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Art. 357 - Documentazione dell’attività di polizia giudiziaria

1. La polizia giudiziaria annota secondo le modalità ritenute idonee ai fini delle indagini, anche sommariamente, tutte le attività svolte, comprese quelle dirette alla individuazione delle fonti di prova.

2. Fermo quanto disposto in relazione a specifiche attività, redige verbale dei seguenti atti:

a) denunce, querele e istanze presentate oralmente;

b) sommarie informazioni rese e dichiarazioni spontanee ricevute dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini;

c) informazioni assunte, a norma dell’articolo 351;

d) perquisizioni e sequestri;

e) operazioni e accertamenti previsti dagli articoli 349, 353 e 354;

f) atti, che descrivono fatti e situazioni, eventualmente compiuti sino a che il pubblico ministero non ha impartito le direttive per lo svolgimento delle indagini.

3. Il verbale è redatto da ufficiali o agenti di polizia giudiziaria nelle forme e con le modalità previste dall’articolo 373.

4. La documentazione dell’attività di polizia giudiziaria è posta a disposizione del pubblico ministero.

5. A disposizione del pubblico ministero sono altresì poste le denunce, le istanze e le querele presentate per iscritto, i referti, il corpo del reato e le cose pertinenti al reato.

Rassegna giurisprudenziale

Documentazione dell’attività di polizia giudiziaria (art. 357)

L’obbligo di redazione degli atti indicati dall’art. 357 comma 2, tra i quali rientrano le operazioni e gli accertamenti urgenti, nelle forme previste dall’art. 373, non è previsto a pena di nullità od inutilizzabilità.

Per le attività di PG è infatti sufficiente la loro documentazione, anche in un momento successivo al compimento dell’atto e, qualora esse rivestano le caratteristiche della irripetibilità, è necessaria la certezza dell’individuazione dei dati essenziali, quali le fonti di provenienza, le persone intervenute all’atto e le circostanze di tempo e di luogo della constatazione dei fatti.

Né può escludersi che il verbale stilato dagli operanti di polizia abbia natura di atto fidefacente solo perché redatto su un modello prestampato (Sez. 1, 34022/2006).

L’art. 357 prevede che l’attività di indagine della PG sia documentata per garantire la genuinità degli atti compiuti, per presidiare il rispetto dei diritti della persona coinvolta, oltre che per consentire il controllo sull’operato investigativo. La registrazione dell’attività deve avvenire secondo la griglia prevista da detto articolo.

L’annotazione rappresenta la modalità ordinaria di documentazione a disposizione della PG, in quanto prevista in via generale per «tutte le attività svolte comprese quelle dirette alla individuazione delle fonti di prova» ai sensi dell’art. 348, dunque quelle c.d. atipiche.

È improntata al criterio di informalità, richiedendosi soltanto una descrizione sommaria di quanto eseguito, nel rispetto delle indicazioni contenutistiche minime previste dall’art. 115 Att., che fa di essa un utile strumento per assicurare un’adeguata documentazione dell’attività compiuta.

Ciò che rileva è che sia predisposta la documentazione, pure successiva, di siffatte attività di PG. La diversità di verbalizzazione tra la fase procedimentale e quella dibattimentale si giustifica con la diversità degli scopi che le norme perseguono: preparatoria all’acquisizione della prova, nella prima; direttamente probatoria, invece, nella seconda. Le annotazioni sono utilizzabili ai fini della autorizzazione alle intercettazioni di comunicazioni o conversazioni e ai fini dell’adozione di misure cautelari (Sez. 2, 55082/2017).

La registrazione da parte della PG dei colloqui con le persone informate sui fatti non costituisce attività d’intercettazione in senso tecnico, perché proviene da uno dei soggetti che ha partecipato alla conversazione, ma integra una legittima modalità di documentazione fonica, che non lede alcun principio costituzionale pur quando è realizzata in modo occulto, in quanto la Costituzione tutela la libertà e la segretezza delle comunicazioni, non la loro riservatezza: la prova così documentata, se pure non utilizzabile nel giudizio dibattimentale stante il divieto di testimonianza indiretta degli ufficiali e agenti di PG, è invece utilizzabile nel giudizio abbreviato, in cui l’imputato accetta che siano valutati gli elementi informativi raccolti al di fuori del contraddittorio tra le parti e nell’ambito del procedimento cautelare.

Peraltro, va ribadito che se con il ricorso per cassazione si deduce l’inutilizzabilità di un elemento a carico, il motivo di ricorso deve illustrare, a pena di inammissibilità, l’incidenza dell’eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta “prova di resistenza”, essendo in ogni caso necessario valutare se le residue risultanze, nonostante l’espunzione di quella inutilizzabile, risultino sufficienti a giustificare l’identico convincimento (Sez. 6, 35936/2017).

È certamente utilizzabile nel giudizio abbreviato l’annotazione di PG avente ad oggetto le dichiarazioni delle persone assunte a sommarie informazioni che non abbiano inteso o comunque non abbiano sottoscritto il relativo verbale (Sez. 3, 44004/2015).

L’obbligo di verbalizzazione degli atti indicati nell’art. 357 comma 2 non può ritenersi prescritto a pena di nullità. Da ciò discende che le dichiarazioni rese dai testi, allorché siano annotate nell’atto di PG e non vi siano dubbi quanto alla fonte dichiarativa, possono ritenersi utilizzabili sia per l’adozione di misure cautelari, sia ai fini della decisione del giudizio abbreviato, per il quale l’imputato ha volontariamente optato, ben consapevole della utilizzabilità di tutti gli atti raccolti dall’inquirente nella fase delle indagini e, dunque, anche delle sue dichiarazioni riportate negli atti di PG (Sez. 6, 19844/2016).