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Furto e l’aggravante della violenza sulle cose

L’amotio rei configura sempre la violenza?
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Furto e l’aggravante della violenza sulle cose: l’amotio rei configura sempre la violenza?

Nel furto l’aggravante della violenza sulle cose è una costante, il discrimine della sussistenza dell’aggravante prevista dall’articolo 625 comma 2 c.p. è dettato dalla differenza della condotta manipolativa o manomissiva del reo sull’opera dell’uomo posta a tutela del suo patrimonio.

Sul furto, la Cassazione sezione V con la sentenza n. 13431 del 7 aprile 2022 ha esaminato il caso della rimozione degli pneumatici di un’auto in sosta e della differenza tra la condotta manipolativa del reo che non sconfina nella manomissione e quindi in una rottura, guasto, danneggiamento,  trasformazione o mutamento di destinazione, per cui sia necessaria un'attività di  ripristino dell’opera dell’uomo posta a tutela del suo patrimonio.

Fatto:

Il ricorrente assume che la rimozione degli pneumatici dall'auto in sosta abbia  integrato la condotta stessa di sottrazione (furto), senza l'effettivo impiego di energia fisica  ulteriore, necessaria a rimuovere difese poste a presidio delle res.

Decisione della Cassazione:

Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, l'aggravante  della violenza, integrante la circostanza di cui all'art. 625, n. 2, cod. pen., si  realizza tutte le volte in cui il soggetto, per commettere il fatto, manomette l'opera  dell'uomo posta a difesa o a tutela del suo patrimonio in modo che, per riportarla  ad assolvere la sua originaria funzione, sia necessaria un'attività di ripristino,  cosicché essa non è configurabile ove l'energia spiegata sulla cosa, mediante la sua  forzatura, non determina una manomissione ma si risolve in una semplice  manipolazione che non implichi alcuna rottura, guasto, danneggiamento,  trasformazione o mutamento di destinazione, per cui sia necessaria un'attività di  ripristino (Sez. 5, n. 11720 del 29/11/2019, dep. 2020, Romeo, Rv. 279042; N.  7346 del 2004 Rv. 229162). 

In particolare, è stato sottolineato come sussiste l'aggravante della violenza  sulle cose ogniqualvolta il soggetto, per commettere il reato, fa uso di energia fisica  diretta a vincere, anche solo immutandone la destinazione, la resistenza che la  natura o la mano dell'uomo hanno posto a riparo o difesa della cosa altrui (Sez. 5,  n. 53984 del 26/10/2017, Amoroso, Rv. 271889; N. 8487 del 1977 Rv. 136330; N.  2230 del 1985 Rv. 168164; N. 31331 del 2004 Rv. 228840; N. 41952 del 2006 Rv.  235541; N. 641 del 2014 Rv. 257949; N. 5266 del 2014 Rv. 258725).

La giurisprudenza della Suprema Corte ha rimarcato come la predetta aggravante sussiste anche qualora l'energia fisica sia  rivolta dal soggetto non sulla "res" oggetto dell'azione predatoria, ma verso lo  strumento posto a sua protezione, purché sia stata prodotta una qualche  conseguenze su di esso (Sez. 5, n. 20476 del 17/01/2018, Sforzato, Rv. 272705;  N. 7267 del 2015 Rv. 262547, N. 53984 del 2017 Rv. 271889). 

Siffatti principi trovano applicazione anche quando l'impiego della  violenza sia esercitato su di un bene dal quale venga  distaccata una componente, sulla quale si risolva la condotta di apprensione,  quando lo spoglio abbia determinato la rottura, il guasto, il danneggiamento, la  trasformazione o il mutamento di destinazione della cosa madre che, per essere  restituita alla funzionalità propria, richieda un'attività di ripristino. 

Il comma secondo dell'art. 392 cod. pen. dispone, invero, che si ha "violenza  sulle cose" allorché la cosa venga danneggiata, trasformata ovvero ne venga  mutata la destinazione; e tanto rileva sia ove l'oggetto del danneggiamento sia  costituito dal bene asportato, sia che sia integrato dai presidi frapposti a tutela e sia  che ad essere investita della violenza sia un bene principale dal quale si produca,  con l'impiego di energia, il distacco di una componente essenziale ai fini della  funzionalità, che ne renda necessario il ripristino. 

Nel caso in esame, il distacco degli pneumatici, in quanto componenti  essenziali per la funzionalità dell'auto, ha determinato la trasformazione ed il  mutamento di destinazione del veicolo, impedendone l'uso proprio, in tal guisa  integrando quel peculiare profilo di pericolosità additiva che giustifica l'aggravante. 

Va richiamato, al riguardo, l'insegnamento delle Sezioni unite di questa  Corte che, in tema di aggravanti, ha affermato come “l'interprete delle norme  penali ha l'obbligo di adattarle alla Costituzione in via ermeneutica, rendendole  applicabili solo ai fatti concretamente offensivi, offensivi in misura apprezzabile”:  pertanto, “i singoli tipi di reato” - ma il rilievo va appunto riferito anche alle  fattispecie circostanziali - “dovranno essere ricostruiti in conformità al principio di  offensività, sicché tra i molteplici significati eventualmente compatibili con la lettera  della legge si dovrà operare una scelta con l'aiuto del criterio del bene giuridico,  considerando fuori del tipo di fatto incriminato i comportamenti non offensivi  dell'interesse protetto” (Sez. U, n. 40354 del 18/07/2013, Sciuscio, in  motivazione).

La qualificazione giuridica del fatto è, pertanto, corretta, dovendosi  comunque ribadire che, ai fini dell'art. 625 cod. pen., n. 2, è necessario  effettivamente che la violenza venga esercitata non già sulla res oggetto di sottrazione, ma su altre cose il cui danneggiamento o modificazione si riveli  strumentale all'amotio della prima. 

Deve essere, pertanto, qui riaffermato come, in tema di furto, sussiste  l'aggravante della violenza sulle cose tutte le volte in cui il soggetto, per  commettere il fatto, fa uso di energia fisica, provocando la rottura, il guasto, il  danneggiamento, la trasformazione della cosa altrui o determinandone il  mutamento nella destinazione; è, inoltre, necessario, a tal fine, che la violenza sia  esercitata non già sulla "res" oggetto di sottrazione ma su altre cose il cui  danneggiamento o modificazione si riveli strumentale all' "amotio" della prima (V.  Sez. 5, n. 5266 del 17/12/2013, deo. 2014, Vivona, Rv. 258725).

Rassegna di giurisprudenza in tema di articolo 625 comma 2 c.p.

Nella giurisprudenza della cassazione la violenza, da intendersi come alterazione dello  stato delle cose, mediante impiego di energia fisica (Sez. 4, n. 40457 del 26/09/2002 Rv.  223199), integrante la circostanza aggravante di cui all'art. 625 n. 2) cod. pen., si realizza "tutte  le volte in cui il soggetto, per commettere il fatto, manomette l'opera dell'uomo posta a difesa o  a tutela del suo patrimonio in modo che, per riportarla ad assolvere la sua originaria funzione,  sia necessaria un'attività di ripristino (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto integrata  l'aggravante di cui all'art. 625, primo comma, n. 2, cod. pen., nella effrazione di una catena che  impediva l'accesso carrabile al terreno ove era avvenuto il furto; nello stesso senso Sez. 5, n.  53984 del 26/10/2017 Rv. 271889; Sez. 5, n. 7267 del 08/10/2014, dep. 2015, Rv. 26254701;  Sez. 5, n. 641 del 30/10/2013 Rv. 25794901; Sez. 5, n. 24029 del 14/05/2010 Rv. 24730201). 

E tanto anche quando "l'energia fisica sia rivolta dal soggetto non sulla res oggetto dell'azione  predatoria, ma verso lo strumento posto a sua protezione, purché sia stata prodotta una qualche  conseguenze su dì esso, provocando la rottura, il guasto, il danneggiamento, la trasformazione  della cosa altrui o determinandone il mutamento di destinazione” (Sez. 5, n. 20476 del  17/01/2018 Rv. 272705 - in una fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio la sentenza  che aveva ravvisato l'aggravante nella condotta dell'imputato che aveva colpito con calci il  portone d'ingresso di un'abitazione, senza accertare le conseguenze di questa azione sul bene;  conf. Sez. 5, n. 24029 dei 14/05/2010 Rv. 247302, con riguardo a un tentato furto di traversine di ferro mediante asportazione delle viti di fissaggio delle medesime).

Si ritiene, infatti, che  l'aggravante in questione non è configurabile ove l'energia spiegata sulla cosa, mediante la sua  forzatura, non determini una manomissione ma si risolva in una semplice manipolazione, che  non implichi alcuna rottura, guasto, danneggiamento, trasformazione o mutamento di  destinazione, per cui sia necessaria un'attività di ripristino.

E' il caso, per esempio, in cui l'energia  fisica sia diretta ad aprire una serratura e - pur agevolando lo scopo- non produca alcun danno  sulla medesima, conservandone l'idoneità alla funzione che le è propria. (Sez. 4 - , n. 57710 del  13/11/2018 Rv. 274771; al contrario, Sez 5, n. 641 del 30/10/2013 Ud. (dep. 10/01/2014),  Rv. 257949 ha ritenuto immune da censure la decisione del giudice di merito che ha ravvisato  l'aggravante di cui all'art. 625, comma primo, n. 2, cod. pen. nell'asportazione di una targa da  un ciclomotore, condotta tale da immutare la destinazione del bene, dato che il ciclomotore privo di targa non può legittimamente circolare). 

Se, dunque, l'aggravante della violenza sulle cose ricorre tutte le volte in cui il soggetto,  per commettere il reato, fa uso di energia fisica diretta a vincere, anche solo immutandone la  destinazione, la resistenza che la natura o la mano dell'uomo hanno posto a riparo o a difesa  della cosa altrui (Sez. 5, n. 53984 del 26/10/2017 Ud. Rv. 271889), sicchè, a seguito della  manomissione, sia necessario, per riportare la cosa ad assolvere la sua originaria funzione di  tutela, un'attività di ripristino (Sez. 5, n. 7267 del 08/10/2014, dep. 2015, Rv. 262547), deve  osservarsi che la cassazione nella sentenza n. 11720/2020 della sezione V del 29 novembre 2019 ha affermato che per la sussistenza dell'aggravante, bisogna valutare l'effettività del danno, la necessità di ripristino, la modificazione della destinazione d'uso.

Non basta un inquadramento astratto della condotta senza calare i principi sopra richiamati nella  valutazione concreta e senza verificare se la cosa sulla quale si è prodotta la violenza dell'agente  svolgesse effettivamente la funzione protettiva del bene attinto dal reato.