Le novità introdotte dalla legge 215 del 2012 in materia elettorale
E’ innanzitutto il caso di ricordare che fino a pochi decenni fa le donne erano completamente escluse dalla vita politica pubblica. Infatti, a parte la finta concessione operata da Mussolini nel 1924 e relativa alle sole elezioni amministrative, il primo provvedimento legislativo che riconobbe anche sostanzialmente il diritto di elettorato attivo alle donne italiane fu il decreto legislativo luogotenenziale n. 23 del 2 febbraio 1945 approvato dal Governo Bonomi; il provvedimento fu fortemente voluto da De Gasperi rappresentante della DC e da Togliatti del PCI, nonostante le imprevedibili ricadute in termini elettorali. Tuttavia, solo l’anno successivo, con il decreto legislativo luogotenenziale n. 74 del 10 marzo 1946, si raggiunse la parità di genere in materia elettorale con l’estensione alle donne anche del diritto di elettorato passivo. La prima elezione a suffragio universale fu quella amministrativa del marzo 1946 e subito dopo il referendum del 2 giugno per scegliere tra Repubblica e Monarchia.
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La legge n. 215 del 23 novembre 2012, entrata in vigore il 26 dicembre 2012, introduce disposizioni per promuovere il riequilibrio delle rappresentanze di genere nei consigli e nelle giunte degli enti locali e nei consigli regionali. Prevede, inoltre, disposizioni in materia di pari opportunità nella composizione delle commissioni di concorso nelle pubbliche amministrazioni. Di seguito si evidenziano le novità più rilevanti.
1. La prima riguarda l’art. 6 del D.Lgs 267/2000 TUEL, il quale, a seguito dell’intervento legislativo, prevede che gli statuti comunali e provinciali devono stabilire le norme per assicurare le condizioni di pari opportunità tra uomo e donna ai sensi della legge 10 aprile 1991, n. 125, e per garantire la presenza di entrambi i sessi nelle giunte e negli organi collegiali non elettivi del comune e della provincia, nonché degli enti, aziende ed istituzioni da essi dipendenti.
Gli statuti ed i regolamenti degli enti locali dovranno essere modificati entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge in esame, vale a dire con decorrenza dal 26 dicembre 2012.
Il legislatore ha sostituito la parola “promuovere” con “ garantire” ed aggiunto “non elettivi” dopo “organi collegiali”. La modifica si è resa necessaria perché, in effetti, pochissimi enti locali hanno posto in essere la politica di pari opportunità indicata dalla norma e ciò, evidentemente, risiede nel fatto che la gran parte dei politici e amministratori è di sesso maschile e, quindi, una riserva dei posti al “sesso debole” avrebbe significato per loro una possibilità inferiore di ricoprire in futuro incarichi pubblici.
2. Il secondo intervento incide sulle modalità d’accesso alle cariche elettive e agli organi esecutivi.
In modifica all’art. 71 (Elezione del sindaco e del consiglio comunale nei comuni sino ai 15.000 abitanti) e all’art. 73 del TUEL (Elezione del consiglio comunale nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti) vengono introdotte due novità molto importanti.
La prima, nelle liste dei candidati nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore a due terzi, con arrotondamento all'unità superiore qualora il numero dei candidati del sesso meno rappresentato da comprendere nella lista contenga una cifra decimale inferiore a 50 centesimi. In ordine alla modifica dell’art. 71 è d’obbligo specificare che la previsione suddetta si applica solo ai comuni che hanno tra i 5000 ed i 15000 abitanti; per quelli con popolazione inferire alla soglia minima appena indicata sussiste il solo obbligo generico di assicurare la presenza di entrambi i sessi nelle liste. In altre parole, nei piccoli comuni sarà lo statuto dell’ente a dover indicare le misure idonee a conseguire lo scopo indicato dalla legge. Per quanto riguarda, invece, i comuni di grandi dimensioni organizzati in circoscrizioni la legge specifica che trovano applicazione i commi 1, 2 e 3 del citato art. 73.
In caso di mancato rispetto delle disposizioni appena esposte, la commissione elettorale interviene riducendo la lista elettorale, in particolare cancellando i nomi dei candidati appartenenti al genere più rappresentato, procedendo dall'ultimo della lista. Fin qui tutto bene. Il problema è che detta cancellazione potrebbe far venir meno il numero minimo di candidati richiesto dalla legge per la presentazione della lista. In tale ipotesi, le conseguenze cambiano a seconda del tipo di elezione. Infatti, secondo l’art. 30 DPR 570/1960 così come modificato dalla legge in commento, per quanto riguarda l’elezione del consiglio comunale dei comuni con popolazione compresa tra i 5000 ed i 15000 abitanti, la riduzione effettuata dalla commissione elettorale non può, in ogni caso, determinare un numero di candidati inferiore al minimo prescritto per l'ammissione della lista elettorale alla competizione. In merito, invece, all’elezione del consiglio comunale dei comuni con popolazione superiore a 15000 abitanti l’art. 33 DPR 570/1960 stabilisce che la lista, in tal caso, è ricusata.
La seconda novità, anche questa particolarmente significativa, è che ciascun elettore può esprimere uno o due voti di preferenza, scrivendo il cognome di non più di due candidati compresi nella lista collegata al candidato alla carica di sindaco prescelto se l’elezione riguarda comuni con popolazione compresa tra 5000 e 15000 abitanti ovvero scrivendo il cognome di non più di due candidati compresi nella lista da lui votata se l’elezione riguarda comuni con popolazione superiore a 15.000. In entrambi i casi, quando si esprimono due preferenze, esse devono riguardare candidati di sesso diverso della stessa lista, pena l'annullamento della seconda preferenza.
Le novità appena esposte riguardano solo i comuni, a differenza della seguente.
All’art. 46 del TUEL viene precisato che il sindaco e il presidente della provincia nominano i componenti della giunta “nel rispetto del principio di pari opportunità tra donne e uomini, garantendo la presenza di entrambi i sessi”. Detta previsione si applica anche a Roma Capitale (ex art. 4, comma 4, D.lgs 156/2010).
La norma in parola dev’essere letta in combinato disposto con l’art. 6 del TUEL, pertanto si rinvia a quanto detto al punto 1.
3. Ai sensi dell’art. 117 della Cost. lo Stato ha potestà legislativa in materia elettorale, tuttavia l’art. 122 della Cost. prevede che il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale nonché dei consiglieri regionali sono disciplinati con legge della regione nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica. La legge 165/2004 è attuativa dell’art. 122 della Cost. ed individua i principi fondamentali a cui le regioni devono attenersi nel legiferare sulla materia.
Orbene, la legge 215 interviene in materia di accesso alla candidature per le elezioni dei consigli regionali aggiungendo la lettera “c-bis” all’art. 4 (principi in materia di sistema elettorale) della L. 165/2004, il quale prevede che la regioni con propria legge disciplinano la promozione della parità tra uomini e donne nell'accesso alle cariche elettive attraverso la predisposizione di misure che permettano di incentivare l'accesso del genere sottorappresentato alle cariche elettive.
4. All’art.1 della legge 28 del 2000, riguardante la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica, è stato aggiunto il comma 2 bis secondo cui i mezzi di informazione, nell'ambito delle trasmissioni per la comunicazione politica, sono tenuti al rispetto dei principi di cui all'articolo 51, primo comma, della Costituzione, per la promozione delle pari opportunità tra donne e uomini.
5. Per le disposizioni in materia di pari opportunità nella composizione delle commissioni di concorso nelle pubbliche amministrazioni, si rinvia all'articolo 57 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165
Infine, sempre in tema di pari opportunità, si sottolinea che è stato pubblicato in gazzetta (n. 23 del 28 gennaio 2013) il Regolamento concernente la parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo nelle società, costituite in Italia, controllate da pubbliche amministrazioni, ai sensi dell'art. 2359, commi primo e secondo, del codice civile, non quotate in mercati regolamentati, in attuazione dell'art. 3, c. 2, della l.12 luglio 2011, n. 120.
E’ innanzitutto il caso di ricordare che fino a pochi decenni fa le donne erano completamente escluse dalla vita politica pubblica. Infatti, a parte la finta concessione operata da Mussolini nel 1924 e relativa alle sole elezioni amministrative, il primo provvedimento legislativo che riconobbe anche sostanzialmente il diritto di elettorato attivo alle donne italiane fu il decreto legislativo luogotenenziale n. 23 del 2 febbraio 1945 approvato dal Governo Bonomi; il provvedimento fu fortemente voluto da De Gasperi rappresentante della DC e da Togliatti del PCI, nonostante le imprevedibili ricadute in termini elettorali. Tuttavia, solo l’anno successivo, con il decreto legislativo luogotenenziale n. 74 del 10 marzo 1946, si raggiunse la parità di genere in materia elettorale con l’estensione alle donne anche del diritto di elettorato passivo. La prima elezione a suffragio universale fu quella amministrativa del marzo 1946 e subito dopo il referendum del 2 giugno per scegliere tra Repubblica e Monarchia.
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La legge n. 215 del 23 novembre 2012, entrata in vigore il 26 dicembre 2012, introduce disposizioni per promuovere il riequilibrio delle rappresentanze di genere nei consigli e nelle giunte degli enti locali e nei consigli regionali. Prevede, inoltre, disposizioni in materia di pari opportunità nella composizione delle commissioni di concorso nelle pubbliche amministrazioni. Di seguito si evidenziano le novità più rilevanti.
1. La prima riguarda l’art. 6 del D.Lgs 267/2000 TUEL, il quale, a seguito dell’intervento legislativo, prevede che gli statuti comunali e provinciali devono stabilire le norme per assicurare le condizioni di pari opportunità tra uomo e donna ai sensi della legge 10 aprile 1991, n. 125, e per garantire la presenza di entrambi i sessi nelle giunte e negli organi collegiali non elettivi del comune e della provincia, nonché degli enti, aziende ed istituzioni da essi dipendenti.
Gli statuti ed i regolamenti degli enti locali dovranno essere modificati entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge in esame, vale a dire con decorrenza dal 26 dicembre 2012.
Il legislatore ha sostituito la parola “promuovere” con “ garantire” ed aggiunto “non elettivi” dopo “organi collegiali”. La modifica si è resa necessaria perché, in effetti, pochissimi enti locali hanno posto in essere la politica di pari opportunità indicata dalla norma e ciò, evidentemente, risiede nel fatto che la gran parte dei politici e amministratori è di sesso maschile e, quindi, una riserva dei posti al “sesso debole” avrebbe significato per loro una possibilità inferiore di ricoprire in futuro incarichi pubblici.
2. Il secondo intervento incide sulle modalità d’accesso alle cariche elettive e agli organi esecutivi.
In modifica all’art. 71 (Elezione del sindaco e del consiglio comunale nei comuni sino ai 15.000 abitanti) e all’art. 73 del TUEL (Elezione del consiglio comunale nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti) vengono introdotte due novità molto importanti.
La prima, nelle liste dei candidati nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore a due terzi, con arrotondamento all'unità superiore qualora il numero dei candidati del sesso meno rappresentato da comprendere nella lista contenga una cifra decimale inferiore a 50 centesimi. In ordine alla modifica dell’art. 71 è d’obbligo specificare che la previsione suddetta si applica solo ai comuni che hanno tra i 5000 ed i 15000 abitanti; per quelli con popolazione inferire alla soglia minima appena indicata sussiste il solo obbligo generico di assicurare la presenza di entrambi i sessi nelle liste. In altre parole, nei piccoli comuni sarà lo statuto dell’ente a dover indicare le misure idonee a conseguire lo scopo indicato dalla legge. Per quanto riguarda, invece, i comuni di grandi dimensioni organizzati in circoscrizioni la legge specifica che trovano applicazione i commi 1, 2 e 3 del citato art. 73.
In caso di mancato rispetto delle disposizioni appena esposte, la commissione elettorale interviene riducendo la lista elettorale, in particolare cancellando i nomi dei candidati appartenenti al genere più rappresentato, procedendo dall'ultimo della lista. Fin qui tutto bene. Il problema è che detta cancellazione potrebbe far venir meno il numero minimo di candidati richiesto dalla legge per la presentazione della lista. In tale ipotesi, le conseguenze cambiano a seconda del tipo di elezione. Infatti, secondo l’art. 30 DPR 570/1960 così come modificato dalla legge in commento, per quanto riguarda l’elezione del consiglio comunale dei comuni con popolazione compresa tra i 5000 ed i 15000 abitanti, la riduzione effettuata dalla commissione elettorale non può, in ogni caso, determinare un numero di candidati inferiore al minimo prescritto per l'ammissione della lista elettorale alla competizione. In merito, invece, all’elezione del consiglio comunale dei comuni con popolazione superiore a 15000 abitanti l’art. 33 DPR 570/1960 stabilisce che la lista, in tal caso, è ricusata.
La seconda novità, anche questa particolarmente significativa, è che ciascun elettore può esprimere uno o due voti di preferenza, scrivendo il cognome di non più di due candidati compresi nella lista collegata al candidato alla carica di sindaco prescelto se l’elezione riguarda comuni con popolazione compresa tra 5000 e 15000 abitanti ovvero scrivendo il cognome di non più di due candidati compresi nella lista da lui votata se l’elezione riguarda comuni con popolazione superiore a 15.000. In entrambi i casi, quando si esprimono due preferenze, esse devono riguardare candidati di sesso diverso della stessa lista, pena l'annullamento della seconda preferenza.
Le novità appena esposte riguardano solo i comuni, a differenza della seguente.
All’art. 46 del TUEL viene precisato che il sindaco e il presidente della provincia nominano i componenti della giunta “nel rispetto del principio di pari opportunità tra donne e uomini, garantendo la presenza di entrambi i sessi”. Detta previsione si applica anche a Roma Capitale (ex art. 4, comma 4, D.lgs 156/2010).
La norma in parola dev’essere letta in combinato disposto con l’art. 6 del TUEL, pertanto si rinvia a quanto detto al punto 1.
3. Ai sensi dell’art. 117 della Cost. lo Stato ha potestà legislativa in materia elettorale, tuttavia l’art. 122 della Cost. prevede che il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale nonché dei consiglieri regionali sono disciplinati con legge della regione nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica. La legge 165/2004 è attuativa dell’art. 122 della Cost. ed individua i principi fondamentali a cui le regioni devono attenersi nel legiferare sulla materia.
Orbene, la legge 215 interviene in materia di accesso alla candidature per le elezioni dei consigli regionali aggiungendo la lettera “c-bis” all’art. 4 (principi in materia di sistema elettorale) della L. 165/2004, il quale prevede che la regioni con propria legge disciplinano la promozione della parità tra uomini e donne nell'accesso alle cariche elettive attraverso la predisposizione di misure che permettano di incentivare l'accesso del genere sottorappresentato alle cariche elettive.
4. All’art.1 della legge 28 del 2000, riguardante la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica, è stato aggiunto il comma 2 bis secondo cui i mezzi di informazione, nell'ambito delle trasmissioni per la comunicazione politica, sono tenuti al rispetto dei principi di cui all'articolo 51, primo comma, della Costituzione, per la promozione delle pari opportunità tra donne e uomini.
5. Per le disposizioni in materia di pari opportunità nella composizione delle commissioni di concorso nelle pubbliche amministrazioni, si rinvia all'articolo 57 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165
Infine, sempre in tema di pari opportunità, si sottolinea che è stato pubblicato in gazzetta (n. 23 del 28 gennaio 2013) il Regolamento concernente la parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo nelle società, costituite in Italia, controllate da pubbliche amministrazioni, ai sensi dell'art. 2359, commi primo e secondo, del codice civile, non quotate in mercati regolamentati, in attuazione dell'art. 3, c. 2, della l.12 luglio 2011, n. 120.