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La settimana delle big tech: novità privacy

Marzamemi
Ph. Simona Loprete / Marzamemi

Le big tech hanno vissuto una “settimana privacy” molto intensa, come spesso capita. Big tech = big problems, verrebbe ormai da dire.

La prima big tech che la fa da padrona è sicuramente Facebook che, da un lato, si porta a casa una vittoria con l’Antitrust americana ma, dall’altro deve fare i conti con l’invito del Garante tedesco alle istituzioni ed agenzie governative della Germania a chiudere le rispettive pagine e profili Facebook entro la fine dell’anno.

Se, sul primo fronte, la big tech di Mark Zuckerberg è stata graziata per non essere riuscita l’Antitrust USA a dimostrare l’esistenza di un monopolio sul mondo dei social network, per quanto riguarda il secondo, la giustificazione sarebbe da individuarsi nella mancata compliance del social network al GDPR. Il Garante tedesco arriva addirittura a sostenere che ad inizio 2022, se il suo invito non sarà raccolto, si attiverà coi poteri di cui all’articolo 58 del GDPR. I ministeri tedeschi non troveranno più posto su Facebook? Staremo a vedere.

Non si fermano al Garante i problemi che arrivano dalla Germania per la big tech californiana. Infatti, secondo una società di mobile security tedesca (Mobilsicher) la big tech risulterebbe coinvolta in un “data gate” insieme all’app Doctolib, piattaforma medica utilizzata sia da medici che da pazienti. Stando alle ricostruzioni, l’app, oltre a trasmettere a Facebook le chiavi di ricerca inserite dai propri utenti, inviava immediatamente ai server della big tech l’indirizzo IP dell’utente non appena gli utenti accettavano i termini di servizio, insieme all’identificativo marketing utile a fare pubblicità mirata. Inutile dire che tutto questo avveniva nella più totale mancata di informazioni agli utenti dell’applicazione.

Settimana agrodolce anche per un’altra big tech, nata da poco ma diventata grande subito. Parliamo di TikTok, che si è vista bussare alla porta la non-profit olandese Consumentenbond con una piccola richiesta risarcimento danni da 1 miliardo e mezzo di dollari, giustificata dalla violazione dei diritti privacy dei propri utenti minorenni realizzate negli anni passati. Non avrà fatto piacere alla big tech cinese ma non si può dire sia un’azione isolata.

Sicuramente meglio sarà stata accolta dalla big tech di Yiming la pagina della BBC in cui si dà atto degli sforzi fatti per rimuovere oltre 7 milioni di utenti, sospettati dal social di avere un’età inferiore ai 13 anni.

Chi manca all’appello delle big tech? La prediletta, Google!

Dopo le scorse settimane in cui la big tech di Mountain View si è vista recapitare qualche avviso di indagine dalla Commissione Europea e dall’Antitrust inglese, riguardanti pratiche commerciali scorrette e abuso di posizione dominante correlate all’utilizzo dei dati relativi all’advertising technology e all’utilizzo di cookies di terze parti, questa è stata la settimana per rispondere.

Come? Bhe, in un certo senso, all’italiana! La regina delle big tech ha infatti comunicato che l’eliminazione dei cookies di terze parti verrà posticipata ad uno dei due trimestri della seconda metà del 2023. Pur dichiarando che Google intende avere a disposizione questa tecnologia già entro la fine del 2022, la big tech guidata da Sundar Pichai ha ritenuto che l’avvio dell’indagine da parte dell’antitrust inglese fosse il momento perfetto per posticipare l’iniziativa e favorire un dibattito pubblico sul tema. Se l’iniziativa finirà “all’italiana” così come è iniziata, lo si vedrà.

A proposito di cookies, la CNIL ha tranquillizzato tutti circa il fatto che le 20 organizzazioni a cui aveva ingiunto di mettersi in conformità il mese scorso, lo hanno fatto. Ovviamente i controlli continueranno verso altri lidi, nella speranza di non trovarvi troppe zanzare.

Avrà fatto sicuramente piacere ad ogni big tech l’annuncio della Commissione sull’adozione delle decisioni di adeguatezza relative al trasferimento dei dati verso il Regno Unito, ormai Paese terzo ai sensi del GDPR. Per 4 anni, i dati potranno liberamente circolare verso il Regno di Sua Maestà senza inciampi per titolari e responsabili del trattamento, anche se le big tech attendono sicuramente con più ansia la decisione di adeguatezza per il trasferimento dei dati personali verso gli Stati Uniti, sperando che almeno stavolta sia a prova di Schrems, I o II che sia.

Non proprio una big tech, però sicuramente merita un riferimento l’ultimo scoop su Linkedin che, secondo un report di questa settimana, soffrirebbe di data breaches massivi. I dati relativi al 92% degli utenti del social network più professionale del mondo sarebbero infatti in vendita sul Dark Web, organizzati in comodi pacchetti.

Privacy sempre più crocevia di questioni antitrust, di immagine aziendale e di marketing per ogni big tech. E su questo difficile percorso, almeno ad oggi, l’unica big tech che sembra aver mosso i passi più sicuri nelle ultime settimane è Apple, che spinge sul rafforzare la privacy degli utenti come vantaggio concorrenziale dei propri prodotti rispetto ai competitor. Vedremo nei prossimi mesi se la strategia premierà la big tech di Steve Jobs anche in termini di vendite