Costituzionalmente illegittimo il divieto di prevalenza dell’attenuante ex art. 625-bis sull’aggravante della recidiva reiterata

Costituzionalmente illegittimo il divieto di prevalenza dell’attenuante ex art. 625-bis sull’aggravante della recidiva reiterata
La Corte cost., con la sentenza n. 56/2025, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 69, comma 4 nella parte in cui stabilisce il divieto di prevalenza dell’attenuante della collaborazione del reo sulla aggravante della recidiva reiterata
Con l’ordinanza del 25 settembre 2024, la sezione penale del Tribunale ordinario di Perugia ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 69, comma 4 del Codice penale, in riferimento agli artt. 3 e 27, comma 3 della Costituzione, nella parte in cui stabilisce il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 625-bis C.p. sulla recidiva reiterata prevista dall’art. 99, comma 4 C.p.
L’art. 625-bis dispone che «Nei casi previsti negli articoli 624, 624 bis e 625 la pena è diminuita da un terzo alla metà qualora il colpevole, prima del giudizio, abbia consentito l'individuazione dei correi o di coloro che hanno acquistato, ricevuto od occultato la cosa sottratta o si sono comunque intromessi per farla acquistare, ricevere od occultare».
Il giudice rimettente, infatti, si è trovato a giudicare, nelle forme del rito abbreviato, un furto in abitazione, ai sensi degli artt. 110 e 624-bis C.p., commesso dall'imputato che si era introdotto in un appartamento per poi essere raggiunto dal proprietario, bloccato e quindi fermato daggli agenti e trovato in possesso di circa nove euro, della chiave del portone principale, di sei monete da venti lire, di due monete da duecento lire, di una moneta da cinque centesimi di lire, di una moneta da due dracme, oltre che di una pinzetta di piccole dimensioni e di forbici da elettricista.
Successivamente, nel corso dell'interrogatorio reso in occasione dell'udienza di convalida dell'arresto, l'imputato ha ammesso l'addebito e consentiva l'identificazione del correo, indicandone il nome e il cognome e affermando che si erano accordati per commettere il furto nell'abitazione.
Secondo il giudice rimettente le condotte contestate integrano il reato di furto in abitazione sotto il profilo sia oggettivo, che soggettivo, essendo la sottrazione e il successivo impossessamento avvenuti per trarne profitto e, in più, sussistono i presupposti per l'applicazione della recidiva reiterata ax art. 99, c. 4 C.p., essendo l'imputato gravato da due precedenti, il primo risalente al 2014 e il secondo al 2019, con sentenza passata in giudicato oltre il quinquennio.
Al contempo, secondo il rimettente, sussistono gli elementi per l'applicazione della circostanza attenuante ad effetto speciale di cui all’art. 625-bis C.p.
Tuttavia, tale circostanza attenuante, nel giudizio di comparazione, incontra il limite al bilanciamento in prevalenza imposto dall’art. 69, c. 4 C.p. in relazione alla recidiva reiterata, di cui all'art. 99, c. 4 C.p., per cui «Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle circostanze inerenti alla persona del colpevole, esclusi i casi previsti dall'articolo 99, quarto comma, nonché dagli articoli 111 e 112, primo comma, numero 4), per cui vi è divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti sulle ritenute circostanze aggravanti, ed a qualsiasi altra circostanza per la quale la legge stabilisca una pena di specie diversa o determini la misura della pena in modo indipendente da quella ordinaria del reato».
Secondo il rimettente, la norma deve essere sottoposta al giudizio di costituzionalità perché la circostanza attenuante di cui all’art. 625-bis C.p. sarebbe «espressione di una scelta di politica criminale di tipo premiale, volta a incentivare, mediante una sensibile diminuzione di pena, il ravvedimento post-delittuoso dell'imputato, rispondendo, sia all'esigenza di tutela del bene giuridico, sia a quella di prevenzione e repressione dei reati contro il patrimonio».
La norma censurata, da un lato, si porrebbe in manifesto contrasto con il principio di ragionevolezza, in quanto attribuirebbe una rilevanza superiore alla precedente attività delittuosa del reo rispetto alla sua collaborazione successiva.
Sussisterebbe, inoltre, il contrasto con l’art. 27, c. 3 Cost., perché una pena che non tenesse conto della collaborazione prestata, non potrebbe essere percepita dall'imputato come giusta e non sarebbe quindi idonea alla sua rieducazione.
La Corte costituzionale ha rilevato che l’art. 69, c. 4 C.p. è stato oggetto di dodici pronunce di illegittimità costituzionale parziale, che hanno colpito il divieto di prevalenza di altrettante circostanze attenuanti sulla recidiva reiterata di cui art. 99, c. 4 C.p.
Le dichiarazioni di illegittimità costituzionale del divieto di prevalenza ex art. 69, c. 4 C.p. sono state individuate nella centralità del fatto oggettivo rispetto alla qualità soggettiva del colpevole, «nella prospettiva di un "diritto penale del fatto"», oltre che all'incentivo alla collaborazione del reo post delictum (sentenza n. 74 del 2016 e, da ultimo, sentenza n. 201 del 2023).
Testualmente, «la "neutralizzazione" di tale attenuante nell'ipotesi in cui l'autore del reato sia recidivo si rivela a questo punto distonica rispetto alla stessa intenzione del legislatore, finendo per disincentivare la scelta di collaborare. Tale scelta, pur potendo essere frutto di un mero calcolo, implica anche in questo caso il distacco dell'autore del reato dall'ambiente criminale, con il rischio di potenziali ritorsioni».
Per questi motivi, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell’art. 69, c. 4 C.p. nella parte in cui stabilisce il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 625-bis C.p. sulla recidiva reiterata prevista dall’art. 99, c. 4 C.p.