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Internet of things, tecnologia blockchain e diritti IP

La Mole di Narni, aprile 2019
Ph. Fulvia Tilli / La Mole di Narni, aprile 2019

Contributo tratto dal Convegno La Grande Innovazione e le sue regole. Intelligenza artificiale, data analysis e tecnologia blockchain: il ruolo del diritto IP per governare il cambiamento, svoltosi in data 25 ottobre 2019 a Parma.

L’Internet delle cose (Internet of Things, IoT) e le blockchain sono due tecnologie emergenti che stanno avendo una diffusione sempre più ampia.
In breve, l’IoT consiste nella connessione a Internet di oggetti diversi dai computer. L’IoT rende gli oggetti intelligenti (smart objects), con la capacità di raccogliere dati, essere controllati in remoto e sfruttare informazioni raccolte nella rete.
Le blockchain sono registri (o libri mastri) che memorizzano informazioni, ad esempio, transazioni in criptovalute (quali i bitcoin). A differenza delle soluzioni standard in cui per ciascun registro esiste una sola versione gestite da una corrispondente autorità, le blockchain sono di tipo distribuito. In particolare, ogni blockchain è replicata in numerose versioni su corrispondenti nodi di una rete (peer-to-peer, ossia, tutti allo stesso livello di affidabilità). La versione effettiva di ogni blockchain è determinata tramite uno schema di consenso. Le blockchain consentono di memorizzare informazioni in modo immutabile e verificabile.
La protezione più efficace delle soluzioni IoT/blockchain è fornita dalla loro brevettazione, ove possibile (in aggiunta alla protezione in base al diritto d’autore di eventuale software).
Le soluzioni IoT/blockchain possono essere brevettate sotto diversi aspetti, quali dispositivi, servizi e sistemi. La scelta dell’aspetto di proteggere in un brevetto dipende da diversi fattori. In particolare, da un punto di vista tecnico la scelta dipende da dove effettivamente risiede l’innovazione, da un punto di vista commerciale la scelta dipende dai potenziali concorrenti e da un punto di vista legale la scelta dipende dalla possibilità di rilevare eventuali contraffazioni. In ogni caso, è importante rivendicare aspetti delle soluzioni blockchain/IoT che sono azionabili efficacemente (unico soggetto e unico luogo).
La brevettabilità delle soluzioni IoT/blockchain presenta alcune peculiarità legate alla loro specifica natura.
Ad esempio, per la loro natura è maggiore rischio di incappare in diritti anteriori (domande di brevetto depositate precedentemente ma ancora segrete). Inoltre, come tipico delle nuove tecnologie, non sono inusuali le richieste di brevettare la semplice trasposizione di soluzioni esistenti nell’ambito IoT/blockchain (di per se non inventive).


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Più specificamente, la maggior parte delle soluzioni IoT/blockchain sono di tipo misto, ossia, con caratteristiche sia tecniche sia non-tecniche; tali invenzioni sono trattate in vario modo dai diversi uffici brevetti.
In particolare, l’Ufficio Brevetti Europeo (EPO) applica un cosiddetto approccio a due ostacoli (“two hardle approach”).
Il primo ostacolo riguarda il fatto che l’invenzione non deve ricadere nelle categorie che sono escluse dalla brevettabilità; tuttavia, le esclusioni si applicano solamente in quanto tali, la soluzione va considerata nel suo complesso e indipendentemente dall’arte nota.
Il secondo ostacolo riguarda invece l’attività inventiva. Nel caso in questione di invenzioni miste (ossia, con caratteristiche sia tecniche sia non-tecniche), l’EPO applica una versione modificata del classico approccio problema-soluzione (“problem-solution approach”); ciò al fine di garantire che l’attività inventiva sia valutata solamente in base alle caratteristiche che contribuiscono al carattere tecnico dell’invenzione (caratteristiche tecniche per se o anche non-tecniche ma che nel contesto dell’invenzione producono un effetto tecnico che serve uno scopo tecnico). In caso di presenza di differenze tecniche rispetto all’arte nota più vicina, si procede determinando l’effetto tecnico di tali differenze e quindi formulando il corrispondente problema tecnico; tuttavia, a tale proposito eventuali caratteristiche non-tecniche sono utilizzate nella formulazione del problema tecnico come un semplice vincolo da soddisfare (indipendentemente dalla loro innovatività).
In genere, tali invenzioni sono rivendicate innanzitutto come metodo. Una volta che il metodo è stato ritenuto accettabile, altri aspetti della stessa soluzione sono anche essi accettati automaticamente. Ciò è importante per garantire una efficace protezione brevettuale. Pertanto, è opportuno rivendicare anche un corrispondente sistema che implementa il metodo (effettivamente configurato e non solo idoneo) e un corrispondente programma (che fornisce un ulteriore effetto tecnico quando eseguito oltre a quello che deriva normalmente da ciò).
L’Ufficio Brevetti Statunitense (USPTO) applica un diverso approccio che giunge sostanzialmente agli stessi risultati.
In particolare, è richiesto che l’invenzione sia significativamente non esclusa dalla brevettazione, indipendentemente dalla forma in cui è rivendicata. A tale scopo, è applicata un’analisi a 3-passi: verifica se l’invenzione riguarda materia eleggibile, verifica se l’invenzione è diretta a esclusioni giuridiche e verifica se l’invenzione nel complesso fornisce significativamente più delle esclusioni giuridiche.


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L’Ufficio brevetti cinese (CNIPA) si comporta in modo molto simile all’EPO, in quanto richiede che le invenzioni riguardino soluzioni tecniche (in ogni caso, le criptovalute non sono ammesse).
L’Ufficio brevetti giapponese si comporta invece in modo piuttosto diverso. In particolare, in Giappone sia caratteristiche tecniche sia caratteristiche non-tecniche sono prese in considerazione per valutare l’attività inventiva.

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