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La responsabilità degli enti ospedalieri ai sensi del Decreto Legislativo n. 231 del 2001

La responsabilità degli enti ospedalieri  ai sensi del Decreto Legislativo n. 231 del 2001
La responsabilità degli enti ospedalieri ai sensi del Decreto Legislativo n. 231 del 2001

Abstract: L’autrice affronta la problematica relativa all’applicabilità anche alle aziende ospedaliere del Decreto Legislativo 231 del 2001, con particolare riferimento alla giurisprudenza in materia

 

In data 4 luglio 2001 è entrato in vigore il Decreto legislativo 231/2001, recante la “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica”, che ha introdotto  per la prima volta in Italia una specifica forma di responsabilità degli enti per alcuni reati commessi nell’interesse o a vantaggio degli stessi da: -soggetti che rivestano funzioni di rappresentannza, amministrazione o direzione dell’ente nonché da persone che esercitino, anche di fatto, la gestione ed il controllo dello stesso ente; - soggetti sottoposti alla direzione o vigilanza di uno dei soggetti sopra indicati.

Quindi, nell’ipotesi in cui venga commesso uno dei reati espressamente indicati nel Decreto Legislativo 231, alla responsabilità penale della persona fisica che ha realizzato materialmente il fatto illecito, si aggiunge la responsabilità amministrativa della società.

La peculiarità delle disposizioni introdotte con il Decreto Legislativo 231 consiste nel fatto che la responsabilità per tali reati viene sempre presunta in capo alla società o all’ente, a meno che gli stessi non possano dimostrare, attraverso una loro adeguata struttura organizzativa interna posta in essere per prevenire il compimento dei reati, che l’atto illecito è stato commesso dal soggetto inserito a vario titolo nell’organizzazione della società, eludendo il sistema di controlli interni posto in essere dall’ente stesso.

Come ha precisato al Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza  n. 38343 del 24 aprile 2014, in Rivista 231.it “La predetta responsabilità si fonda sul principio di legalità e su criteri di imputazione sul piano oggettivo ed oggettivo. Il sistema normativo introdotto dal Decreto Legislativo n. 231 del 2001, coniugando i tratti dell'ordinamento penale e di quello amministrativo, configura un "tertium genus" di responsabilità compatibile con i principi costituzionali di responsabilità per fatto proprio e di colpevolezza”.

Sotto il profilo sanzionatorio, la nuova responsabilità introdotta dal Decreto Legislativo 231 mira a coinvolgere il patrimonio delle persone giuridiche che abbiano tratto un vantaggio dalla commissione dell’illecito. Per tutti gli illeciti, infatti, è sempre prevista l’applicazione di una sanzione pecuniaria mentre  per ipotesi di maggiore gravità sono indicate anche misure interdittive.

Rispetto alle fattispecie inizialmente inserite nel Decreto Legislativo 231, il numero dei reati addebitabili alle società ed agli enti nel corso degli anni è stato progressivamente ampliato.

Il 7 luglio 2011, è stato approvato il Decreto Legislativo 121/2011 che modifica l’impianto dei reati presupposto previsti dal Decreto Legislativo 231/2001, introducendo il nuovo articolo 25-undecies in tema di reati ambientali..

Con la legge 22 maggio 2015 n. 68, “Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente”, i reati ambientali sono stati qualificati come delitti.

Dopo alcune iniziali perplessità in ordine alla applicabilità delle previsioni del Decreto Legislativo 231 del 2001 anche alle strutture sanitarie ed ospedaliere, la Corte di Cassazione, Seconda Sezione penale, con la sentenza  n. 28699 del 9 luglio 2010, ha precisato che “la natura pubblicistica di un ente è condizione necessaria, ma non sufficiente, per esonerarlo dalla responsabilità da reato ex dlgs n. 231 del 2001, dovendo altresì concorrere la condizione che lo stesso ente non svolta attività economica”confermando la condanna, ai sensi del Decreto Legislativo 231 del 2001 di un ente ospedaliero che non si era dotato di un Modello 231 ( in Cassazione penale con nota di Di Giovine, Sanità ed ambito applicativo della disciplina sulla responsabilità degli enti: alcune riflessioni sui confini tra pubblico  e privato;  conforme,  Cassazione penale, Sezione II, 26 ottobre 2010 n. 234, in Cassazione Penale con nota di Cugini, Le società miste al confine della responsabilità amministrativa da reato degli enti).

La sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 38343 del 24 aprile 2014, riguarda proprio una società svolgente attività ospedaliera, la quale rientra nel novero dei destinatari della norma, a giudizio delle Corte, proprio per la sua caratteristica di economicità, poiché “ogni società, proprio in quanto tale, è costituita pur sempre per l’esercizio di un’attività economica al fine di dividerne gli utili” in particolar modo le società per azioni. Inoltre, con la stessa sentenza, la Cassazione ha escluso l’eccepita inapplicabilità della disciplina de qua alle strutture ospedaliere sulla base dell’assunto che l’ente pubblico in oggetto sia chiamato a svolgere funzioni di rilievo costituzionale. Il Supremo Collegio, ha infatti precisato che non si deve confondere il valore della tutela della salute, sicuramente “di spessore costituzionale”, con il rilievo costituzionale dell’ente o della relativa funzione, “riservato esclusivamente a soggetti (almeno) menzionati nella Carta costituzionale”. La funzione di una società per azioni, chiaramente non qualificabile come di rilevo costituzionale, è sempre quella di realizzare un utile economico. Risulta evidente come, a giudizio della Corte, non può essere sufficiente, ai fini dell’esonero dal Decreto Legislativo 231/2001, la semplice rilevanza costituzionale di uno dei valori coinvolti nella funzione dell’ente, in quanto una siffatta interpretazione porterebbe ad escludere dall’applicabilità della disciplina “un numero pressoché illimitato di enti” e non solo con riguardo al settore sanitario. Pertanto, in relazione ai destinatari della normativa, si devono includere in tale elenco le aziende sanitarie locali, naturalmente quelle private, quelle “miste” per la gestione di servizi pubblici, nonché quelle private che operano nel settore sanitario in regime convenzionato. Le Aziede Sanitarie Locali, ad esempio, in virtù dei Decreti Legislativi n. 502/1992 e 229/1999, che ne hanno mutato la qualificazione giuridica, si costituiscono con personalità giuridica di diritto pubblico, ma sono dotate di autonomia imprenditoriale ed agiscono attraverso atti di diritto privato.

L’Azienda sanitaria, quindi, già in forza del suindicato Decreto Legislativo 7 dicembre 1993 n. 517, ha perso il carattere di organo della Regione, acquisendo una propria soggettività giuridica con un autonomia che ha poi assunto, stante il disposto dell’art. 3, comma 1 bis, del Decreto Legislativo 502 del 1992, anche carattere imprenditoriale (“in funzione del perseguimento dei loro fini istituzionali, le unità sanitarie locali si costituiscono in Aziende con personalità giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale”), disposizione quest’ultima che ha introdotto una recente giurisprudenza a ritenere che le Aziende sanitarie abbiano assunto la natura di enti pubblici economici (Tribunale Amministrativo Regionale Catanzaro IIa Sez. 17 gennaio 2001, n. 37 – confermata in appello dalla V Sezione del Consiglio di Stato con decisione 9 maggio 2001, n. 2609 - e 5 aprile 2002, n. 809)

Le strutture sanitarie, pubbliche e private, evidenziano specifici processi a rischio di reato, nei quali potrebbero essere commessi delitti di vario genere ( dalla truffa aggravata ai danni dello stato  ai reati ambientali). A mero titolo esemplificativo, si pensi allo smaltimento dei rifiuti radioattivi.

La Regione Lombardia è una delle poche che ha incentivato l’adozione di Modelli 231 da parte delle strutture ospedaliere, formulando linee guida  per l’analisi del rischio, l’elaborazione di modelli ed il codice etico, in virtù di quel processo di “de pubblicizzazione” che tali enti hanno subito con il Decreto Legislativo n. 502/1992 e con il Decreto Legislativo n. 229/1999 ( “la nuova configurazione connota le Aziende Sanitarie e Ospedaliere di tutte le funzioni ed i caratteri operativi dell’impresa, caratterizzati e qualificati dal concetto di professionalità”). Fermandoci per un momento su quanto adottato dalla Regione Lombardia, è opportuno osservare come questa abbia inteso procedere con la sperimentazione dell’introduzione di un codice (o sistema) etico-comportamentale, basato sulla normativa relativa alla responsabilità amministrativa degli enti, “non unicamente per la prevenzione degli eventuali illeciti (di cui al D.Lgs. 231/2001), ma quale ulteriore garanzia della migliore organizzazione e trasparenza dell’operato delle aziende”.

Inoltre, “…il miglioramento continuo della qualità ha costituito e costituisce un obiettivo verso il quale dirigere gli interventi di politica sanitaria, in quanto in grado di garantire al cittadino la migliore qualità ottenibile delle prestazioni erogate, e pertanto tale processo induce l’ottimizzazione delle risorse e dei processi organizzativi e gestionali delle strutture sanitarie…”, ottenibile anche attraverso un Modello Organizzativo efficiente e facilmente controllabile. In questo contesto la Regione Lombardia ha mutuato i criteri contenuti nel succitato decreto legislativo prevedendone, con DGR n. VII/17864 del 11 giugno 2004, l’applicazione in via sperimentale inizialmente ad una Azienda Sanitaria Locale (ASL di Lecco) ed a due Aziende Ospedaliere (AO di Circolo di Busto Arsizio ed AO della Provincia di Lodi) ed in una seconda fase ad altre due Aziende Ospedaliere (AO di Desenzano del Garda, AO di Cremona) ed a una Azienda Sanitaria Locale (ASL di Mantova). In tale ambito, la Regione Lombardia ha ritenuto di individuare delle aree meritevoli di analisi nella fase sperimentale di introduzione del Codice Etico dei Modelli Organizzativi: - farmaceutica; - acquisti beni e servizi; - gestione magazzino; - processi di reclutamento del personale; - processi di acquisizione della protesica e materiale di consumo per laboratorio; - piastra servizi nel processo di pre-ricovero per gli interventi in elezione; - gestione rapporti con le aziende farmaceutiche; - manutenzione apparecchiature elettromedicali; - farmaceutica territoriale e coinvolgimento dei medici di base nel processo di valutazione dei consumi sanitari del territorio.

Di recente, il Servizio Sanitario Nazionale, ha iniziato a richiedere “l’adozione del Modello quale requisito fondamentale ai fini dell’accreditamento” presso il Sistema stesso.

Nononstante il Decreto Legislativo 231 del 2001 abbia subito sostanziali modifiche in ordine alle fattispecie di reato elencate,  sono rimaste invariate le cartteristiche del Modello di Gestione e Organizzazione previsto dall’art. 7 dello stesso Decreto, con la conseguenza che, nella maggior parte dei casi, i Modelli adottati sono stati ritenuti insufficienti dalla giurisprudenza.

Si ricorda, infatti, che al magistrato spetta il compito di verificare non solo se vi sia il Modello 231 o il Sistema di Gestione Ambientale, ma se questi corrispondano alla reale situazione aziendale e se l’ente abbia posto in essere tutti gli strumenti per adeguare nel tempo il Modello alla reale situazione dell’azienda.

Sarebbe, pertanto, auspicabile, in prospettiva de iure condendo, la previsione di un Modello maggiormente coordinabile con tutte quante le fattispecie delittuose previste dal decreto, così da renderlo uno strumento che realmente possa plasmarsi sulle diversità delle situazioni giuridiche che ogni Ente, in ogni settore è costretto ad affrontare, tanto più  per le strutture sanitarie che, come è pacifico, svolgono un’attività economica che ha quale scopo fondante la tutela della salute.

Abstract: L’autrice affronta la problematica relativa all’applicabilità anche alle aziende ospedaliere del Decreto Legislativo 231 del 2001, con particolare riferimento alla giurisprudenza in materia

 

In data 4 luglio 2001 è entrato in vigore il Decreto legislativo 231/2001, recante la “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica”, che ha introdotto  per la prima volta in Italia una specifica forma di responsabilità degli enti per alcuni reati commessi nell’interesse o a vantaggio degli stessi da: -soggetti che rivestano funzioni di rappresentannza, amministrazione o direzione dell’ente nonché da persone che esercitino, anche di fatto, la gestione ed il controllo dello stesso ente; - soggetti sottoposti alla direzione o vigilanza di uno dei soggetti sopra indicati.

Quindi, nell’ipotesi in cui venga commesso uno dei reati espressamente indicati nel Decreto Legislativo 231, alla responsabilità penale della persona fisica che ha realizzato materialmente il fatto illecito, si aggiunge la responsabilità amministrativa della società.

La peculiarità delle disposizioni introdotte con il Decreto Legislativo 231 consiste nel fatto che la responsabilità per tali reati viene sempre presunta in capo alla società o all’ente, a meno che gli stessi non possano dimostrare, attraverso una loro adeguata struttura organizzativa interna posta in essere per prevenire il compimento dei reati, che l’atto illecito è stato commesso dal soggetto inserito a vario titolo nell’organizzazione della società, eludendo il sistema di controlli interni posto in essere dall’ente stesso.

Come ha precisato al Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza  n. 38343 del 24 aprile 2014, in Rivista 231.it “La predetta responsabilità si fonda sul principio di legalità e su criteri di imputazione sul piano oggettivo ed oggettivo. Il sistema normativo introdotto dal Decreto Legislativo n. 231 del 2001, coniugando i tratti dell'ordinamento penale e di quello amministrativo, configura un "tertium genus" di responsabilità compatibile con i principi costituzionali di responsabilità per fatto proprio e di colpevolezza”.

Sotto il profilo sanzionatorio, la nuova responsabilità introdotta dal Decreto Legislativo 231 mira a coinvolgere il patrimonio delle persone giuridiche che abbiano tratto un vantaggio dalla commissione dell’illecito. Per tutti gli illeciti, infatti, è sempre prevista l’applicazione di una sanzione pecuniaria mentre  per ipotesi di maggiore gravità sono indicate anche misure interdittive.

Rispetto alle fattispecie inizialmente inserite nel Decreto Legislativo 231, il numero dei reati addebitabili alle società ed agli enti nel corso degli anni è stato progressivamente ampliato.

Il 7 luglio 2011, è stato approvato il Decreto Legislativo 121/2011 che modifica l’impianto dei reati presupposto previsti dal Decreto Legislativo 231/2001, introducendo il nuovo articolo 25-undecies in tema di reati ambientali..

Con la legge 22 maggio 2015 n. 68, “Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente”, i reati ambientali sono stati qualificati come delitti.

Dopo alcune iniziali perplessità in ordine alla applicabilità delle previsioni del Decreto Legislativo 231 del 2001 anche alle strutture sanitarie ed ospedaliere, la Corte di Cassazione, Seconda Sezione penale, con la sentenza  n. 28699 del 9 luglio 2010, ha precisato che “la natura pubblicistica di un ente è condizione necessaria, ma non sufficiente, per esonerarlo dalla responsabilità da reato ex dlgs n. 231 del 2001, dovendo altresì concorrere la condizione che lo stesso ente non svolta attività economica”confermando la condanna, ai sensi del Decreto Legislativo 231 del 2001 di un ente ospedaliero che non si era dotato di un Modello 231 ( in Cassazione penale con nota di Di Giovine, Sanità ed ambito applicativo della disciplina sulla responsabilità degli enti: alcune riflessioni sui confini tra pubblico  e privato;  conforme,  Cassazione penale, Sezione II, 26 ottobre 2010 n. 234, in Cassazione Penale con nota di Cugini, Le società miste al confine della responsabilità amministrativa da reato degli enti).

La sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 38343 del 24 aprile 2014, riguarda proprio una società svolgente attività ospedaliera, la quale rientra nel novero dei destinatari della norma, a giudizio delle Corte, proprio per la sua caratteristica di economicità, poiché “ogni società, proprio in quanto tale, è costituita pur sempre per l’esercizio di un’attività economica al fine di dividerne gli utili” in particolar modo le società per azioni. Inoltre, con la stessa sentenza, la Cassazione ha escluso l’eccepita inapplicabilità della disciplina de qua alle strutture ospedaliere sulla base dell’assunto che l’ente pubblico in oggetto sia chiamato a svolgere funzioni di rilievo costituzionale. Il Supremo Collegio, ha infatti precisato che non si deve confondere il valore della tutela della salute, sicuramente “di spessore costituzionale”, con il rilievo costituzionale dell’ente o della relativa funzione, “riservato esclusivamente a soggetti (almeno) menzionati nella Carta costituzionale”. La funzione di una società per azioni, chiaramente non qualificabile come di rilevo costituzionale, è sempre quella di realizzare un utile economico. Risulta evidente come, a giudizio della Corte, non può essere sufficiente, ai fini dell’esonero dal Decreto Legislativo 231/2001, la semplice rilevanza costituzionale di uno dei valori coinvolti nella funzione dell’ente, in quanto una siffatta interpretazione porterebbe ad escludere dall’applicabilità della disciplina “un numero pressoché illimitato di enti” e non solo con riguardo al settore sanitario. Pertanto, in relazione ai destinatari della normativa, si devono includere in tale elenco le aziende sanitarie locali, naturalmente quelle private, quelle “miste” per la gestione di servizi pubblici, nonché quelle private che operano nel settore sanitario in regime convenzionato. Le Aziede Sanitarie Locali, ad esempio, in virtù dei Decreti Legislativi n. 502/1992 e 229/1999, che ne hanno mutato la qualificazione giuridica, si costituiscono con personalità giuridica di diritto pubblico, ma sono dotate di autonomia imprenditoriale ed agiscono attraverso atti di diritto privato.

L’Azienda sanitaria, quindi, già in forza del suindicato Decreto Legislativo 7 dicembre 1993 n. 517, ha perso il carattere di organo della Regione, acquisendo una propria soggettività giuridica con un autonomia che ha poi assunto, stante il disposto dell’art. 3, comma 1 bis, del Decreto Legislativo 502 del 1992, anche carattere imprenditoriale (“in funzione del perseguimento dei loro fini istituzionali, le unità sanitarie locali si costituiscono in Aziende con personalità giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale”), disposizione quest’ultima che ha introdotto una recente giurisprudenza a ritenere che le Aziende sanitarie abbiano assunto la natura di enti pubblici economici (Tribunale Amministrativo Regionale Catanzaro IIa Sez. 17 gennaio 2001, n. 37 – confermata in appello dalla V Sezione del Consiglio di Stato con decisione 9 maggio 2001, n. 2609 - e 5 aprile 2002, n. 809)

Le strutture sanitarie, pubbliche e private, evidenziano specifici processi a rischio di reato, nei quali potrebbero essere commessi delitti di vario genere ( dalla truffa aggravata ai danni dello stato  ai reati ambientali). A mero titolo esemplificativo, si pensi allo smaltimento dei rifiuti radioattivi.

La Regione Lombardia è una delle poche che ha incentivato l’adozione di Modelli 231 da parte delle strutture ospedaliere, formulando linee guida  per l’analisi del rischio, l’elaborazione di modelli ed il codice etico, in virtù di quel processo di “de pubblicizzazione” che tali enti hanno subito con il Decreto Legislativo n. 502/1992 e con il Decreto Legislativo n. 229/1999 ( “la nuova configurazione connota le Aziende Sanitarie e Ospedaliere di tutte le funzioni ed i caratteri operativi dell’impresa, caratterizzati e qualificati dal concetto di professionalità”). Fermandoci per un momento su quanto adottato dalla Regione Lombardia, è opportuno osservare come questa abbia inteso procedere con la sperimentazione dell’introduzione di un codice (o sistema) etico-comportamentale, basato sulla normativa relativa alla responsabilità amministrativa degli enti, “non unicamente per la prevenzione degli eventuali illeciti (di cui al D.Lgs. 231/2001), ma quale ulteriore garanzia della migliore organizzazione e trasparenza dell’operato delle aziende”.

Inoltre, “…il miglioramento continuo della qualità ha costituito e costituisce un obiettivo verso il quale dirigere gli interventi di politica sanitaria, in quanto in grado di garantire al cittadino la migliore qualità ottenibile delle prestazioni erogate, e pertanto tale processo induce l’ottimizzazione delle risorse e dei processi organizzativi e gestionali delle strutture sanitarie…”, ottenibile anche attraverso un Modello Organizzativo efficiente e facilmente controllabile. In questo contesto la Regione Lombardia ha mutuato i criteri contenuti nel succitato decreto legislativo prevedendone, con DGR n. VII/17864 del 11 giugno 2004, l’applicazione in via sperimentale inizialmente ad una Azienda Sanitaria Locale (ASL di Lecco) ed a due Aziende Ospedaliere (AO di Circolo di Busto Arsizio ed AO della Provincia di Lodi) ed in una seconda fase ad altre due Aziende Ospedaliere (AO di Desenzano del Garda, AO di Cremona) ed a una Azienda Sanitaria Locale (ASL di Mantova). In tale ambito, la Regione Lombardia ha ritenuto di individuare delle aree meritevoli di analisi nella fase sperimentale di introduzione del Codice Etico dei Modelli Organizzativi: - farmaceutica; - acquisti beni e servizi; - gestione magazzino; - processi di reclutamento del personale; - processi di acquisizione della protesica e materiale di consumo per laboratorio; - piastra servizi nel processo di pre-ricovero per gli interventi in elezione; - gestione rapporti con le aziende farmaceutiche; - manutenzione apparecchiature elettromedicali; - farmaceutica territoriale e coinvolgimento dei medici di base nel processo di valutazione dei consumi sanitari del territorio.

Di recente, il Servizio Sanitario Nazionale, ha iniziato a richiedere “l’adozione del Modello quale requisito fondamentale ai fini dell’accreditamento” presso il Sistema stesso.

Nononstante il Decreto Legislativo 231 del 2001 abbia subito sostanziali modifiche in ordine alle fattispecie di reato elencate,  sono rimaste invariate le cartteristiche del Modello di Gestione e Organizzazione previsto dall’art. 7 dello stesso Decreto, con la conseguenza che, nella maggior parte dei casi, i Modelli adottati sono stati ritenuti insufficienti dalla giurisprudenza.

Si ricorda, infatti, che al magistrato spetta il compito di verificare non solo se vi sia il Modello 231 o il Sistema di Gestione Ambientale, ma se questi corrispondano alla reale situazione aziendale e se l’ente abbia posto in essere tutti gli strumenti per adeguare nel tempo il Modello alla reale situazione dell’azienda.

Sarebbe, pertanto, auspicabile, in prospettiva de iure condendo, la previsione di un Modello maggiormente coordinabile con tutte quante le fattispecie delittuose previste dal decreto, così da renderlo uno strumento che realmente possa plasmarsi sulle diversità delle situazioni giuridiche che ogni Ente, in ogni settore è costretto ad affrontare, tanto più  per le strutture sanitarie che, come è pacifico, svolgono un’attività economica che ha quale scopo fondante la tutela della salute.