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Locazione immobili commerciali: per il recesso attenzione alla formula che si utilizza

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Locazione immobili commerciali: per il recesso attenzione alla formula che si utilizza

In tema di locazioni commerciali la comunicazione di recesso del conduttore non può prescindere dalla specificazione di gravi motivi, estranei alla volontà del conduttore, imprevedibili e, pertanto, idonei a determinare la cessazione del contratto.

È quanto deciso dalla Cassazione con Ordinanza n. 26618 del 9 settembre 2022, con cui ha ritenuto insufficiente addurre la chiusura della propria attività nei locali commerciali per recedere in anticipo dal contratto di locazione ai sensi dell’articolo 27, ultimo comma, della Legge n. 392 del 1978.
 

Il recesso del conduttore nella locazione commerciale

In materia di locazione di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, l’articolo 27 della Legge n. 392 del 1978 prevede due ipotesi di recesso del conduttore: un’ipotesi di recesso convenzionale, in forza di clausola stabilita dalle parti nel contratto di locazione e privo della necessità di giustificazioni e il c.d. diritto di recesso per gravi motivi, di cui all’ultimo comma (disposizione di identico tenore letterale rispetto a quella del precedente articolo 4, secondo comma, in materia di immobili destinati ad uso abitativo).

Quest’ultimo, cogente e inderogabile, produce l’effetto risolutivo per il solo fatto che la comunicazione di recesso pervenga al domicilio del locatore.

Fermo il necessario preavviso di 6 mesi per l’invio della comunicazione, trattandosi, tuttavia, di recesso titolato, grava sul conduttore l’ulteriore onere di specificare nella raccomandata o con altra modalità equipollente i motivi che giustificano il recesso e che siano “gravi” come richiesto dalla norma. In mancanza, il recesso sarà da considerarsi invalido e passibile di contestazione da parte del locatore, che potrà far valere in giudizio il mantenimento in vita del rapporto e la debenza dei canoni maturati.
 

Inidoneo lo stop dell’attività al recesso del conduttore

La pronuncia in epigrafe è di conseguenza particolarmente interessante. La Cassazione affronta infatti le problematiche sottese all’individuazione dei gravi motivi del recesso del conduttore nelle locazioni commerciali, con riguardo alle circostanze indicate nella comunicazione del caso di specie: la cessazione della propria attività commerciale nei locali locati.

Sebbene non vi sia l’obbligo per il conduttore di approfondire le ragioni di fatto, di diritto o economiche su cui il grave motivo enunciato è fondato, né di darne la prova (ormai per giurisprudenza consolidata), le giustificazioni fornite per la liberazione anticipata dal vincolo contrattuale devono essere determinate da avvenimenti sopravvenuti, estranee alla volontà del conduttore e imprevedibili, tali da rendere oltremodo gravosa per quest’ultimo la prosecuzione del rapporto.

Il grave motivo deve possedere una connotazione oggettiva, la quale, certamente, non può rinvenirsi nella personale valutazione imprenditoriale effettuata dal conduttore in ordine alla convenienza o meno di continuare la propria attività commerciale.

Dovrà, al contrario, non solo essere tale da eccedere l’ambito della normale alea contrattuale, ma anche determinare uno squilibrio tra le prestazioni assunte originariamente dalle parti, di modo da “incidere significativamente sull’andamento dell’azienda globalmente considerata”.

Per la Terza sezione civile della Cassazione, la Corte d’Appello è pertanto incorsa in errore di sussunzione laddove ha mancato di considerare che la ragione di recesso indicata dal conduttore costituisse una mera dichiarazione di volontà, come tale inidonea a integrare un “grave motivo”.

Assorbiti gli altri motivi di ricorso, i supremi giudici cassavano la sentenza impugnata e, in relazione alla censura accolta, rinviavano al secondo grado per il nuovo esame sulla base dei principi giusto enunciati.

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