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Intervento ed impugnazione del singolo condomino nella lite tra il Condominio e i terzi

Nota a Ordinanza Cassazione Civile n. 27101 del 15.11.2017
Intervento ed impugnazione del singolo condomino nella lite tra il Condominio e i terzi
Intervento ed impugnazione del singolo condomino nella lite tra il Condominio e i terzi

Abstract

Il diritto del proprietario esclusivo di intervenire nel processo in luogo del condominio, o di impugnare la sentenza che lo condanna, secondo l’orientamento giurisprudenziale tradizionale e alla luce delle novità normative e del nuovo orientamento delle Sezioni Unite in merito alla soggettività giuridica autonoma del condominio.

The right of the exclusive owner to intervene in the trial in place of the condominium, or to challenge the sentence that condemns him, according to the traditional jurisprudential orientation and in light of the new legislation and the new orientation of the United Sections on the autonomous legal subjectivity of the condominium

 

1. La rappresentanza processuale in condominio

In tema di rappresentanza processuale del condominio, dispone l’articolo 1131 codice civile come “nei limiti delle attribuzioni stabilite dall'articolo 1130 o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall'assemblea, l'amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti e può agire in giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi. Può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell'edificio; a lui sono notificati i provvedimenti dell'autorità amministrativa che si riferiscono allo stesso oggetto. Qualora la citazione o il provvedimento abbia un contenuto che esorbita dalle attribuzioni dell'amministratore, questi è tenuto a darne senza indugio notizia all'assemblea dei condomini. L'amministratore che non adempie a quest'obbligo può essere revocato ed è tenuto al risarcimento dei danni.”

Se dunque è pacifica la legittimazione processuale dell’Amministratore di condominio all’azione nelle liti riguardanti interessi comuni dei condomini altrettanto non può dirsi della legittimazione processuale del singolo condomino (o dei singoli condomini) ad intervenire nel processo in corso o ad impugnare una sentenza di condanna che veda quale parte in causa il condominio.

La tematica viene ampiamente descritta nella Ordinanza interlocutoria della Suprema Corte di Cassazione n. 27101 del 15.11.2017, la quale – individuando e ricostruendo un contrasto di indirizzi giurisprudenziali – rimette al Primo Presidente la questione, per la eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.

In questa breve nota ci preoccuperemo di evidenziarne i punti salienti ed in particolare i loro riflessi operativi sul piano processuale e sostanziale.

 

2. L’orientamento tradizionale della Suprema Corte: la legittimazione sostitutiva

Va osservato, in premessa, come la ratio della norma di cui all’articolo 1131 codice civile, che consente all’amministratore di rappresentare processualmente l’intero condominio, risieda nella necessità di evitare di dover promuovere una lite nei confronti di tutti i condomini (c.d. litisconsorzio necessario) potendo diversamente chiamare in causa il loro rappresentante.

Tale disposizione costituisce una evidente deroga alla disciplina processuale ordinaria, che prevederebbe, ai finie della regolare costituzione del contraddittorio, in una lite che avesse a riguardare i diritti di una pluralità di controparti, che tutte costoro vi fossero espressamente chiamate in causa.

D’altro canto, sulla scorta di tale disposizione, l’orientamento tradizionale della Suprema Corte ammetteva sin di recente, una forma di rappresentanza processuale reciproca tra i condomini, mediante la quale si attribuiva a ciascuno una legittimazione sostitutiva, sulla scorta dell’assunto per il quale ogni compartecipe alla comunità condominiale non potrebbe tutelare il proprio diritto senza contemporaneamente e necessariamente difendere l’analogo diritto degli altri (cfr. Cassazione, 16 maggio 2011, n. 10717; Cassazione, 28 agosto 2002, n. 12258; Cassazione, 25 maggio 2001, n. 7130).

Ne discendeva come la qualità processuale del condomino interveniente od appellante non fosse considerata – sulla scorta di tale insegnamento – quella del terzo, ma della parte originaria del processo. Si ammetteva, pertanto, la non applicabilità al condomino delle preclusioni di cui agli artt. 268 e 344 codice di procedura civile previste nei confronti dell’interveniente terzo (Cassazione, 27 gennaio 1997, n. 826). Si negava, inoltre, la capacità a testimoniare del singolo condomino, in quanto portatore del medesimo interesse della parte originaria (cfr. Cassazione 23 agosto 2007, n. 17925; Cassazione 16 luglio 1997, n. 6483).

Altra rilevante conseguenza dell’orientamento giurisprudenziale sin qui seguito dalla Suprema Corte può individuarsi nella riferibilità – e, dunque, della azionabilità in via esecutiva - della sentenza di condanna pronunciata avverso il solo condominio, nei confronti di chiunque rivestisse la qualità di condomino (salva la applicazione di una solidarietà o parziarietà passiva), nonostante il condomino assoggettato alla condanna non fosse stato chiamato in giudizio, non vi avesse partecipato, né fosse stato individuato nominativamente nel titolo esecutivo ((Cassazione 29 settembre 2017, n. 22856; Cassazione, SS. UU. 8 aprile 2008, n. 9148; Cassazione 14 ottobre 2004, n. 20304; Cassazione  14 dicembre 1982, n. 6866; Cassazione 11 novembre 1971, n. 3235).

Tale applicazione non potrebbe oggi non dirsi contrastante, peraltro, con il disposto di cui all’articolo 63 co. 2 disp. att. Codice civile, che impone ai creditori del condominio la preventiva escussione dei condomini morosi, rispetto all’azione nei confronti dei condomini virtuosi.

In tema di impugnazione, un corollario consequenziale dell’assunto sulla legittimazione reciproca e sostitutiva spettante al singolo condomino è costituito dalla facoltà di questi di impugnare la sentenza di condanna emessa nei confronti dell’intero condominio, anche in assenza di coeva impugnazione da parte dell’amministratore, e senza che ciò implichi il litisconsorzio necessario degli altri condomini, ma anzi impedendo, in tal guisa, il passaggio in giudicato della sentenza anche nei confronti di questi (cfr. ex pluribus Cassazione 16 dicembre 2015, n. 25288; Cassazione 3 settembre 2012, n. 14765; Cassazione 16 maggio 2011, n. 10717).

 

3. La Riforma del Condominio e il nuovo orientamento giurisprudenziale

Tale orientamento tradizionale è stato opposto da un orientamento contrario, che ha trovato un importante punto di riferimento nella nota Riforma del Condominio (Legge 220/2012) e una pietra miliare nella pronuncia della Corte di Cassazione a Sezioni Unite del 18 settembre 2014 n. 19663.

Mediante la novella normativa, così come interpretata dal Supremo Collegio, si può rinvenire, se non una personalità giuridica in forma attenuata, certamente una soggettività giuridica autonoma del condominio, così da mettere in crisi il meccanismo di rappresentanza tra condomino e amministratore, che sorreggeva la precedente e tradizionale ricostruzione giurisprudenziale.

Va definito, dunque, se a tale nuova lettura della qualità sostanziale e processuale del condominio, sopravviva la possibilità di applicare ancora una legittimazione processuale del condomino, eventualmente da limitarsi a quelle controversie che avessero ad oggetto azioni reali o personali, incidenti sul diritto pro quota od esclusivo del singolo condomino, con esclusione invece delle controversie aventi ad oggetto la gestione o la custodia dei beni comuni, laddove la situazione sostanziale sarebbe riferibile non al diritto del singolo condomino ma al condominio in quanto tale, la cui legittimazione, pertanto, spetterebbe al solo amministratore.

 

4. La pendenza della questione avanti al Primo Presidente della Corte di Cassazione

Con l’Ordinanza in commento, atteso il contrasto giurisprudenziale, e vista la rilevanza delle questioni, il Collegio ha disposto la rimessione degli atti al Primo Presidente della Corte di Cassazione affinché valuti, ai sensi dell’articolo 374 co. 2 codice di procedura civile, la eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, che si potrebbero così pronunciare sul punto, affermando un principio di diritto, ai sensi dell’articolo 384 codice di procedura civile

Peraltro, la attualità della questione ha condotto, anche recentemente, la Seconda Sezione Civile della Suprema Corte a sospendere il giudizio in materia di impugnazione per cassazione da parte di un condomino - già interveniente in adesione nel giudizio di primo grado a favore del condominio - nell’inerzia del condominio soccombente, e avente ad oggetto sia doglianze che concernono diritti esclusivi di singoli condomini sia doglianze inerenti a parti comuni dell’edificio.

Sulla ammissibilità di tali motivi di impugnazione si è deciso di rinviare la causa a nuovo ruolo in attesa della decisione del Primo Presidente sull’eventuale sottoposizione della questione alle Sezioni Unite (Cassazione Ordinanza 12501 del 21 maggio 2018).

Il tema, pertanto, deve ritenersi aperto e in evoluzione, in attesa della determinazione del Supremo Collegio, dalla quale ci si attende la descrizione di un chiaro perimetro processuale della facoltà di intervento e di impugnazione del singolo condomino.

 

Per visualizzarea la Sentenza n. 19663/2014 e l'Ordinanza n. 27101/2017 clicca qui.