Il difensore d’ufficio e la notifica con il “mancato assenso” alla domiciliazione

L’elusione del principio dell’effettiva conoscenza del processo prevista dall’art. 162 comma 4-bis c.p.p.
Honoré Daumier, Le Défenseur (Counsel for the Defense)
Honoré Daumier, Le Défenseur (Counsel for the Defense)

Il tema dell’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio e il rifiuto di quest’ultimo di ricevere l’atto, torna alla ribalta con il pronunciamento della cassazione sez. II n. 8160 pubblicato l’8 marzo 2022.

La cassazione ha disatteso un precedente orientamento della medesima sezione ed ha stabilito che: “in tema di elezione di domicilio effettuata dall'imputato presso il difensore d’ufficio, qualora quest’ultimo non accetti la veste di domiciliatario, come consentito dal comma 4-bis dell’art. 162 cod. proc. pen., introdotto della legge 23 giugno 2017, n. 103, e l’imputato non provveda ad effettuare una nuova e diversa elezione di domicilio, si deve procedere comunque mediante notifica allo stesso difensore ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., diversamente determinandosi una situazione di stallo non superabile”.


Fatto

Il GUP del TRIBUNALE di BOLOGNA, con provvedimento dato all’udienza del 27/10/2020, nel procedimento a carico di R. K., considerato che la notifica dell’avviso ai sensi dell’art. 415-bis cod. proc. pen. nei confronti dell'imputato era avvenuta ai sensi dell’art. 161 co. 4 cod. proc. pen., e che dal verbale di identificazione risultava che R. aveva eletto domicilio presso il difensore di ufficio, che non aveva prestato assenso alla domiciliazione, ritenuto che le notifiche avrebbero dovuto essere effettuate ai sensi dell’art. 157 cod. pen., o in caso di impossibilità attraverso il rito degli irreperibili, dichiarava la nullità della richiesta di citazione a giudizio, e disponeva la restituzione degli atti al Pubblico Ministero.

Contro tale decisione propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica del TRIBUNALE di BOLOGNA, ed eccepisce l’abnormità del provvedimento, poiché da esso deriverebbe una stasi processuale.

Evidenziamo che sul punto la medesima situazione di fatto non è stata ritenuta configurasse una situazione di stallo non superabile e quindi la conseguente abnormità dell’atto giurisdizionale. Vedi sentenza cassazione, Sez. I n. 17096 del 09/03/2021 dep. 04/05/2021 Rv. 281198 imputato Austin.


Riprendiamo l’esame del fatto

Si osserva che, pur dopo aver ricevuto notizia del rifiuto del difensore d’ufficio di accettare la domiciliazione nel proprio studio, R. K, nonostante la polizia giudiziaria lo avesse sollecitato a eleggere un differente domicilio, aveva ribadito l’elezione nello studio del difensore d’ufficio, motivando ciò con la circostanza di essere senza fissa dimora.

Osserva il ricorrente come la sola procedura esperibile fosse quella di cui all’art. 161 co. 4 cod. proc. pen., e richiama in proposito i precedenti di questa 2^ Sezione, della 5^ Sezione della S.C. e altri, per qualificare abnorme la decisione del GUP.

In tema di configurabilità di provvedimento abnorme vedi il recente contributo: https://www.filodiritto.com/provvedimento-abnorme-quando-e-configurabile-secondo-la-cassazione


Decisione

La cassazione premette di condividere l’indirizzo sancito, da ultimo, da questa 2^ Sez. pen. (cf. sentenza n. 10358 del 14/01/2020 dep. 17/03/2020 Rv. 278427 imputato Romanov), secondo cui “in tema di elezione di domicilio effettuata dall’imputato presso il difensore d’ufficio, qualora quest’ultimo non accetti la veste di domiciliatario, come consentito dal comma 4-bis dell’art. 162 cod. proc. pen., introdotto della legge 23 giugno 2017, n. 103, e l’imputato non provveda ad effettuare una nuova e diversa elezione di domicilio, si deve procedere comunque mediante notifica allo stesso difensore ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., diversamente determinandosi una situazione di stallo non superabile”.

È ben vero che una differente posizione (cf. Sez. I sentenza n. 17096 del 09/03/2021 dep. 04/05/2021 Rv. 281198 imputato Austin) è nel senso che “in tema di elezione di domicilio effettuata dall’imputato presso il difensore d’ufficio, qualora quest’ultimo non accetti la veste di domiciliatario, come consentito dal comma 4-bis dell’art. 162 cod. proc. pen., introdotto della legge 23 giugno 2017, n. 103, e l’imputato non provveda ad effettuare una nuova e diversa elezione di domicilio, deve procedersi alla notificazione ai sensi degli artt. 157 ed eventualmente 159 cod. proc. pen., in quanto, se si effettuasse la notificazione allo stesso difensore ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., ne risulterebbe frustrata la specifica finalità del comma 4-bis dell’art. 162 cit. di rendere reale ed effettiva la conoscenza del processo da parti di chi si trovi sottoposto a procedimento penale ed assistito da un difensore d’ufficio”.

Ma questo Collegio ritiene preferibile l’opzione espressa da questa Sez., che peraltro con precedente sentenza (n. 27935 del 03/05/2019 Rv. 276214, Betancur Caravajala) dall’identica conclusione questa stessa Sez. aveva chiarito che “il rifiuto della persona indicata quale domiciliataria (nel caso di specie il difensore d’ufficio) di ricevere l’atto rende l’elezione inidonea a perseguire lo scopo cui essa era finalizzata (cfr. Sez. 5, n. 8825 del 1 ottobre 1997 n. 8825) e  legittima (...) il ricorso alla procedura notificatoria mediante consegna dell’atto al difensore, sia esso di fiducia o d’ufficio, a norma dell’articolo 161, comma 4, cod. proc. pen.” (Sez. 5, n. 33882 del 04/05/2017, Moros Vega, Rv. 271609; Sez. 1, n. 4783 del 25/01/2012, Ronnan, Rv. 251863; Sez. 4, Sentenza n. 31658 del 20/05/2010, Rei, Rv. 248099).

Il quadro deve ritenersi immutato anche a seguito dell’introduzione del comma 4-bis dell’art. 162 cod. proc. pen. in quanto diversamente argomentando in presenza di un difensore indicato come domiciliatario che non presti l’assenso alla ricezione delle notifiche per conto dell’imputato ed in assenza dì una manifestazione di volontà dell’imputato di eleggere o dichiarare domicilio altrove, qualora non si ritenesse possibile accedere alla procedura di cui all’art. 161, comma 4, cod. proc. pen. il procedimento entrerebbe – come nel caso in esame – in una situazione di stallo”.


In motivazione era aggiunto che le norme che vengono in esame sono

- l’art. 162 cod. proc. pen. che, dopo avere regolamentato le modalità di comunicazione dell’elezione o dichiarazione di domicilio, dispone testualmente al comma 4-bis (introdotto dalla I. 103/2017 ed in vigore dal 3 agosto 2017) che “l’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio non ha effetto se l’autorità che procede non riceve, unitamente alla dichiarazione di elezione, l’assenso del difensore domiciliatario”;

vedi:

https://www.filodiritto.com/codici/codice-di-procedura-penale/notificazioni/art-162-comunicazione-del-domicilio-dichiarato-o-del-domicilio-eletto

- l’art. 161, cod. proc. pen. che al comma primo dispone tra l’altro che l’imputato deve essere avvertito che “... nel caso di rifiuto di dichiarare od eleggere domicilio, le notificazioni verranno eseguite mediante consegna al difensore”;

- l’art. 161, comma 4, cod. proc. pen. che, al di fuori del caso fortuito o della forza maggiore, dispone che “Se la notificazione nel domicilio determinato a norma del comma 2 diviene impossibile, le notificazioni sono eseguite mediante consegna al difensore. Nello stesso modo si procede quando, nei casi previsti dai commi 1 e 3, la dichiarazione o l’elezione di domicilio mancano o sono insufficienti o inidonee”.

Sulla premessa che è facoltà dell'imputato quella di dichiarare o eleggere domicilio ai sensi dell’art. 161, comma primo, cod. proc. pen., è però anche onere dell’individuo che ha provveduto alla elezione di domicilio, quello di conservare, entro il limite della esigibilità della condotta diligente, i rapporti con il domicilio eletto, onde mantenersi nella condizione di essere effettivamente e tempestivamente informato in ordine alla esistenza di notificazioni concernenti il procedimento in questione.

Tale onere deve ritenersi ricorrere anche nell’ipotesi in cui la elezione sia stata effettuata presso il difensore di ufficio dell’indagato dovendosi ritenere che, proprio attraverso la indicazione del difensore di ufficio quale domiciliatario si sia instaurato un rapporto che, sebbene non possa dirsi equiparato al mandato professionale fiduciario, costituisce un indice dell’esistenza di un legame di sia pur contenuto affidamento fra l’indagato ed il professionista.

Il ragionamento della Suprema Corte appare costruito su dei sofismi, perché ritenere che l’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio abbia la valenza dell’instaurazione di “un rapporto” risulta difficilmente sostenibile.

La cassazione non sembra consapevole che nei fatti le persone alle quali è nominato un difensore d’ufficio e che non sono in grado di indicare un domicilio in Italia (principalmente gli stranieri) sono da tutelare proprio a norma dell’art. 162 comma4 bis c.p.p. per rendere effettivo il principio della conoscenza del processo.

Quale rapporto si sarebbe “instaurato” tra due perfetti sconosciuti (avvocato e imputato) rimane a mio avviso una affermazione di difficile comprensione.

Comunque, gli Ermellini continuano il loro ragionamento sostenendo che: “Inoltre, il rifiuto della persona indicata quale domiciliataria (nel caso di specie il difensore d'ufficio) di ricevere l’atto rende l’elezione inidonea a perseguire lo scopo cui essa era finalizzata (cfr. Sez. 5, n. 8825 del 1 ottobre 1997 n. 8825) e legittima, pertanto, il ricorso alla procedura notificatoria mediante consegna dell’atto al difensore, sia esso di fiducia o d’ufficio, a norma dell’articolo 161, comma 4, cod. proc. pen. (Sez. 5, n. 33882 del 04/05/2017, Moros Vega, Rv. 271609; Sez. 1, n. 4783 del 25/01/2012, Roman, Rv. 251863; Sez. 4, Sentenza n. 31658 del 20/05/2010, Rei, Rv. 248099)”.

Secondo la cassazione il quadro deve ritenersi immutato anche a seguito dell’introduzione del comma 4-bis dell’art. 162 cod. proc. pen. in quanto: “diversamente argomentando in presenza di un difensore indicato come domiciliatario che non presti l’assenso alla ricezione delle notifiche per conto dell’imputato ed in assenza dì una manifestazione di volontà dell'imputato di eleggere o dichiarare domicilio altrove, qualora non si ritenesse possibile accedere alla procedura di cui all’art. 161, comma 4, cod. proc. pen. il procedimento entrerebbe – come nel caso in esame – in una situazione di stallo”.

Alla stregua di tali considerazioni, la decisione del GUP oggetto del ricorso del P.M. è giuridicamente errata, e di fatto determinare una situazione di stallo tale da merita la valutazione di “abnormità”.


Considerazioni

Questa decisione lascia seri dubbi, in quanto non sembra ci si trovi in una situazione di “stallo”; si sarebbe potuto procedere ai sensi dell’art. 157 cod. pen., o in caso di impossibilità attraverso il rito degli irreperibili previsto dall’art. 159 c.p.p.

La linea interpretativa sopra riassunta non può essere seguita, perché finisce per rendere inoperante la disposizione di cui al comma 4-bis dell’art. 162 citata e per eluderne la finalità.

Nella condizione del soggetto che sia privo di difensore di fiducia e non sia nemmeno in grado di indicare un luogo ove ricevere le notificazioni degli atti processuali perché privo di fissa dimora, come di frequente accade con i cittadini stranieri, deve ritenersi che l’inefficacia dell’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio vada interpretata come insussistenza e non soltanto come inidoneità o insufficienza.

Inoltre, deve considerarsi che il comma 4-bis dell’art. 162 è stato introdotto al fine di rendere reale ed effettiva la conoscenza del processo da parte di soggetto indagato ed assistito da difensore d’ufficio in dipendenza della designazione, operata dall’autorità giudiziaria o di polizia giudiziaria che procede e che, non derivando da una scelta fiduciaria dell’interessato, di cui il legale sia consapevole, non assicura quei contatti e quelle comunicazioni, che sono necessari per garantire il pieno dispiegamento della difesa.

Il legislatore ha inteso approntare un meccanismo che, al di là della regolarità formale dell’elezione di domicilio e delle conseguenti notificazioni, realizzi la possibilità per l’indagato di ricevere le notizie sul contenuto dell’accusa e sul processo e quindi di scegliere se presenziare o meno alla sua celebrazione.

In altri termini, la disposizione in esame si inserisce in un contesto normativo, orientato a garantire che l’assenza al processo dell’imputato sia ascrivibile ad una determinazione di rinuncia volontaria e non alle disfunzioni che possono crearsi nel rapporto professionale con un difensore d’ufficio, destinatario di un’elezione di domicilio rifiutata e resa priva di efficacia.

La soluzione opposta, consentendo che, nonostante il rifiuto del difensore d’ufficio di accettare l’elezione di domicilio dell’indagato presso il proprio studio professionale, le notificazioni siano eseguite in questo luogo ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., finisce per rendere inutile la modifica apportata con il comma 4-bis.

Con la reiterazione dell’elezione di domicilio non accettata dal legale si ricade, infatti, nel sistema presuntivo di conoscenza, legato alla sola regolarità formale dell’adempimento, che la norma ha inteso superare, cui non consegue un’informazione effettiva e la possibilità di procedere validamente nell’assenza dell’imputato, che non sia poi comparso all’udienza.

In tal senso militano le argomentazioni ed il principio di diritto formulato nella sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte, n. 23948 del 28/11/2019, Ismail, Rv. 279420, per la quale: “Ai fini della dichiarazione di assenza non può considerarsi presupposto idoneo la sola elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio, da parte dell’indagato, dovendo il giudice, in ogni caso, verificare, anche in presenza di altri elementi, che vi sia stata l’effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l’indagato, tale da fargli ritenere con certezza che quest’ultimo abbia avuto conoscenza del procedimento ovvero si sia sottratto volontariamente alla stessa”.

Quanto esposto consente altresì di escludere anche la prospettata verificazione di una situazione di stallo insuperabile del processo, che è meramente eventuale, non potendo escludersi a priori che le ricerche dell’indagato, condotte ai sensi degli artt. 157 e 159 cod. proc. pen. successivamente ad un’elezione di domicilio non efficace, ne consentano il reperimento.

A questo punto il diverso orientamento giurisprudenziale sembra essere l’ennesimo caso da rimettere alle Sezioni Unite.