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L’acquisto a non domino nel titolo di credito: le conseguenze dello smarrimento di una cambiale

titolo di credito
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Abstract

Il seguente articolo vuole approfondire il filo-conduttore che intercorre tra quei due istituti intrecciati e vigenti all’interno della disciplina civilistica. Ci preoccuperemo di tracciare gli aspetti basilari “dell’acquisto a non domino” nonché del “titolo di credito” a cui il legislatore dedica il titolo  V, del Libro IV denominato «Delle obbligazioni».

 

Indice:

1. Il titolo di credito

2. La clausola di non trasferibilità

3. Articolo 1153 Codice Civile "effetti del possesso”

4. La legittimazione del ladro-possessore

5. Conclusione

 

1. Il titolo di credito

In quel corpo di norme presenti tra il 1992-2027 del Codice Civile si individuano molteplici principi fondamentali ma in questa sede è nostro compito trattare i seguenti: legittimazione ed autonomia del diritto.

Ai sensi dell’articolo 2021 Codice Civile il titolare risulta essere legittimato all’esercizio del diritto attraverso il possesso. Mentre l’autonomia è accolta dagli articoli 1993 e 1994 Codice Civile e fa sì che il suo titolare sia immune rispetto a qualsivoglia contestazione proveniente dal terzo.

Es. L’imprenditore Tizio acquista materiale edile dal venditore Caio, emettendo un assegno che viene poi girato a Sempronio (creditore di Caio). Se Tizio non riceve il bene, non può pretendere la restituzione del credito da Sempronio. Piuttosto sarà un suo onere agire nei confronti di Caio, mediante i tipici strumenti da responsabilità contrattuale ex articolo 1218 Codice Civile.

Adesso è il caso di affermare che: “Il titolo di credito è un documento necessario e sufficiente, per la creazione, circolazione ed esercizio del diritto autonomo e letterale in esso contenuto.” [1]

Nulla toglie che Tizio possa decidere di avvalersi di un diverso strumento di pagamento per l’acquisto del bene: potrebbe darsi che decida di rilasciare un “pagherò cambiario”. In Italia la disciplina principale è contenuta nella c.d. “legge cambiaria” [2]

“È un titolo di credito all’ordine ed astratto che attribuisce al possessore legittimo il diritto di farsi pagare dall’autore del titolo, o da colui che ha ricevuto l’ordine dall’autore del titolo, una somma determinata alla scadenza e nel luogo indicati.” [1*]

Come si è già detto, Caio potrebbe a sua volta girare il credito a Sempronio. Riprendendo il suddetto esempio, è doveroso precisare che avremo una “cambiale-tratta” dunque un “titolo all’ordine” con la presenza di tre soggetti:

Il girante (Caio) cioè colui il quale gira per l’appunto il titolo al terzo, essendo al contempo sia creditore di Tizio che debitore di Sempronio;

Il giratario (Sempronio) poiché riceve il credito da Caio, suo stesso debitore;

Il debitore cartolare (Tizio) dal momento che dovrà adempiere la sua prestazione verso Sempronio, beneficiario della girata apposta.

 

2. La clausola di non trasferibilità

Il legislatore volle affrontare la situazione relativa all’utilizzo improprio delle girate nei titoli di credito, dettando delle norme di contrasto racchiuse nella c.d. “normativa antiriciclaggio”.

L’articolo 49 del Decreto Legislativo n. 231/2007 introduce la “clausola di non trasferibilità” ossia il divieto di apporre una girata nel retro del titolo di credito.

Di seguito modificata, prescrive che: “Gli assegni bancari e postali emessi per importi pari o superiori a 1.000,00 euro devono recare l’indicazione del nome o della ragione sociale del beneficiario e la clausola di non trasferibilità.” [3]

Una siffatta disciplina garantisce al “primo prenditore” una maggiore copertura nei traffici commerciali, ponendolo a riparo da eventuali abusi. Ma le lacune non svaniscono di certo qui: ai sensi delle interpretazioni maggioritarie, il Decreto Legislativo 231/07 non riscontra attuazione nella girata del vaglia cambiario.

 

3. Articolo 1153 Codice Civile “effetti del possesso”

In primis, è inevitabile comprendere il modus operandi dell’istituto preso in esame, partendo dalle sue origini.

Il “possesso vale titolo” si rintraccia per la prima volta nelle aree germaniche, nel bel mezzo del contesto altomedievale. Tutt’ora presente al 1153 Codice Civile indica quella situazione in cui il compratore in buona fede ed in forza di un titolo astrattamente idoneo, diviene legittimo proprietario del bene, anche se acquistato dal non reale venditore.

La legge consente che un acquisto del genere sia valido per diversi motivi: uno di questi è la maggiore certezza del diritto che il legislatore tende di perseguire, evitando che le perplessità riscontrate nella titolarità di un diritto, possano costantemente protrarsi nel tempo.

Comunque il suo campo d’applicazione concerne i soli beni mobili, ed è in virtù di una “mera finzione giuridica” si tende a considerare cosiffatto il documento cartaceo, e cioè il titolo di credito.

All’interno della materia in questione (1153 codice civile) si rende indispensabile la presenza dei seguenti requisiti.

La “buona fede” vale a dire quella nozione giuridica che desume l’inconsapevolezza nella lesione di un altrui diritto. Più precisamente è necessario che il compratore non sappia che il bene acquistato non apparteneva a colui il quale si palesava per venditore-titolare.

Quel possesso capace di stare alla base di tale regola, per cui la situazione di fatto potrà giustificare l’acquisto di un bene anche in assenza di un valido negozio di trasmissione;

Il “titolo astrattamente idoneo” a conferire la proprietà. In altre parole, qualsiasi scrittura, ricevuta, atto giuridico che consenta il trasferimento della proprietà da un soggetto ad un altro.

 

4. La legittimazione del ladro-possessore

Addentrandoci nella disciplina più oscura della “circolazione irregolare” constatiamo che è del tutto pacifico pensare che la titolarità coincida con il possesso, ma non sempre, giacchè potrebbe crearsi una sorta di divaricazione tra titolarità e legittimazione.

Si pensi allo smarrimento oppure alla sottrazione patita dal titolare del diritto. Se per assurdo, il titolo dovesse pervenire nelle mani del terzo, il titolare ben potrebbe veder perso definitivamente il proprio titolo di credito. Di fatto, così recita il seguente articolo:

Articolo 1994 Codice Civile “Chi ha acquistato in buona fede il possesso di un titolo di credito, in conformità delle norme che ne disciplinano la circolazione, non è soggetto a rivendicazione.”

Per capirci, supponiamo che il ladro-possessore indichi nel retro del titolo di cui egli è possessore, la dichiarazione di una girata con una “falsa sottoscrizione” (Il ladro falsifica la firma del titolare derubato), servendosene per assolvere un debito nei confronti del terzo.

Esempio: il ladro è debitore di Sempronio, quindi dopo aver sottratto la cambiale a Tizio, appone nel retro la seguente dicitura “per me pagate a Sempronio” con la falsificazione della firma di Tizio.

Sempronio ottiene il titolo in buona fede, ignorando di ledere un altrui diritto. Risulta chiaro come il credito ricevuto non sia opponibile da Tizio, nonostante egli sia il legittimo proprietario.

Il gioco si fa duro, se il ladro avesse intenzione di utilizzare il titolo per riscuotere la somma di denaro. Certamente non troverebbe attuazione la regola ex articolo 1994 Codice Civile per via della malafede.

A proposito sarebbe d’uopo ricordare come tra le difese del debitore-cartolare vi siano le c.d. eccezioni: reali e personali. Le quali consentono la confutazione del credito vantato dal titolare, e nel mentre la prima ipotesi opera erga omnes, la seconda viene opposta solo nei confronti di un portatore.

Il debitore può sollevare la falsità della firma: vi rientra perciò il caso di firma apposta da un omonimo; non invece quella della contraffazione autorizzata di firma altrui. [4]

Oppure il difetto di titolarità: per malafede e quindi per l’assenza dei presupposti dell’articolo 1994 Codice Civile.

Del resto il proprietario leso non sarebbe del tutto privo di un’apposita tutela. Èin suo potere agire nei confronti del ladro-possessore pretendendo a guisa di esempio “il risarcimento del danno” ex articolo 2043 Codice Civile.

D’altronde divenuto oggetto di un pregiudizio, potrebbe esercitare “un’azione di rivendicazione” ovvero richiedere al giudice adito l’emanazione del cd. “decreto di ammortamento” i cui effetti saranno destinati a paralizzare il medesimo titolo di credito.

 

5. Conclusione

Si è osservato come il brocardo latino “nemo dat quod non habet” secondo il quale “nessuno da quello che non ha” sia derogato dalle norme relative all’acquisto a non domino. Ciò non toglie che vi siano pur sempre degli aspetti di maggior favore per il possessore, e fin troppo penalizzanti per l’effettivo titolare del diritto. Ragion per cui, si raccomanda al portatore (specie se di una cambiale) di prestare la dovuta diligenza, onde evitare circostanze spiacevoli per lo stesso e viceversa, di convenienza per il terzo.

[1] Campobasso G. (2019), Manuale di Diritto Commerciale, a cura di C. M., settima edizione, ed. Utet Giuridica, pag. 504.

[2] Regio decreto del 14 dicembre 1933, n. 1669

[3] Articolo 12, comma 1, "Legge n. 214/2011"

[4] Campobasso G., op. cit., pag. 513

[1*] Brocardi.it l’avvocato in un click (2020), Cambiale. Estratto 29 dicembre 2020, da: https://www.brocardi.it/dizionario/3983.html