambito della declaratoria di nullità della decisione di primo grado, la quale determina la suddetta rimessione, può farsi rientrare anche il caso in cui il Giudice emittente abbia palesemente errato nel dichiarare improcedibile il ricorso ritenendo insussistente uno dei presupposti previsti per tale declaratoria, ossia l’interesse ad agire del ricorrente?

L’interesse ad agire, disciplinato dagli artt. 100 e s.s. c.p.c., è il presupposto previsto per la proponibilità del ricorso, ma esso costituisce anche una delle “ragioni giuridiche” che il Giudice dovrà porre a fondamento della decisione nel caso in cui egli decida di accogliere il ricorso stesso: non potrà esservi una sentenza di accoglimento dell’istanza laddove il Giudice riconosca che il ricorrente non ha alcun interesse, giuridicamente meritevole, ad ottenerla.

In merito alla nullità della sentenza, l’art. 132 c.p.c. stabilisce gli elementi che la sentenza deve contenere, tra i quali risulta anche “la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione”. Sembrerebbe, quindi, che la sentenza possa considerarsi nulla solo quando essa non abbia in alcun modo indicato “le ragioni giuridiche” su cui si fonda, e non anche quando la stessa abbia errato nel riconoscere come insussistente, in capo al ricorrente, una di tali ragioni, ossia l’interesse ad agire. Di “nullità della sentenza” sembrerebbe potersi parlare solo nel caso di “mancata indicazione” dei motivi di diritto, e non anche nel caso di “errata indicazione” dei medesimi. Sotto questo aspetto, quindi, l’ordinanza di rimessione ha un suo fondamento, in quanto, effettivamente, un conto è la nullità della sentenza, derivante dalla “mancata indicazione” delle ragioni giuridiche, ed un altro conto è la “errata indicazione” delle medesime.

Di conseguenza, in base a quanto sopra esposto, al quesito formulato l’Adunanza Plenaria dovrebbe dare una risposta negativa: il CDS, nel dichiarare la nullità della sentenza del Giudice di primo grado, non può rimettere gli atti dinanzi a quest’ultimo nel caso in cui questi abbia errato – sia pur palesemente – nell’accertare come insussistente l’interesse ad agire (e quindi una delle “ragioni giuridiche” della decisione) del ricorrente.

Tuttavia, al riguardo si osserva quanto segue.

Tra i casi in cui è prevista la rimessione della causa al Giudice di primo grado, vi è non soltanto quello in cui la sentenza di quest’ultimo sia stata dichiarata nulla, ma anche quello in cui il ricorrente sia stato illegittimamente privato, nel relativo procedimento, dei suoi diritti di difesa. In base agli artt. 96 c.p.c. e 26 CPA, i quali sanzionano – mediante la condanna alla spese per “lite temeraria” – la parte la quale abbia agito o resistito in giudizio con dolo o colpa grave – il presupposto per l’esercizio di tali diritti è la sussistenza di un “interessa ad agire”, la cui assenza – a norma dell’art. 35 comma 1 lett. C) del CPA – determina la declaratoria di improcedibilità del ricorso.

Ciò in quanto la sacralità di tali diritti, sancita dall’art. 24 Cost., deve coordinarsi con la tutela del principio di economicità dell’attività giurisdizionale, il cui buon andamento (art. 97 Cost.) non può essere messo a repentaglio dalla proposizione di ricorsi i quali non fornirebbero alcuna utilità pratica al ricorrente. Altrimenti, ad essere lesi sarebbero i diritti di coloro i quali hanno invece proposto – o vorrebbero proporre – ricorsi fondati su un interesse giuridicamente idoneo ad essere quanto meno valutato dal Giudice, fermo restando che poi quest’ultimo potrà anche respingere il ricorso, ma lo respingerà non perché fondato su un interesse sostanziale del tutto assente ma perché, tra tale interesse e quello della controparte, avrà stabilito che a prevalere debba essere quest’ultimo.

Pertanto, se l’errore commesso dal Giudice di primo grado nell’aver illegittimamente leso il diritto di difesa del ricorrente determina la rimessione della causa innanzi al Giudice di primo grado, anche l’errore commesso dallo stesso Giudice nell’escludere la sussistenza dell’interesse ad agire, che dell’esercizio del medesimo diritto costituisce il presupposto, dovrebbe comportare la suddetta rimessione. Non esiste lesione più grande del diritto di difesa di quella rappresentata dal fatto che è stato, illegittimamente, ritenuto insussistente il presupposto (interesse ad agire) previsto dalla legge per la concreta esercitabilità del diritto stesso. Quest’ultimo può essere stato leso perché, p. es., illegittimamente non sono stati concessi i termini per il deposito di memorie e conclusioni, oppure perché non sono stati ammessi i testi richiesti dal ricorrente, ma esso viene leso ancor più grossolanamente quando, sempre illegittimamente, è stato ritenuto come insussistente in capo al ricorrente stesso l’interesse ad agire, il quale rappresenta la base del diritto medesimo.

L’ordinanza di rimessione è così formulata: “se l’art. 105 CPA, nel prevedere che la rimessione al Giudice di primo grado opera quando il CDS abbia dichiarato la nullità della sentenza, si applichi anche ove lo stesso Giudice abbia erroneamente ritenuto insussistente l’interesse ad agire del ricorrente”. Essa si concentra solo sull’ipotesi della nullità della sentenza, senza prendere in esame la prima parte della norma, ossia quella in cui si prevede che la rimessione operi anche – come abbiamo visto – ove sia stato leso il diritto di difesa del ricorrente stesso. E’ come se “nullità della sentenza” e “lesione dei diritti di difesa” fossero due concetti separati e distinti.

Ebbene, la questione avrebbe dovuto essere impostata avendo come riferimento non già la declaratoria di nullità della sentenza da parte del CDS, bensì la lesione del diritto di difesa, poiché anche quest’ultima è prevista dall’art. 105 CPA quale presupposto per la rimessione degli atti innanzi al Giudice di primo grado.

Impostata in questi diversi termini, la questione dovrebbe allora essere risolta positivamente, ossia: il Giudice di secondo grado, ove abbia rilevato che il Giudice di primo grado abbia errato (peraltro palesemente) nel ritenere insussistente l’interesse ad agire del ricorrente e perciò stesso abbia leso il proprio diritto alla “difesa” (art. 105 CPA), il quale proprio nel suddetto interesse trova la sua ragion d’essere, deve considerarsi non soltanto legittimato bensì “tenuto” a rimettere gli atti allo stesso Giudice di primo grado.

• In merito alla seconda questione.

Ai sensi dell’art. 35 CPA, un ricorso è “irricevibile” quando il Giudice “accerta la tardività della notificazione o del deposito”. Si tratta, quindi, di vedere se, tra i casi di “nullità della sentenza”, i quali legittimano il CDS a rimettere la causa al TAR, rientri anche quello in cui il Giudice abbia errato nel qualificare il ricorso come “irricevibile”.

Abbiamo visto che, ex art. 132 c.p.c., la sentenza è nulla solo quando essa non abbia indicato le “ragioni di fatto o di diritto” della decisione, ossia solo nel caso in cui il Giudice abbia commesso un’omissione. Quindi,

non sembra potersi parlare di nullità quando il medesimo abbia commesso un errore – sia pur “palese” – di interpretazione, ossia, l’aver ritenuto, appunto erroneamente, come insussistente un presupposto previsto per l’istruibilità della causa, e cioè una “notifica non tardiva”.

La questione, però, anche in questo caso, si presta ad essere affrontata (e risolta) sotto un aspetto diverso da quello legato alla “nullità della sentenza”.

Il CPA, all’art. 49 comma 2, prevede che “l'integrazione del contraddittorio non è ordinata nel caso in cui il ricorso sia manifestamente irricevibile”. Essa stabilisce che in tal caso “il collegio provvede con sentenza in forma semplificata ai sensi dell'articolo 74”. Il fatto che si parli di “manifesta” irricevibilità, vuol dire che vi possono essere casi nei quali la tardività della notifica non è poi così “manifesta” ed in cui quindi il Giudice può effettivamente cadere in un errore nel ritenere come, appunto, tardiva una notifica che invece non lo è.

Ma la fattispecie oggetto dell’ordinanza di rimessione concerne il caso in cui il suddetto “errore” sia stato “palese”, ossia quello in cui il Giudice non poteva non accorgersi che in realtà la notifica non era affatto “tardiva”, essendo essa stata eseguita entro i termini previsti.

Il discorso potrebbe quindi essere il seguente: come la “manifesta tardività” della notifica del ricorso comporta il definitivo arresto dell’azione giudiziale (irricevibilità), tant’è che il Giudice può emettere una sentenza semplificata, e cioè caratterizzata da una motivazione sintetica, allo stesso modo il “manifesto errore” commesso dal Giudice nell’aver ritenuto come sussistente tale tardività comporta che la stessa azione debba necessariamente riprendere il suo corso, e ciò è possibile solo mediante la rimessione degli atti al Giudice di primo grado che in tale errore era incorso, e tutto questo a prescindere dalla qualificazione della sentenza (errata) di irricevibilità in termini di “nullità”.

Inoltre, ai sensi dell’art. 37 CPA, “il giudice può disporre, anche d'ufficio, la rimessione in termini per errore scusabile in presenza di oggettive ragioni di incertezza su questioni di diritto”. Il ricorrente, se ha commesso un errore “scusabile”, e quindi causato da “colpa lieve”, per non aver egli depositato una memoria entro il termine previsto dalla legge, laddove tale errore è dipeso da una situazione di oggettiva incertezza normativa in merito o all’esatta quantificazione di tale termine (p. es., se 5 o 10 gg.) oppure alla sua rilevanza (p. es., se perentorio oppure semplicemente ordinatorio), può essere rimesso in termini dal Giudice e quindi può continuare ad esercitare i suoi diritti di difesa. Per questo motivo, allora, eguale diritto alla “rimessione in termini”, mediante la restituzione degli atti al Giudice di primo grado, dovrebbe essere concesso al ricorrente laddove un errore “non scusabile”, e quindi commesso per “colpa grave”, sia da attribuire al suddetto Giudice per non aver questi accertato che la notifica non era stata affatto “tardiva”, essendo la stessa stata formalizzata entro i termini previsti, e che pertanto il ricorso non era affatto irricevibile. E ciò, anche in questo caso, prescindendo dalla qualificazione della sentenza (errata) di irricevibilità in termini di “nullità”.

• Tutto ciò premesso, vi è anche un’altra ragione per la quale entrambe le questioni non avrebbero dovuto essere poste all’Adunanza Plenaria facendo riferimento alla fattispecie della “nullità della sentenza” ex art. 105 CPA, ed è la seguente.

Se noi applichiamo alle sentenze la stessa disciplina prevista per l’invalidità dei provvedimenti amministrativi, non possiamo non rilevare come la sentenza con la quale il Giudice abbia palesemente errato nel ritenere insussistente o l’interesse ad agire del ricorrente o la tempestività della notifica del ricorso alla controparte, si presti ad essere qualificata come viziata da “eccesso di potere”, e debba pertanto essere inquadrata nell’ambito dei provvedimenti non già nulli bensì annullabili, ex art. 21 octies comma 1 Legge 241/90.

Ma che differenza c’è tra una sentenza nulla ed una annullabile?

Nel caso della nullità, l’art. 105 CPA prevede la rimessione al Giudice di primo grado, mentre, nel caso dell’annullamento, l’art. 34 comma 1 lett. A) CPA non prevede la rimessione: il Giudice annulla e basta.

Però, l’art. 8 dell’Allegato 2 – “Norme di attuazione” del CPA – nel disciplinare l’ordine di fissazione dei ricorsi, prevede che il Presidente possa derogare al criterio cronologico “in ogni caso in cui il Consiglio di Stato abbia annullato la sentenza o l'ordinanza e rinviato la causa al giudice di primo grado”. In base a tale norma, la rimessione della causa al Giudice di primo grado è non già alternativa all’annullamento della sentenza, bensì conseguenziale rispetto a quest’ultimo, esattamente come la nullità di cui all’art. 105 CPA. 

E quindi che cosa si potrebbe dedurre da questo? Che in realtà la suddetta rimessione opera anche quando la sentenza del Giudice di primo grado è non già nulla ex art. 105 CPA, bensì annullabile per eccesso di potere, ossia per aver questa palesemente errato o nell’aver ritenuto insussistente l’interesse ad agire del ricorrente o nell’aver ritenuto tardiva la notifica del ricorso.