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Inutilizzabili le dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria, allorché non verbalizzate né sottoscritte

istanbul
Ph. Alessandro Saggio / istanbul

Indice:

1. La norma

2. Gli effetti dell’orientamento giurisprudenziale “sostanzialista”

3. L’approdo verso una lettura più aderente allo spirito della norma

4. Lo stato dell’arte: giurisprudenza e dottrina concordi

5. Conclusioni

 

1. La norma

Sono inutilizzabili le dichiarazioni non verbalizzate né sottoscritte, rese dalla persona informata dei fatti alla polizia giudiziaria e da questa riportate in una semplice annotazione redatta ai sensi dell’articolo 357, comma 1, Codice Procedura Penale, in luogo di un formale verbale.

Sembrerebbe un esito interpretativo scontato, stando alla lettera della norma in questione – la quale esige che l’assunzione di informazioni deve essere documentata attraverso la verbalizzazione di esse - nondimeno l’orientamento giurisprudenziale prevalente, fino a pochi anni fa, predicava l’utilizzabilità di dette dichiarazioni ancorché non verbalizzate, in contrasto con quanto prescritto dall’articolo 357 Codice Procedura Penale.

Ciò sulla base del rilievo – a parere di chi scrive, alquanto discutibile – che in assenza di espresso o implicito divieto, non sarebbe ravvisabile nella mancata verbalizzazione alcuna ipotesi di inutilizzabilità generale di cui all’articolo 191 Codice Procedura Penale, ovvero di inutilizzabilità specifica, talché le dichiarazioni de quibus, ancorché non verbalizzate ai sensi dell’articolo 357 comma 2 Codice Procedura Penale, sarebbero utilizzabili ai fini cautelari. 

 

2. Gli effetti dell’orientamento giurisprudenziale “sostanzialista”

Al fine di meglio comprendere la portata degli interessi in gioco, si consideri che, seguendo siffatta impostazione, una dichiarazione testimoniale non verbalizzata e, quindi, nemmeno sottoscritta dal propalante, ma unicamente riportata all’interno di una informativa o di una annotazione di p.g., potrebbe costituire la base probatoria per emettere una misura cautelare e privare un soggetto della libertà personale!

 

3. L’approdo verso una lettura più aderente allo spirito della norma

Da tali coordinate interpretative, che per anni hanno costituito l’indirizzo prevalente (Cfr., ex plurimis, Cass., Sez. II, 04/01/2013, n. 150, secondo cui la mancata verbalizzazione da parte delle polizia giudiziaria di dichiarazioni da essa ricevute, in contrasto con quanto prescritto dall’articolo 357 Codice Procedura Penale, non le rende nulle o inutilizzabili in quanto nessuna sanzione in tal senso è prevista da detta norma, sicché salvi i limiti di cui all’articolo 350, commi 6 e 7, Codice Procedura Penale, l’agente o l’ufficiale di polizia giudiziaria può fare relazione del loro contenuto all’autorità giudiziaria e rendere testimonianza “de relato”), la più recente giurisprudenza della Suprema Corte, seppur con diverse oscillazioni, si è, fortunatamente, discostata.

Facendo leva su una lettura più aderente allo spirito della norma in esame, sembra ora essere stata privilegiata l’opzione esegetica – fino a qualche anno fa minoritaria – che predica l’inutilizzabilità delle dichiarazioni accusatorie non verbalizzate, ma semplicemente raccolte dalla polizia giudiziaria in una nota informativa o in una annotazione, sulla base del rilievo che esse devono considerarsi acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge e ricomprese nell’ipotesi di inutilizzabilità patologica di cui all’articolo 191 Codice Procedura Penale, con conseguente impossibilità che esse fondino l’emissione di una misura cautelare.

Si è affermato, condivisibilmente, che, sulla base dei principi fondanti il diritto delle prove penali in un sistema processuale accusatorio, siffatte dichiarazioni non potranno mai essere utilizzate in dibattimento e ciò le rende inutilizzabili anche ai fini dell’emissione di una misura cautelare, in quanto deve di regola escludersi che possano costituire il supporto motivazionale di un provvedimento cautelare in genere, non essendo idonee a formulare alcuna prognosi di probabilità della colpevolezza dell’imputato (Così Cass., Sez. III, 04/12/2013, n. 6386, che, nel ripercorrere il contrasto giurisprudenziale in seno alla Corte di Cassazione, ha ritenuto di dare continuità all’indirizzo, fino a quel momento minoritario, espresso da Cass., Sez. VI, n. 21937 del 01/04/2003, Casaburro, Rv. 22568, Cass., Sez. VI, n. 107 del 18/01/1993, Modafferi, Rv. 194502 e Cass., Sez. I, 12/10/1994, Savignano, FI, 1996, II, 242).

Esse, pertanto, potranno essere utilizzate nella fase delle indagini preliminari, ma solo come indizio di reato e stimolo e oggetto di ulteriori investigazioni, mentre una loro utilizzazione dibattimentale, pure ai limitati fini della contestazione di cui all’articolo 503 Codice Procedura Penale, comma 3, è possibile soltanto se le dichiarazioni siano state verbalizzate secondo quanto è richiesto dall’articolo 357 Codice Procedura Penale, comma 2.

 

4. Lo stato dell’arte: giurisprudenza e dottrina concordi

Allo stato attuale, con il suggello apportato alla più garantista tesi da Cass., Sez. Sez. VI, sentenza n. 56995 del 20 dicembre 2017, la quale ha ribadito che “sono inutilizzabili le dichiarazioni non verbalizzate né sottoscritte, rese dall’indagato alla polizia giudiziaria e da questa riportate in un’annotazione redatta ai sensi dell’articolo 357, comma 1, Codice Procedura Penale”, la giurisprudenza risulta allineata alla posizione da sempre espressa dalla dottrina.

In quest’ultimo ambito, invero, si è costantemente osservato che l’articolo 191 Codice Procedura Penale definisce inutilizzabili “le prove acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge”: rispetto al Progetto preliminare del 1988, risulta tralasciato ogni riferimento al giudice e abbandonato l’ancoraggio della comminatoria al solo momento dell’ammissione probatoria

(Cfr. l’articolo 191 del Progetto preliminare del 1988, in Conso-Grevi-Neppi Modona, Il nuovo codice di procedura penale. Dalle leggi delega ai decreti delegati, vol. IV, Cedam, 1990, p. 558. Sul punto, Scella, Prove penali e inutilizzabilità. Uno studio introduttivo, Giappichelli, 2000, p. 118 s.).

La stessa Relazione al testo definitivo spende qualche parola sul profilo in esame, suffragando la tesi che “la disciplina delle prove è destinata a regolare almeno tendenzialmente pure l’attività svolta dall’organo dell’accusa nel corso delle indagini preliminari (Così, Voena, Attività investigativa ed indagini preliminari, in Aa.Vv., Le nuove disposizioni sul processo penale (Atti del Convegno di Perugia, 14-15 aprile 1988), Cedam, 1989, p. 46).

Il comma 2, inoltre, prevede che il vizio possa rilevarsi “in ogni stato e grado del procedimento”, ricorrendo ad un’espressione che, ordinariamente, compendia anche la fase pre-processuale: se per prove inutilizzabili si fossero volute intendere le sole acquisite in dibattimento, il dettato legale conterrebbe una dicitura fuorviante (Per Nobili, Commento all’articolo 191 Codice Procedura Penale, in Commento al nuovo codice di procedura penale, coordinato da Chiavario, vol. II, cit., p. 410 “è certo che la disposizione in esame s’applica all’intero arco del procedimento (dalla notitia criminis in poi)”. Dello stesso avviso, Amato-D’Andria, Organizzazione e funzioni della polizia giudiziaria nel nuovo codice di procedura penale, Giuffrè, 1990, p. 244; Galantini, L’inutilizzabilità della prova nel processo penale, Cedam, 1992, p. 192 s.; Scella, Prove penali e inutilizzabilità, cit., p. 188 s).

 

5. Conclusioni

In conclusione, dottrina e giurisprudenza concordano ora nell’affermare che la collocazione topografica ed il tenore dell’articolo 191 Codice Procedura Penale non impediscono di riferire il precetto agli atti di indagine e agli snodi deliberativi ante iudicium.

Non resta che auspicare – visti gli effetti dirompenti che l’opposto orientamento determina in sede cautelare – che non si abbiano a registrare ulteriori involuzioni verso impostazioni di segno giustizialista.