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Mediazione - Tribunale di Vasto: natura perentoria o ordinatoria del termine per l’attivazione della mediazione delegata dal giudice

Mediazione - Tribunale di Vasto: natura perentoria o ordinatoria del termine per l’attivazione della mediazione delegata dal giudice
Mediazione - Tribunale di Vasto: natura perentoria o ordinatoria del termine per l’attivazione della mediazione delegata dal giudice

Il caso

Il Tribunale di Vasto con due pronunce “gemelle” ha trattato il delicato tema della natura del termine di 15 giorni per l’attivazione della procedura di mediazione delegata, disposta dal giudice con ordinanza emessa ex articolo 5 del Decreto Legislativo n.28/2010 (“Decreto”).

I casi oggetto delle citate pronunce – entrambi giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo – presentano la medesima situazione processuale in cui la parte gravata di presentare la domanda di mediazione delegata dal giudice ha attivato tale procedura oltre il termine di 15 giorni previsto dalla norma.

Le motivazioni delle due pronunce vertono sulla natura perentoria ovvero ordinatoria del suddetto termine e sulle rispettive conseguenze sul piano dell’applicabilità o meno della sanzione di improcedibilità della domanda giudiziale e della pedissequa conferma del decreto ingiuntivo opposto.

Sulla scorta di due opposti orientamenti giurisprudenziali, il Tribunale di Vasto, aderendo alla tesi che attribuisce natura ordinatoria al termine in esame, ha rigettato l’eccezione di improcedibilità della domanda giudiziale formulata dalla parte invitata a partecipare alla mediazione (se pur con presentazione tardiva della domanda).

L’autorevole iter logico-giuridico con il quale il giudice ripercorre entrambi gli orientamenti consente di comprendere chiaramente quali siano le criticità dell’istituto e quali le possibili soluzioni formulate dalla giurisprudenza.

Ambito normativo

Il Decreto in materia di mediazione, al comma 2 dell’articolo 5 disciplina la cosiddetta mediazione delegata (o demandata) dal giudice.

Tale procedura riguarda il caso in cui, nel corso di un giudizio, il giudice, valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti, dispone con ordinanza che sia esperito il tentativo di mediazione e delega una delle parti (quella che ha interesse alla prosecuzione del processo) affinché attivi la procedura – con deposito della relativa domanda di mediazione – nel termine di 15 giorni dall’emissione dell’ordinanza, fissando l’udienza successiva, per la verifica dell’esito della conciliazione, oltre il termine massimo previsto dal Decreto per la durata della procedura stessa (3 mesi).

Il tentativo di mediazione delegata è condizione di procedibilità del giudizio, ciò significa che l’omesso o il mancato esperimento della procedura non consente la prosecuzione del processo e impone al giudice una pronuncia di rito con la quale dichiara l’improcedibilità del giudizio.

 

Il dibattito sulla natura del termine e gli orientamenti interpretativi

La natura del termine di 15 giorni per l’attivazione della mediazione delegata è stata il fulcro di un dibattito giurisprudenziale sfociato in due orientamenti opposti, con i quali si è cercato di risolvere la questione della presentazione tardiva della domanda di mediazione da parte del delegato.

Il focus del dibattito verte sulla natura perentoria ovvero ordinatoria del suddetto termine e sul rapporto dello stesso con la generale disciplina processuale dei termini (articoli 152 e seguenti del Codice di Procedura Civile).

La disciplina generale dei termini processuali stabilisce che

  • se la legge stessa non li dichiara espressamente perentori, questi sono ordinatori (comma 2 dell’articolo 152 Codice di Procedura Civile);
  • i termini perentori non possono essere abbreviati o prorogati (comma 1 dell’articolo 153 Codice di Procedura Civile);
  • i termini ordinatori possono essere abbreviati o prorogati, anche d’ufficio dal giudice, e la proroga non può avere durata superiore al termine originario.

Pertanto, la qualificazione del termine di mediazione delegata all’una o all’altra categoria ha effetti sull’applicabilità o meno della sanzione di improcedibilità prevista dal Decreto.

Un primo filone interpretativo considera il termine in oggetto perentorio nonostante l’assenza di un’esplicita previsione di legge, dal momento che la gravità della sanzione dell’improcedibilità del giudizio, prevista per il mancato esperimento del tentativo di mediazione, ne imporrebbe una rigorosa osservanza. Secondo questa linea interpretativa, pertanto, il mancato rispetto del termine equivarrebbe al mancato esperimento della procedura, con le medesime conseguenze di improcedibilità della causa.

Per contro, un orientamento giurisprudenziale opposto ritiene il suddetto termine di natura ordinatoria, in assenza di una esplicita previsione normativa di perentorietà. Per tale ragione la sanzione di non procedibilità della domanda giudiziale non potrebbe essere la conseguenza giuridica della tardiva presentazione dell’istanza di mediazione, in quanto non configurabile come mancato esperimento della stessa.

L’orientamento in oggetto non considera la domanda di mediazione come un atto del processo civile, pertanto, “predicare la perentorietà del termine per la sua presentazione è fuori luogo” (in tal senso Tribunale di Roma, 14 luglio 2016, n.14185).

Tuttavia, la tesi che sostiene la natura ordinatoria del termine di 15 giorni – e la conseguente inapplicabilità della sanzione di non procedibilità del giudizio – ammette un’eccezione: qualora il ritardo nella presentazione della domanda di mediazione delegata sia tale da pregiudicare l’effettivo esperimento della procedura prima dell’udienza di verifica fissata ai sensi dell’articolo 5 del Decreto, allora la prosecuzione del giudizio si espone comunque al rischio della declaratoria di improcedibilità.

È il caso, ad esempio, in cui la “mediazione demandata dal giudice venga introdotta con molto ritardo rispetto a quanto disposto – con l’ordinanza ex articolo 5 del Decreto – e a breve distanza temporale dall’udienza di rinvio” (Cfr. Tribunale di Roma, 14 luglio 2016, n.14185, sopra citata).

 

Conclusioni

Il giudice del Tribunale di Vasto, nel caso di specie, ha aderito alla tesi ordinatoria del termine e ha dichiarato inapplicabile la sanzione dell’improcedibilità della domanda giudiziale, non ritenendo pregiudicata dal ritardo l’effettiva possibilità di esperire il tentativo di mediazione.

Vale la pena riportare un estratto di una delle pronunce del Tribunale di Vasto, dove viene analizzato il dato testuale dell’articolo 5 del Decreto, dal quale eloquentemente “(…) si evince che lo scopo sotteso alla assegnazione del termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione è quello di compulsare le parti all’attivazione della procedura, in modo che essa possa essere portata a termine prima della celebrazione della udienza di rinvio, che – a sua volta – deve essere fissata dopo la scadenza del termine di durata della mediazione, non superiore a tre mesi. In altre parole, la ratio legis della previsione del termine di quindici giorni risponde alla esigenza di garantire certezza dei tempi di definizione della procedura di mediazione, affinché la parentesi extraprocessuale, che si apre con l’emissione della ordinanza di rimessione delle parti in mediazione, possa chiudersi entro la data di rinvio del processo ed in tempo utile ad evitare che il tentativo di raggiungimento di un accordo amichevole tra le parti ridondi in danno della durata complessiva del processo, provocando uno slittamento ulteriore della udienza di rinvio e, dunque, un allungamento dei tempi di definizione del giudizio. Tale considerazione trova conferma nella disposizione dell’art. 6, secondo comma, D.Lgs. n. 28/10, che stabilisce che, nella mediazione demandata dal giudice, il termine di durata del procedimento di mediazione decorre, al più tardi, “dalla scadenza di quello fissato dal giudice per il deposito della domanda”, nel caso in cui – ovviamente – a quella data le parti non abbiano già depositato l’istanza. Ricostruita in questi termini la funzione, per così dire, acceleratoria del termine in discussione, è evidente che ad esso non possa essere attribuito carattere di perentorietà, tanto più che la legge non prevede alcuna sanzione per la sua inosservanza.

Per visualizzare il testo delle due pronunce clicca qui.

(Tribunale di Vasto, sentenza del 15 maggio 2017; ordinanza del 15 maggio 2017)