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La disciplina sul contenzioso nelle operazioni elettorali alla luce delle norme del Codice del Processo Amministrativo

Elezioni
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1. Premessa.

 

 

Il Titolo VI del Libro IV del Codice del processo amministrativo disciplina il contenzioso in materia elettorale. Esso si divide in tre Capi: il Capo I (artt. 126 – 128) individua l’ambito di applicazione e detta le disposizioni comuni per tutte la tipologie di contenzioso elettorale regolate dal Codice; il Capo II, costituito dal solo art. 129, concerne la tutela anticipata avverso gli atti di esclusione dai procedimento elettorali preparatori per le elezioni comunali, provinciali e regionali; il Capo III (artt. 130 – 132) contiene disposizioni relative alle operazioni elettorali di comuni, province, regioni e Parlamento europeo.

 

Prima di procedere all’analisi della disciplina positiva dettata dal Codice del processo amministrativo, pare opportuno porre in essere alcune considerazioni di carattere preliminare.

 

Il contenzioso elettorale si distingue in attivo e passivo. Il primo è relativo alle controversie sullo status di elettore ed è devoluto al giudice ordinario. Il secondo attiene alle controversie sul diritto a conseguire o mantenere la carica elettiva e contempla, a sua volta, due diversi ordini di tutela: la tutela relativa alle questioni di eleggibilità, incompatibilità e decadenza dall’ufficio, rimessa al giudice ordinario, essendo coinvolte situazioni giuridiche concernenti la capacità delle persone e, pertanto, diritti soggettivi; la tutela in tema di regolarità delle operazioni elettorali, affidata, invece, al giudice amministrativo sul presupposto che, in questo caso, siano in discussione interessi legittimi al corretto svolgimento del procedimento elettorale.

 

La prima questione che il Codice si trova ad affrontare è la delimitazione dei confini della giurisdizione elettorale.

 

L’art. 129 del Codice attua il criterio di delega sancito dall’art. 44, comma 2, lett. d), prima parte, della L. n. 69/2009, cheprevede la razionalizzazione e l’unificazione delle norme vigenti per il processo amministrativo sul contenzioso elettorale, imponendo il dimezzamento di tutti i termini processuali rispetto a quelli ordinari, il deposito preventivo del ricorso e la successiva notificazione in entrambi i gradi.

 

L’obiettivo del legislatore delegante è stato di rafforzare la celere definizione del giudizio in ragione del preminente interesse pubblico al rispetto della volontà popolare. Il Codice non dà, invece, attuazione al criterio di delega che prevede l’introduzione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nelle controversie concernenti atti del procedimenti elettorale preparatorio per le elezioni volte al rinnovo della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica: la delega, infatti, prevedeva con l’introduzione di un nuovo caso di giurisdizione esclusiva, un rito abbreviato in camera di consiglio in modo da risolvere il contenzioso in tempi compatibili con gli adempimenti organizzativi del procedimento e con la data di svolgimento delle elezioni. Per cui, mentre nella versione provvisoria del Codice era stata introdotta una specifica disciplina relativamente alla tutela dinnanzi gli atti di esclusione dalle elezioni politiche, nel testo definitivo, invece, non risulta prevista alcuna forma di tutela, confermando in subiecta materia il principio dell’autodichia.

 

 

2. Ambito della giurisdizione sul contenzioso elettorale, esenzione dagli oneri fiscali e inammissibilità del ricorso straordinario al Capo dello Stato.

 

La disciplina processuale previgente era riposta:

 

1) per le elezioni comunali e provinciali, negli articoli 6, 19, comma 4, e 29 della L. n. 1034/1971. L’art. 19 cit. richiamava, a sua volta, le norme contenute nella L. n. 1147/1960 (recante modificazioni alle norme sul contenzioso elettorale amministrativo), il cui articolo 2 ha modificato il d.P.R. 6 maggio 1960, n. 570, contenente il testo unico delle leggi per la composizione e l’elezione degli organi delle amministrazioni comunali: tale ultima normativa, per le parti relative ai ricorsi elettorali, è ora abrogata dall’art. 2 dell’Allegato 4 al Codice (norme di coordinamento e abrogazioni);

2) per le elezioni regionali, nella legge 17 febbraio 1968, n. 108, modificata in più punti dal Codice;

3) per le elezioni del Parlamento europeo. Nell’art. 42 della legge 24 gennaio 1979, n. 18.

 

Il Codice disciplina nell’art. 126 l’ambito della giurisdizione amministrativa in materia elettorale, riferendola alle operazioni relative al rinnovo degli organi elettivi dei comuni, delle province e delle regioni, nonché all’elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia.

 

Per ciò che concerne gli atti relativi alle elezioni politiche della Camera dei deputati e del Senato, essierano soggetti, secondo l’interpretazione comunemente data, al controllo da parte della Giunta per le elezioni (art. 66 Cost.).

 

Un rimedio a questa situazione di incertezza poteva essere introdotto dal Codice del processo che secondo la delega, come detto, avrebbe dovuto introdurre “la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nelle controversie concernenti atti del procedimento elettorale preparatorio per le elezioni per il rinnovo della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica”.

 

Si è già detto che, però, il Governo ha ritenuto di non istituire questa nuova giurisdizione esclusiva, stralciando quanto proposto dalla Commissione tecnica che ha predisposto la bozza di Codice, ritenendo che una tutela circa la fase preparatoria avrebbe potuto creare incertezze e mal conciliarsi con i tempi rapidi del procedimento elettorale (così la relazione governativa di accompagnamento al Codice).

 

La situazione resta, quindi, quella anteriore alla riforma.

 

L’art. 127 c. p. a. prevede l’esenzione degli atti relativi al contenzioso elettorale dal contributo unificato e da ogni altro onere fiscale, in coerenza con quanto già previsto dall’articolo 3, secondo comma, della legge 23 dicembre 1966, n. 1147. La ratio di questa disposizione normativa va individuata nell’esigenza di evitare che, in questo delicato settore, simili oneri possano essere in qualche misura disincentivanti la tutela giurisdizionale.

 

L’articolo 128 del Codice, infine, sancisce espressamente l’inammissibilità del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica in materia elettorale, preferendo il legislatore attribuire tutela in questa materia esclusivamente attraverso rimedi giurisdizionali in senso stretto. Si ritiene che tale scelta legislativa – in linea con la costante giurisprudenza in merito – debba essere correlata sia con l’esigenza di riservare alla materia del contenzioso elettorale la più ampia tutela conseguibile con il ricorso giurisdizionale (nei diversi gradi e con il contraddittorio che lo caratterizzano), sia con la necessità di rapida definizione del contenzioso elettorale, che non appare conseguibile attraverso il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica (che prevede, tra l’altro, l’ampiezza dei termini per la presentazione del ricorso e per la relativa istruttoria, l’acquisizione del parere del Consiglio di Stato, la trasposizione del ricorso in sede giurisdizionale a tutela dei controinteressati).

 

 

3. La tutela anticipata avverso gli atti di esclusione dai procedimenti elettorali preparatori per le elezioni comunali, provinciali e regionali.

 

Il Codice, nell’art. 129, che apre il Capo II, disciplina una tutela giurisdizionale anticipata, vale a dire la possibilità di ricorrere immediatamente avverso i provvedimenti preliminari del procedimento elettorale preparatorio, senza attendere la proclamazione degli eletti. Il sindacato, in questo caso, viene attribuito alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo. In particolare, la giurisdizione esclusiva ha ad oggetto le controversie in materia di esclusione delle liste e/o candidati. Restano, invece, sottratti al sindacato del giudice amministrativo, in quanto atti meramente politici, il decreto di indizione dei comizi elettorali ed i procedimenti governativi volti a disciplinare le operazioni elettorali.

 

Vigente la precedente normativa, in merito alla possibilità di tutela immediata avverso i provvedimenti preliminari del procedimento elettorale di ammissione ed esclusione delle liste, si sono registrati in giurisprudenza tre orientamenti:

- un primo orientamento ha sostenuto che i provvedimenti di ammissione e di esclusione delle liste dovessero essere impugnati entro il termine di trenta giorni dalla loro conoscenza;

- un secondo orientamento ha posto in essere la distinzione tra provvedimenti di ammissione e provvedimenti di esclusione, ammettendo l’impugnazione immediata solo dei secondi;

- un terzo orientamento, avallato anche dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, ha ritenuto che l’impugnazione fosse ammissibile solo successivamente alla proclamazione degli eletti.

 

In particolare, l’Adunanza Plenaria citata statuiva che “i ricorsi contro le operazioni elettorali successive all’emanazione del decreto di convocazione dei comizi, tra le quali ci sono quelle relative all’ammissione ed all’esclusione delle liste elettorali, vanno proposti dopo la proclamazione degli eletti”; evidenziando come: <<è ben vero che in tal modo non c’è immediata tutela giurisdizionale contro i provvedimenti di esclusione delle liste; ma è altrettanto vero che l’ammissione della lista esclusa potrebbe essere data solo con provvedimento cautelare di sospensione dell’efficacia dell’esclusione, non essendo praticamente possibile definire il giudizio prima dello svolgimento delle elezioni, sicché in ogni caso l’ammissione o esclusione delle liste, e con esse i risultati delle elezioni, sarebbero provvisori, e vi sarebbero altrettante probabilità di far competere una lista illegittimamente esclusa quante di fare svolgere elezioni invalide; ed in definitiva l’immediatezza della tutela sarebbe puramente apparente>>. E, infatti, <<la non impugnabilità immediata di atti aventi effetti sicuramente lesivi (quali quelli di esclusione dal procedimento elettorale), con conseguente improponibilità anche di misure cautelari, non appare contrastante con il principio, affermato dalla Corte Costituzionale, secondo cui il potere di sospensione dell’esecuzione dell’atto amministrativo è un elemento connaturale del sistema di tutela giurisdizionale>>.

 

Sulla decisione dell’Adunanza Plenaria si sono formati pareri contrastanti. Infatti, parte della dottrina ha condiviso la tesi della non impugnabilità degli atti endoprocedimentali; invece, l’altra parte, con l’adesione di larga parte della giurisprudenza, l’ha criticata.

 

In particolare, i sostenitori della tesi della non impugnabilità, ritenevano che l’Adunanza Plenaria, non ammettendo le impugnative degli atti interni al procedimento elettorale prima della proclamazione degli eletti, decretava ex abrupto la fine delle c.d. “strategie” processuali dei concorrenti ammessi con riserva e di quelli che avevano ottenuto, con una pronuncia cautelare, l’esclusione di una lista concorrente. E’ accaduto, infatti, che i ricorrenti, in ragione dei risultati ottenuti dalla tornata elettorale, decidevano di continuare a coltivare il ricorso oppure di rinunciarvi o, ancora, di non impugnare la successiva proclamazione degli eletti, rendendo, così, il ricorso improcedibile.

 

Nella ipotesi in cui la pronuncia cautelare venisse confermata in quella di merito producendosi, in tal modo, la caducazione ex tunc degli effetti dell’ordinanza emessa, le liste ammesse con riserva che partecipavano alla competizione dovevano essere ritenute non più valide competitrici nel confronto elettorale, con la conseguente necessità, da parte dell’Autorità Prefettizia, di valutare gli estremi dell’annullamento d’ufficio di tutta la competizione.

 

I sostenitori della tesi opposta, invece, hanno evidenziato come l’interpretazione dell’Adunanza Plenaria non risultava aderente al principio secondo cui gli atti infraprocedimentali dotati di propria autonoma lesività e conclusivi di fasi del procedimento amministrativo, sono, di regola, da ritenere impugnabili immediatamente, salvo l’onere di impugnare l’atto finale.

 

In altri termini, non si può mettere in dubbio il fatto che gli atti di ammissione e/o esclusione dalla competizione elettorale di liste, di candidati e simboli, sono atti conclusivi di una vera e propria fase procedimentale, avente una propria autonomia – quella della selezione dei soggetti partecipanti alla competizione di voto – ed atti produttivi di rilevanti effetti, condizionanti lo stesso andamento della procedura elettorale.

 

Anche nella giurisprudenza successiva non sono mancate le interpretazioni sfavorevoli alla possibilità di ammettere l’impugnativa immediata, avverso gli atti endoprocedimentali del procedimento elettorale.

 

Ciononostante, numerose decisioni dei giudici amministrativi hanno riconosciuto la fondatezza dell’opposta tesi circa l’immediata ed autonoma impugnabilità del provvedimento di esclusione di una lista elettorale, <<attesa la sua idoneità a ledere il bene della vita costituito dalla partecipazione ad una tornata di voto caratterizzata da un preciso contesto temporale ed ambientale e, per altro verso, che una tutela giurisdizionale accordata in un momento successivo allo svolgimento delle elezioni e, quindi, in un contesto anche politicamente ormai mutato, non è coerente con i principi, anche costituzionali, sul giusto processo>>.

 

In particolare, occorre segnalare che dal provvedimento di esclusione di una lista discende, comunque, un pregiudizio attuale e percepibile per i suoi sottoscrittori e candidati, nonché per gli stessi cittadini elettori. Ciò, invece, non può sempre affermarsi per la decisione di ammettere una lista, la cui concreta incidenza sullo svolgimento delle elezioni non può essere valutata ex ante, ma soltanto all’esito della consultazione, in base all’atto conclusivo di proclamazione.

 

La Corte costituzionale in un primo momento, rilevando l’esistenza in materia di contrastanti interpretazioni giurisprudenziali, ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale. In seguito, con la recentissima pronuncia n. 236 del 7 luglio 2010, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 83-undecies del D.P.R. n. 570/1960, introdotto dall’art. 2 della L. n. 1147/1966 (Modificazioni alle norme sul contenzioso elettorale amministrativo), nella parte in cui esclude la possibilità di un’autonoma impugnativa degli atti del procedimento preparatorio alle elezioni, ancorché immediatamente lesivi, anteriormente alla proclamazione degli eletti.

 

È opportuno precisare che il legislatore si era orientato nel senso di ammettere l’impugnativa immediata avverso gli atti di ammissione e/o esclusione di liste, con il Decreto del 5 marzo 2010, n. 29, rubricato: “Interpretazione autentica di disposizioni del procedimento elettorale e relativa disciplina di attuazione”.

 

In tale contesto, dunque, si colloca il Codice che mira, infatti, a recepire il più recente orientamento espresso sul punto dalla giurisprudenza e condiviso dal legislatore.

 

L’art. 129, comma 1, c. p. a. ammette la facoltà di impugnativa immediata, ponendo, però, alcuni limiti. Essa, infatti, viene consentita:

- per i provvedimenti di esclusione di liste o candidati, non per le ammissioni;

- relativamente alle operazioni per le elezioni comunali, provinciali e regionali, con esclusione delle elezioni europee;

- solo da parte dei delegati delle liste e dei gruppi di candidati esclusi.

 

Il termine di decadenza per la notificazione del ricorso è di tre giorni dalla pubblicazione, anche mediante affissione, ovvero, se prevista, dalla comunicazione degli atti impugnati. La decadenza vige solo ai fini dell’impugnativa immediata, perché in ogni caso rimane la possibilità di impugnativa differita dopo la proclamazione degli eletti.

 

Il comma 2 della norma de qua, prevede che tutti gli altri provvedimenti relativi al procedimento elettorale, anche preparatorio – inclusi, dunque, i provvedimenti relativi all’ammissione delle liste, ai contrassegni o ai collegamenti – sono impugnabili solo alla conclusione del procedimento elettorale, insieme all’atto di proclamazione degli eletti.

 

Una procedura rapida e semplificata ai fini dell’impugnativa immediata, sia in primo grado, davanti al TAR, sia in secondo grado, davanti al Consiglio di Stato, è disciplinata dal comma 3 dell’art. 129 del Codice. Tale giudizio è ispirato a criteri di massima semplificazione, sia per il ricorso che per la decisione. Nonostante non vi sia un vincolo costituzionale in ordine ai tempi delle elezioni amministrative, la previsione di un rito compatto che si esaurisce, tra il primo ed il secondo grado, in un arco massimo di sedici giorni (tre giorni, in primo grado, per la notifica ed altrettanti per il deposito e per l’udienza di discussione e decisione; due giorni, in secondo grado, per la notifica e altrettanti per il deposito, tre per l’udienza di discussione e decisione) mira ad evitare che l’accoglimento del ricorso intervenga successivamente allo svolgimento delle elezioni, il che comporterebbe la necessità della loro ripetizione, con negativi riflessi, tra l’altro, sulle finanze pubbliche.

 

La notifica è effettuata direttamente dal ricorrente o dal suo difensore, esclusivamente mediante consegna diretta, posta elettronica certificata o fax, all’ufficio che ha emanato l’atto impugnato, alla Prefettura e, ove possibile, agli eventuali controinteressati. In ogni caso, l’ufficio che ha emanato l’atto impugnato rende pubblico il ricorso mediante affissione di una copia integrale in appositi spazi allo scopo destinati, sempre accessibili al pubblico. E’ opportuno precisare che tale pubblicazione non si risolve in un adempimento solo formale perché, non solo assicura ampia conoscibilità circa la pendenza di un contenzioso sulle imminenti elezioni, ma assume a tutti gli effetti valore di notifica per pubblici proclami nei confronti dei controinteressati. La notificazione si considera avvenuta il giorno stesso dell’affissione, previsione che incide sui termini di decorrenza per le eventuali iniziative processuali (ad es. costituzione, presentazione memorie, ricorso incidentale) che i controinteressati intendono assumere. Assumendo il valore pieno di notifica, la mancata pubblicazione mediante affissione da parte dell’ufficio competente comporta la non opponibilità ai controinteressati, ove non avessero ricevuto in altro modo notifica individuale, della decisione resa a conclusione di un giudizio al quale non hanno potuto partecipare. Si ritiene che, in questo caso, i controinteressati – in applicazione all’art. 102, comma 2, del Codice – siano legittimati ad appellare, in quanto, pur non avendo preso parte al giudizio di primo grado, sono portatori di un interesse legittimo dotato di autonomia. Al riguardo, l’art. 105, comma 3, c. p. a. dispone che il Consiglio di Stato, annullando la sentenza di primo grado a causa della mancata integrità del contraddittorio in quella fase, rinvia la causa al primo giudice. Quest’ultimo fissa quanto prima la data dell’udienza di discussione, derogando al criterio cronologico. Tuttavia, nonostante la previsione introduca un criterio di velocizzazione della trattazione della causa, sembra essere inadeguata rispetto alle esigenze di massima celerità del contenzioso elettorale. Infatti, non esiste alcuna specifica disposizione che imponga tempi certi e ravvicinati per la fissazione dell’udienza pubblica in caso di annullamento con rinvio. Pertanto, il rischio è di assistere ad una inevitabile dilatazione dei tempi per concludere il contenzioso elettorale, frustrando le buone intenzioni del legislatore.

 

Il ricorso è, poi, depositato nel termine di tre giorni dall’avvenuta notifica, presso la segreteria del tribunale adito, che lo affigge in appositi spazi accessibili al pubblico.

 

Il comma 4 dell’art. 129 del Codice prescrive alle parti di indicare, rispettivamente, nel ricorso o negli atti di costituzione, l’indirizzo di posta elettronica certificata o il numero di fax da valere per ogni eventuale comunicazione e notificazione.

 

A norma del comma 5 della norma de qua, l’udienza di discussione si celebra nel termine di tre giorni da deposito del ricorso. Non essendo previsti avvisi e non essendo, pertanto, le parti in grado di sapere quando è avvenuto con precisione il deposito del ricorso, è loro onere apprendere la notizia del giorno di fissazione dell’udienza. Il rinvio dell’udienza è vietato, anche in presenza di ricorso incidentale, per la notifica del quale si provvede con le forme e, nel silenzio della norma, entro gli stessi termini del ricorso principale.

 

Il giudizio è deciso a conclusione dell’udienza con sentenza in forma semplificata, da pubblicarsi nello stesso giorno. La motivazione può consistere anche nel mero richiamo alle argomentazioni contenute negli scritti delle parti che il giudice ha inteso accogliere e fare proprie (art. 129, comma 6, c. p. a.). Tale norma introduce un caso di motivazione per relationem non su precedenti giurisprudenziali, ma direttamente sulle argomentazioni delle parti.

 

Il comma 7 prevede la comunicazione senza indugio della sentenza non appellata, a cura della segreteria del tribunale, all’ufficio che ha emanato l’atto impugnato.

 

La fase dell’appello, anch’essa ispirata a criteri di massima accelerazione e compressione dei tempi, è disciplinata dai commi 8 e 9 dell’art. 129 del Codice.

 

Il legislatore, al comma 8, regolamenta i momenti della notifica e del deposito. Per ciò che concerne la notifica, la disposizione normativa prevede che il ricorso in appello deve essere, nel termine perentorio di due giorni dalla pubblicazione della sentenza, <<notificato, direttamente dal ricorrente o dal suo difensore, esclusivamente mediante consegna diretta, posta elettronica certificata o fax, all’ufficio che ha emanato l’atto impugnato, alla Prefettura e, ove possibile, agli eventuali controinteressati>>. Inoltre, l’ufficio che ha emanato l’atto impugnato è tenuto a rendere pubblico il ricorso con le stesse modalità previste, per il giudizio di primo grado, dal comma 3. E’ opportuno chiarire che, anche in questo caso, la pubblicazione ha valore di notifica per pubblici proclami per tutti i controinteressati e si ha per avvenuta il giorno stesso della predetta affissione. Il valore di notifica vige ovviamente soltanto nei confronti dei controinteressati non costituitisi in primo grado. Infatti, il comma 8 prescrive che per le parti costituite nel giudizio di primo grado la trasmissione della notificazione si effettua presso l’indirizzo di posta elettronica certificata o il numero di fax indicati negli atti difensivi a norma del comma 4.

 

Per ciò che concerne il deposito, invece, il ricorso va depositato, in copia, presso il tribunale amministrativo regionale che ha emesso la sentenza di primo grado, in originale, presso la segreteria del Consiglio di Stato. Le rispettive segreterie provvedono ad affiggerlo in appositi spazi accessibili al pubblico. Manca nel Codice una disposizione che chiarisca esplicitamente entro quanti giorni vada fissata l’udienza di discussione. Tuttavia, in virtù dell’art. 129, comma 9, che rende applicabili nel giudizio di appello le disposizioni previste dal medesimo art. 129 per il giudizio di primo grado, dovrebbe farsi riferimento al comma 5, secondo cui l’udienza va celebrata entro tre giorni dal deposito.

 

Rilevanti, poi, le previsioni contenute al comma 10. La disposizione non rende applicabili per i giudizi relativi al procedimento preparatorio per le elezioni comunali, provinciali e regionali, le disposizioni fissate dall’art. 52, comma 5, che, ai fini della proroga dei termini, assimila la giornata del sabato a quella dei giorni festivi nonché quelle contenute all’art. 54, commi 1 e 2, relative, rispettivamente, all’autorizzazione del presidente al deposito tardivo di memorie e documenti ed alla sospensione feriale dei termini processuali, previsione opportuna ma, prevedibilmente, di scarso impatto pratico, posto che risulta difficile la fissazione di competizioni elettorali in piena estate.

 

 

4. Il procedimento in primo grado in relazione alle operazioni elettorali di comuni, province, regioni e Parlamento europeo.

 

Il Capo III, contenuto nel Titolo VI del Libro IV, disciplina il contenzioso ordinario, relativo alle operazioni elettorali di comuni, province, regioni e Parlamento europeo. Si compone di tre disposizioni: l’art. 130, che detta le regole per il procedimento in primo grado per tutti i tipi di competizione elettorale; gli articoli 131 e 132, che disciplinano il procedimento d’appello, rispettivamente per le operazioni elettorali di comuni, province e regioni e per quelle del Parlamento europeo.

 

Procediamo con l’analisi delle norme contenute nell’art. 130 del Codice.

 

Il comma 1 prevede che contro tutti gli atti del procedimento elettorale successivi all’emanazione dei comizi elettorali è ammesso ricorsosolo alla conclusione del procedimento elettorale, unitamente all’atto di proclamazione degli eletti. Resta salvo il rimedio anticipato previsto dall’art. 129 per gli atti di esclusione di liste o candidati nelle elezioni amministrative e regionali.

 

Legittimati a presentare ricorso sono:

- per le elezioni amministrative e regionali, qualsiasi candidato o elettore dell’ente della cui elezione si tratta;

- per le elezioni europee, qualsiasi candidato o elettore.

 

Il ricorso, per tutti i tipi di operazioni elettorali, va preventivamente depositato nella segreteria del tribunale adito entro il termine di trenta giorni dalla proclamazione degli eletti. Il giudice competente è il TAR nella cui circoscrizione si trova l’ente territoriale per le elezioni amministrative e regionali e il TAR Lazio per le elezioni europee.

 

Il comma 2 – riproducendo sostanzialmente il contenuto dell’art. 83-undecies, comma 1, D.P.R. n. 570/1960 (inserito dall’art. 2 della L. n. 1147/1966) – detta i compiti del presidente del tribunale, il quale:

- fissa l’udienza di discussione della causa in via di urgenza;

- designa il relatore;

- ordina le notifiche, autorizzando, ove necessario, qualunque mezzo idoneo;

- ordina il deposito di documenti e l’acquisizione di ogni altra prova necessaria;

- ordina che a cura della il decreto sia immediatamente comunicato, con ogni mezzo utile al ricorrente.

 

A norma del comma 3, il ricorso è notificato, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, a cura di chi lo ha proposto, entro dieci giorni dalla dati di comunicazione del decreto presidenziale:

- all’ente della cui elezione si tratta, in caso di elezioni di comuni, province, regioni;

- all’Ufficio elettorale centrale nazionale, in caso di elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia;

- alle altre parti che vi hanno interesse e, comunque, ad almeno un controinteressato.

 

Entro dieci giorni dall’ultima notificazione, il ricorrente deposita nella segreteria del tribunale la copia del ricorso e del decreto, con la prova dell’avvenuta notificazione, insieme con gli atti e documenti del giudizio (comma 4). Nei quindici giorni successivi a quello in cui la notificazione si è perfezionata, l’amministrazione resistente ed i controinteressati depositano in segreteria le proprie controdeduzioni (comma 5).

 

A conclusione dell’udienza, il collegio, sentite le parti se presenti, pronuncia la sentenza, la quale è pubblicata entro il giorno successivo alla decisione della causa (commi 6 e 7). Se la complessità delle questioni non consente la pubblicazione della sentenza, il giorno successivo all’udienza è emesso il dispositivo mediante deposito in segreteria. In tal caso la sentenza è pubblicata entro i dieci giorni successivi. Non è, quindi, più prevista la lettura del dispositivo immediatamente all’udienza pubblica da parte del presidente (art. 83-undecies, comma 4, d.P.R. n. 570/1960).

 

La sentenza è immediatamente trasmessa in copia, a cura della segreteria del TAR, al Sindaco, alla giunta provinciale, alla giunta regionale, al presidente dell’ufficio elettorale nazionale, a seconda dell’ente cui si riferisce l’elezione. Il comune, la provincia o la regione della cui elezione si tratta provvede, entro ventiquattro ore dal ricevimento, alla pubblicazione per quindici giorni del dispositivo della sentenza nell’albo o bollettino ufficiale dell’ente interessato a mezzo del segretario che ne è diretto responsabile. In caso di elezioni di comuni, province o regioni, la sentenza è comunicata anche al Prefetto. Ai medesimi incombenti si provvede dopo il passaggio in giudicato della sentenza annotando sulla copia pubblicata il carattere definitivo (comma 8).

 

Il TAR, quando accoglie il ricorso, corregge il risultato delle elezioni e sostituisce ai candidati illegittimamente proclamati coloro che hanno diritto di esserlo. In caso di ricorso avverso le operazioni elettorali inerenti il Parlamento europeo, i voti delle sezioni le cui operazioni sono state annullate non hanno alcun effetto. Peraltro, questa disposizione non comprende i casi in cui l’accoglimento è potenzialmente idoneo ad inficiare l’intero svolgimento delle elezioni. La prova di ciò è data dal fatto che all’annullamento giurisdizionale delle operazioni continua ad applicarsi l’art. 85 del d.P.R. n. 570/1960, che non viene abrogato dal Codice.

 

Sempre nell’ottica di celerità del procedimento giurisdizionale, il comma 10, dispone che tutti i termini diversi da quelli indicato negli artt. 130 e 131 sono dimezzati rispetto ai termini del processo ordinario.

 

Infine, il comma 11 prescrive gli adempimenti ai fini della pubblicità che ciascuna amministrazione nel proprio ambito di competenza territoriale, è tenuta a svolgere: l’ente comunale, provinciale o regionale, della cui elezione si tratta, comunica agli interessati la correzione del risultato elettorale; l’Ufficio elettorale nazionale comunica la correzione del risultato elettorale oltre che agli interessati anche alla segreteria del Parlamento europeo.

 

 

5. Il procedimento in appello in relazione alle operazioni elettorali di comuni province, regioni e del Parlamento europeo.

 

L’art. 131 del Codice disciplina il processo di appello relativo alle operazioni elettorali di comuni province e regioni.

Il comma 1 dispone che << l’appello è proposto entro il termine di venti giorni dalla notifica della sentenza, per coloro nei cui confronti è obbligatoria la notifica; per gli altri candidati o elettori nel termine di venti giorni decorrenti dall’ultimo giorno della pubblicazione della sentenza medesima nell’albo pretorio del comune>>.

 

Ai sensi del comma 2, il presidente fissa in via d’urgenza l’udienza di discussione. Al giudizio si applicano le norme che regolano il processo di appello innanzi al Consiglio di Stato, e i relativi termini sono dimezzati rispetto a quelli del giudizio ordinario.

 

Il comma 3 dispone che la sentenza, quando, in riforma di quella di primo grado, accoglie il ricorso originario, provvede con potere correttivo e sostitutivo dei risultati elettorali ai sensi dell’articolo 130, comma 9.

 

Infine, il comma 4 prevede che <<la sentenza è immediatamente trasmessa in copia, a cura della segreteria del Consiglio di Stato, ai soggetti di cui all’articolo 130, comma 8, i quali provvedono agli ulteriori incombenti ivi previsti e a quelli di cui al comma 11 dello stesso articolo 130>>.

 

Il processo di appello relativo alle operazioni elettorali per il Parlamento europeo è disciplinato dall’art. 132 c. p. a.

 

Come per il precedente art. 131, l’applicabilità della norma alle sole elezioni europee si ricava dalla rubrica e non dal contenuto dell’articolo.

 

Il comma 1 dispone che <<le parti del giudizio di primo grado possono proporre appello mediante dichiarazione da presentare presso la segreteria del tribunale amministrativo regionale che ha pronunciato la sentenza, entro il termine di cinque giorni decorrenti dalla pubblicazione della sentenza o, in mancanza, del dispositivo>>.

 

Il comma 2 prevede che <<l’atto di appello contenente i motivi deve essere depositato entro il termine di trenta giorni decorrenti dalla ricezione dell’avviso di pubblicazione della sentenza>>.

 

Il comma 3, infine, rinvia per tutto quanto non previsto dall’art. 132, alle disposizioni di cui all’art. 131. Alla luce di quest’ultima disposizione normativa, deve ritenersi che la notifica dell’appello – come previsto per le elezioni regionali ed amministrative – debba essere effettuata nel termine di venti giorni dalla notifica della sentenza, per coloro nei cui confronti essa è obbligatoria; per gli altri dalla data di pubblicazione sull’albo pretorio.

 

Anche con riferimento agli artt. 131 e 132 non è stabilita la natura perentoria dei termini processuali.

 

1. Premessa.

 

 

Il Titolo VI del Libro IV del Codice del processo amministrativo disciplina il contenzioso in materia elettorale. Esso si divide in tre Capi: il Capo I (artt. 126 – 128) individua l’ambito di applicazione e detta le disposizioni comuni per tutte la tipologie di contenzioso elettorale regolate dal Codice; il Capo II, costituito dal solo art. 129, concerne la tutela anticipata avverso gli atti di esclusione dai procedimento elettorali preparatori per le elezioni comunali, provinciali e regionali; il Capo III (artt. 130 – 132) contiene disposizioni relative alle operazioni elettorali di comuni, province, regioni e Parlamento europeo.

 

Prima di procedere all’analisi della disciplina positiva dettata dal Codice del processo amministrativo, pare opportuno porre in essere alcune considerazioni di carattere preliminare.

 

Il contenzioso elettorale si distingue in attivo e passivo. Il primo è relativo alle controversie sullo status di elettore ed è devoluto al giudice ordinario. Il secondo attiene alle controversie sul diritto a conseguire o mantenere la carica elettiva e contempla, a sua volta, due diversi ordini di tutela: la tutela relativa alle questioni di eleggibilità, incompatibilità e decadenza dall’ufficio, rimessa al giudice ordinario, essendo coinvolte situazioni giuridiche concernenti la capacità delle persone e, pertanto, diritti soggettivi; la tutela in tema di regolarità delle operazioni elettorali, affidata, invece, al giudice amministrativo sul presupposto che, in questo caso, siano in discussione interessi legittimi al corretto svolgimento del procedimento elettorale.

 

La prima questione che il Codice si trova ad affrontare è la delimitazione dei confini della giurisdizione elettorale.

 

L’art. 129 del Codice attua il criterio di delega sancito dall’art. 44, comma 2, lett. d), prima parte, della L. n. 69/2009, cheprevede la razionalizzazione e l’unificazione delle norme vigenti per il processo amministrativo sul contenzioso elettorale, imponendo il dimezzamento di tutti i termini processuali rispetto a quelli ordinari, il deposito preventivo del ricorso e la successiva notificazione in entrambi i gradi.

 

L’obiettivo del legislatore delegante è stato di rafforzare la celere definizione del giudizio in ragione del preminente interesse pubblico al rispetto della volontà popolare. Il Codice non dà, invece, attuazione al criterio di delega che prevede l’introduzione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nelle controversie concernenti atti del procedimenti elettorale preparatorio per le elezioni volte al rinnovo della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica: la delega, infatti, prevedeva con l’introduzione di un nuovo caso di giurisdizione esclusiva, un rito abbreviato in camera di consiglio in modo da risolvere il contenzioso in tempi compatibili con gli adempimenti organizzativi del procedimento e con la data di svolgimento delle elezioni. Per cui, mentre nella versione provvisoria del Codice era stata introdotta una specifica disciplina relativamente alla tutela dinnanzi gli atti di esclusione dalle elezioni politiche, nel testo definitivo, invece, non risulta prevista alcuna forma di tutela, confermando in subiecta materia il principio dell’autodichia.

 

 

2. Ambito della giurisdizione sul contenzioso elettorale, esenzione dagli oneri fiscali e inammissibilità del ricorso straordinario al Capo dello Stato.

 

La disciplina processuale previgente era riposta:

 

1) per le elezioni comunali e provinciali, negli articoli 6, 19, comma 4, e 29 della L. n. 1034/1971. L’art. 19 cit. richiamava, a sua volta, le norme contenute nella L. n. 1147/1960 (recante modificazioni alle norme sul contenzioso elettorale amministrativo), il cui articolo 2 ha modificato il d.P.R. 6 maggio 1960, n. 570, contenente il testo unico delle leggi per la composizione e l’elezione degli organi delle amministrazioni comunali: tale ultima normativa, per le parti relative ai ricorsi elettorali, è ora abrogata dall’art. 2 dell’Allegato 4 al Codice (norme di coordinamento e abrogazioni);

2) per le elezioni regionali, nella legge 17 febbraio 1968, n. 108, modificata in più punti dal Codice;

3) per le elezioni del Parlamento europeo. Nell’art. 42 della legge 24 gennaio 1979, n. 18.

 

Il Codice disciplina nell’art. 126 l’ambito della giurisdizione amministrativa in materia elettorale, riferendola alle operazioni relative al rinnovo degli organi elettivi dei comuni, delle province e delle regioni, nonché all’elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia.

 

Per ciò che concerne gli atti relativi alle elezioni politiche della Camera dei deputati e del Senato, essierano soggetti, secondo l’interpretazione comunemente data, al controllo da parte della Giunta per le elezioni (art. 66 Cost.).

 

Un rimedio a questa situazione di incertezza poteva essere introdotto dal Codice del processo che secondo la delega, come detto, avrebbe dovuto introdurre “la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nelle controversie concernenti atti del procedimento elettorale preparatorio per le elezioni per il rinnovo della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica”.

 

Si è già detto che, però, il Governo ha ritenuto di non istituire questa nuova giurisdizione esclusiva, stralciando quanto proposto dalla Commissione tecnica che ha predisposto la bozza di Codice, ritenendo che una tutela circa la fase preparatoria avrebbe potuto creare incertezze e mal conciliarsi con i tempi rapidi del procedimento elettorale (così la relazione governativa di accompagnamento al Codice).

 

La situazione resta, quindi, quella anteriore alla riforma.

 

L’art. 127 c. p. a. prevede l’esenzione degli atti relativi al contenzioso elettorale dal contributo unificato e da ogni altro onere fiscale, in coerenza con quanto già previsto dall’articolo 3, secondo comma, della legge 23 dicembre 1966, n. 1147. La ratio di questa disposizione normativa va individuata nell’esigenza di evitare che, in questo delicato settore, simili oneri possano essere in qualche misura disincentivanti la tutela giurisdizionale.

 

L’articolo 128 del Codice, infine, sancisce espressamente l’inammissibilità del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica in materia elettorale, preferendo il legislatore attribuire tutela in questa materia esclusivamente attraverso rimedi giurisdizionali in senso stretto. Si ritiene che tale scelta legislativa – in linea con la costante giurisprudenza in merito – debba essere correlata sia con l’esigenza di riservare alla materia del contenzioso elettorale la più ampia tutela conseguibile con il ricorso giurisdizionale (nei diversi gradi e con il contraddittorio che lo caratterizzano), sia con la necessità di rapida definizione del contenzioso elettorale, che non appare conseguibile attraverso il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica (che prevede, tra l’altro, l’ampiezza dei termini per la presentazione del ricorso e per la relativa istruttoria, l’acquisizione del parere del Consiglio di Stato, la trasposizione del ricorso in sede giurisdizionale a tutela dei controinteressati).

 

 

3. La tutela anticipata avverso gli atti di esclusione dai procedimenti elettorali preparatori per le elezioni comunali, provinciali e regionali.

 

Il Codice, nell’art. 129, che apre il Capo II, disciplina una tutela giurisdizionale anticipata, vale a dire la possibilità di ricorrere immediatamente avverso i provvedimenti preliminari del procedimento elettorale preparatorio, senza attendere la proclamazione degli eletti. Il sindacato, in questo caso, viene attribuito alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo. In particolare, la giurisdizione esclusiva ha ad oggetto le controversie in materia di esclusione delle liste e/o candidati. Restano, invece, sottratti al sindacato del giudice amministrativo, in quanto atti meramente politici, il decreto di indizione dei comizi elettorali ed i procedimenti governativi volti a disciplinare le operazioni elettorali.

 

Vigente la precedente normativa, in merito alla possibilità di tutela immediata avverso i provvedimenti preliminari del procedimento elettorale di ammissione ed esclusione delle liste, si sono registrati in giurisprudenza tre orientamenti:

- un primo orientamento ha sostenuto che i provvedimenti di ammissione e di esclusione delle liste dovessero essere impugnati entro il termine di trenta giorni dalla loro conoscenza;

- un secondo orientamento ha posto in essere la distinzione tra provvedimenti di ammissione e provvedimenti di esclusione, ammettendo l’impugnazione immediata solo dei secondi;

- un terzo orientamento, avallato anche dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, ha ritenuto che l’impugnazione fosse ammissibile solo successivamente alla proclamazione degli eletti.

 

In particolare, l’Adunanza Plenaria citata statuiva che “i ricorsi contro le operazioni elettorali successive all’emanazione del decreto di convocazione dei comizi, tra le quali ci sono quelle relative all’ammissione ed all’esclusione delle liste elettorali, vanno proposti dopo la proclamazione degli eletti”; evidenziando come: <<è ben vero che in tal modo non c’è immediata tutela giurisdizionale contro i provvedimenti di esclusione delle liste; ma è altrettanto vero che l’ammissione della lista esclusa potrebbe essere data solo con provvedimento cautelare di sospensione dell’efficacia dell’esclusione, non essendo praticamente possibile definire il giudizio prima dello svolgimento delle elezioni, sicché in ogni caso l’ammissione o esclusione delle liste, e con esse i risultati delle elezioni, sarebbero provvisori, e vi sarebbero altrettante probabilità di far competere una lista illegittimamente esclusa quante di fare svolgere elezioni invalide; ed in definitiva l’immediatezza della tutela sarebbe puramente apparente>>. E, infatti, <<la non impugnabilità immediata di atti aventi effetti sicuramente lesivi (quali quelli di esclusione dal procedimento elettorale), con conseguente improponibilità anche di misure cautelari, non appare contrastante con il principio, affermato dalla Corte Costituzionale, secondo cui il potere di sospensione dell’esecuzione dell’atto amministrativo è un elemento connaturale del sistema di tutela giurisdizionale>>.

 

Sulla decisione dell’Adunanza Plenaria si sono formati pareri contrastanti. Infatti, parte della dottrina ha condiviso la tesi della non impugnabilità degli atti endoprocedimentali; invece, l’altra parte, con l’adesione di larga parte della giurisprudenza, l’ha criticata.

 

In particolare, i sostenitori della tesi della non impugnabilità, ritenevano che l’Adunanza Plenaria, non ammettendo le impugnative degli atti interni al procedimento elettorale prima della proclamazione degli eletti, decretava ex abrupto la fine delle c.d. “strategie” processuali dei concorrenti ammessi con riserva e di quelli che avevano ottenuto, con una pronuncia cautelare, l’esclusione di una lista concorrente. E’ accaduto, infatti, che i ricorrenti, in ragione dei risultati ottenuti dalla tornata elettorale, decidevano di continuare a coltivare il ricorso oppure di rinunciarvi o, ancora, di non impugnare la successiva proclamazione degli eletti, rendendo, così, il ricorso improcedibile.

 

Nella ipotesi in cui la pronuncia cautelare venisse confermata in quella di merito producendosi, in tal modo, la caducazione ex tunc degli effetti dell’ordinanza emessa, le liste ammesse con riserva che partecipavano alla competizione dovevano essere ritenute non più valide competitrici nel confronto elettorale, con la conseguente necessità, da parte dell’Autorità Prefettizia, di valutare gli estremi dell’annullamento d’ufficio di tutta la competizione.

 

I sostenitori della tesi opposta, invece, hanno evidenziato come l’interpretazione dell’Adunanza Plenaria non risultava aderente al principio secondo cui gli atti infraprocedimentali dotati di propria autonoma lesività e conclusivi di fasi del procedimento amministrativo, sono, di regola, da ritenere impugnabili immediatamente, salvo l’onere di impugnare l’atto finale.

 

In altri termini, non si può mettere in dubbio il fatto che gli atti di ammissione e/o esclusione dalla competizione elettorale di liste, di candidati e simboli, sono atti conclusivi di una vera e propria fase procedimentale, avente una propria autonomia – quella della selezione dei soggetti partecipanti alla competizione di voto – ed atti produttivi di rilevanti effetti, condizionanti lo stesso andamento della procedura elettorale.

 

Anche nella giurisprudenza successiva non sono mancate le interpretazioni sfavorevoli alla possibilità di ammettere l’impugnativa immediata, avverso gli atti endoprocedimentali del procedimento elettorale.

 

Ciononostante, numerose decisioni dei giudici amministrativi hanno riconosciuto la fondatezza dell’opposta tesi circa l’immediata ed autonoma impugnabilità del provvedimento di esclusione di una lista elettorale, <<attesa la sua idoneità a ledere il bene della vita costituito dalla partecipazione ad una tornata di voto caratterizzata da un preciso contesto temporale ed ambientale e, per altro verso, che una tutela giurisdizionale accordata in un momento successivo allo svolgimento delle elezioni e, quindi, in un contesto anche politicamente ormai mutato, non è coerente con i principi, anche costituzionali, sul giusto processo>>.

 

In particolare, occorre segnalare che dal provvedimento di esclusione di una lista discende, comunque, un pregiudizio attuale e percepibile per i suoi sottoscrittori e candidati, nonché per gli stessi cittadini elettori. Ciò, invece, non può sempre affermarsi per la decisione di ammettere una lista, la cui concreta incidenza sullo svolgimento delle elezioni non può essere valutata ex ante, ma soltanto all’esito della consultazione, in base all’atto conclusivo di proclamazione.

 

La Corte costituzionale in un primo momento, rilevando l’esistenza in materia di contrastanti interpretazioni giurisprudenziali, ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale. In seguito, con la recentissima pronuncia n. 236 del 7 luglio 2010, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 83-undecies del D.P.R. n. 570/1960, introdotto dall’art. 2 della L. n. 1147/1966 (Modificazioni alle norme sul contenzioso elettorale amministrativo), nella parte in cui esclude la possibilità di un’autonoma impugnativa degli atti del procedimento preparatorio alle elezioni, ancorché immediatamente lesivi, anteriormente alla proclamazione degli eletti.

 

È opportuno precisare che il legislatore si era orientato nel senso di ammettere l’impugnativa immediata avverso gli atti di ammissione e/o esclusione di liste, con il Decreto del 5 marzo 2010, n. 29, rubricato: “Interpretazione autentica di disposizioni del procedimento elettorale e relativa disciplina di attuazione”.

 

In tale contesto, dunque, si colloca il Codice che mira, infatti, a recepire il più recente orientamento espresso sul punto dalla giurisprudenza e condiviso dal legislatore.

 

L’art. 129, comma 1, c. p. a. ammette la facoltà di impugnativa immediata, ponendo, però, alcuni limiti. Essa, infatti, viene consentita:

- per i provvedimenti di esclusione di liste o candidati, non per le ammissioni;

- relativamente alle operazioni per le elezioni comunali, provinciali e regionali, con esclusione delle elezioni europee;

- solo da parte dei delegati delle liste e dei gruppi di candidati esclusi.

 

Il termine di decadenza per la notificazione del ricorso è di tre giorni dalla pubblicazione, anche mediante affissione, ovvero, se prevista, dalla comunicazione degli atti impugnati. La decadenza vige solo ai fini dell’impugnativa immediata, perché in ogni caso rimane la possibilità di impugnativa differita dopo la proclamazione degli eletti.

 

Il comma 2 della norma de qua, prevede che tutti gli altri provvedimenti relativi al procedimento elettorale, anche preparatorio – inclusi, dunque, i provvedimenti relativi all’ammissione delle liste, ai contrassegni o ai collegamenti – sono impugnabili solo alla conclusione del procedimento elettorale, insieme all’atto di proclamazione degli eletti.

 

Una procedura rapida e semplificata ai fini dell’impugnativa immediata, sia in primo grado, davanti al TAR, sia in secondo grado, davanti al Consiglio di Stato, è disciplinata dal comma 3 dell’art. 129 del Codice. Tale giudizio è ispirato a criteri di massima semplificazione, sia per il ricorso che per la decisione. Nonostante non vi sia un vincolo costituzionale in ordine ai tempi delle elezioni amministrative, la previsione di un rito compatto che si esaurisce, tra il primo ed il secondo grado, in un arco massimo di sedici giorni (tre giorni, in primo grado, per la notifica ed altrettanti per il deposito e per l’udienza di discussione e decisione; due giorni, in secondo grado, per la notifica e altrettanti per il deposito, tre per l’udienza di discussione e decisione) mira ad evitare che l’accoglimento del ricorso intervenga successivamente allo svolgimento delle elezioni, il che comporterebbe la necessità della loro ripetizione, con negativi riflessi, tra l’altro, sulle finanze pubbliche.

 

La notifica è effettuata direttamente dal ricorrente o dal suo difensore, esclusivamente mediante consegna diretta, posta elettronica certificata o fax, all’ufficio che ha emanato l’atto impugnato, alla Prefettura e, ove possibile, agli eventuali controinteressati. In ogni caso, l’ufficio che ha emanato l’atto impugnato rende pubblico il ricorso mediante affissione di una copia integrale in appositi spazi allo scopo destinati, sempre accessibili al pubblico. E’ opportuno precisare che tale pubblicazione non si risolve in un adempimento solo formale perché, non solo assicura ampia conoscibilità circa la pendenza di un contenzioso sulle imminenti elezioni, ma assume a tutti gli effetti valore di notifica per pubblici proclami nei confronti dei controinteressati. La notificazione si considera avvenuta il giorno stesso dell’affissione, previsione che incide sui termini di decorrenza per le eventuali iniziative processuali (ad es. costituzione, presentazione memorie, ricorso incidentale) che i controinteressati intendono assumere. Assumendo il valore pieno di notifica, la mancata pubblicazione mediante affissione da parte dell’ufficio competente comporta la non opponibilità ai controinteressati, ove non avessero ricevuto in altro modo notifica individuale, della decisione resa a conclusione di un giudizio al quale non hanno potuto partecipare. Si ritiene che, in questo caso, i controinteressati – in applicazione all’art. 102, comma 2, del Codice – siano legittimati ad appellare, in quanto, pur non avendo preso parte al giudizio di primo grado, sono portatori di un interesse legittimo dotato di autonomia. Al riguardo, l’art. 105, comma 3, c. p. a. dispone che il Consiglio di Stato, annullando la sentenza di primo grado a causa della mancata integrità del contraddittorio in quella fase, rinvia la causa al primo giudice. Quest’ultimo fissa quanto prima la data dell’udienza di discussione, derogando al criterio cronologico. Tuttavia, nonostante la previsione introduca un criterio di velocizzazione della trattazione della causa, sembra essere inadeguata rispetto alle esigenze di massima celerità del contenzioso elettorale. Infatti, non esiste alcuna specifica disposizione che imponga tempi certi e ravvicinati per la fissazione dell’udienza pubblica in caso di annullamento con rinvio. Pertanto, il rischio è di assistere ad una inevitabile dilatazione dei tempi per concludere il contenzioso elettorale, frustrando le buone intenzioni del legislatore.

 

Il ricorso è, poi, depositato nel termine di tre giorni dall’avvenuta notifica, presso la segreteria del tribunale adito, che lo affigge in appositi spazi accessibili al pubblico.

 

Il comma 4 dell’art. 129 del Codice prescrive alle parti di indicare, rispettivamente, nel ricorso o negli atti di costituzione, l’indirizzo di posta elettronica certificata o il numero di fax da valere per ogni eventuale comunicazione e notificazione.

 

A norma del comma 5 della norma de qua, l’udienza di discussione si celebra nel termine di tre giorni da deposito del ricorso. Non essendo previsti avvisi e non essendo, pertanto, le parti in grado di sapere quando è avvenuto con precisione il deposito del ricorso, è loro onere apprendere la notizia del giorno di fissazione dell’udienza. Il rinvio dell’udienza è vietato, anche in presenza di ricorso incidentale, per la notifica del quale si provvede con le forme e, nel silenzio della norma, entro gli stessi termini del ricorso principale.

 

Il giudizio è deciso a conclusione dell’udienza con sentenza in forma semplificata, da pubblicarsi nello stesso giorno. La motivazione può consistere anche nel mero richiamo alle argomentazioni contenute negli scritti delle parti che il giudice ha inteso accogliere e fare proprie (art. 129, comma 6, c. p. a.). Tale norma introduce un caso di motivazione per relationem non su precedenti giurisprudenziali, ma direttamente sulle argomentazioni delle parti.

 

Il comma 7 prevede la comunicazione senza indugio della sentenza non appellata, a cura della segreteria del tribunale, all’ufficio che ha emanato l’atto impugnato.

 

La fase dell’appello, anch’essa ispirata a criteri di massima accelerazione e compressione dei tempi, è disciplinata dai commi 8 e 9 dell’art. 129 del Codice.

 

Il legislatore, al comma 8, regolamenta i momenti della notifica e del deposito. Per ciò che concerne la notifica, la disposizione normativa prevede che il ricorso in appello deve essere, nel termine perentorio di due giorni dalla pubblicazione della sentenza, <<notificato, direttamente dal ricorrente o dal suo difensore, esclusivamente mediante consegna diretta, posta elettronica certificata o fax, all’ufficio che ha emanato l’atto impugnato, alla Prefettura e, ove possibile, agli eventuali controinteressati>>. Inoltre, l’ufficio che ha emanato l’atto impugnato è tenuto a rendere pubblico il ricorso con le stesse modalità previste, per il giudizio di primo grado, dal comma 3. E’ opportuno chiarire che, anche in questo caso, la pubblicazione ha valore di notifica per pubblici proclami per tutti i controinteressati e si ha per avvenuta il giorno stesso della predetta affissione. Il valore di notifica vige ovviamente soltanto nei confronti dei controinteressati non costituitisi in primo grado. Infatti, il comma 8 prescrive che per le parti costituite nel giudizio di primo grado la trasmissione della notificazione si effettua presso l’indirizzo di posta elettronica certificata o il numero di fax indicati negli atti difensivi a norma del comma 4.

 

Per ciò che concerne il deposito, invece, il ricorso va depositato, in copia, presso il tribunale amministrativo regionale che ha emesso la sentenza di primo grado, in originale, presso la segreteria del Consiglio di Stato. Le rispettive segreterie provvedono ad affiggerlo in appositi spazi accessibili al pubblico. Manca nel Codice una disposizione che chiarisca esplicitamente entro quanti giorni vada fissata l’udienza di discussione. Tuttavia, in virtù dell’art. 129, comma 9, che rende applicabili nel giudizio di appello le disposizioni previste dal medesimo art. 129 per il giudizio di primo grado, dovrebbe farsi riferimento al comma 5, secondo cui l’udienza va celebrata entro tre giorni dal deposito.

 

Rilevanti, poi, le previsioni contenute al comma 10. La disposizione non rende applicabili per i giudizi relativi al procedimento preparatorio per le elezioni comunali, provinciali e regionali, le disposizioni fissate dall’art. 52, comma 5, che, ai fini della proroga dei termini, assimila la giornata del sabato a quella dei giorni festivi nonché quelle contenute all’art. 54, commi 1 e 2, relative, rispettivamente, all’autorizzazione del presidente al deposito tardivo di memorie e documenti ed alla sospensione feriale dei termini processuali, previsione opportuna ma, prevedibilmente, di scarso impatto pratico, posto che risulta difficile la fissazione di competizioni elettorali in piena estate.

 

 

4. Il procedimento in primo grado in relazione alle operazioni elettorali di comuni, province, regioni e Parlamento europeo.

 

Il Capo III, contenuto nel Titolo VI del Libro IV, disciplina il contenzioso ordinario, relativo alle operazioni elettorali di comuni, province, regioni e Parlamento europeo. Si compone di tre disposizioni: l’art. 130, che detta le regole per il procedimento in primo grado per tutti i tipi di competizione elettorale; gli articoli 131 e 132, che disciplinano il procedimento d’appello, rispettivamente per le operazioni elettorali di comuni, province e regioni e per quelle del Parlamento europeo.

 

Procediamo con l’analisi delle norme contenute nell’art. 130 del Codice.

 

Il comma 1 prevede che contro tutti gli atti del procedimento elettorale successivi all’emanazione dei comizi elettorali è ammesso ricorsosolo alla conclusione del procedimento elettorale, unitamente all’atto di proclamazione degli eletti. Resta salvo il rimedio anticipato previsto dall’art. 129 per gli atti di esclusione di liste o candidati nelle elezioni amministrative e regionali.

 

Legittimati a presentare ricorso sono:

- per le elezioni amministrative e regionali, qualsiasi candidato o elettore dell’ente della cui elezione si tratta;

- per le elezioni europee, qualsiasi candidato o elettore.

 

Il ricorso, per tutti i tipi di operazioni elettorali, va preventivamente depositato nella segreteria del tribunale adito entro il termine di trenta giorni dalla proclamazione degli eletti. Il giudice competente è il TAR nella cui circoscrizione si trova l’ente territoriale per le elezioni amministrative e regionali e il TAR Lazio per le elezioni europee.

 

Il comma 2 – riproducendo sostanzialmente il contenuto dell’art. 83-undecies, comma 1, D.P.R. n. 570/1960 (inserito dall’art. 2 della L. n. 1147/1966) – detta i compiti del presidente del tribunale, il quale:

- fissa l’udienza di discussione della causa in via di urgenza;

- designa il relatore;

- ordina le notifiche, autorizzando, ove necessario, qualunque mezzo idoneo;

- ordina il deposito di documenti e l’acquisizione di ogni altra prova necessaria;

- ordina che a cura della il decreto sia immediatamente comunicato, con ogni mezzo utile al ricorrente.

 

A norma del comma 3, il ricorso è notificato, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, a cura di chi lo ha proposto, entro dieci giorni dalla dati di comunicazione del decreto presidenziale:

- all’ente della cui elezione si tratta, in caso di elezioni di comuni, province, regioni;

- all’Ufficio elettorale centrale nazionale, in caso di elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia;

- alle altre parti che vi hanno interesse e, comunque, ad almeno un controinteressato.

 

Entro dieci giorni dall’ultima notificazione, il ricorrente deposita nella segreteria del tribunale la copia del ricorso e del decreto, con la prova dell’avvenuta notificazione, insieme con gli atti e documenti del giudizio (comma 4). Nei quindici giorni successivi a quello in cui la notificazione si è perfezionata, l’amministrazione resistente ed i controinteressati depositano in segreteria le proprie controdeduzioni (comma 5).

 

A conclusione dell’udienza, il collegio, sentite le parti se presenti, pronuncia la sentenza, la quale è pubblicata entro il giorno successivo alla decisione della causa (commi 6 e 7). Se la complessità delle questioni non consente la pubblicazione della sentenza, il giorno successivo all’udienza è emesso il dispositivo mediante deposito in segreteria. In tal caso la sentenza è pubblicata entro i dieci giorni successivi. Non è, quindi, più prevista la lettura del dispositivo immediatamente all’udienza pubblica da parte del presidente (art. 83-undecies, comma 4, d.P.R. n. 570/1960).

 

La sentenza è immediatamente trasmessa in copia, a cura della segreteria del TAR, al Sindaco, alla giunta provinciale, alla giunta regionale, al presidente dell’ufficio elettorale nazionale, a seconda dell’ente cui si riferisce l’elezione. Il comune, la provincia o la regione della cui elezione si tratta provvede, entro ventiquattro ore dal ricevimento, alla pubblicazione per quindici giorni del dispositivo della sentenza nell’albo o bollettino ufficiale dell’ente interessato a mezzo del segretario che ne è diretto responsabile. In caso di elezioni di comuni, province o regioni, la sentenza è comunicata anche al Prefetto. Ai medesimi incombenti si provvede dopo il passaggio in giudicato della sentenza annotando sulla copia pubblicata il carattere definitivo (comma 8).

 

Il TAR, quando accoglie il ricorso, corregge il risultato delle elezioni e sostituisce ai candidati illegittimamente proclamati coloro che hanno diritto di esserlo. In caso di ricorso avverso le operazioni elettorali inerenti il Parlamento europeo, i voti delle sezioni le cui operazioni sono state annullate non hanno alcun effetto. Peraltro, questa disposizione non comprende i casi in cui l’accoglimento è potenzialmente idoneo ad inficiare l’intero svolgimento delle elezioni. La prova di ciò è data dal fatto che all’annullamento giurisdizionale delle operazioni continua ad applicarsi l’art. 85 del d.P.R. n. 570/1960, che non viene abrogato dal Codice.

 

Sempre nell’ottica di celerità del procedimento giurisdizionale, il comma 10, dispone che tutti i termini diversi da quelli indicato negli artt. 130 e 131 sono dimezzati rispetto ai termini del processo ordinario.

 

Infine, il comma 11 prescrive gli adempimenti ai fini della pubblicità che ciascuna amministrazione nel proprio ambito di competenza territoriale, è tenuta a svolgere: l’ente comunale, provinciale o regionale, della cui elezione si tratta, comunica agli interessati la correzione del risultato elettorale; l’Ufficio elettorale nazionale comunica la correzione del risultato elettorale oltre che agli interessati anche alla segreteria del Parlamento europeo.

 

 

5. Il procedimento in appello in relazione alle operazioni elettorali di comuni province, regioni e del Parlamento europeo.

 

L’art. 131 del Codice disciplina il processo di appello relativo alle operazioni elettorali di comuni province e regioni.

Il comma 1 dispone che << l’appello è proposto entro il termine di venti giorni dalla notifica della sentenza, per coloro nei cui confronti è obbligatoria la notifica; per gli altri candidati o elettori nel termine di venti giorni decorrenti dall’ultimo giorno della pubblicazione della sentenza medesima nell’albo pretorio del comune>>.

 

Ai sensi del comma 2, il presidente fissa in via d’urgenza l’udienza di discussione. Al giudizio si applicano le norme che regolano il processo di appello innanzi al Consiglio di Stato, e i relativi termini sono dimezzati rispetto a quelli del giudizio ordinario.

 

Il comma 3 dispone che la sentenza, quando, in riforma di quella di primo grado, accoglie il ricorso originario, provvede con potere correttivo e sostitutivo dei risultati elettorali ai sensi dell’articolo 130, comma 9.

 

Infine, il comma 4 prevede che <<la sentenza è immediatamente trasmessa in copia, a cura della segreteria del Consiglio di Stato, ai soggetti di cui all’articolo 130, comma 8, i quali provvedono agli ulteriori incombenti ivi previsti e a quelli di cui al comma 11 dello stesso articolo 130>>.

 

Il processo di appello relativo alle operazioni elettorali per il Parlamento europeo è disciplinato dall’art. 132 c. p. a.

 

Come per il precedente art. 131, l’applicabilità della norma alle sole elezioni europee si ricava dalla rubrica e non dal contenuto dell’articolo.

 

Il comma 1 dispone che <<le parti del giudizio di primo grado possono proporre appello mediante dichiarazione da presentare presso la segreteria del tribunale amministrativo regionale che ha pronunciato la sentenza, entro il termine di cinque giorni decorrenti dalla pubblicazione della sentenza o, in mancanza, del dispositivo>>.

 

Il comma 2 prevede che <<l’atto di appello contenente i motivi deve essere depositato entro il termine di trenta giorni decorrenti dalla ricezione dell’avviso di pubblicazione della sentenza>>.

 

Il comma 3, infine, rinvia per tutto quanto non previsto dall’art. 132, alle disposizioni di cui all’art. 131. Alla luce di quest’ultima disposizione normativa, deve ritenersi che la notifica dell’appello – come previsto per le elezioni regionali ed amministrative – debba essere effettuata nel termine di venti giorni dalla notifica della sentenza, per coloro nei cui confronti essa è obbligatoria; per gli altri dalla data di pubblicazione sull’albo pretorio.

 

Anche con riferimento agli artt. 131 e 132 non è stabilita la natura perentoria dei termini processuali.