La proponibilità di domande riconvenzionali nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo
La proponibilità di domande riconvenzionali nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo
Nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, l’opposto deve considerarsi legittimato a proporre una domanda riconvenzionale a titolo di risarcimento (per ingiustificato arricchimento e/o per responsabilità precontrattuale), atteso che tale domanda non è proponibile nel giudizio in cui si chiede il decreto ingiuntivo, essendo tale giudizio a cognizione sommaria, e non ordinaria.
In the judgment of opposition to the injunction decree, the opposing party must consider himself entitled to propose a counterclaim for compensation (for unjust enrichment and/or pre-contractual liability), given that such a request cannot be proposed in the judgment in which the decree is requested injunctive, this judgment being a summary and not ordinary judgment.
Tuttavia, la domanda riconvenzionale non è proponibile nel giudizio di opposizione quando il decreto ingiuntivo era stato concesso subordinatamente all’impegno del ricorrente a garantire l’adempimento della controprestazione e/o l’avveramento di una condizione sospensiva (art. 633 comma 2 c.p.c.). La medesima domanda, invece, deve ritenersi proponibile nel giudizio di opposizione allorquando l’opposto, il quale chieda la provvisoria esecuzione del decreto, dia cauzione per l’ammontare della restituzione della somma pagata dall’opponente a seguito dell’esecutività, nonché delle spese e di eventuali danni (art. 648 comma 2 c.p.c.)
However, the counterclaim cannot be brought forward in the opposition proceedings when the injunction had been granted subject to the appellant's commitment to guarantee the fulfillment of the consideration and/or the fulfillment of a condition precedent (art. 633 paragraph 2 c.p.c.) . The same request, however, must be considered possible in the opposition proceedings when the opponent, who requests the provisional execution of the decree, gives security for the amount of the refund of the sum paid by the opponent following enforcement, as well as the expenses and any damages (art. 648 paragraph 2 c.p.c.)
La Cassazione SSUU civili, con la sentenza n. 26727 del 15.10.2024, pronunciandosi su una questione sollevata dalla Sezione Prima Civile con ordinanza interlocutoria n. 20476 del 17.07.2023, relativa al giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, ha affermato i seguenti principi:
“nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, la proposizione da parte dell'opposto nella comparsa di risposta di domande alternative a quella introdotta in via monitoria è ammissibile se tali domande trovano il loro fondamento nel medesimo interesse che aveva sostenuto la proposizione della originaria domanda nel ricorso diretto all’ingiunzione”;
“chi ha avviato il giudizio per via monitoria ha facoltà di introdurre nella comparsa di risposta le domande alternative che eventualmente intenda presentare, non potendo invece riservarle fino all’“ultimo giro” offerto dall’articolo 183, sesto comma, c.p.c. Fino a quest’ultimo, comunque, a seconda dell’evoluzione difensiva dell’opponente posteriore alla comparsa di risposta, gli sarà consentito proporre domande come manifestazioni di difesa, anche se non stricto sensu riconvenzionali»
Nella fattispecie, la domanda riconvenzionale proposta nel giudizio di opposizione aveva ad oggetto il risarcimento danni per ingiustificato arricchimento (art. 2041 c.c.) e per responsabilità precontrattuale (art. 1337 c.c.).
Il giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo (D.I.) è un procedimento a cognizione ordinaria, ossia caratterizzato dalla piena facoltà delle parti – sia l’opponente sia l’opposto – di articolare le proprie difese nei modi e nei tempi comunemente previsti, senza quelle preclusioni o limitazioni che solitamente contraddistinguono il ricorso per D.I., ossia il procedimento base. Quest’ultimo, infatti, è a “cognizione sommaria”, ossia viene discusso e deciso “inaudita altera parte”, e cioè sulla base del solo deposito, da parte del ricorrente, della documentazione attestante il diritto di credito del quale si chiede il pagamento, ed in assenza di contraddittorio con il debitore.
Le SSUU, con la sentenza n. 26727 del 15.10.2024, hanno affrontato la seguente questione: se, nel giudizio di opposizione a D.I., l’opposto, ossia colui che aveva ottenuto il decreto, possa chiedere che l’opponente venga condannato a risarcire il danno prodotto da ingiustificato arricchimento oppure il danno da responsabilità precontrattuale.
In teoria, se si attribuisce rilevanza al principio di economicità del procedimento giurisdizionale, si potrebbe ritenere che il creditore, quando propone il ricorso per D.I., non soltanto possa ma anzi “debba” chiedere, oltre che il pagamento del credito e quindi l’adempimento della prestazione, anche il risarcimento dei danni derivati dal mancato adempimento da parte del debitore. In tal modo quest’ultimo, messo alle strette dal fatto che contro di lui è stato chiesto non solo l’adempimento ma anche il risarcimento del danno, dovrebbe ragionevolmente essere indotto a difendersi direttamente (e compiutamente) nel giudizio instaurato con il ricorso. Quale sarebbe, in termini di economicità, il vantaggio di tutto ciò? Anziché essere instaurati due distinti procedimenti, uno per il decreto ed un altro per la domanda risarcitoria, ne verrebbe instaurato uno soltanto, quello ordinario, nel quale si chiede sia il decreto sia il risarcimento.
Tuttavia, se così fosse, il procedimento a cognizione sommaria, qual è quello del ricorso per D.I., verrebbe ad essere snaturato, poiché si baserebbe su domande ulteriori (vedi risarcimento) a quella volta a conseguire l’adempimento dell’obbligazione contrattuale, e pertanto si tramuterebbe in un giudizio a cognizione piena. Invece, la sua finalità è soltanto quella di consentire al creditore un incasso celere della somma a questi contrattualmente dovuta, e non anche quello di riconoscergli diritti di tipo accessorio rispetto al credito base, e l’incasso celere è motivato dall’esigenza di responsabilizzare il debitore all’adempimento e quindi all’osservanza degli accordi negoziali: chiunque rivesta la qualità di “debitore” deve sapere che, se non paga, si vedrà costretto a pagare a seguito di un decreto giudiziale il quale verrà emesso senza che lui possa essere neanche ascoltato a difesa. Il suddetto procedimento, quindi, proprio perché “a cognizione sommaria”, assolve ad una funzione di incentivo al corretto adempimento delle obbligazioni, che poi è l’essenza stessa dei rapporti intersoggettivi.
Di conseguenza, la sede deputata ad accogliere eventuali richieste risarcitorie fatte da chi ottenuto il D.I., non può che essere proprio il giudizio di opposizione. Naturalmente, tali istanze, proprio perché provengono da chi in tale giudizio è “convenuto”, assumeranno la forma (ed anche la sostanza) di “domande riconvenzionali”, ossia proposte in reazione alla citazione notificata dall’opponente (soccombente nel ricorso per D.I.). Esse, in quanto tali, dovranno essere proposte, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta, ex art. 167 comma 2 c.p.c., come le stesse SSUU nella sentenza in commento affermano.
Il motivo per il quale la Cass. Civ. sezione I aveva sollevato la questione (vedi ordinanza interlocutoria n. 20476 del 17.07.2023) era stato questo: può l’opposto proporre una domanda riconvenzionale anche quando l’opponente si sia limitato a chiedere la revoca del D.I. senza a sua volta proporre nessun’altra domanda od eccezione? Il fondamento dell’ordinanza sopra citata risiedeva nel principio in base al quale
normalmente la domanda riconvenzionale consegue ad una istanza volta ad ottenere la spettanza di un diritto, e non anche l’insussistenza di un obbligo. Secondo tale interpretazione, tale domanda è proponibile solo in risposta ad una richiesta della controparte mirante al riconoscimento di un atto ampliativo della propria sfera giuridica, e non anche ad una richiesta tesa a sentir accertare l’insussistenza di un obbligo a proprio carico (chiedendo la revoca del D.I., infatti, si chiede di accertare che non sussiste l’obbligo del pagamento).
Si trattava, a parere di chi scrive, di un’interpretazione eccessivamente restrittiva, che non trovava (e non trova) riscontro in quella che è la disciplina delle domande riconvenzionali, le quali possono essere proposte avverso “qualsivoglia” domanda giudiziale: prevede, infatti, l’art. 36 c.p.c. che “il giudice competente per la causa principale conosce anche delle domande riconvenzionali che dipendono dal titolo dedotto in giudizio dall'attore”. Per “titolo” si intende una “qualsiasi” domanda giudiziale, e quindi anche quella mirante ad ottenere la revoca di un provvedimento di condanna al pagamento, e tendente ad ottenere l’eliminazione di un obbligo (e non l’attribuzione di un diritto).
Semmai va evidenziato un altro aspetto.
Ai sensi dell’art. 633 comma 2, “l'ingiunzione può essere pronunciata anche se il diritto dipende da una controprestazione o da una condizione, purché il ricorrente offra elementi atti a far presumere l'adempimento della controprestazione o l'avveramento della condizione”.
Nel caso in cui il ricorrente, pur dopo aver ottenuto il D.I., non adempia la controprestazione e/o non soddisfi la condizione, non sembra che egli possa, nel successivo giudizio di opposizione, proporre alcuna domanda riconvenzionale a titolo risarcitorio. L’ingiunto, infatti, si è opposto al D.I. lamentando il fatto che l’opposto non ha mantenuto l’impegno assunto al momento in cui il decreto stesso gli era stato concesso: egli si è reso inadempiente e quindi non può adesso, nel giudizio di opposizione, considerarsi legittimato a richiedere alcuna prestazione al debitore. Sarà, eventualmente, proprio quest’ultimo a poter chiedere, oltre che l’adempimento della controprestazione, anche il danno patito per aver egli dovuto pagare sulla base di un’obbligazione che in realtà, al tempo in cui il D.I. è stato emesso, non si era ancora perfezionata, atteso che l’insorgere della medesima era subordinato all’avveramento di una condizione e/o all’esecuzione della controprestazione, e cioè a due eventi che non si sono verificati per causa imputabile al creditore.
Diverso, invece, il discorso nel caso in cui, ex art. 648 comma 2 c.p.c., il Giudice, nel giudizio di opposizione, conceda la provvisoria esecuzione del D.I. in quanto l’opposto ha dato “cauzione per l'ammontare delle eventuali restituzioni, spese e danni”. Un conto è, come nel caso dell’art. 633 comma 2, indicare al Giudice elementi idonei a “far presumere”, ma non a “garantire”, l’adempimento della controprestazione e/o l’avveramento della condizione. Un altro conto è, invece, “dare cauzione”, ossia, appunto, “garantire” la restituzione della somma oggetto dell’ingiunzione, nonché delle spese e degli eventuali danni, nel caso in cui il Giudice dovesse riconoscere come infondata la richiesta di pagamento che era stata accolta con il decreto. La presenza di una cauzione, poiché dà al debitore (opponente) la certezza di poter recuperare quanto pagato a seguito dell’esecutività del decreto, dovrebbe consentire al creditore, convenuto nel giudizio di opposizione, di proporre anche una domanda riconvenzionale a titolo risarcitorio: se tale domanda non sarà accolta, il creditore verrà condannato a pagare le ulteriori relative spese.