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La trascrizione in Italia delle sentenze di divorzio ottenute all’estero

Nel corso degli ultimi anni, il matrimonio e, conseguentemente, il divorzio tra soggetti aventi una diversa cittadinanza è divenuto un fenomeno in continuo e costante aumento e, per tale motivo, è con grande sollievo che, il 31 dicembre 1996, si è accolta l’entrata in vigore del Titolo IV della Legge n. 218 del 31 maggio 1995, con la quale è stata approvata la “Riforma del sistema Italiano di diritto internazionale privato”.

Esso concerne il riconoscimento di sentenze e provvedimenti stranieri di volontaria giurisdizione.

Prima dell’entrata in vigore della normativa in parola, le pronunce di scioglimento del vincolo matrimoniale emesse da Tribunali e Corti stranieri avevano efficacia nel territorio italiano solamente a seguito della delibazione della Corte d’Appello, che le riconosceva come valide attraverso l’emissione di una sentenza che veniva successivamente trascritta nei registri dello stato civile del Comune competente.

In conformità del principio della circolazione internazionale dei provvedimenti giudiziari, con la legge n. 218, il riconoscimento di quelle sentenze e quei provvedimenti stranieri che possiedono determinati requisiti è divenuto automatico.

La normativa di riferimento è costituita dalla Circolare n. 1/50/FG/29(96)1227 del 7 gennaio 1997, con la quale il Ministero della Giustizia ha stabilito ufficialmente come l’Ufficiale dello Stato Civile, qualora rilevi la sussistenza delle condizioni stabilite dalla legge per il riconoscimento, possa procedere con la trascrizione.

Qualora, invece, i requisiti dovessero mancare, l’Ufficiale di Stato Civile deve rivolgersi alla Procura della Repubblica, le cui determinazioni dovranno poi essere eseguite.

All’uopo, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9085 del 6 giugno 2003 ha ribadito come gli Ufficiali dello Stato Civile, ai quali siano stati presentati sentenze o provvedimenti di volontaria giurisdizione per la trascrizione, iscrizione o annotazione nei registri dello Stato Civile, quando ritengano le summenzionate pronunce mancanti dei requisiti per il riconoscimento dell’ordinamento interno, debbano rivolgersi al Procuratore della Repubblica.

Alle Corti di Appello italiane, quindi, è rimasta una competenza residuale in ordine ai requisiti di riconoscimento in caso di mancata ottemperanza o di contestazione attraverso un’azione di mero accertamento (art. 67 della Legge 218).

Prima di procedere a verificare i requisiti sostanziali necessari affinchè la sentenza sia riconosciuta come efficace in Italia, l’Ufficiale dello Stato Civile deve però accertare che essa sia: pervenuta in copia autentica; debitamente legalizzata dall’Autorità consolare italiana o diplomatica con sede nello Stato in cui il provvedimento è stato emanato; munita della traduzione giurata in lingua italiana; pervenuta in forma integrale.

La mancanza di uno solo dei summenzionati requisiti formali dà titolo all’Ufficiale di Stato Civile per non procedere alla verifica dei requisiti di cui agli artt. 64, 65 e 66 della Legge 218.

Per quanto concerne la trascrizione, essa dovrà essere richiesta dal soggetto interessato all’Ufficiale dello Stato Civile nei cui registri risulti trascritto il matrimonio, personalmente, attraverso l’Autorità consolare italiana ovvero tramite un legale munito di procura speciale con sottoscrizione autenticata dallo stesso legale.

Una volta provveduto alla verifica formale della pronuncia giurisdizionale ed accertata la legittimità della richiesta di trascrizione, l’Ufficiale dello Stato Civile procederà alla valutazione di tutti i requisiti e delle condizioni sostanziali previste dalla Legge 218/1995.

In particolare, ai sensi dell’art. 64, dovrà accertare che:

“a) il giudice che l’ha pronunciata poteva conoscere della causa secondo i princìpi sulla competenza giurisdizionale propri dell’ordinamento italiano. (In pratica, è necessaria la sussistenza di almeno una delle seguenti condizioni: il coniuge convenuto era residente nello Stato dove è stata pronunciata la sentenza; uno dei coniugi era cittadino di quello Stato; il matrimonio era stato celebrato in quello Stato.

b) L’atto introduttivo del giudizio è stato portato a conoscenza del convenuto in conformità a quanto previsto dalla legge del luogo dove si è svolto il processo e non sono stati violati i diritti essenziali della difesa.

c) Le parti si sono costituite in giudizio secondo la legge del luogo ove si è svolto il processo o la contumacia è stata dichiarata in conformità a tale legge.

d) Essa è passata in giudicato secondo la legge del luogo in cui è stata pronunziata.

e) Essa non è contraria ad altra sentenza pronunziata da un giudice italiano passata in giudicato.

f) Non pende un processo davanti a un giudice italiano per il medesimo oggetto e fra le stesse parti, che abbia avuto inizio prima del processo straniero.

g) Le sue disposizioni non producono effetti contrari all’ordine pubblico.”

L’approfondimento di tale ultima questione merita particolare attenzione in quanto trattasi di verificare l’eventuale violazione di norme di diritto interno. In pratica, la pronuncia straniera non deve contenere disposizioni inconciliabili con i canoni essenziali cui si ispira l’ordinamento italiano, ovvero con le regole fondamentali che definiscono la struttura dei singoli istituti giuridici e che abbiano un impatto concreto contrastante con i princìpi fondanti l’ordinamento giuridico italiano.

I casi più eclatanti di contrarietà all’ordine pubblico concernono, ad esempio, la dignità della persona, che potrebbe risultare offesa nell’eventualità di un ripudio.

In sostanza, qualsivoglia violazione delle norme imperative ed inderogabili dell’ordinamento italiano rappresenta contrarietà all’ordine pubblico.

Come ritenuto da copiosa giurisprudenza, essendo il fine della legge quello di accertare la impossibilità di riconciliazione fra coniugi, non è ritenuta contraria all’ordine pubblico la sentenza di divorzio pronunciata dal giudice straniero dopo un periodo di separazione inferiore ai tre anni ove l’autorità giudiziaria competente abbia debitamente accertato tale impossibilità, anche dopo un periodo di separazione inferiore a quella prevista dalla legge.

L’Ufficiale dello Stato Civile che accerti la sussistenza delle predette condizioni, può, quindi, procedere alla trascrizione della sentenza ed agli adempimenti che ne conseguono altrimenti deve trasmettere gli atti alla Procura della Repubblica.

Il Procuratore può esprimere il proprio parere favorevole alla trascrizione, nel qual caso l’Ufficiale dello Stato Civile trascriverà la sentenza dandone comunicazione all’interessato ovvero comunicare che non può essere data esecuzione alla richiesta di riconoscimento, nel qual caso, l’Ufficiale dello Stato Civile comunicherà ufficialmente all’interessato il provvedimento di diniego indicando la motivazione e l’avvertenza che potrà essere richiesto alla Corte d’Appello competente l’accertamento dei requisiti del riconoscimento.

L’art. 2 della Legge 218, tuttavia, dispone la prevalenza delle convenzioni internazionali, le cui norme sono prioritarie rispetto alla legge e, pertanto, le sentenze dei Tribunali ecclesiastici in materia di nullità del matrimonio concordatario dovranno necessariamente essere oggetto di delibazione da parte della Corte d’Appello in quanto non rientranti nella disciplina di cui all’art. 64.

Infatti trattasi di sentenze emesse da uno Stato straniero, lo Stato della Città del Vaticano, con il quale l’Italia ha stipulato una convenzione internazionale, il Concordato Lateranense del 1929, così come modificato dall’accordo del 1984, ratificato con la legge n. 121/1985.

Ne consegue che l’Ufficiale dello Stato Civile non potrà riconoscere automaticamente la sentenza ecclesiastica trascrivendola direttamente nei registri dello Stato Civile, ma trascriverà la sentenza della Corte d’Appello mediante la quale la sentenza ecclesiastica sarà stata delibata (art. 63, comma 2°, lettera h del nuovo Regolamento dello Stato Civile).

Per quanto concerne la decorrenza degli effetti della sentenza che viene automaticamente riconosciuta dall’Ufficiale dello Stato Civile, occorre evidenziare come la sentenza straniera produca effetti dal momento in cui è passata in giudicato all’estero e non dalla data della trascrizione in Italia.

Da ultimo, per quanto concerne gli Stati membri dell’Unione Europea, la materia contemplata dall’art. 65 della L. 218/1995, coincide in larga misura con quella di cui al Regolamento CE 2201/2003, denominato Bruxelles II, relativo alla competenza, al riconoscimento ed all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale ed in materia di responsabilità genitoriale che, all’art. 21, dispone come le decisioni pronunciate in uno Stato membro siano riconosciute negli altri Stati membri senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento che ne riesamini il merito.

L’automaticità del riconoscimento vale altresì al fine dell’aggiornamento delle iscrizioni nello stato civile di uno Stato Membro anche qualora si tratti di decisioni di divorzio, separazione personale dei coniugi o annullamento del matrimonio non ancora definitive.

Nel corso degli ultimi anni, il matrimonio e, conseguentemente, il divorzio tra soggetti aventi una diversa cittadinanza è divenuto un fenomeno in continuo e costante aumento e, per tale motivo, è con grande sollievo che, il 31 dicembre 1996, si è accolta l’entrata in vigore del Titolo IV della Legge n. 218 del 31 maggio 1995, con la quale è stata approvata la “Riforma del sistema Italiano di diritto internazionale privato”.

Esso concerne il riconoscimento di sentenze e provvedimenti stranieri di volontaria giurisdizione.

Prima dell’entrata in vigore della normativa in parola, le pronunce di scioglimento del vincolo matrimoniale emesse da Tribunali e Corti stranieri avevano efficacia nel territorio italiano solamente a seguito della delibazione della Corte d’Appello, che le riconosceva come valide attraverso l’emissione di una sentenza che veniva successivamente trascritta nei registri dello stato civile del Comune competente.

In conformità del principio della circolazione internazionale dei provvedimenti giudiziari, con la legge n. 218, il riconoscimento di quelle sentenze e quei provvedimenti stranieri che possiedono determinati requisiti è divenuto automatico.

La normativa di riferimento è costituita dalla Circolare n. 1/50/FG/29(96)1227 del 7 gennaio 1997, con la quale il Ministero della Giustizia ha stabilito ufficialmente come l’Ufficiale dello Stato Civile, qualora rilevi la sussistenza delle condizioni stabilite dalla legge per il riconoscimento, possa procedere con la trascrizione.

Qualora, invece, i requisiti dovessero mancare, l’Ufficiale di Stato Civile deve rivolgersi alla Procura della Repubblica, le cui determinazioni dovranno poi essere eseguite.

All’uopo, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9085 del 6 giugno 2003 ha ribadito come gli Ufficiali dello Stato Civile, ai quali siano stati presentati sentenze o provvedimenti di volontaria giurisdizione per la trascrizione, iscrizione o annotazione nei registri dello Stato Civile, quando ritengano le summenzionate pronunce mancanti dei requisiti per il riconoscimento dell’ordinamento interno, debbano rivolgersi al Procuratore della Repubblica.

Alle Corti di Appello italiane, quindi, è rimasta una competenza residuale in ordine ai requisiti di riconoscimento in caso di mancata ottemperanza o di contestazione attraverso un’azione di mero accertamento (art. 67 della Legge 218).

Prima di procedere a verificare i requisiti sostanziali necessari affinchè la sentenza sia riconosciuta come efficace in Italia, l’Ufficiale dello Stato Civile deve però accertare che essa sia: pervenuta in copia autentica; debitamente legalizzata dall’Autorità consolare italiana o diplomatica con sede nello Stato in cui il provvedimento è stato emanato; munita della traduzione giurata in lingua italiana; pervenuta in forma integrale.

La mancanza di uno solo dei summenzionati requisiti formali dà titolo all’Ufficiale di Stato Civile per non procedere alla verifica dei requisiti di cui agli artt. 64, 65 e 66 della Legge 218.

Per quanto concerne la trascrizione, essa dovrà essere richiesta dal soggetto interessato all’Ufficiale dello Stato Civile nei cui registri risulti trascritto il matrimonio, personalmente, attraverso l’Autorità consolare italiana ovvero tramite un legale munito di procura speciale con sottoscrizione autenticata dallo stesso legale.

Una volta provveduto alla verifica formale della pronuncia giurisdizionale ed accertata la legittimità della richiesta di trascrizione, l’Ufficiale dello Stato Civile procederà alla valutazione di tutti i requisiti e delle condizioni sostanziali previste dalla Legge 218/1995.

In particolare, ai sensi dell’art. 64, dovrà accertare che:

“a) il giudice che l’ha pronunciata poteva conoscere della causa secondo i princìpi sulla competenza giurisdizionale propri dell’ordinamento italiano. (In pratica, è necessaria la sussistenza di almeno una delle seguenti condizioni: il coniuge convenuto era residente nello Stato dove è stata pronunciata la sentenza; uno dei coniugi era cittadino di quello Stato; il matrimonio era stato celebrato in quello Stato.

b) L’atto introduttivo del giudizio è stato portato a conoscenza del convenuto in conformità a quanto previsto dalla legge del luogo dove si è svolto il processo e non sono stati violati i diritti essenziali della difesa.

c) Le parti si sono costituite in giudizio secondo la legge del luogo ove si è svolto il processo o la contumacia è stata dichiarata in conformità a tale legge.

d) Essa è passata in giudicato secondo la legge del luogo in cui è stata pronunziata.

e) Essa non è contraria ad altra sentenza pronunziata da un giudice italiano passata in giudicato.

f) Non pende un processo davanti a un giudice italiano per il medesimo oggetto e fra le stesse parti, che abbia avuto inizio prima del processo straniero.

g) Le sue disposizioni non producono effetti contrari all’ordine pubblico.”

L’approfondimento di tale ultima questione merita particolare attenzione in quanto trattasi di verificare l’eventuale violazione di norme di diritto interno. In pratica, la pronuncia straniera non deve contenere disposizioni inconciliabili con i canoni essenziali cui si ispira l’ordinamento italiano, ovvero con le regole fondamentali che definiscono la struttura dei singoli istituti giuridici e che abbiano un impatto concreto contrastante con i princìpi fondanti l’ordinamento giuridico italiano.

I casi più eclatanti di contrarietà all’ordine pubblico concernono, ad esempio, la dignità della persona, che potrebbe risultare offesa nell’eventualità di un ripudio.

In sostanza, qualsivoglia violazione delle norme imperative ed inderogabili dell’ordinamento italiano rappresenta contrarietà all’ordine pubblico.

Come ritenuto da copiosa giurisprudenza, essendo il fine della legge quello di accertare la impossibilità di riconciliazione fra coniugi, non è ritenuta contraria all’ordine pubblico la sentenza di divorzio pronunciata dal giudice straniero dopo un periodo di separazione inferiore ai tre anni ove l’autorità giudiziaria competente abbia debitamente accertato tale impossibilità, anche dopo un periodo di separazione inferiore a quella prevista dalla legge.

L’Ufficiale dello Stato Civile che accerti la sussistenza delle predette condizioni, può, quindi, procedere alla trascrizione della sentenza ed agli adempimenti che ne conseguono altrimenti deve trasmettere gli atti alla Procura della Repubblica.

Il Procuratore può esprimere il proprio parere favorevole alla trascrizione, nel qual caso l’Ufficiale dello Stato Civile trascriverà la sentenza dandone comunicazione all’interessato ovvero comunicare che non può essere data esecuzione alla richiesta di riconoscimento, nel qual caso, l’Ufficiale dello Stato Civile comunicherà ufficialmente all’interessato il provvedimento di diniego indicando la motivazione e l’avvertenza che potrà essere richiesto alla Corte d’Appello competente l’accertamento dei requisiti del riconoscimento.

L’art. 2 della Legge 218, tuttavia, dispone la prevalenza delle convenzioni internazionali, le cui norme sono prioritarie rispetto alla legge e, pertanto, le sentenze dei Tribunali ecclesiastici in materia di nullità del matrimonio concordatario dovranno necessariamente essere oggetto di delibazione da parte della Corte d’Appello in quanto non rientranti nella disciplina di cui all’art. 64.

Infatti trattasi di sentenze emesse da uno Stato straniero, lo Stato della Città del Vaticano, con il quale l’Italia ha stipulato una convenzione internazionale, il Concordato Lateranense del 1929, così come modificato dall’accordo del 1984, ratificato con la legge n. 121/1985.

Ne consegue che l’Ufficiale dello Stato Civile non potrà riconoscere automaticamente la sentenza ecclesiastica trascrivendola direttamente nei registri dello Stato Civile, ma trascriverà la sentenza della Corte d’Appello mediante la quale la sentenza ecclesiastica sarà stata delibata (art. 63, comma 2°, lettera h del nuovo Regolamento dello Stato Civile).

Per quanto concerne la decorrenza degli effetti della sentenza che viene automaticamente riconosciuta dall’Ufficiale dello Stato Civile, occorre evidenziare come la sentenza straniera produca effetti dal momento in cui è passata in giudicato all’estero e non dalla data della trascrizione in Italia.

Da ultimo, per quanto concerne gli Stati membri dell’Unione Europea, la materia contemplata dall’art. 65 della L. 218/1995, coincide in larga misura con quella di cui al Regolamento CE 2201/2003, denominato Bruxelles II, relativo alla competenza, al riconoscimento ed all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale ed in materia di responsabilità genitoriale che, all’art. 21, dispone come le decisioni pronunciate in uno Stato membro siano riconosciute negli altri Stati membri senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento che ne riesamini il merito.

L’automaticità del riconoscimento vale altresì al fine dell’aggiornamento delle iscrizioni nello stato civile di uno Stato Membro anche qualora si tratti di decisioni di divorzio, separazione personale dei coniugi o annullamento del matrimonio non ancora definitive.