Furto e l’aggravante dello stabilimento “pubblico”
Furto e l’aggravante dello stabilimento “pubblico”
La sussistenza dell’aggravante dello stabilimento pubblico è determinata dalla natura dell’attività espletata all’interno dei locali o dalla ragione del fatto che il pubblico vi sia o meno ammesso?
La cassazione sezione V con la sentenza n. 12194 ha esaminato il caso di un furto avvenuto all’interno di una stanza di servizio di una sede dei Vigili del Fuoco e la configurabilità dell’aggravante (furto all’interno di uno stabilimento pubblico) prevista dall’articolo 625 n. 7 c.p..
La circostanza aggravante del furto delineata dall'art. 625 n. 7 cod. pen. sussiste sia nel caso in cui la cosa sottratta sia stata esposta alla pubblica fede (per necessità o consuetudine), sia nel caso in cui la sottrazione avvenga in uno stabilimento pubblico, come nel caso di specie.
Secondo il risalente e mai smentito indirizzo (Sez. 2, n. 274 del 09/02/1970 Rv. 117007) la qualificazione dello stabilimento pubblico (che va inteso come qualsiasi complesso di opere e attrezzature attualmente destinato alla estrinsecazione di una funzione di pubblico interesse o di pubblica utilità che lo stato od altro ente pubblico persegue direttamente o indirettamente), è determinata esclusivamente dal fine di pubblico interesse o utilità a cui detto complesso è destinato, indipendentemente dal fatto che esso appartenga a privati o sia da essi gestito, ed è irrilevante che vi abbia o meno accesso il pubblico ovvero che non sia gestito direttamente dalla pubblica amministrazione (Sez. 1, n. 74 del 20/01/1970 , Rv. 114604).
Nell'ambito di tale perimetro, ai fini della sussistenza della fattispecie aggravante di furto di cose esistenti in uffici o stabilimenti pubblici, l'ufficio deve essere qualificato come "pubblico" in ragione della natura dell'attività che viene svolta al suo interno, e non in ragione del fatto che il pubblico vi sia o meno ammesso.
In tale ottica, è ravvisata l'aggravante in parola anche in un caso di furto commesso in un ufficio dell' istituto nazionale di Assicurazione, essendo la natura pubblicistica di detto istituto caratterizzata dall'interesse di preminente interesse generale che a suo mezzo persegue lo Stato ( Sez. 2, sussistenza dell'aggravante con riguardo al furto di un capo di vestiario perpetrato all'interno di un locale del palazzo di giustizia adibito a spogliatoio degli avvocati, escludendosi che detto locale potesse qualificarsi come pubblico "perché la pubblicità che deve caratterizzare l'ufficio (id est il luogo in cui si svolge una determinata attività) si riferisce alla natura dell'attività che nel luogo stesso si esplica, mentre è indifferente che il pubblico vi sia o no ammesso" ( Sez. 4, n. 20022 del 16/04/2008 , Rv. 239981), o, all'opposto, nel caso di furto avvenuto all'interno di un "container" adibito ad uffici dell'impresa incaricata delle pulizie presso un ospedale, non assolvendo detto locale, in considerazione delle attività ivi svolte, una funzione di pubblico interesse o di pubblica utilità ( Sez. 5 n. 51105 del 03/10/2019, Rv. 278317).
Facendo corretta applicazione di tali principi, i giudici di merito hanno ritenuto che la stanza di servizio ubicata nella sede dei Vigili del Fuoco debba essere considerato stabilimento pubblico, nella considerazione della destinazione impressa ai locali, pertinente ad un'attività che è di indiscutibile interesse pubblico e, quindi, bisognevole di maggior tutela per il servizio diffuso a cui viene votato( Sez. 5, n. 7039 del 16/12/2010 Rv. 249945; conf. Cass., sez. 5, 15.6.2001, D'Ambrosio, rv. 219713 e da ultimo Sez. 5 - , n. 51105 del 03/10/2019 Rv. 278317 ).
Infatti, per la peculiarità che contraddistingue lo stabilimento dei Vigili del Fuoco, gli alloggiamenti risultano indissolubilmente legati alle necessità di prestazione del servizio, con la conseguenza che, in questo peculiare caso, non può negarsi che i locali assolvono una funzione di pubblico interesse o di pubblica utilità.