L’affidamento dei servizi pubblici locali
Per servizi pubblici di interesse generale deve intendersi l’attività che, per le sue caratteristiche oggettive, riguarda un interesse diffuso nella collettività alla continuità di tali prestazioni, alla loro effettività ed alla loro qualità minima. Nella categoria dei servizi pubblici di interesse generale vi rientrano i servizi pubblici locali (cfr., da ultimo, Corte dei Conti, sez. Lombardia, parere n. 506 del 27 novembre 2012). Sul punto, inoltre, si osserva che l’art. 1 della direttiva 2006/123/CE e l’art. 14 del TFUE rimettono agli Stati membri il compito di definire, in conformità del diritto comunitario, quali essi ritengano essere servizi d’interesse economico generale ed in che modo essi debbano essere organizzati e finanziati, in conformità delle regole sugli aiuti concessi dagli Stati, ed a quali obblighi specifici essi debbano essere soggetti.
In generale.
Preliminarmente è d’obbligo sottolineare come la materia dei servizi pubblici locali si stia sviluppando in maniera frenetica e disorganica. Tale considerazione prende le mosse dai recenti accadimenti legislativi, referendari e giurisprudenziali attraverso i quali è emersa da una parte la volontà del legislatore di aprire alla libera concorrenza privata la materia dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, dall’altra la volontà popolare di franare lo sviluppo in tal senso.
Come è noto la Corte Costituzionale, con la pronuncia n. 199 pubblicata in G.U. il 25 luglio 2012, ha sancito l’illegittimità costituzionale dell’art. 4 del decreto legge n. 138/2011, convertito con modificazioni con L. 148/2011, poiché in detto articolo veniva riproposta la medesima normativa contenuta nell’art. 23 bis D.L. 112/2008, abrogata con referendum popolare.
In linea generale, il citato articolo 4 (“Adeguamento della disciplina dei servizi pubblici locali al referendum popolare e alla normativa europea”) imponeva agli enti locali di verificare la realizzabilità di una gestione concorrenziale dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. In ordine al procedimento, l’ente interessato, avrebbe dovuto effettuare un’analisi di mercato attraverso la quale verificare l’idoneità della libera iniziativa economica a garantire un servizio rispondente ai bisogni della comunità. Solo nel caso di esito negativo della verifica e previa approvazione di una delibera quadro, la pubblica amministrazione avrebbe potuto provvedere con l’attribuzione di diritti di esclusiva relativi ai singoli servizi.
Attesa la dichiarazione d’illegittimità costituzionale della normativa in parola, il legislatore ha ritenuto necessario intervenire in via d’urgenza al fine di traghettare la frammentata materia dei servizi pubblici locali verso un intervento normativo più complesso. In particolare, il D.L n. 179/2012, convertito con modifiche con L. 221 del 17 dicembre 2012, all’art. 34 (“Misure urgenti…per i servizi pubblici locali”), commi 20 e ss., stabilisce che:”(20) Per i servizi pubblici locali di rilevanza economica, al fine di assicurare il rispetto della disciplina europea, la parità tra gli operatori, l’economicità della gestione e di garantire adeguata informazione alla collettività di riferimento, l’affidamento del servizio è effettuato sulla base di apposita relazione, pubblicata sul sito internet dell’ente affidante, che da’ conto delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti dall’ordinamento europeo per la forma di affidamento prescelta e che definisce i contenuti specifici degli obblighi di servizio pubblico e servizio universale, indicando le compensazioni economiche se previste. (21) Gli affidamenti in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto non conformi ai requisiti previsti dalla normativa europea devono essere adeguati entro il termine del 31 dicembre 2013 pubblicando, entro la stessa data, la relazione prevista al comma 20. Per gli affidamenti in cui non è prevista una data di scadenza gli enti competenti provvedono contestualmente ad inserire nel contratto di servizio o negli altri atti che regolano il rapporto un termine di scadenza dell’affidamento. Il mancato adempimento degli obblighi previsti nel presente comma determina la cessazione dell’affidamento alla data del 31 dicembre 2013. (22) Gli affidamenti diretti assentiti alla data del 1º ottobre 2003 a società a partecipazione pubblica già quotate in borsa a tale data, e a quelle da esse controllate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, cessano alla scadenza prevista nel contratto di servizio o negli altri atti che regolano il rapporto; gli affidamenti che non prevedono una data di scadenza cessano, improrogabilmente e senza necessità di apposita deliberazione dell’ente affidante, il 31 dicembre 2020. (23) Dopo il comma 1 dell’articolo 3-bis del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, e successive modificazioni, è inserito il seguente:
“1-bis. Le funzioni di organizzazione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica, compresi quelli appartenenti al settore dei rifiuti urbani, di scelta della forma di gestione, di determinazione delle tariffe all’utenza per quanto di competenza, di affidamento della gestione e relativo controllo sono esercitate unicamente dagli enti di governo degli ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei istituiti o designati ai sensi del comma 1 del presente articolo”. (24) All’articolo 53, comma 1, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n.134, la lettera b) è abrogata. (25) I commi da 20 a 22 non si applicano al servizio di distribuzione di gas naturale, di cui al decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, al servizio di distribuzione di energia elettrica, di cui al decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, e alla legge 23 agosto 2004, n. 239, nonché alla gestione delle farmacie comunali, di cui alla legge 2 aprile 1968, n. 475. Restano inoltre ferme le disposizioni di cui all’articolo 37 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134. (27) All’articolo 4, comma 8, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, le parole: "e a condizione che il valore economico del servizio o dei beni oggetto dell’affidamento sia complessivamente pari o inferiore a 200.000 euro annui" sono soppresse. (30) All’articolo 2, comma 4, del decreto-legge 25 gennaio 2012, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 28, le parole: "A decorrere dal 31 dicembre 2013," sono sostituite dalle seguenti: "A decorrere dal sessantesimo giorno dall’emanazione dei decreti di natura non regolamentare di cui al comma 2". “
L’elemento di novità della disciplina in esame riguarda l’introduzione della “relazione” che, salve le ipotesi di cui al comma 25 (gas, energia elettrica e farmacie comunali), è un atto prodromico e necessario per l’affidamento dei servizi pubblici locali. Al suo interno l’ente pubblico deve indicare le ragioni che l’hanno indotto a scegliere un determinato procedimento di aggiudicazione, anche con riferimento all’art. 106 TFUE.[2]
Il legislatore è intervenuto, inoltre, sul tanto discusso art. 3 bis del D.L. 138 del 13 agosto 2011, aggiungendo il comma 1 bis il quale attribuisce le funzioni di organizzazione dei servizi pubblici locali agli enti di governo degli ambiti.
Innanzitutto si rammenta che l’art. 3-bis del D.L. 138/2011 disciplina le modalità di perimetrazione degli ambiti territoriali omogenei, che di norma non possono essere inferiore alla circoscrizione del territorio provinciale. Da qui la problematica della concreta perimetrazione poiché, il legislatore, con l’art. 17 del D.L. n. 95 del 6 luglio 2012 cd. Spending review, convertito con L. n. 135 del 7 agosto 2012, ha avviato il riordino delle circoscrizioni provinciali tutt’ora in corso.[3]
Il comma 1 bis aggiunto crea un ulteriore problema giuridico-interpretativo in quanto confligge con l’art. 9 del D.L. 95/2012 nella parte in cui attribuisce ai comuni funzioni fondamentali in tema, appunto, di organizzazione dei servizi pubblici locali. Allo stato, dunque, le stesse funzioni risultano attribuite a due soggetti (comuni e enti di governo degli ambiti).
Infine, la legge di conversione del D.L. 179/2012 elimina il limite dei 200.000,00 € per gli affidamenti diretti in house e risolve un’altra questione controversa.
In particolare.
La dichiarazione di incostituzionalità dell’art.4 non lascia, tuttavia, un vuoto normativo nella disciplina di settore nella misura in cui è, allo stato, valida ed efficace la normativa comunitaria, certamente meno restrittiva quanto meno per il ricorso all’affidamento diretto a società cd. in house, rispetto a quella nazionale censurata dalla Corte Costituzionale. A tale riguardo, senza alcuna pretesa di esaustività, si rinvia alle principali disposizioni europee e statali attualmente vigenti: all’art. 106 TFUE; alla Direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004 relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi. (G.U.C.E. n. 134 del 30 aprile 2004); all’art. 113 del D.lgs. n. 267 del 18 agosto 2000 (Tuel); al codice dei contratti pubblici D.Lgs. n. 163 del 12 aprile 2006 ed al regolamento di attuazione ed esecuzione del codice dei contratti D.P.R. n. 207 del 05 ottobre 2010; all’art. 2 L. 244/2007 ed all’art. 14 DL. 78/2010; agli artt. 4 e 9 D.L. 95/2012.
È opportuno subito precisare che restano regolate dalla normativa di settore la distribuzione del gas (D.Lgs. n. 164 del 23 maggio 2000, attuativo della direttiva n. 98/30/CE), di energia elettrica (D.Lgs. n. 79 del 16 marzo 1999), l’idrico (D.Lgs. 152 del 3 aprile 2006), il trasporto pubblico locale (D.Lgs. n. 422 del 19 novembre 1997) e la gestione delle farmacie comunali.
Orbene, l’affidamento della gestione dei servizi pubblici locali potrà avvenire mediante:
- gara ad evidenza pubblica in applicazione delle norme inerenti gli appalti o le concessioni di servizi di cui al D.Lgs n. 163 del 12 aprile 2006;
- affidamento a società a capitale misto pubblico e privato con procedura di gara di cui al D.lgs n. 163 del 12 aprile 2006 per la scelta del socio privato a cui attribuire specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio (procedura cd. a doppio oggetto)[4];
- procedura in house, affidamento diretto, qualora sussistano i requisiti previsti dall’ordinamento comunitario.
[1] L’espressione “servizi di interesse generale” non è presente nel trattato, ma è derivata nella prassi comunitaria dall’espressione “servizi di interesse economico generale” che invece è utilizzata nel trattato. E’ un’espressione più ampia di “servizi di interesse economico generale” e riguarda sia i servizi di mercato che quelli non di mercato che le autorità pubbliche considerano di interesse generale e assoggettano a specifici obblighi di servizio pubblico. (cfr. Libro Verde sui servizi di interesse generale, Commissione della Comunità Europea COM/2003/270)
[2] La norma prevede l’applicazione delle regole della concorrenza anche al settore dei servizi di interesse economico generale, salvo il caso in cui ciò osti al raggiungimento delle finalità istituzionali.
[3] Nella legge di stabilità per il 2013, approvata definitivamente il 21 dicembre 2012 ed in fase di pubblicazione, all’art. 1, comma 87, vi sono delle modifiche in tema di riordino delle provincie e riallocazione delle funzioni (sommariamente, sospensioni e proroghe al 31 dicembre 2013).
[4] È da escludere la possibilità della doppia procedura (la prima per la selezione del partner privato del PPP, e la seconda per I’aggiudicazione dell’appalto pubblico o della concessione all’entità a capitale misto). Ne consegue l’obbligo di un’unica gara a doppio oggetto, sia per la scelta del partner privato che per l’aggiudicazione dell’appalto o concessione. Al fine di agevolare la lettura, è il caso di soffermarsi brevemente sulla definizione di “servizi pubblici di interesse generale”.[1]
Per servizi pubblici di interesse generale deve intendersi l’attività che, per le sue caratteristiche oggettive, riguarda un interesse diffuso nella collettività alla continuità di tali prestazioni, alla loro effettività ed alla loro qualità minima. Nella categoria dei servizi pubblici di interesse generale vi rientrano i servizi pubblici locali (cfr., da ultimo, Corte dei Conti, sez. Lombardia, parere n. 506 del 27 novembre 2012). Sul punto, inoltre, si osserva che l’art. 1 della direttiva 2006/123/CE e l’art. 14 del TFUE rimettono agli Stati membri il compito di definire, in conformità del diritto comunitario, quali essi ritengano essere servizi d’interesse economico generale ed in che modo essi debbano essere organizzati e finanziati, in conformità delle regole sugli aiuti concessi dagli Stati, ed a quali obblighi specifici essi debbano essere soggetti.
In generale.
Preliminarmente è d’obbligo sottolineare come la materia dei servizi pubblici locali si stia sviluppando in maniera frenetica e disorganica. Tale considerazione prende le mosse dai recenti accadimenti legislativi, referendari e giurisprudenziali attraverso i quali è emersa da una parte la volontà del legislatore di aprire alla libera concorrenza privata la materia dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, dall’altra la volontà popolare di franare lo sviluppo in tal senso.
Come è noto la Corte Costituzionale, con la pronuncia n. 199 pubblicata in G.U. il 25 luglio 2012, ha sancito l’illegittimità costituzionale dell’art. 4 del decreto legge n. 138/2011, convertito con modificazioni con L. 148/2011, poiché in detto articolo veniva riproposta la medesima normativa contenuta nell’art. 23 bis D.L. 112/2008, abrogata con referendum popolare.
In linea generale, il citato articolo 4 (“Adeguamento della disciplina dei servizi pubblici locali al referendum popolare e alla normativa europea”) imponeva agli enti locali di verificare la realizzabilità di una gestione concorrenziale dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. In ordine al procedimento, l’ente interessato, avrebbe dovuto effettuare un’analisi di mercato attraverso la quale verificare l’idoneità della libera iniziativa economica a garantire un servizio rispondente ai bisogni della comunità. Solo nel caso di esito negativo della verifica e previa approvazione di una delibera quadro, la pubblica amministrazione avrebbe potuto provvedere con l’attribuzione di diritti di esclusiva relativi ai singoli servizi.
Attesa la dichiarazione d’illegittimità costituzionale della normativa in parola, il legislatore ha ritenuto necessario intervenire in via d’urgenza al fine di traghettare la frammentata materia dei servizi pubblici locali verso un intervento normativo più complesso. In particolare, il D.L n. 179/2012, convertito con modifiche con L. 221 del 17 dicembre 2012, all’art. 34 (“Misure urgenti…per i servizi pubblici locali”), commi 20 e ss., stabilisce che:”(20) Per i servizi pubblici locali di rilevanza economica, al fine di assicurare il rispetto della disciplina europea, la parità tra gli operatori, l’economicità della gestione e di garantire adeguata informazione alla collettività di riferimento, l’affidamento del servizio è effettuato sulla base di apposita relazione, pubblicata sul sito internet dell’ente affidante, che da’ conto delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti dall’ordinamento europeo per la forma di affidamento prescelta e che definisce i contenuti specifici degli obblighi di servizio pubblico e servizio universale, indicando le compensazioni economiche se previste. (21) Gli affidamenti in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto non conformi ai requisiti previsti dalla normativa europea devono essere adeguati entro il termine del 31 dicembre 2013 pubblicando, entro la stessa data, la relazione prevista al comma 20. Per gli affidamenti in cui non è prevista una data di scadenza gli enti competenti provvedono contestualmente ad inserire nel contratto di servizio o negli altri atti che regolano il rapporto un termine di scadenza dell’affidamento. Il mancato adempimento degli obblighi previsti nel presente comma determina la cessazione dell’affidamento alla data del 31 dicembre 2013. (22) Gli affidamenti diretti assentiti alla data del 1º ottobre 2003 a società a partecipazione pubblica già quotate in borsa a tale data, e a quelle da esse controllate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, cessano alla scadenza prevista nel contratto di servizio o negli altri atti che regolano il rapporto; gli affidamenti che non prevedono una data di scadenza cessano, improrogabilmente e senza necessità di apposita deliberazione dell’ente affidante, il 31 dicembre 2020. (23) Dopo il comma 1 dell’articolo 3-bis del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, e successive modificazioni, è inserito il seguente:
“1-bis. Le funzioni di organizzazione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica, compresi quelli appartenenti al settore dei rifiuti urbani, di scelta della forma di gestione, di determinazione delle tariffe all’utenza per quanto di competenza, di affidamento della gestione e relativo controllo sono esercitate unicamente dagli enti di governo degli ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei istituiti o designati ai sensi del comma 1 del presente articolo”. (24) All’articolo 53, comma 1, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n.134, la lettera b) è abrogata. (25) I commi da 20 a 22 non si applicano al servizio di distribuzione di gas naturale, di cui al decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, al servizio di distribuzione di energia elettrica, di cui al decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, e alla legge 23 agosto 2004, n. 239, nonché alla gestione delle farmacie comunali, di cui alla legge 2 aprile 1968, n. 475. Restano inoltre ferme le disposizioni di cui all’articolo 37 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134. (27) All’articolo 4, comma 8, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, le parole: "e a condizione che il valore economico del servizio o dei beni oggetto dell’affidamento sia complessivamente pari o inferiore a 200.000 euro annui" sono soppresse. (30) All’articolo 2, comma 4, del decreto-legge 25 gennaio 2012, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 28, le parole: "A decorrere dal 31 dicembre 2013," sono sostituite dalle seguenti: "A decorrere dal sessantesimo giorno dall’emanazione dei decreti di natura non regolamentare di cui al comma 2". “
L’elemento di novità della disciplina in esame riguarda l’introduzione della “relazione” che, salve le ipotesi di cui al comma 25 (gas, energia elettrica e farmacie comunali), è un atto prodromico e necessario per l’affidamento dei servizi pubblici locali. Al suo interno l’ente pubblico deve indicare le ragioni che l’hanno indotto a scegliere un determinato procedimento di aggiudicazione, anche con riferimento all’art. 106 TFUE.[2]
Il legislatore è intervenuto, inoltre, sul tanto discusso art. 3 bis del D.L. 138 del 13 agosto 2011, aggiungendo il comma 1 bis il quale attribuisce le funzioni di organizzazione dei servizi pubblici locali agli enti di governo degli ambiti.
Innanzitutto si rammenta che l’art. 3-bis del D.L. 138/2011 disciplina le modalità di perimetrazione degli ambiti territoriali omogenei, che di norma non possono essere inferiore alla circoscrizione del territorio provinciale. Da qui la problematica della concreta perimetrazione poiché, il legislatore, con l’art. 17 del D.L. n. 95 del 6 luglio 2012 cd. Spending review, convertito con L. n. 135 del 7 agosto 2012, ha avviato il riordino delle circoscrizioni provinciali tutt’ora in corso.[3]
Il comma 1 bis aggiunto crea un ulteriore problema giuridico-interpretativo in quanto confligge con l’art. 9 del D.L. 95/2012 nella parte in cui attribuisce ai comuni funzioni fondamentali in tema, appunto, di organizzazione dei servizi pubblici locali. Allo stato, dunque, le stesse funzioni risultano attribuite a due soggetti (comuni e enti di governo degli ambiti).
Infine, la legge di conversione del D.L. 179/2012 elimina il limite dei 200.000,00 € per gli affidamenti diretti in house e risolve un’altra questione controversa.
In particolare.
La dichiarazione di incostituzionalità dell’art.4 non lascia, tuttavia, un vuoto normativo nella disciplina di settore nella misura in cui è, allo stato, valida ed efficace la normativa comunitaria, certamente meno restrittiva quanto meno per il ricorso all’affidamento diretto a società cd. in house, rispetto a quella nazionale censurata dalla Corte Costituzionale. A tale riguardo, senza alcuna pretesa di esaustività, si rinvia alle principali disposizioni europee e statali attualmente vigenti: all’art. 106 TFUE; alla Direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004 relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi. (G.U.C.E. n. 134 del 30 aprile 2004); all’art. 113 del D.lgs. n. 267 del 18 agosto 2000 (Tuel); al codice dei contratti pubblici D.Lgs. n. 163 del 12 aprile 2006 ed al regolamento di attuazione ed esecuzione del codice dei contratti D.P.R. n. 207 del 05 ottobre 2010; all’art. 2 L. 244/2007 ed all’art. 14 DL. 78/2010; agli artt. 4 e 9 D.L. 95/2012.
È opportuno subito precisare che restano regolate dalla normativa di settore la distribuzione del gas (D.Lgs. n. 164 del 23 maggio 2000, attuativo della direttiva n. 98/30/CE), di energia elettrica (D.Lgs. n. 79 del 16 marzo 1999), l’idrico (D.Lgs. 152 del 3 aprile 2006), il trasporto pubblico locale (D.Lgs. n. 422 del 19 novembre 1997) e la gestione delle farmacie comunali.
Orbene, l’affidamento della gestione dei servizi pubblici locali potrà avvenire mediante:
- gara ad evidenza pubblica in applicazione delle norme inerenti gli appalti o le concessioni di servizi di cui al D.Lgs n. 163 del 12 aprile 2006;
- affidamento a società a capitale misto pubblico e privato con procedura di gara di cui al D.lgs n. 163 del 12 aprile 2006 per la scelta del socio privato a cui attribuire specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio (procedura cd. a doppio oggetto)[4];
- procedura in house, affidamento diretto, qualora sussistano i requisiti previsti dall’ordinamento comunitario.
[1] L’espressione “servizi di interesse generale” non è presente nel trattato, ma è derivata nella prassi comunitaria dall’espressione “servizi di interesse economico generale” che invece è utilizzata nel trattato. E’ un’espressione più ampia di “servizi di interesse economico generale” e riguarda sia i servizi di mercato che quelli non di mercato che le autorità pubbliche considerano di interesse generale e assoggettano a specifici obblighi di servizio pubblico. (cfr. Libro Verde sui servizi di interesse generale, Commissione della Comunità Europea COM/2003/270)
[2] La norma prevede l’applicazione delle regole della concorrenza anche al settore dei servizi di interesse economico generale, salvo il caso in cui ciò osti al raggiungimento delle finalità istituzionali.
[3] Nella legge di stabilità per il 2013, approvata definitivamente il 21 dicembre 2012 ed in fase di pubblicazione, all’art. 1, comma 87, vi sono delle modifiche in tema di riordino delle provincie e riallocazione delle funzioni (sommariamente, sospensioni e proroghe al 31 dicembre 2013).
[4] È da escludere la possibilità della doppia procedura (la prima per la selezione del partner privato del PPP, e la seconda per I’aggiudicazione dell’appalto pubblico o della concessione all’entità a capitale misto). Ne consegue l’obbligo di un’unica gara a doppio oggetto, sia per la scelta del partner privato che per l’aggiudicazione dell’appalto o concessione.