La Deontologia sta anche nel Piatto
Al giorno d’oggi il food stylist non solo ha il compito di valorizzare un piatto, un alimento o un prodotto, ma ha soprattutto il dovere deontologico di studiare un’immagine a “doc” che si sposi con vision e mission dell’azienda cliente, e che inoltre, valorizzi nei giusti modi, il prodotto soggetto dello scatto.
Probabilmente vi aspettavate un articolo su trucchetti, set fotografici e scintillii a sorpresa, ma invece parlare di una professione significa anche affrontarne il valore deontologico e l’etica che non sempre vi sta alle spalle, soprattutto se tale professione è tra le più abusate in termini di richiesta / qualità / formazione del professionista.
L’improvvisazione di fotografi, food blogger e food stylist è infatti all’ordine del giorno. Chiunque può iniziare a fare proprie le professioni elencate, ma ricordiamo che, come per ogni lavoro, prima di tutto bisogna formarsi.
Questione di relazioni
Le relazioni che i food stylist tendenzialmente innescano sono con agenzie di comunicazione, imprenditori, commercianti, ristoratori o con fotografi che hanno necessità di completare un team per offrire un set con caratteristiche più strutturate.
Relazione n° 1:
Le agenzie di comunicazione, come abbiamo già detto negli articoli precedenti, danno al food stylist il compito di “tradurre in concreto” la visione dell’art director concordata con il cliente.
In questo caso oltre a migliorie e suggerimenti, il food stylist figura come un realizzatore di un’opera visiva funzionale ad una campagna.
Relazione n° 2:
Come può un food stylist fare la differenza per un produttore di pentole, un ristoratore o un negozio di ortofrutta? Vediamo caso per caso.
FoodS + produttore pentole (imprenditore)
In tal caso non vi sono agenzie, ma spesso un titolare, che a suo gusto dirige e sceglie anche l’immagine dell’azienda. Perchè mai dovrebbe chiamare un food stylist?
Tutte le immagini che saranno sul suo web e sui suoi canali di divulgazione dovranno elevare al massimo i plus aziendali e di prodotto.
Dovranno dunque parlare all’audience corretto che sia b2b (ristoratori o rivenditori) o b2c (il privato cittadino).
Ciò implica la scelta di stili, accessori, proposte di inquadratura e alimenti accostati in maniera completamente differenti a seconda dell’obiettivo.
Andando nel concreto, se l’imprenditore deve vendere ad un ristoratore, mostreremo la pentola, il materiale, lo spessore, il fondo spesso e...le potenzialità che ha, ovvero le diverse cotture attraverso l’accostamento di differenti pietanze preparate a doc in base alla stagionalità e al target.
FoodS + Ristoratore
Qui si apre un mondo. Tendenzialmente un ristoratore pensa che avendo uno cuoco, il piatto vada bene così. Ma non sono d’accordo. I tempi cambiano, i linguaggi mutano, i target dei locali varia e tendenzialmente i locali medi non hanno uno chef che si forma continuamente sull’estetica del piatto (che poi solo estetica non è).
Qui interviene il food stylist che, a seguito di un certificato come alimentarista (che consiglierei a tutti quelli che vogliono intraprendere tale mestiere), rivede con il ristoratore e il cuoco i piatti, gli ingredienti e aiuta il cuoco stesso a creare impiattamenti nuovi che rinfreschino l’impatto visivo del menù senza nulla togliere a chi sta dietro ai fornelli da sempre.
FoodS + Commerciante
La vendita passa dai social e dal web, se non ci sei non esisti e nel caso trovassero il tuo negozio solo su google, ti compatirebbero per non avere ancora un canale on line. Possiamo essere o meno d’accordo, ma la tangibilità della presenza sul web fa la differenza nella percezione del cliente e non si può essere on line senza foto.
E qui le foto vendono per te.
Sotto, un esempio di comunicazione per i social (stesso messaggio diversa immagine):
1. Oggi da noi trovate verdura fresca, succosa, pronta per le vostre ricette;
2. Oggi da noi trovate verdura fresca, succosa, pronta per le vostre ricette.
Capite bene che non vi è paragone.
Chi di voi andrebbe ad acquistare i primi pomodori e la prima insalata?
Qui il food stylist si occupa di far apparire freschi gli ortaggi e renderli più appetibili che mai.
Crea dunque la soluzione alla richiesta del cliente.
Relazione n° 3:
Food Stylist e Fotografo. Qui deve funzionare la sinergia. Un buon fotografo ha food stylist differenti in base alle richieste. Si possono arrivare ad avere set complessissimi e molto molto efficaci.
Sta alla coppia far del loro meglio in termini di analisi del messaggio e mix di competenze.
Cosa c’entra la deontologia in tutto ciò?
La deontologia sta nel creare set sempre differenti, che raccontino i cliente al meglio e che parlino secondo i linguaggi più attuali e nuovi all’audience scelto.
Ma la deontologia di chi fa questo lavoro sta anche nell’essere responsabili ed ecosostenibili durante i set di lavorazione.
Infine l’ultima, ma non meno importante delle attenzioni, va ai messaggi subliminali.
Non useremo dunque simbolismi che vanno ad urtare la sensibilità religiosa oppure oggetti e gestualità che ledono l’altro.
Con le immagini siamo infatti in grado di fare comunicazione, cultura e informazione, anche se si tratta banalmente ( e non così banalmente) di cibo.