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Infortunio - Sezioni Unite: per il risarcimento del danno da infortunio in itinere è necessario l’occasione di lavoro

La Cassazione ha stabilito che, affinché l’infortunio “in itinere, così chiamato l’infortunio che sia occorso al lavoratore durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro o durante il percorso che collega due luoghi di lavoro, sia coperto da assicurazione, e dunque il correlativo danno risarcito dall’INAIL, è necessario che lo stesso sia “occasionato” dal lavoro svolto.

Nel caso di specie, in seguito all’omicidio di una donna mentre la stessa si recava presso il luogo di lavoro, gli eredi ricorrevano in giudizio, chiedendo il riconoscimento della natura di infortunio sul lavoro all’evento mortale occorso alla defunta. Tale riconoscimento era condizione necessaria per ottenere il risarcimento del danno da parte dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL). 

Il Tribunale rigettava la domanda attorea, sostenendo che l’infortunio fosse avvenuto in orario diverso da quello previsto per il turno e che la causa violenta, che aveva determinato il danno, avesse interrotto il nesso causale tra occasione di lavoro e evento dannoso.

Ugualmente, anche la Corte d’Appello, adita dagli originari attori, riteneva che l’evento fosse avvenuto al di fuori delle modalità previste dal testo di legge e che, dunque, il relativo danno non dovesse essere risarcito dall’INAIL.

Avverso quest’ultima pronuncia, la parte soccombente proponeva ricorso per Cassazione, denunciando violazione e falsa applicazione dell’articolo 2 del d.P.R. n. 1124 del 1965, modificato dall’articolo 12 del Decreto Legislativo n. 28 del 2000, ad oggi la norma di riferimento in materia. Al comma 1 del citato articolo, il legislatore individua due condizioni necessarie affinché sussista la tutela assicurativa in caso di infortunio, ossia la causa violenta e l’occasione di lavoro.

Secondo i ricorrenti, l’occasione di lavoro, ossia il collegamento con la prestazione di lavoro, nel caso di infortunio in itinere, era rappresentata esclusivamente dalla circostanza che l’infortunio si era verificato durante il tragitto casa-lavoro, non risultando necessari ulteriori requisiti o condizioni.

La Sezione Lavoro rimetteva la causa al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione della stessa alle Sezioni Unite, “per la configurabilità di una questione di massima importanza attinente alla individuazione delle regole sulla indennizzabilità dell’infortunio e del rapporto che deve sussistere tra attività lavorativa e infortunio subito”. Nell’ordinanza interlocutoria, la Sezione Lavoro chiedeva che fosse risolto dalle Sezioni Unite un contrasto giurisprudenziale sull’interpretazione dell’articolo 2 del d.P.R. n. 1124 del 1965, così come modificato dall’articolo 12 del Decreto Legislativo n. 38 del 2000, che ha ricompreso nell’assicurazione obbligatoria la fattispecie dell’infortunio “in itinere”.

Con riguardo a questa fattispecie, l’ordinanza interlocutoria poneva in evidenza due diversi orientamenti giurisprudenziali:

un primo orientamento tendeva ad estendere il concetto di infortunio assicurato, affermando il principio secondo cui “in tema di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, pur nel regime precedente l’entrata in vigore del decreto legislativo 38/2000, è indennizzabile l’infortunio occorso al lavoratore in itinere, ove sia derivato da eventi dannosi, anche imprevedibili ed atipici, indipendenti dalla condotta volontaria dell’assicurato, atteso che il rischio inerente il percorso fatto dal lavoratore per recarsi al lavoro è protetto in quanto ricollegabile, pur in modo indiretto, allo svolgimento dell’attività lavorativa, con il solo limite del rischio elettivo”;

un secondo orientamento che valorizzava il riferimento normativo, l’occasione di lavoro, prevista dal comma 1, “sicché per la configurazione dell’infortunio indennizzabile è necessario che la causa violenta sia connessa all’attività lavorativa, nel senso che inerisca alla suddetta attività o che sia almeno occasionata dal suo esercizio”.

Il contrasto si fonda sull’interpretazione dell’espressione “occasione di lavoro”, che costituisce il criterio su cui si basa la tutela differenziata dell’infortunio in itinere rispetto ad altri eventi dannosi. La causa è stata, dunque, assegnata alle Sezioni Unite.

I giudici di legittimità hanno sottolineato come la fattispecie dell’infortunio in itinere, disciplinato dal comma aggiunto dal decreto legislativo citato all’articolo 2 del testo normativo del 1965, debba essere interpretata in modo restrittivo, alla luce delle delimitazioni alla tutela assicurativa che lo stesso legislatore inserisce nel prosieguo dello stesso articolo (“interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro o comunque non necessitate”) che rivelano la ratio della norma: tutelare il lavoratore da tutti gli eventi dannosi che siano comunque dipendenti dalle prestazioni lavorative svolte e con queste connesse da un “un vincolo obiettivamente e intrinsecamente apprezzabile”.

Citando alcune recenti sentenze, i giudici della Cassazione sono giunti a ritenere assente ogni nesso di occasionalità tra l’evento dannoso (la morte della lavoratrice) e le prestazioni lavorative svolte, affermando il seguente principio di diritto, secondo cui “l’espressa introduzione dell’ipotesi legislativa dell’infortunio in itinere non ha derogato alla norma fondamentale che prevede la necessità non solo della causa violenta ma anche dell’occasione di lavoro, con la conseguenza che, in caso di fatto doloso del terzo, legittimamente va esclusa dalla tutela la fattispecie nella quale in sostanza venga a mancare l’occasione di lavoro in quanto il collegamento tra l’evento e il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro risulti assolutamente marginale e basato esclusivamente su una mera coincidenza cronologica e topografica”.

L’esistenza di un rapporto personale tra l’aggressore e la vittima, del tutto estraneo all’attività lavorativa, rende la vittima in pericolo ovunque questa si rechi o si trovi. Il fatto che questa si stesse recando sul luogo di lavoro è frutto di un mera coincidenza che “ha spezzato ogni nesso” di occasionalità tra l’evento dannoso e le prestazioni lavorative, determinando l’estraneità dell’evento dal novero delle situazioni rientranti nella fattispecie disciplinata all’articolo 2 del d.P.R. 1124 del 1965.

Sulla base di queste motivazioni, i giudici di legittimità, nella composizione più autorevole della Corte di Cassazione, hanno respinto il ricorso, con conseguente passaggio in giudicato della sentenza impugnata.

(Corte di Cassazione - Sezioni Unite Civili, Sentenza 7 settembre 2015, n. 17685)

La Cassazione ha stabilito che, affinché l’infortunio “in itinere, così chiamato l’infortunio che sia occorso al lavoratore durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro o durante il percorso che collega due luoghi di lavoro, sia coperto da assicurazione, e dunque il correlativo danno risarcito dall’INAIL, è necessario che lo stesso sia “occasionato” dal lavoro svolto.

Nel caso di specie, in seguito all’omicidio di una donna mentre la stessa si recava presso il luogo di lavoro, gli eredi ricorrevano in giudizio, chiedendo il riconoscimento della natura di infortunio sul lavoro all’evento mortale occorso alla defunta. Tale riconoscimento era condizione necessaria per ottenere il risarcimento del danno da parte dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL). 

Il Tribunale rigettava la domanda attorea, sostenendo che l’infortunio fosse avvenuto in orario diverso da quello previsto per il turno e che la causa violenta, che aveva determinato il danno, avesse interrotto il nesso causale tra occasione di lavoro e evento dannoso.

Ugualmente, anche la Corte d’Appello, adita dagli originari attori, riteneva che l’evento fosse avvenuto al di fuori delle modalità previste dal testo di legge e che, dunque, il relativo danno non dovesse essere risarcito dall’INAIL.

Avverso quest’ultima pronuncia, la parte soccombente proponeva ricorso per Cassazione, denunciando violazione e falsa applicazione dell’articolo 2 del d.P.R. n. 1124 del 1965, modificato dall’articolo 12 del Decreto Legislativo n. 28 del 2000, ad oggi la norma di riferimento in materia. Al comma 1 del citato articolo, il legislatore individua due condizioni necessarie affinché sussista la tutela assicurativa in caso di infortunio, ossia la causa violenta e l’occasione di lavoro.

Secondo i ricorrenti, l’occasione di lavoro, ossia il collegamento con la prestazione di lavoro, nel caso di infortunio in itinere, era rappresentata esclusivamente dalla circostanza che l’infortunio si era verificato durante il tragitto casa-lavoro, non risultando necessari ulteriori requisiti o condizioni.

La Sezione Lavoro rimetteva la causa al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione della stessa alle Sezioni Unite, “per la configurabilità di una questione di massima importanza attinente alla individuazione delle regole sulla indennizzabilità dell’infortunio e del rapporto che deve sussistere tra attività lavorativa e infortunio subito”. Nell’ordinanza interlocutoria, la Sezione Lavoro chiedeva che fosse risolto dalle Sezioni Unite un contrasto giurisprudenziale sull’interpretazione dell’articolo 2 del d.P.R. n. 1124 del 1965, così come modificato dall’articolo 12 del Decreto Legislativo n. 38 del 2000, che ha ricompreso nell’assicurazione obbligatoria la fattispecie dell’infortunio “in itinere”.

Con riguardo a questa fattispecie, l’ordinanza interlocutoria poneva in evidenza due diversi orientamenti giurisprudenziali:

un primo orientamento tendeva ad estendere il concetto di infortunio assicurato, affermando il principio secondo cui “in tema di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, pur nel regime precedente l’entrata in vigore del decreto legislativo 38/2000, è indennizzabile l’infortunio occorso al lavoratore in itinere, ove sia derivato da eventi dannosi, anche imprevedibili ed atipici, indipendenti dalla condotta volontaria dell’assicurato, atteso che il rischio inerente il percorso fatto dal lavoratore per recarsi al lavoro è protetto in quanto ricollegabile, pur in modo indiretto, allo svolgimento dell’attività lavorativa, con il solo limite del rischio elettivo”;

un secondo orientamento che valorizzava il riferimento normativo, l’occasione di lavoro, prevista dal comma 1, “sicché per la configurazione dell’infortunio indennizzabile è necessario che la causa violenta sia connessa all’attività lavorativa, nel senso che inerisca alla suddetta attività o che sia almeno occasionata dal suo esercizio”.

Il contrasto si fonda sull’interpretazione dell’espressione “occasione di lavoro”, che costituisce il criterio su cui si basa la tutela differenziata dell’infortunio in itinere rispetto ad altri eventi dannosi. La causa è stata, dunque, assegnata alle Sezioni Unite.

I giudici di legittimità hanno sottolineato come la fattispecie dell’infortunio in itinere, disciplinato dal comma aggiunto dal decreto legislativo citato all’articolo 2 del testo normativo del 1965, debba essere interpretata in modo restrittivo, alla luce delle delimitazioni alla tutela assicurativa che lo stesso legislatore inserisce nel prosieguo dello stesso articolo (“interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro o comunque non necessitate”) che rivelano la ratio della norma: tutelare il lavoratore da tutti gli eventi dannosi che siano comunque dipendenti dalle prestazioni lavorative svolte e con queste connesse da un “un vincolo obiettivamente e intrinsecamente apprezzabile”.

Citando alcune recenti sentenze, i giudici della Cassazione sono giunti a ritenere assente ogni nesso di occasionalità tra l’evento dannoso (la morte della lavoratrice) e le prestazioni lavorative svolte, affermando il seguente principio di diritto, secondo cui “l’espressa introduzione dell’ipotesi legislativa dell’infortunio in itinere non ha derogato alla norma fondamentale che prevede la necessità non solo della causa violenta ma anche dell’occasione di lavoro, con la conseguenza che, in caso di fatto doloso del terzo, legittimamente va esclusa dalla tutela la fattispecie nella quale in sostanza venga a mancare l’occasione di lavoro in quanto il collegamento tra l’evento e il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro risulti assolutamente marginale e basato esclusivamente su una mera coincidenza cronologica e topografica”.

L’esistenza di un rapporto personale tra l’aggressore e la vittima, del tutto estraneo all’attività lavorativa, rende la vittima in pericolo ovunque questa si rechi o si trovi. Il fatto che questa si stesse recando sul luogo di lavoro è frutto di un mera coincidenza che “ha spezzato ogni nesso” di occasionalità tra l’evento dannoso e le prestazioni lavorative, determinando l’estraneità dell’evento dal novero delle situazioni rientranti nella fattispecie disciplinata all’articolo 2 del d.P.R. 1124 del 1965.

Sulla base di queste motivazioni, i giudici di legittimità, nella composizione più autorevole della Corte di Cassazione, hanno respinto il ricorso, con conseguente passaggio in giudicato della sentenza impugnata.

(Corte di Cassazione - Sezioni Unite Civili, Sentenza 7 settembre 2015, n. 17685)