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Dichiarazioni spontanee: le porte girevoli delle garanzie

dichiarazioni sostitutive
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Dichiarazioni spontanee: le porte girevoli delle garanzie

Dichiarazioni spontanee: il sottile confine della “sollecitazione” nelle mani della polizia giudiziaria.

Il potere della polizia giudiziaria di raccogliere dichiarazioni spontanee provenienti dalla persona sottoposta alle indagini, senza l’assistenza del difensore e il loro utilizzo.

Le attività ad iniziativa della PG. non sono altro che la traduzione in istituti specifici dei compiti che il legislatore codicistico le ha assegnato nell’art. 55 del codice di procedura penale (Funzioni della polizia giudiziaria): prendere notizia dei reati; impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori; ricercarne gli autori; compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant’altro possa servire per l’applicazione della legge penale; svolgere ogni indagine e attività disposta o delegata dall’AG.

Tra le attività troviamo la possibilità di raccogliere le dichiarazioni spontanee dell’indagato come previsto dall’articolo 350 comma 7 c.p.p.: “La polizia giudiziaria può altresì ricevere dichiarazioni spontanee dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, ma di esse non è consentita l’utilizzazione nel dibattimento, salvo quanto previsto dall’articolo 503 comma 3”.

La norma in esame:

Art. 350 c.p.p.- Sommarie informazioni dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini

1. Gli ufficiali di polizia giudiziaria assumono, con le modalità previste dall’articolo 64, sommarie informazioni utili per le investigazioni dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini che non si trovi in stato di arresto o di fermo a norma dell’articolo 384, e nei casi di cui all’articolo 384-bis.

2. Prima di assumere le sommarie informazioni, la polizia giudiziaria invita la persona nei cui confronti vengono svolte le indagini a nominare un difensore di fiducia e, in difetto, provvede a norma dell’articolo 97 comma 3.

3. Le sommarie informazioni sono assunte con la necessaria assistenza del difensore, al quale la polizia giudiziaria dà tempestivo avviso. Il difensore ha l’obbligo di presenziare al compimento dell’atto.

4. Se il difensore non è stato reperito o non è comparso, la polizia giudiziaria richiede al pubblico ministero di provvedere a norma dell’articolo 97, comma 4.

5. Sul luogo o nell’immediatezza del fatto, gli ufficiali di polizia giudiziaria possono, anche senza la presenza del difensore, assumere dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, anche se arrestata in flagranza o fermata a norma dell’articolo 384, notizie e indicazioni utili ai fini della immediata prosecuzione delle indagini.

6. Delle notizie e delle indicazioni assunte senza l’assistenza del difensore sul luogo o nell’immediatezza del fatto a norma del comma 5 è vietata ogni documentazione e utilizzazione.

7. La polizia giudiziaria può altresì ricevere dichiarazioni spontanee dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, ma di esse non è consentita l’utilizzazione nel dibattimento, salvo quanto previsto dall’articolo 503 comma 3.

 

Dichiarazioni spontanee, sollecitate e le non codificate "spintanee"

In materia di dichiarazioni rese dall’indagato nell’immediatezza dei fatti e in assenza di garanzie, vi la necessità di distinguere tra dichiarazioni “spontanee” e dichiarazioni “sollecitate”: le prime, infatti, possono essere utilizzate nel corso del procedimento e, quindi, essere poste a fondamento di una misura cautelare o essere utilizzate nei riti a prova contratta.

L’art. 350 comma 7, infatti, ne limita il divieto di utilizzazione alla sola fase dibattimentale. Le seconde, viceversa, violano lo statuto della prova dichiarativa proveniente dalla persona indagata (secondo le regole stabilite dall’art. 63) in modo radicale e sono pertanto inutilizzabili, salvo ai fini della prosecuzione delle indagini, come stabilisce l’art. 350 commi 5 e 6.

Tale differente regime trova giustificazione nel fatto che non può impedirsi all’indagato di rendere dichiarazioni alla PG di sua spontanea iniziativa, laddove, al contrario, la richiesta di informazioni da parte della PG ai fini della ricerca della prova a carico di chi ne è richiesto non può non conformarsi alle regole dettate a garanzia dal codice di rito e, quindi, deve essere preceduta dall’avviso della facoltà di rimanere in silenzio e svolgersi alla presenza del difensore, ai sensi dell’art. 350 commi 2, 3 e 4.

Lo stesso articolo, peraltro, al comma 1, stabilisce che “Gli ufficiali di PG assumono... ... sommarie informazioni utili per le investigazioni dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini che non si trovi in stato di arresto o di fermo” e al comma 5 stabilisce inoltre, che “gli ufficiali di PG possono, anche senza la presenza del difensore, assumere dalla persona ... anche se arrestata in flagranza o fermata... notizie e indicazioni utili ai fini della immediata prosecuzione delle indagini “, di tali notizie è vietata, a norma del comma successivo, ogni documentazione e utilizzazione. Pertanto, dette dichiarazioni non sono in alcun modo utilizzabili, neanche a favore del dichiarante (Sez. 4, 32245/2018).

La disposizione dell’art. 350, comma 7, in quanto norma eccezionale, non è suscettibile di applicazione analogica e deve essere, comunque, soggetta ad una interpretazione restrittiva. La deroga al sistema di garanzie previsto dai primi quattro commi all’art. 350 induce, pertanto, a ricondurre all’ambito concettuale delle dichiarazioni spontanee esclusivamente le dichiarazioni ricevute in assenza di qualsiasi sollecitazione, palese o surrettizia, diretta o indiretta, da parte degli inquirenti.

Nel disegno sistematico del codice di procedura penale le dichiarazioni spontanee non sono, infatti, “stimolate” dall’inquirente, ma frutto della esclusiva iniziativa della persona sottoposta ad indagini ed esulano, in ragione della propria spontaneità, dallo schema domanda-risposta. Il ruolo meramente passivo assunto in tale fase dalla PG trova conferma nel dato semantico, atteso che la norma intenzionalmente fa riferimento alla “ricezione” e non già alla “assunzione”, che figura negli ulteriori commi della medesima disposizione.

L’elemento decisivo per l’applicabilità della norma speciale (o eccezionale) risiede esclusivamente nella spontaneità delle dichiarazioni, che dunque non si risolvano sostanzialmente in risposte a domande della PG. Parimenti non può assumere valenza decisiva la qualificazione attribuita dalla PG alle dichiarazioni acquisite. Spetta, infatti, al giudice il compito primario di garantire la genuinità e la legalità delle prove poste a fondamento della propria decisione.

Ne consegue che il giudice non può limitarsi a ritenere spontanee le dichiarazioni dell’indagato solo perché siano state così qualificate dalla PG che le ha ricevute, ma deve d’ufficio accertare, sulla base di tutti gli elementi (anche di natura logica), a sua disposizione se nel caso concreto le dichiarazioni rese dall’indagato avevano effettivamente natura libera e volontaria (e, quindi, siano autonomamente promanate dall’indagato, senza alcuna sollecitazione o domanda della PG); è, pertanto, onere del giudice dare atto di tale valutazione con motivazione congrua ed adegua (Sez. 6, 53037/2017).
 

La natura libera e volontaria come viene interpretata dalla giurisprudenza della Suprema Corte?

Il quesito è fondamentale per comprendere la pericolosa china che la prassi giudiziaria ha intrapreso per eludere le garanzie ed assicurare al processo contributi informativi che, attivando i meccanismi difensivi previsti per istituti similari, potrebbero non ottenersi. Il tutto nella totale inconsapevolezza del dichiarante e perciò violando, primi fra tutti, il principio di legalità della prova e l’effettività del diritto di difesa.

L’art. 350, co. 7, c.p.p. governa il potere della polizia giudiziaria di raccogliere dichiarazioni spontanee provenienti dalla persona sottoposta alle indagini, senza l’assistenza del difensore e in assenza degli avvertimenti previsti dalla disciplina generale a garanzia dell’effettività del diritto di difesa (art. 64 c.p.p.).

A differenza delle notizie “informali” raccolte sul luogo o nell’immediatezza del fatto – che, anche se acquisite in assenza di garanzie, sono inutilizzabili in toto  le dichiarazioni spontanee provenienti dall’indagato sono inutilizzabili solo in dibattimento (salvo per le contestazioni a norma dell’art. 503) mentre, come chiarito dalla giurisprudenza, sono pienamente utilizzabili nell’incidente cautelare e nei riti a c.d. prova contratta.

La deviazione dal modello generale tipico (inutilizzabilità patologica delle prove assunte in violazione dei divieti stabiliti dalla legge) si giustifica alla luce del carattere “spontaneo” del contributo offerto, spontaneità che la giurisprudenza maggioritaria considera estrinsecazione del diritto di “autodifesa” del dichiarante.

La deroga è fondata su di un concetto – la spontaneità – dai contorni indefiniti, e l’altro aspetto paradossale ma purtroppo frequente nella prassi giudiziaria e l’utilizzo frequente del comma settimo dell’art. 350 per “raccogliere” dichiarazioni spontanee a contenuto autoincriminante.

Anche una confessione in piena regola, pertanto, potrà raccogliersi senza assistenza difensiva e senza la somministrazione degli avvisi sulle facoltà spettanti al dichiarante, in maniera del tutto svincolata dallo schema-tipo disciplinato dall’art. 63 c.p.p. (regola generale e assoluta) e, per il fatto di essere “spontanea”, sarebbe inutilizzabile solo nel dibattimento e, di contro, pienamente utilizzabile nella fase cautelare e nei riti “a prova contratta”.
 

Dichiarazioni spontanee e giurisprudenza:

La disciplina delle dichiarazioni spontanee rese dalla persona sottoposta ad indagini (art. 350, comma 7 è diversa da quella delle sommarie informazioni rese dall’indagato su iniziativa della PG (art. 350, comma 1) e non implica il rispetto delle prescrizioni dell’art. 63 (Sez. 2, 18731/2018).

Le dichiarazioni spontanee rese dall’indagato alla PG sono utilizzabili in sede di giudizio abbreviato anche in mancanza dell’avvertimento di cui all’art. 64, comma secondo, lett. c), previsto solo per l’interrogatorio e non per le dichiarazioni di cui all’art. 350, comma 7 (Sez.4, 50035/2017).

La sanzione di inutilizzabilità erga omnes delle dichiarazioni assunte senza garanzie difensive da un soggetto che avrebbe dovuto fin dall’inizio essere sentito in qualità di imputato o persona soggetta alle indagini, postula che a carico dell’interessato siano già acquisiti, prima dell’escussione, indizi non equivoci di reità, come tali conosciuti dall’autorità procedente, non rilevando a tale proposito eventuali sospetti od intuizioni personali dell’interrogante (SU, 23868/2009).

Qualunque “dichiarazione” sia essa spontanea che sollecitata, assunta senza le garanzie previste dall’art. 64 è radicalmente inutilizzabile in quanto la regola prevista dall’art. 63 comma 2 ha una portata generale estensibile anche alle dichiarazioni raccolte d’iniziativa dalla PG (Sez. 3, 24944 /2015).

In senso contrario: le dichiarazioni spontanee anche se rese in assenza del difensore e senza l’avviso di poter esercitare il diritto al silenzio sono utilizzabili nella fase procedimentale, nella misura in cui emerga con chiarezza che l’indagato abbia scelto di renderle liberamente, senza alcuna coercizione o sollecitazione.

Si tratta di dichiarazioni che hanno un perimetro di utilizzabilità circoscritto alla fase procedimentale e dunque all’incidente cautelare, ed ai riti a prova contrata, ma che non hanno alcuna efficacia probatoria in dibattimento Sez. 2, 14320/2018).

Sempre in tema di spontaneità, tra le altre, Sez. 2, n. 26246 del 03/04/2017, Distefano, Rv.  271148, secondo cui "Sono utilizzabili nella fase procedimentale, e dunque  nell'incidente cautelare e negli eventuali riti a prova contratta, le dichiarazioni  spontanee rese dalla persona sottoposta alle indagini alla polizia giudiziaria ai  sensi dell'art. 350, comma 7, cod. proc. pen., purché emerga con chiarezza che  l'indagato ha scelto di renderle liberamente, ossia senza alcuna coercizione o  sollecitazione".

Ed ancora, la cassazione sezione V con la sentenza n. 8991 del 16 marzo 2022 ha confermato che: “Nel caso di specie, il giudice avrebbe dovuto valutare utilmente le spontanee  dichiarazioni confessorie rese dall'indagato al momento dell'emersione del reato e  dell'arresto, poiché esse erano pienamente utilizzabili in tale fase procedimentale, come  ha oramai stabilito l'orientamento prevalente di questa Corte regolatrice, secondo cui  sono utilizzabili nella fase procedimentale, e quindi nell'incidente cautelare e negli  eventuali riti a prova contratta, le dichiarazioni spontanee che l'indagato abbia reso alla  polizia giudiziaria, ai sensi dell'art. 350, comma 7, cod. proc. pen., ancorchè in assenza  di difensore ed in difetto degli avvisi di cui agli artt. 63, comma 1, e 64 cod. proc. pen.  e pur anche se non nell'immediatezza dei fatti, a condizione che emerga con chiarezza  che egli abbia scelto di renderle liberamente, ossia senza alcuna coercizione o  sollecitazione (Sez. 4, n. 2124 del 27/10/2020, dep. 2021, Minauro, Rv. 280242.

Da ultimo la sentenza della cassazione sezione I n. 1634/2022 che ha stabilito in tema di "spontaneità"  il seguente paradosso: "La sanzione di inutilizzabilità "erga omnes" delle dichiarazioni  assunte senza garanzie difensive da un soggetto che avrebbe dovuto fin  dall'inizio essere sentito in qualità di imputato o persona soggetta alle indagini,  postula che a carico dell'interessato siano già acquisiti, prima dell'escussione,  indizi non equivoci di reità, come tali conosciuti dall'autorità procedente, non  rilevando a tale proposito eventuali sospetti od intuizioni personali  dell'interrogante" (Sez. U, n. 23868 del 23/04/2009, Fruci, Rv. 243417).  A detti fini, è pertanto necessario che il giudice accerti — in termini che, se  congruamente motivati, si sottraggono al sindacato di legittimità (Sez. U, n.  15208 del 25/02/2010, Mills, Rv. 246584) — se nei confronti di tali soggetti  risulti o meno l'originaria esistenza di precisi, anche se non gravi, indizi di reità,  condizione che non può automaticamente farsi derivare dal solo fatto che i  dichiaranti risultino essere stati in qualche modo coinvolti in vicende  potenzialmente suscettibili di dar luogo alla formulazione di addebiti penali a loro  carico (Sez. 2, n. 51732 del 19/11/2013, Carta, Rv. 258109; Sez. 5, Sentenza n.  24953 del 15/05/2009, Costa, Rv. 243891)". 

Le considerazioni di cui sopra si riferiscono al caso di specie, di un ritrovamento di armi e munizioni all'interno di una abitazione e tale circostanza non avrebbe, secondo la Suprema Corte: "determinato la ricorrenza, a carico della donna, di precisi indizi di reità,  conclusione che, in quanto formulata a partire da emergenze ancora  obiettivamente embrionali ed equivoche, non appare in questa sede sindacabile. 

Ne discende la piena utilizzabilità delle dichiarazioni rese, senza le garanzie  difensive, dalla donna".

In conclusione rimane l'interrogativo iniziale, quando le dichiarazioni sono “spontanee”, “sollecitate” e “spintanee”?

 Per una rassegna giurisprudenziale sull'articolo 350 comma 7 c.p.p.: