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Art. 347 - Obbligo di riferire la notizia del reato

1. Acquisita la notizia di reato, la polizia giudiziaria, senza ritardo, riferisce al pubblico ministero, per iscritto, gli elementi essenziali del fatto e gli altri elementi sino ad allora raccolti, indicando le fonti di prova e le attività compiute, delle quali trasmette la relativa documentazione.

2. Comunica, inoltre, quando è possibile, le generalità, il domicilio e quanto altro valga alla identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, della persona offesa e di coloro che siano in grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti.

2-bis. Qualora siano stati compiuti atti per i quali è prevista l’assistenza del difensore della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, la comunicazione della notizia di reato è trasmessa al più tardi entro quarantotto ore dal compimento dell’atto, salve le disposizioni di legge che prevedono termini particolari.

3. Se si tratta di taluno dei delitti indicati nell’articolo 407, comma 2, lettera a), numeri da 1) a 6) del presente codice, o di uno dei delitti previsti dagli articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies, 612-bis e 612-ter del codice penale, ovvero dagli articoli 582 e 583-quinquies del codice penale nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma del medesimo codice penale e, in ogni caso, quando sussistono ragioni di urgenza, la comunicazione della notizia di reato è data immediatamente anche in forma orale. Alla comunicazione orale deve seguire senza ritardo quella scritta con le indicazioni e la documentazione previste dai commi 1 e 2.

4. Con la comunicazione, la polizia giudiziaria indica il giorno e l’ora in cui ha acquisito la notizia.

Rassegna giurisprudenziale

Obbligo di riferire la notizia di reato (art. 347)

La Corte costituzionale ha accolto il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bari nei confronti del Governo, in relazione all’articolo 18, comma 5, del D. Lgs. n. 177 del 2016.

Questa disposizione prevede che, a fini di coordinamento informativo, “i vertici delle Forze di Polizia adottino istruzioni affinché i responsabili di ciascun presidio di polizia interessato trasmettano alla propria scala gerarchica le notizie relative all’inoltro delle informative di reato all’AG, indipendentemente dagli obblighi prescritti dalle norme del codice di procedura penale”.

La Corte, pur riconoscendo che le esigenze di coordinamento informativo poste a fondamento della disposizione impugnata sono meritevoli di tutela, ha ritenuto lesiva delle attribuzioni costituzionali del pubblico ministero, garantite dall’articolo 109 della Costituzione, la specifica disciplina della trasmissione per via gerarchica delle informative.

Ha quindi concluso che non spettava al Governo adottare il citato art. 18 comma 5 nella parte in cui prevede che “al fine di rafforzare gli interventi di razionalizzazione volti ad evitare duplicazioni e sovrapposizioni, anche mediante un efficace e omogeneo coordinamento informativo, il capo della polizia-direttore generale della pubblica sicurezza e i vertici delle altre Forze di polizia adottano apposite istruzioni attraverso cui i responsabili di ciascun presidio di polizia interessato trasmettono alla propria scala gerarchica le notizie relative all’inoltro delle informative di reato all’autorità giudiziaria, indipendentemente dagli obblighi prescritti dalle norme del codice di procedura penale”.

La Consulta ha conseguentemente annullato tale disposizione (Corte costituzionale, sentenza 229/2018).

La data di acquisizione della notitia criminis o in cui è pervenuta la comunicazione della notizia di reato è il discrimine al fine della individuazione del momento della “pendenza” del procedimento penale. La notitia criminis genera tre effetti: a) determina il passaggio dalla funzione di polizia di sicurezza a quella di PG, spostando l’indagine dalla ricerca di eventuali reati che possono essere commessi, su di “un” reato ravvisabile dall’informazione acquisita; b) determina l’obbligo per la PG di informare il PM; c) impone a quest’ultimo di provvedere all’immediata iscrizione nel registro delle notizie di reato.

Trattasi, cioè, dell’atto con cui la PG investe l’AG della notizia di reato acquisita – comunemente definita l’informativa – la quale deve precisare gli elementi essenziali del fatto, nonché gli elementi di prova e le attività compiute (Sez. 3, 47043/2015).

Ai fini della valutazione del tempestivo adempimento dell’obbligo della PG di riferire la notizia di reato al PM, le espressioni adoperate dalla legge - sia che ci si riferisca alla locuzione “senza ritardo”, sia all’avverbio “immediatamente”, usati, rispettivamente, nei commi primo e terzo dell’art. 347 - pur se non impongono termini precisi e determinati, indicano attività da compiere in un margine ristretto di tempo, e cioè non appena possibile, tenuto conto delle normali esigenze di un ufficio pubblico onerato di un medio carico di lavoro.

La modifica dell’art. 347, con la sostituzione del termine perentorio di quarantotto ore, in origine prescritto per l’adempimento dell’obbligo di riferire al PM la notizia di reato, con la locuzione “senza ritardo”, per consentire alla PG di averne compiuta acquisizione non autorizza difatti il pubblico ufficiale, che ha avuto la notizia nell’esercizio o a causa delle sue funzioni, ad una propria valutazione di fondatezza, che resta riservata al PM (Sez. 5, 14465/2011).