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Inquinamento ambientale e atmosferico: norme di prevenzione in Europa e Austria

La lotta all’inquinamento ambientale e atmosferico in Europa e in Austria. Leggi e convenzioni per il “diritto a un ambiente sano e pulito”
inquinamento ambientale
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La tutela dell’ambiente si realizza principalmente: nella prevenzione di attività nocive per l’“Umwelt”; nella determinazione di obblighi positivi intesi a riparare danni all’ambiente già verificatisi; nella cura dei beni ambientali che altrimenti si deteriorerebbero.

I primi due punti sono particolarmente importanti per la riduzione dell’inquinamento dell’aria.

 

Possibile che, ogni anno, muoiano 9.000.000 persone al mondo per effetto dell’inquinamento ambientale? La risposta è, purtroppo, affermativa. Pertanto, il numero delle vittime dell’inquinamento ambientale è superiore a quello (5.900.000) causato dall’imperante pandemia COVID-19.

Ciò risulta da una relazione pubblicata dall’ONU, secondo cui particolarmente pericolosi per l’“Umwelt” sono i pesticidi, le materie sintetiche (come ad esempio la plastica) e i rifiuti costituiti da apparecchi elettronici fuori uso.

Dalla suddetta pubblicazione è emerso che il mancato (e, purtroppo, molto diffuso) rispetto della tutela dell’ambiente costituisce una grave violazione dei diritti dell’uomo, in particolar modo del diritto a un ambiente sano e pulito.

Un’esigenza prioritaria deve essere il divieto dei composti chimici PFC, che sono rilevabili nientemeno che in prodotti per uso casalingo.

Che cosa succede in Europa?

L’Agenzia europea per l’Ambiente (EEA), analizzando gli effetti dell’inquinamento dell’aria sulla salute delle persone, ha stimato che sono ben 400.000 coloro che, ogni anno, muoiono a causa dell’inquinamento atmosferico — che costituisce, ad oggi, la più grande minaccia per l’ambiente. Nel 1990, i decessi dovuti all’inquinamento dell’aria furono circa un milione: è lecito dire, quindi, che qualcosa nelle tre decadi passate è stato fatto per ovviare alla “Luftverunreinigung”. Altro grave problema per la salute delle persone è costituito dall’inquinamento idrico.

Inoltre c’è da rilevare che l’inquinamento dell’aria è di molto superiore negli Stati dell’Europa dell’Est rispetto a quello rilevabile negli Stati dell’Ovest. In particolare, il maggior numero di morti è stato registrato in Bosnia Erzegovina (27%), mentre in Norvegia e Islanda la percentuale è stata del 13%.

Non va poi trascurato il fatto che l’inquinamento atmosferico provoca la maggior parte delle vittime nelle zone caratterizzate da degrado e povertà.

È davvero triste e amaro constatare l’indifferenza (per non usare un altro termine) di certi individui nei confronti delle esigenze di protezione dei beni ambientali (e della natura in genere), spinti, come sono, dall’incessante ricerca di ricchezza e di potere. Sembrano ispirarsi a quanto scritto da Epicuro (citiamo dai frammenti dell’epistolario): “Fuggi a vele spiegate, o uomo beato, ogni genere di cultura”.

I dati di concentrazione della CO2 nell’atmosfera, pubblicati nel febbraio 2022, non fanno certo sperare che la situazione dell’inquinamento atmosferico, su scala mondiale, possa migliorare nell’immediato futuro. Gli ultimi rilevamenti hanno infatti dimostrato una concentrazione pari a 421 ppm (parts per million); mai, nel passato, era stato rilevato un valore così alto.

Fin dal 1958, scienziati statunitensi misurano la concentrazione di CO2 nell’atmosfera delle isole Hawaii. È stata la stazione che per prima ha iniziato le rilevazioni (mensili) di questa sostanza nociva nell’aria. Nel 1958, la concentrazione era stata pari a 317 ppm.

Oltre a questo dato scientifico, senz’altro allarmante, è da osservare che l’inquinamento ambientale – e quello atmosferico in particolare – dipendono, in modo tutt’altro che trascurabile, dal consumo delle risorse. Su scala mondiale, il consumo di risorse si è quadruplicato nell’arco di 25 anni.

 

Dati meno sconfortanti riguardano, in particolare, l’Austria. In questo Stato, l’incremento del consumo di risorse è stato nel periodo suddetto pari al 53% circa.

Per risorse s’intendono, principalmente, prodotti agrari e combustibili, soprattutto fossili e minerali.

A proposito delle risorse, importante è anche la loro provenienza. Se, ad esempio, provengono dall’Australia o dal Giappone la via di trasporto è lunga, il consumo energetico e l’inquinamento dell’atmosfera, nonché quello marittimo, non sono di certo di lieve entità.

Le nazioni più progredite – e, tra queste, i Paesi dell’UE – hanno emanato norme per far sì che certe risorse vengano riutilizzate anche più volte, in applicazione del principio dello sviluppo sostenibile (“sustainable development”).

Soprattutto i settori dell’edilizia e dei trasporti causano emissioni elevate di CO2 , contribuendo quindi alla crisi del clima e avendo effetti rilevanti sulla biodiversità.

Sembra però che alcuni governanti non si facciano impressionare da questi dati. Ad esempio, il consumo di risorse tra il 1990 e il 2015 è aumentato del 434% in Cina (RP). Ma anche negli Stati Uniti d’America, in Inghilterra e in Australia il consumo di risorse, sempre nel suddetto periodo, è aumentato del 75% circa.

Nella RFT, invece, l’aumento è stato pari al 12% circa.

 

Per il futuro è indispensabile che lo sviluppo dell’economia, specie in alcuni Stati del cosiddetto Terzo Mondo, non dipenda – se non in piccola parte – dall’incremento del consumo delle risorse.

Per quanto concerne la tutela da inquinamento ambientale e da inquinamento dell’aria in particolare per effetto di norme soprannazionali è da osservare che l’art. 8 CEDU non prevede – perlomeno esplicitamente – il diritto a un ambiente salubre e pulito.

Ciò è dovuto con ogni probabilità al fatto che, all’epoca in cui la CEDU è stata redatta, i problemi legati alla tutela dell’ambiente non avevano ancora quell’importanza che avrebbero poi assunta nei decenni seguenti.

Va tuttavia osservato che a questa lacuna ha tentato di porre rimedio, almeno in parte, la Corte EDU attraverso un’interpretazione cosiddetta estensiva (altri parlano di “interpretazione evolutiva”) di principi enunciati nell’art. 8 della CEDU. Si parla, in proposito, di “tutela indiretta”.

Immissioni nocive, condizioni ambientali di degrado e rischi rilevanti di incidenti industriali – nonostante la tesi del mancato riconoscimento del diritto a un ambiente salubre e pulito, come sopra accennato – sono indubbiamente fattori che possono incidere in modo assai rilevante sulla sfera individuale protetta dall’art. 8 CEDU, qualora abbiano un effetto diretto sulla predetta sfera e raggiungano un rilevante livello di gravità (definito dalla Corte EDU “grave inquinamento ambientale”).

Nei casi di mancato raggiungimento della soglia di gravità, il testé citato articolo non è applicabile (si veda il caso Kyriatos e Leon e A. Kania/Polonia – 21. 7. 09). La gravità è da valutare, caso per caso, in conformità a parametri quali intensità e durata, e comunque tale da essere superiore all’“intrusione” derivante dalle normali attività in una società moderna.

Il danno causato alla salute non deve necessariamente essere limitato alla sola integrità fisica.

 

Sotto il profilo probatorio – ai fini della valutazione dell’entità e della natura del danno – la Corte EDU ha statuito essere necessario fare riferimento, anzitutto, alle risultanze dei procedimenti giurisdizionali o amministrativi nazionali, specie se in tale sede sono state compiute valutazioni di carattere tecnico (medico-legale, ad esempio); occorre tenere conto altresì di standards minimi a livello europeo e/o internazionale, se sussistenti (ved. Corte EDU – Oluic/Croazia – 25.5.2010).

Queste valutazioni si prospettano particolarmente complesse se le fonti delle immissioni (nonché delle emissioni) nell’atmosfera sono causate da inquinamento industriale (siti in prossimità di insediamenti abitativi).

Se si tratta di un’attività posta sotto il controllo diretto dello Stato, questi ha un obbligo positivo di protezione dei diritti (e degli interessi in gioco), obbligo analogo a quello derivante dal disposto dell’art. 2 CEDU (vedasi Corte EDU – GC – Öneryildiz/Turchia – 30.11.2004).

È necessario che lo Stato adotti un quadro legislativo e amministrativo specifico, finalizzato a prevenire in modo efficace i danni alla salute e all’ambiente, disciplinando in particolare le attività pericolose.

Indispensabile è un attento bilanciamento tra diritto individuale e diritto della collettività.

La Corte EDU, anche nel controllo sull’esercizio della discrezionalità, può rilevare errori manifesti commessi da autorità nazionali nel bilanciamento.

 

Per quanto concerne l’aspetto procedurale, sono state imposte regole più stringenti a seguito dell’entrata in vigore della Convenzione di Aarhus del 1998, anche con riferimento:

1) all’accesso a informazioni;

2) alla partecipazione della popolazione al processo decisionale;

3) all’accesso alla giustizia in materia ambientale.

 

Tutte le informazioni pertinenti per valutare rischi e pericoli devono essere rese pubbliche.

Per quanto concerne la normativa comunitaria, l’art. 37 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE ha sancito quanto segue:

“Un livello elevato di tutela dell’ambiente e il miglioramento della sua qualità devono essere parte integrante della politica dell’Unione, che deve ispirarsi al principio dello sviluppo sostenibile”.

La tutela dell’ambiente è, dunque, uno scopo fondamentale che il legislatore comunitario si è prefisso; è una “Schutzpflicht von zentraler Bedeutung” (vedasi Corte UE C – 28/09 – K/Austria). C’è chi parla di “staatszielartiger Bestimmung”.

Va però notato che l’art. 37 della Carta contiene soltanto una norma di principio (ai sensi dell’art. 52, comma 5) e non un diritto direttamente azionabile, anche perché la formulazione della norma – ai fini delle ravvisabilità di un diritto soggettivo – manca di specificità. Non sarebbe inoltre stato stabilito chi sarebbe il titolare di questo diritto.

Non sono proponibili azioni giudiziarie intese a ottenere che questo principio sia attuato all’interno delle legislazioni nazionali. Va detto, comunque, che il principio de quo è utilizzabile ai fini di un controllo – in via incidentale – della compatibilità di singole norme nazionali con il diritto comunitario, nonché in sede di interpretazione delle stesse; può inoltre legittimare restrizioni da apportare a diritti fondamentali (ved Corte UE C- 513/99 – Concordia).

Il citato art. 37 obbliga gli Stati membri a tener conto di tale disposizione in sede di emanazione delle proprie leggi. La tesi ora prospettata è avvalorata dal tenore dell’art. 11 TFUE.

 

Come sopra accennato, l’art. 37 della Carta non contiene obblighi diretti per i privati, a meno che gli stessi non siano stabiliti in sede di attuazione dell’articolo stesso da parte degli Stati membri.

Se influenze negative si ripercuotono sulla salute delle persone, può essere invocato quanto disposto dall’art. 3 della Carta, il quale, a differenza dell’art. 37, contiene diritti direttamente azionabili.

L’art. 37, garantendo un’elevata tutela dellambiente e all’ambiente, comprende la salvaguardia delle persone, dell’aria, del suolo, della flora e degli animali selvatici; ha lo scopo, altresì, non soltanto di conservare la qualità dell’ambiente, ma anche di migliorarla. Se vi è stato degrado, la qualità va ripristinata nei limiti del possibile.

In materia di tutela dell’ambiente, il legislatore deve fare riferimento al principio del “sustainable development”.

L’obbligo di tutela dell’ambiente non può prescindere da un bilanciamento con altri obblighi (concorrenti).

In tale sede si deve, in ogni caso, tenere conto del fatto che l’art. 37 della Carta parla di elevata tutela ambientale. In questo modo, ad esempio, l’importanza attribuita alla tutela dell’ambiente ha fatto sì che il disposto dell’art. 37 abbia legittimato riduzioni nel trasporto merci nell’ambito dell’UE (vedasi Corte UE I – 4301 del 1988).

Ultimamente, tuttavia, la giurisprudenza della Corte UE sembra orientata ad accordare la preferenza alla tutela ambientale soltanto qualora sussistano motivi particolari inerenti alla salvaguardia della vita e della salute delle persone.

Questo dato di fatto ha indotto parte della dottrina a parlare di una preferenza meramente “relativa” della tutela ambientale. Indubbiamente, una tesi del genere non è compatibile con la “miglior possibile tutela dell’ambiente” – che viene postulata dall’art. 37 della Carta – di cui si parlava negli anni immediatamente successivi all’entrata in vigore della Carta stessa.

Vedremo dunque se ci sarà o meno un “revirement”.

 

 Negli Stati con grandi impianti industriali e con una concentrazione elevata della popolazione negli agglomerati urbani, l’inquinamento dell’aria è uno dei problemi più grandi (e, anche, più sentiti da parte degli abitanti).

È certo, ormai, che la concentrazione di sostanze inquinanti nell’aria costituisce una minaccia seria per la salute di tutti noi, oltre che per la flora e la fauna (si pensi ai danni cagionati ai boschi). Non vanno poi trascurati danni a monumenti storici e architettonici.

Tra la tutela dell’aria da sostanze inquinanti e la tutela del clima in generale, vi è un nesso indissolubile nel senso che questi “Schadstoffe” inquinano l’aria non soltanto in prossimità del suolo, ma anche – anzi, soprattutto – negli strati superiori dell’atmosfera, esercitando effetti nefasti sull’intero clima.

Quali sono le sostanze atte a inquinare maggiormente l’aria?

In proposito vanno indicati: CO2, PM10, NOx; inoltre, O3, SO2, CO – nonché piombo, mercurio e ammoniaca (NH2).

Le principali fonti di inquinamento sono alcuni tipi di impianti industriali e il traffico veicolare (in particolare le vetture con motore Diesel, le quali emettono una quantità notevole di NOx).

Per quanto riguarda l’Austria, sono state emanate, recentemente e non solo, diverse leggi federali e “Landesgesetze”, nonché regolamenti intesi a ridurre l’inquinamento ambientale in genere e quello atmosferico in particolare.

In Austria si parla di “Luftreinhaltungsrecht” (“diritto” volto a mantenere l’aria pulita). Esso va distinto in norme concernenti immissioni da un lato ed emissioni dall’altro.

Per quanto concerne le immissioni nell’aria, sono previste determinate soglie (cosiddetti Grenz-, Alarm- oder “Zielwerte”) oltre le quali le autorità competenti devono adottare provvedimenti.

Ai fini della limitazione delle emissioni sono stati prescritti obblighi di riduzione in determinate zone e anche solo temporaneamente. Le fonti delle emissioni possono essere “locali” (ad esempio, impianti industriali o di riscaldamento) oppure mobili (traffico veicolare).

Vi sono poi standards per quanto concerne l’impiego di combustibili (liquidi e solidi), validi in particolare per quelli contenenti zolfo.

Come è ovvio, la normativa atta a preservare l’aria da inquinamento non può di certo essere di carattere soltanto nazionale (o statale, che dir si voglia).

Da tempo sono in vigore Convenzioni internazionali in materia (come la Convenzione di Ginevra, il Protocollo di Montreal e quello di Kyoto).

A salvaguardia dell’aria è intervenuta anche l’UE con alcune direttive specifiche (per esempio la 2015/2193, la 2016/2284 e la 2008/50).

 

A differenza di molte altre materie, la normativa relativa alla “Luftreinhaltung”, in Austria, non è contenuta in un corpo legislativo unitario.

Ciò è dovuto anche al fatto che la competenza in materia è ripartita, in Austria, tra lo Stato (“Bund”) e i “Länder” (equiparabili alle Regioni). Va detto, però, che le “Zuständigkeiten” dei “Länder” sono alquanto circoscritte (riguardano, principalmente, gli impianti di riscaldamento).

Nell’ambito delle leggi e delle “Verordnungen”, emanate dal “Bund”, è necessario distinguere tra quelle dettate al fine esclusivo di preservare l’aria da sostanze inquinanti e quelle che hanno, accanto alla “Luftreinhaltung”, anche altri obiettivi.

 

Tra le prime va menzionato:

1) il “Bundesgesetz zum Schutz vor Immissionen durch Luftschadstoffe” (Legge federale di tutela da immissioni che inquinano l’aria);

2) il cosiddetto “Ozongesetz” (Legge concernente misure per la riduzione dell’ozono e obbligo di informazione della popolazione su elevati valori di questa sostanza);

3) il “Bundesluftreinhaltegesetz – BLRG” del 2002;

4) la legge federale “Über nationale Emissionsreduktionsverpflichtungen – Emissionsgesetz – Luft 2018”;

5) il “Bundesgesetz über integrierte Vermeidung und Verminderung von Emissionen aus Dampfkesselanlagen – Emissionsschutzgesetz für Kesselanlage – EK – K 2013”.

Sopra abbiamo accennato alla legge e ai regolamenti federali che integrano la normativa intesa a salvaguardare l’aria da sostanze inquinanti, pur non essendo dettatiin via prioritaria – alla “Luftreinerhaltung”.

 

Questo vale, per esempio, per le leggi e i regolamenti in materia di rifiuti (si veda l’”Abfallverbrennungsverordnung” e la “Feuerungsanlagen-Verordnung” del 2019, nonché la “2. Verordnung gegen forstschädliche Luftverunreinigungen”).

I “Länder” hanno emanato “Luftreinhalte – und Heizungsanlagengesetze” (leggi anti-inquinamento in materia di impianti di riscaldamento).

Con l’“IgGL – Immissionsschutzgesetz – Luft” del 1997, il legislatore ha attuato, nel diritto interno, la direttiva UE 2008/50, al fine di salvaguardare una tutela permanente della salute delle persone, garantire la sopravvivenza della fauna e della flora nonché dei loro ambienti naturali; altresì per disporre misure volte alla conservazione di beni culturali e architettonici, spesso danneggiati, anche gravemente, da sostanze inquinanti presenti nell’aria.

Per determinate sostanze che inquinano l’aria a seguito di immissioni sono stati fissati limiti-soglia a tutela della salute. Si tratta, in particolare, di sostanze quali PM10, PM2,5, NOx.

È stata progettata la graduale riduzione dell’immissione di queste sostanze, in modo che la loro concentrazione non sia più nociva, né per le persone, né per gli animali e le piante. Per monitorare la concentrazione di queste sostanze nell’aria e per reagire – tempestivamente ed efficacemente – al superamento dei valori-soglia e di allarme, si è proceduto all’istallazione di impianti fissi di rilevazione, sancendo un obbligo a carico dei “Landeshauptleute” (equiparabili ai Governatori delle Regioni e, d’ora in avanti, anche indicati con l’abbreviazione LH), che sono altresì tenuti alla manutenzione di questi impianti.

La Corte UE ha decretato (26.6.2019. C-723/17 – Craynest) che gli impianti di rilevazione devono essere posizionati nei luoghi di maggior concentrazione delle sostanze nocive. I LH devono riferire per iscritto sui valori rilevati (§ 7 IG-L). Inoltre, essi hanno l’obbligo di accertarsi periodicamente della situazione concernente l’inquinamento atmosferico e, in caso di superamento dei valori-soglia, esporne i motivi.

A tal fine è facoltà dei LH provvedere all’installazione di un “Emissionskataster” (Catasto relativo alle emissioni).

Obbligatorio è, invece, redigere un “programma” per ridurre gli accertati superamenti dei valori-soglia (e, ancor più, di allarme).

Nello stesso, devono essere individuate misure atte alla riduzione e le località nelle quali ciò è necessario.

 A cadenza triennale, i programmi vanno sottoposti a valutazione e a eventuale aggiornamento/revisione.

Questi programmi (paragrafo 9 a IG-L) non hanno carattere normativo e, in particolare, non sono assimilabili a regolamenti (“Verordnungen”), per cui, secondo la dottrina prevalente, non vincolano direttamente i cittadini.

Hanno invece carattere vincolante i provvedimenti da emanare dai LH a seguito del superamento dei valori di allarme e/o dei valori-soglia. Rientrano nel novero di queste “Verordnungen”, ad esempio, limitazioni – temporanee, permanenti o settoriali – di velocità per il traffico dei veicoli, circoscritte a determinati tratti stradali.

Possono essere disposte anche misure aventi per oggetto l’utilizzo di carburanti a basse emissioni nocive.

Per effetto di una modifica dell’IG-L 2018, a persone fisiche e organizzazioni ambientaliste riconosciute spetta, a seguito del superamento di determinati valori di inquinamento dell’aria, il diritto di chiedere il riesame e la revisione dei predetti programmi.

Si parla, in proposito, di “Recht auf saubere Luft(diritto all’aria pulita).

Questo diritto (soggettivo) è stato riconosciuto in anni recenti anche dalla Corte UE e dal “Verwaltungsgerichtshof” (Supremo giudice amministrativo in Austria); si veda la sentenza della predetta Corte 25.7.2008 – C-237/07 – Janecek/Baviera. Inoltre, si vedano le sentenze del VwGH 28.5.2015 Ro 2014/07/0096 e 19.2.2018 – Ra 2015/07/0161.

Entro 8 settimane, singole persone direttamente interessate e associazioni ambientaliste riconosciute possono proporre istanza – motivata – volta a ottenere il riesame dei programmi, qualora siano dell’opinione che le misure adottate dall’autorità amministrativa ai fini del rispetto delle previste soglie-limite di inquinamento atmosferico siano insufficienti (paragrafo 9 a comma 1 a IG-L).

Hanno facoltà altresì – qualora il LH non agisca tempestivamente – di chiedere al LH la revisione del programma e l’adozione di misure attraverso il regolamento.

Il LH è obbligato a decidere sulle richieste con “Bescheid”, contro il quale è ammissibile “Beschwerde” (reclamo) dinanzi al “Landesverwaltungsgericht” (equiparabile al TAR).

Secondo recenti sentenze della Corte UE (per esempio dd. 26.6.19 – Ra 2008/07/0359), ai diretti interessati compete anche il diritto di far verificare – giudizialmente – se gli impianti di rilevazione dell’inquinamento atmosferico sono stati collocati secondo quanto prescritto (nel punto, cioè, dove l’inquinamento è maggiore).

Qualora venga superato un valore-allarme, il LH (§ 26 a Ig-L) è obbligato a informare di ciò la popolazione residente. Il ministero dell’Ambiente ha predisposto per i casi di “Überschreitung eines Alarmwertes” un piano di azione che prevede l’adozione da parte del LH di provvedimenti entro breve termine, al fine di ridurre il pericolo da inquinamento atmosferico (come limitazioni del traffico veicolare, riduzione della durata di funzionamento di impianti, industriali e di riscaldamento – 26 b, comma 2, IG-).

I paragrafi 20-21 a IG-L prescrivono, per il funzionamento di impianti, presupposti e autorizzazioni specifici.

 

Con l’emanazione dell“Ozongesetz – Ozon-G”, il legislatore ha inteso dettare norme ai fini del monitoraggio e della riduzione dell’inquinamento causato dall’ozono. È stata prevista, a tal fine, l’installazione di stazioni di rilevamento. Qualora la concentrazione dell’ozono superi determinati livelli predefiniti, tali cioè da costituire rischio per la salute, la popolazione deve essere informata dal LH attraverso i media. È obbligato, altresì, a invitare i cittadini ad astenersi da comportamenti specifici e attività.

In caso di superamento della soglia di allarme per tre giorni consecutivi, il LH è tenuto ad adottare misure urgenti intese a ridurre le sostanze dalle quali è composto l’ozono (NOx, VOC).

Queste misure possono concretarsi in divieti di circolazione dei veicoli o nella riduzione pura e semplice delle sostanze; nel “Verbot” di bruciare materiali biogeni; nel divieto di funzionamento di determinati impianti.

Divieti e riduzioni della circolazione dei veicoli devono essere adottati attraverso un regolamento, mentre per le altre misure è prevista la forma del “Bescheid”.

Con il “Bundesluftreinhaltungsgesetz – BLRG” si è inteso disciplinare la combustione di materiali biogeni e non biogeni al di fuori di impianti appositamente destinati.

Per materiali biogeni s’intendono principalmente paglia, foglie, rami tagliati, legna allo stato naturale (ossia non trattata). Non biogeni: copertoni usati, plastica, prodotti chimici analoghi.

Il “BLRG” prevede, in linea di massima, un divieto generale di bruciare questi materiali al di fuori di appositi impianti. È però in facoltà del LH derogare, temporaneamente o con riferimento a determinati luoghi, al divieto relativamente ai soli materiali biogeni.

Il paragrafo 2 del “BLRG” ha statuito un obbligo – che grava su tutta la popolazione residente – di contribuire alla “Reinhaltung der Luft” (a tenere l’aria pulita).

La direttiva 2016/2284 dell’UE è stata attuata, nel diritto interno austriaco, con l’ “Emissionsgesetz – Luft 2018 – EG-L 2018”. In tal modo si è inteso da un lato ridurre le emissioni nell’atmosfera di determinate sostanze inquinanti, nocive per la salute umana e parimenti nocive per l’ambiente; dall’altro, contribuire al conseguimento degli obiettivi prefissati con l’IG-L di cui sopra. Sono stati previsti obblighi, in ambito nazionale, per ridurre in generale le emissioni e le immissioni.

L’“EG-L” trova applicazione con riferimento alle emissioni – derivate da fonti antropogene – indicate nell’allegato 1 del paragrafo 2 “EG-L”, vale a dire alle emissioni originate da attività umana. Obblighi nazionali di riduzione delle emissioni sussistono per i seguenti composti chimici: SO2, NOx, NBMVOC, NH3 e PM2,5.

L’“EG-L” non trova applicazione per le emissioni originate:

1) dal traffico internazionale marittimo;

2) dagli aeromobili, fatta eccezione per le manovre di atterraggio e di partenza.

 

A decorrere dal 2020 (e poi dal 2030) sono state previste “nationale Emissionsreduktionsverpflichtungen” (obblighi nazionali di riduzione delle emissioni) per le suddette sostanze; in particolare, per il NOx – dal 2020 la riduzione, rispetto al 2005, deve essere pari al 37%, e al 69% con decorrenza dall’anno 2030.

Il Governo federale, ai fini del conseguimento di dette riduzioni, ha redatto un “nationales Luftreinhalteprogramm”, che va aggiornato ogni quadriennio (paragrafo 6, “EG-L”).

Persone fisiche in grado di dedurre ragionevolmente un pericolo per la propria salute hanno facoltà, entro 8 settimane dalla pubblicazione del programma, di presentare istanza motivata acché venga rivisto, qualora siano convinte che il programma, così redatto, non possa essere realizzato. Sulla richiesta decide il ministro dell’Ambiente con “Bescheid”. Persone che possono vantare un interesse diretto hanno facoltà di proporre, presso il “Landesverwaltungsgericht” (TAR) di Vienna, “Beschwerde” (reclamo).

L’esercizio di turbine a gas e di motori alimentati a gas è disciplinato dall’“Emissionsschutzgesetz für Kesselanlagen – EG-K 2013”, se si tratta di impianto con potenza superiore a 50 MW. Con la citata legge, il “Gesetzgeber” si è proposto una consistente riduzione delle emissioni nell’aria e di conseguire un elevato livello di tutela, non soltanto per le persone, ma anche per l’ambiente in generale.

Gli impianti suddetti, per il loro funzionamento, abbisognano di autorizzazione e sono obbligatorie verifiche periodiche delle quantità delle emissioni. Il paragrafo 39 “EG-K” contiene poi prescrizioni atte a prevenire il pericolo di gravi incidenti. Vi è, altresì, obbligo di ispezioni previste dalla “GewO (Gewerbeordnung)”.

Il “Bundesgesetz über das Inverkehrbringen von Gasölen – GasölG” regola lo stoccaggio, il trasporto e la vendita di gasolio destinato al funzionamento di macchine e di macchinari mobili (fatta eccezione per imbarcazioni adibite a uso sportivo). Il legislatore ha stabilito che per “Gasöle” s’intendono tutti i combustibili liquidi ottenuti da oli minerali (in particolare, il gasolio per autotrazione e per riscaldamento). Il contenuto massimo di zolfo è determinato in 10,0 mg per chilo.

Il controllo dell’osservanza delle prescrizioni ora elencate è demandato al ministero dell’Ambiente.