La gioia in un piatto?
Oggi affrontiamo un argomento che spesso viene sottovalutato da consumatori e nutrizionisti.
Se infatti la Dott.ssa Felice Jacka sostiene che “Una dieta sana e pensata ha un effetto dirompente nel combattere la depressione.”, il professor Charles Spense, capo del Crossmodal Research Laboratory dell’Università di Oxford afferma che “la gioia che deriva da quello che mangiamo non è tanto influenzata da quello che avviene in bocca quanto da tutto il contesto in cui il cibo ci viene servito” quindi… “Quando si parla di cibo e felicità, è bene sapere che tutto parte da quello che succede nella nostra testa, più che nel piatto».
Queste due affermazioni non si contrappongono, bensì si completano.
Le cose belle ci sembrano più buone senza ombra di dubbio. Se infatti abbiamo davanti due piatti di riso, saremo disposti a pagare di più e troveremo più gustoso quello con un impiattamento più curato, con una forma strutturata e con piccole decorazioni che lo valorizzano.
Ciò ha fatto riflettere geniali ristoratori che, cogliendo la palla al balzo, hanno trasformato i loro locali in un impero non solo di gusto ma anche di stile personale; luoghi in cui il food stylist è diventato un componente fisso del team, necessario tanto quanto lo chef o il commercialista.
Voi direte: ma se già un cuoco c’è, perché doversi gravare di ulteriori figure professionali?
Il food stylist non fa il cuoco, non fa lo chef. Questo dovrebbe bastare già come prima riflessione, ma approfondendo meglio, capiamo che il food stylist è colui che continua ad aggiornarsi sulle tendenze food, ma anche sul food design thinking di cui parleremo nei prossimi articoli, è la figura che studierà e cercherà sempre una nuova chiave di lettura con cui voi potrete proporre piatti che sorprenderanno sempre.
Se alcuni di voi (ristoratori) sono ancora scettici, pensate che a Charles Spense si sono affidati Heston Blumenthal e Ferran Adria oltre che a Charles Michel a Bogotà.
Capire quanto il suono di una pietanza croccante, o la doratura di un cibo, o il suo colore, possono dare benessere, è ciò che i grandi (aziende e ristoratori) si sono spinti a comprendere per implementare le loro vendite.
Questa connessione psicologica è stata utilizzata dall’industria del cibo ed è divenuta un’arma molto pericolosa nei confronti della nostra salute quando utilizzata male, soprattutto se pensiamo che il cibo spazzatura (dieta POCO salutare) è la prima causa di morte degli uomini e la seconda della donne nel mondo e che anche nei paesi in via di sviluppo uccide più della denutrizione», dice la dottoressa Jacka, capo del Food and Mood Centre della Deakin University in Australia e presidente International Society for Nutritional Psychiatry.
Tradotto, una patatina o un cibo trattato e preconfezionato, prodotto senza nessun tipo di attenzione a coloranti, grassi e via dicendo, mostra aspetti estremamente accattivanti e attraenti per il nostro cervello: una patatina giallo paprika intenso, una crosta croccante e lucida, un colore vivido e brillante... potrei dilungarmi a non finire.
Il nostro cervello si attiva, rilascia salivazione e la nostra mano si allunga verso lo scaffale per acquistare quel delizioso pacchetto di patatine che “croccherà” sotto ai nostri denti rilasciando endorfine, ma oltre a queste anche grassi e coloranti artificiali.
L’industria alimentare ha giocato molto su questa multisensorialità che permette al cibo di farci provare “piacere” non solo per il gusto.
Una sana alimentazione o una dieta non sono tristi
Dal 2000 al 2016, la percentuale di bambini sovrappeso fra i 5 e i 19 anni è raddoppiata da 1 su 10 a circa 1 su 5. Nel nostro paese la percentuale di bambini sovrappeso fra i 5 e i 19 anni è del 36,8%, con un aumento del 39,1% rispetto al 1990.
(fonte: link)
La nostra bella Italia, come del resto il mondo, è a dieta. Questa parola non è associata al food stylist, ma dovrebbe esserlo.
Tutti noi avvicinandoci ad un regime alimentare controllato, ci sentiamo privati di qualche cosa e cadiamo nel baratro della tristezza perdendo voglia di cucinare e sperimentare ai fornelli.
In realtà molte delle diete non prevedono l’effetto “fame” bensì il contrario. Ciò che crea tristezza dell'individuo è il mancato “fascino” del piatto che hanno di fronte.
Cucinare infatti alimenti con consistenze simili o dall’aspetto banale, ci mette davanti ad una grandissima barriera. Qui entriamo in gioco noi.
Mi occupo come food stylist di consulenze private ormai da qualche anno. La grande difficoltà di chi sta a dieta o si avvicina ad un’alimentazione controllata, risiede in due grandi blocchi: la variabilità (in termini di cotture dello stesso alimento) e la presentazione. Se nel primo caso spesso il nutrizionista aiuta, nel secondo subentro io.
Siamo lessi
Verdure, un grande dilemma. Spesso ci abbattiamo dinanzi ad un broccolo che non riusciamo a vedere se non tagliuzzato e bollito.
Ogni alimento ha una sua forma, che può essere valorizzata o destrutturata. Come un food stylist è di aiuto? Nell’insegnare a vedere la bellezza del cibo e la sua grande variabilità.
L’altro giorno mi sono divertita a rivalutare il broccolo romano. La forma e la modularità della sua superficie hanno sempre catturato la mia attenzione. Così ho deciso di cuocerlo intero, al vapore e di decorarlo con fiori di Salvia Ananas e scorze di limone. Il condimento? semplice sale e olio, ma era davvero davvero bello, gustoso e salutare.
DRINK e non solo
Altra sfida sono stati gli estratti.
Estremamente nutrienti, ma se inseriamo alcune verdure tendono al marrone. Come poter variare allora? Trovando il mix giusto, un colore gradevole e decorando con piccole foglie di menta o basilico. Oppure creando un vero e proprio aperitivo analcolico con tanto di bicchiere scelto e location curata... e il vostro bicchiere non sarà solo un dovere ma sarà un piacere.
Siamo alla frutta
Ormai non più di questa stagione, ma il melone mi ha regalato grandi emozioni. Una cara amica in dieta da anni non sapeva più come mangiare cosa.
Colta da malinconia si è sfogata e io ho raccolto la sfida.
Trasformare la frutta per rendere accattivante anche un melone.
Ho tagliato a rondelle il melone e creato una sorta di torretta, guarnito con qualche goccia di kefir e petali di fiori edibili. La sorpresa è stata molto apprezzata.
Non sono un pollo
Il grande ostacolo per me sta anche nel colore dell’alimento.
Qualche giorno fa una persona mi ha chiesto aiuto con un petto di pollo, arrivata all’ennesima padella, piastra, ecc.
Così ho pensato a variare la forma del petto e a tagliarlo come se fosse un piccolo filetto. Semplicemente dorato in padella e terminato in cottura con un cucchiaio di aceto di mele e miso.
Qui sotto il risultato. Lei era molto soddisfatta e voi?
Quindi pensateci… se la dieta vi annoia, reinventate ciò che sta nel piatto.