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L’artico 52 del Decreto Legislativo n. 165/2001: dubbi ed incongruenze

La proroga dell’attribuzione delle mansioni superiori
Sull’articolo 52 del Decreto Legislativo 165/2001: dubbi ed incongruenze.

Sull’articolo in questione si sono succedute numerose pronunce quasi tutte volte ad indagare sulla spettanza o meno della contribuzione maggiorata al dipendente a cui siano state illegittimamente conferite le mansioni superiori. Si cerca, invece, in questa sede di indagare sulla possibilità o meno di prorogare legittimamente il conferimento di mansioni superiori oltre i sei mesi consentiti per legge in assenza di indizione di procedure concorsuali.

Si legge al comma 1 dell’art. 52 D.Lgs. 165/01 che “il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni considerate equivalenti nell’ambito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi, ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto dello sviluppo professionale o di procedure concorsuali o selettive” ed ancora al suo comma 2 che “per obiettive esigenze di servizio il prestatore di lavoro può essere adibito a mansioni proprie della qualifica immediatamente superiore:

a) nel caso di vacanza di posto in organico, per non più di sei mesi, prorogabili fino a dodici qualora siano state avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti come previsto al comma 4;

b) nel caso di sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla conservazione del posto, con esclusione dell’assenza per ferie, per la durata dell’assenza”.

Ancora, per quanto qui interessa, risulta da evidenziare la statuizione di cui al 4 comma del richiamato articolo per il quale “nei casi di cui al comma 2, per il periodo di effettiva prestazione, il lavoratore ha diritto al trattamento previsto per la qualifica superiore. Qualora l’utilizzazione del dipendente sia disposta per sopperire a vacanze dei posti in organico, immediatamente, e comunque nel termine massimo di novanta giorni dalla data in cui il dipendente è assegnato alle predette mansioni, devono essere avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti”.

Dalla lettura statica della disposizione in commento emergerebbe, senza possibilità di smentita, che si possano conferire mensioni superiori per una sola volta e per sei mesi per sopperire a vacanze di organico e detto termine sia prorogabile per ulteriori sei mesi solo in caso di avvio delle procedure concorsuali a copertura dei posti liberi.

Orbene, cosa succede se vi sono posti vacanti, questi vengono temporaneamente occupati attraverso il conferimento di mansioni superiori e decorsi i sei mesi, le procedure concorsuali non sono per nulla avviate?

Seguendo il tenore letterale della normativa si giungerebbe alla reale situazione, se pur paradossale, che, se non sono state avviate le procedure concorsuali, allo scadere dei 6 mesi di concessione delle mansioni superiori i posti coperti tornerebbero ad essere vacanti senza possibilità di rinnovo.

Si riproporrebbe allora la situazione di vacanza originaria che, data la totale incertezza sull’evenienza di un bando di concorso, si potrebbe protrarre sine die tornandosi in tal maniera proprio alla posizione di stallo a cui si tentava di dare soluzione attraverso temporanee coperture di vacanze.

A parere di chi scrive è necessario per superare la problematica, evidenziare le incongruenze di cui alla normativa in commento compiendo un esegesi anche dei principi generali di riferimento del settore.

In primis, non può non farsi riferimento in via generale al principio di buon andamento della P.A., rinvenibile nell’art. 97 della Costituzione, il quale indica l’obbligo per i funzionari amministrativi di svolgere la propria attività secondo le modalità più idonee ed opportune al fine della efficacia, efficienza, speditezza ed economicità dell’azione amministrativa, con il minor sacrificio degli interessi particolari dei singoli. Non vi è dubbio che detto principio attenga al rispetto di un canone generale di efficienza e di buona amministrazione, riferito non solo alla fase organizzativa degli uffici ma all’intero funzionamento della P.A. con il corollario che all’agente viene lasciata una sfera più o meno ampia di discrezionalità circa il modo in cui meglio e più efficacemente perseguire l’interesse pubblico.

Detto ragionamento applicato al caso concreto porta necessariamente ad operare un bilanciamento degli interessi in gioco: da un lato, Uffici Territoriali privi di responsabili e dirigenti pur se frequentati da numerosi cittadini e dall’atro una normativa che sic et simpliciter vieta la possibilità di proroga di attribuzione di mansioni superiori in mancanza di apposito concorso che non sembra in procinto di essere bandito.

Allora gli interessi da contemperare sono proprio quell’efficacia ed buon andamento costituzionalmente garantiti a fronte della ratio dell’articolo 52 Decreto Legislativo 165/01 volta ad impedire che i posti vacanti vengano ricoperti all’infinito attraverso assegnazioni provvisorie continue senza che vengano poste in essere le idonee procedure concorsuali.

Detta situazione oggettiva va sicuramente a ledere il diritto del cittadino e i menzionati principi costituzionali di cui è portatrice la P.A. stessa, in maniera tale che emerge la necessità di far fronte a detta situazione con un provvedimento che abbia i connotati della c.d. discrezionalità amministrativa.

In particolare, attraverso una ponderazione comparativa dell’interesse pubblico primario con gli interessi secondari, si addivenire ad una soluzione tale che il fine primario venga conseguito con il minor sacrificio possibile degli interessi contrapposti (principio del minimo mezzo).

In breve, porre in essere un provvedimento di proroga di affidamento delle mansioni superiori consentirebbe di conseguire il fine primario dell’efficienza e del buon andamento della P.A. con il sacrificio (peraltro interno alla stessa P.A. non avendo alcun riflesso su diritti ed interessi di terzi, anzi tutelandoli) dell’interesse a che venga elusa la necessità di indizioni di procedure concorsuale attraverso ripetute coperture temporanee di posti vacanti.

Va ricordato che con il Decreto Legislativo 3 febbraio 1993 n. 29 si è dato vita alla privatizzazione del pubblico impiego a seguito del quale sono derivate alcune conseguenze fondamentali per l’assetto della P.A. ed, in particolare, per il rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici: a) la posizione della P.A. datrice di lavoro è stata assimilata a quella dei datori di lavoro privati per cui gli atti di gestione del lavoro sono equiparati a quelli del privato in merito, soprattutto, all’organizzazione dell’attività produttiva ed all’applicazione delle disposizione del Codice Civile; b) la P.A. esercita la propria potestà di auto-organizzazione come ogni soggetto dotato di capacità imprenditoriale.

Ulteriore conseguenza del predetto fenomeno è da ravvisarsi nella distinzione tra atti di macro-organizzazione ed atti di micro-organizzazione; di questi, solo i primi hanno mantenuto la tradizionale natura di atti di diritto pubblico per cui i secondi, nei quali la P.A. agisce come datore di lavoro privato, non sono più ascrivibili alla categoria dei provvedimenti amministrativi ma in quella degli atti di diritto privato. L’articolo 5, comma 2, del DecretoLegislativo n. 165/01, infatti, prevede che “nell’ambito delle leggi e degli atti organizzativi di cui all’art. 2, comma 1, le determinazioni per l’organizzazione degli uffici e le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro sono assunte dagli organi preposti alla gestione con la capacità ed i poteri del privato datore di lavoro”.

Orbene, se è vero quanto sopra, in una situazione contingente di vacanza di posti di responsabilità dell’ufficio e di conseguente stasi e/o diminuzione di carico lavorativo dello stesso, in attesa di copertura definitiva della vacanza tramite concorso, il dirigente – privato datore di lavoro non può che adoperare la determinazione più favorevole all’impresa in termini di efficienza, produttività, economicità, buon andamento e soddisfazione dell’interesse pubblico.

Sul punto può essere utile riportare uno stralcio del parere dell’Avvocatura Generale dello Stato n. 17975/PR4 del 6/9/2002, le cui indicazioni, anche se più direttamente rivolte ad una Amministrazione statale, possono risultare utili anche per gli enti del Comparto delle Regioni e delle Autonomie Locali.

“va premesso che la sentenza 194/2002 (della Corte Costituzionale) per quanto non abbia altro effetto diretto che quello di espungere dall’ordinamento le norme dichiarate incostituzionali e cioè gli articoli 3, commi 205, 206, 207 e 22, comma 2, della legge 13/5/1999 n. 133 che non riguardano il rapporto di lavoro del personale di codesta Amministrazione, enuncia principi già espressi in altre decisioni (314/94, 478/95, 320/92) e confermati nella successiva decisione 218/02 relativa al personale della Camera di Commercio, dei quali non può non tenersi conto per valutare la legittimità delle procedure di riqualificazione (o di selezioni interne).

Tali principi sono riconducibili alla regola contenuta nell’art. 97 Cost. secondo la quale per la copertura dei posti nei ruoli della Pubblica Amministrazione deve essere svolta procedura concorsuale pubblica, sicché un "automatico e generalizzato scivolamento verso l’alto del personale non può non essere ritenuto illegittimo".

La Corte Costituzionale nel riaffermare la validità di tale regola non può dirsi avere escluso in assoluto possibilità di far ricorso a sistemi diversi dal concorso pubblico propriamente detto a condizione che si fissino "criteri selettivi o verifiche attitudinali adatte a garantire l’accertamento della idoneità dei candidati essendosi in presenza di particolari situazioni che possano giustificare per una migliore garanzia del buon andamento della Amministrazione il ricorso a tali sistemi diversi dal pubblico concorso". Il contemperamento della regola del concorso pubblico con l’opportunità di consentire ai dipendenti già in servizio (e che hanno quindi superato un concorso pubblico per il primo accesso in servizio, salvo eccezionali e circoscritte ipotesi diverse ad es. ciechi ed invalidi di guerra) qualche avanzamento, appare legittimare l’uso di concorsi interni o di corsi di riqualificazione solo quando vengano rispettati taluni criteri che dalla sentenza delle Corte costituzionale è possibile desumere e che qui di seguito si indicano.

La individuazione e determinazione anche numerica dell’organico della Amministrazione per ciascuna delle …. (categorie) ….. dovranno rispondere non alla volontà di soddisfare le aspettative di carriera del personale in servizio ma alla necessità di soddisfare le esigenze effettive ed oggettive della Amministrazione.

Alla luce di quanto sopra una corretta argomentazione porta a ritenere che possao meglio debba procedersi al rinnovo e/o a turnazione (sempre nel rispetto dei criteri delineati di scelta dei soggetti) ovvero ad una attribuzione ex novo delle mansioni superiore eventualmente non connessa alle precedenti al fine di superare la contingenza della situazione concreta.

Sull’articolo 52 del Decreto Legislativo 165/2001: dubbi ed incongruenze.

Sull’articolo in questione si sono succedute numerose pronunce quasi tutte volte ad indagare sulla spettanza o meno della contribuzione maggiorata al dipendente a cui siano state illegittimamente conferite le mansioni superiori. Si cerca, invece, in questa sede di indagare sulla possibilità o meno di prorogare legittimamente il conferimento di mansioni superiori oltre i sei mesi consentiti per legge in assenza di indizione di procedure concorsuali.

Si legge al comma 1 dell’art. 52 D.Lgs. 165/01 che “il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni considerate equivalenti nell’ambito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi, ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto dello sviluppo professionale o di procedure concorsuali o selettive” ed ancora al suo comma 2 che “per obiettive esigenze di servizio il prestatore di lavoro può essere adibito a mansioni proprie della qualifica immediatamente superiore:

a) nel caso di vacanza di posto in organico, per non più di sei mesi, prorogabili fino a dodici qualora siano state avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti come previsto al comma 4;

b) nel caso di sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla conservazione del posto, con esclusione dell’assenza per ferie, per la durata dell’assenza”.

Ancora, per quanto qui interessa, risulta da evidenziare la statuizione di cui al 4 comma del richiamato articolo per il quale “nei casi di cui al comma 2, per il periodo di effettiva prestazione, il lavoratore ha diritto al trattamento previsto per la qualifica superiore. Qualora l’utilizzazione del dipendente sia disposta per sopperire a vacanze dei posti in organico, immediatamente, e comunque nel termine massimo di novanta giorni dalla data in cui il dipendente è assegnato alle predette mansioni, devono essere avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti”.

Dalla lettura statica della disposizione in commento emergerebbe, senza possibilità di smentita, che si possano conferire mensioni superiori per una sola volta e per sei mesi per sopperire a vacanze di organico e detto termine sia prorogabile per ulteriori sei mesi solo in caso di avvio delle procedure concorsuali a copertura dei posti liberi.

Orbene, cosa succede se vi sono posti vacanti, questi vengono temporaneamente occupati attraverso il conferimento di mansioni superiori e decorsi i sei mesi, le procedure concorsuali non sono per nulla avviate?

Seguendo il tenore letterale della normativa si giungerebbe alla reale situazione, se pur paradossale, che, se non sono state avviate le procedure concorsuali, allo scadere dei 6 mesi di concessione delle mansioni superiori i posti coperti tornerebbero ad essere vacanti senza possibilità di rinnovo.

Si riproporrebbe allora la situazione di vacanza originaria che, data la totale incertezza sull’evenienza di un bando di concorso, si potrebbe protrarre sine die tornandosi in tal maniera proprio alla posizione di stallo a cui si tentava di dare soluzione attraverso temporanee coperture di vacanze.

A parere di chi scrive è necessario per superare la problematica, evidenziare le incongruenze di cui alla normativa in commento compiendo un esegesi anche dei principi generali di riferimento del settore.

In primis, non può non farsi riferimento in via generale al principio di buon andamento della P.A., rinvenibile nell’art. 97 della Costituzione, il quale indica l’obbligo per i funzionari amministrativi di svolgere la propria attività secondo le modalità più idonee ed opportune al fine della efficacia, efficienza, speditezza ed economicità dell’azione amministrativa, con il minor sacrificio degli interessi particolari dei singoli. Non vi è dubbio che detto principio attenga al rispetto di un canone generale di efficienza e di buona amministrazione, riferito non solo alla fase organizzativa degli uffici ma all’intero funzionamento della P.A. con il corollario che all’agente viene lasciata una sfera più o meno ampia di discrezionalità circa il modo in cui meglio e più efficacemente perseguire l’interesse pubblico.

Detto ragionamento applicato al caso concreto porta necessariamente ad operare un bilanciamento degli interessi in gioco: da un lato, Uffici Territoriali privi di responsabili e dirigenti pur se frequentati da numerosi cittadini e dall’atro una normativa che sic et simpliciter vieta la possibilità di proroga di attribuzione di mansioni superiori in mancanza di apposito concorso che non sembra in procinto di essere bandito.

Allora gli interessi da contemperare sono proprio quell’efficacia ed buon andamento costituzionalmente garantiti a fronte della ratio dell’articolo 52 Decreto Legislativo 165/01 volta ad impedire che i posti vacanti vengano ricoperti all’infinito attraverso assegnazioni provvisorie continue senza che vengano poste in essere le idonee procedure concorsuali.

Detta situazione oggettiva va sicuramente a ledere il diritto del cittadino e i menzionati principi costituzionali di cui è portatrice la P.A. stessa, in maniera tale che emerge la necessità di far fronte a detta situazione con un provvedimento che abbia i connotati della c.d. discrezionalità amministrativa.

In particolare, attraverso una ponderazione comparativa dell’interesse pubblico primario con gli interessi secondari, si addivenire ad una soluzione tale che il fine primario venga conseguito con il minor sacrificio possibile degli interessi contrapposti (principio del minimo mezzo).

In breve, porre in essere un provvedimento di proroga di affidamento delle mansioni superiori consentirebbe di conseguire il fine primario dell’efficienza e del buon andamento della P.A. con il sacrificio (peraltro interno alla stessa P.A. non avendo alcun riflesso su diritti ed interessi di terzi, anzi tutelandoli) dell’interesse a che venga elusa la necessità di indizioni di procedure concorsuale attraverso ripetute coperture temporanee di posti vacanti.

Va ricordato che con il Decreto Legislativo 3 febbraio 1993 n. 29 si è dato vita alla privatizzazione del pubblico impiego a seguito del quale sono derivate alcune conseguenze fondamentali per l’assetto della P.A. ed, in particolare, per il rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici: a) la posizione della P.A. datrice di lavoro è stata assimilata a quella dei datori di lavoro privati per cui gli atti di gestione del lavoro sono equiparati a quelli del privato in merito, soprattutto, all’organizzazione dell’attività produttiva ed all’applicazione delle disposizione del Codice Civile; b) la P.A. esercita la propria potestà di auto-organizzazione come ogni soggetto dotato di capacità imprenditoriale.

Ulteriore conseguenza del predetto fenomeno è da ravvisarsi nella distinzione tra atti di macro-organizzazione ed atti di micro-organizzazione; di questi, solo i primi hanno mantenuto la tradizionale natura di atti di diritto pubblico per cui i secondi, nei quali la P.A. agisce come datore di lavoro privato, non sono più ascrivibili alla categoria dei provvedimenti amministrativi ma in quella degli atti di diritto privato. L’articolo 5, comma 2, del DecretoLegislativo n. 165/01, infatti, prevede che “nell’ambito delle leggi e degli atti organizzativi di cui all’art. 2, comma 1, le determinazioni per l’organizzazione degli uffici e le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro sono assunte dagli organi preposti alla gestione con la capacità ed i poteri del privato datore di lavoro”. >Sull’articolo 52 del Decreto Legislativo 165/2001: dubbi ed incongruenze.

Sull’articolo in questione si sono succedute numerose pronunce quasi tutte volte ad indagare sulla spettanza o meno della contribuzione maggiorata al dipendente a cui siano state illegittimamente conferite le mansioni superiori. Si cerca, invece, in questa sede di indagare sulla possibilità o meno di prorogare legittimamente il conferimento di mansioni superiori oltre i sei mesi consentiti per legge in assenza di indizione di procedure concorsuali.

Si legge al comma 1 dell’art. 52 D.Lgs. 165/01 che “il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni considerate equivalenti nell’ambito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi, ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto dello sviluppo professionale o di procedure concorsuali o selettive” ed ancora al suo comma 2 che “per obiettive esigenze di servizio il prestatore di lavoro può essere adibito a mansioni proprie della qualifica immediatamente superiore:

a) nel caso di vacanza di posto in organico, per non più di sei mesi, prorogabili fino a dodici qualora siano state avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti come previsto al comma 4;

b) nel caso di sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla conservazione del posto, con esclusione dell’assenza per ferie, per la durata dell’assenza”.

Ancora, per quanto qui interessa, risulta da evidenziare la statuizione di cui al 4 comma del richiamato articolo per il quale “nei casi di cui al comma 2, per il periodo di effettiva prestazione, il lavoratore ha diritto al trattamento previsto per la qualifica superiore. Qualora l’utilizzazione del dipendente sia disposta per sopperire a vacanze dei posti in organico, immediatamente, e comunque nel termine massimo di novanta giorni dalla data in cui il dipendente è assegnato alle predette mansioni, devono essere avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti”.

Dalla lettura statica della disposizione in commento emergerebbe, senza possibilità di smentita, che si possano conferire mensioni superiori per una sola volta e per sei mesi per sopperire a vacanze di organico e detto termine sia prorogabile per ulteriori sei mesi solo in caso di avvio delle procedure concorsuali a copertura dei posti liberi.

Orbene, cosa succede se vi sono posti vacanti, questi vengono temporaneamente occupati attraverso il conferimento di mansioni superiori e decorsi i sei mesi, le procedure concorsuali non sono per nulla avviate?

Seguendo il tenore letterale della normativa si giungerebbe alla reale situazione, se pur paradossale, che, se non sono state avviate le procedure concorsuali, allo scadere dei 6 mesi di concessione delle mansioni superiori i posti coperti tornerebbero ad essere vacanti senza possibilità di rinnovo.

Si riproporrebbe allora la situazione di vacanza originaria che, data la totale incertezza sull’evenienza di un bando di concorso, si potrebbe protrarre sine die tornandosi in tal maniera proprio alla posizione di stallo a cui si tentava di dare soluzione attraverso temporanee coperture di vacanze.

A parere di chi scrive è necessario per superare la problematica, evidenziare le incongruenze di cui alla normativa in commento compiendo un esegesi anche dei principi generali di riferimento del settore.

In primis, non può non farsi riferimento in via generale al principio di buon andamento della P.A., rinvenibile nell’art. 97 della Costituzione, il quale indica l’obbligo per i funzionari amministrativi di svolgere la propria attività secondo le modalità più idonee ed opportune al fine della efficacia, efficienza, speditezza ed economicità dell’azione amministrativa, con il minor sacrificio degli interessi particolari dei singoli. Non vi è dubbio che detto principio attenga al rispetto di un canone generale di efficienza e di buona amministrazione, riferito non solo alla fase organizzativa degli uffici ma all’intero funzionamento della P.A. con il corollario che all’agente viene lasciata una sfera più o meno ampia di discrezionalità circa il modo in cui meglio e più efficacemente perseguire l’interesse pubblico.

Detto ragionamento applicato al caso concreto porta necessariamente ad operare un bilanciamento degli interessi in gioco: da un lato, Uffici Territoriali privi di responsabili e dirigenti pur se frequentati da numerosi cittadini e dall’atro una normativa che sic et simpliciter vieta la possibilità di proroga di attribuzione di mansioni superiori in mancanza di apposito concorso che non sembra in procinto di essere bandito.

Allora gli interessi da contemperare sono proprio quell’efficacia ed buon andamento costituzionalmente garantiti a fronte della ratio dell’articolo 52 Decreto Legislativo 165/01 volta ad impedire che i posti vacanti vengano ricoperti all’infinito attraverso assegnazioni provvisorie continue senza che vengano poste in essere le idonee procedure concorsuali.

Detta situazione oggettiva va sicuramente a ledere il diritto del cittadino e i menzionati principi costituzionali di cui è portatrice la P.A. stessa, in maniera tale che emerge la necessità di far fronte a detta situazione con un provvedimento che abbia i connotati della c.d. discrezionalità amministrativa.

In particolare, attraverso una ponderazione comparativa dell’interesse pubblico primario con gli interessi secondari, si addivenire ad una soluzione tale che il fine primario venga conseguito con il minor sacrificio possibile degli interessi contrapposti (principio del minimo mezzo).

In breve, porre in essere un provvedimento di proroga di affidamento delle mansioni superiori consentirebbe di conseguire il fine primario dell’efficienza e del buon andamento della P.A. con il sacrificio (peraltro interno alla stessa P.A. non avendo alcun riflesso su diritti ed interessi di terzi, anzi tutelandoli) dell’interesse a che venga elusa la necessità di indizioni di procedure concorsuale attraverso ripetute coperture temporanee di posti vacanti.

Va ricordato che con il Decreto Legislativo 3 febbraio 1993 n. 29 si è dato vita alla privatizzazione del pubblico impiego a seguito del quale sono derivate alcune conseguenze fondamentali per l’assetto della P.A. ed, in particolare, per il rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici: a) la posizione della P.A. datrice di lavoro è stata assimilata a quella dei datori di lavoro privati per cui gli atti di gestione del lavoro sono equiparati a quelli del privato in merito, soprattutto, all’organizzazione dell’attività produttiva ed all’applicazione delle disposizione del Codice Civile; b) la P.A. esercita la propria potestà di auto-organizzazione come ogni soggetto dotato di capacità imprenditoriale.

Ulteriore conseguenza del predetto fenomeno è da ravvisarsi nella distinzione tra atti di macro-organizzazione ed atti di micro-organizzazione; di questi, solo i primi hanno mantenuto la tradizionale natura di atti di diritto pubblico per cui i secondi, nei quali la P.A. agisce come datore di lavoro privato, non sono più ascrivibili alla categoria dei provvedimenti amministrativi ma in quella degli atti di diritto privato. L’articolo 5, comma 2, del DecretoLegislativo n. 165/01, infatti, prevede che “nell’ambito delle leggi e degli atti organizzativi di cui all’art. 2, comma 1, le determinazioni per l’organizzazione degli uffici e le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro sono assunte dagli organi preposti alla gestione con la capacità ed i poteri del privato datore di lavoro”.

Orbene, se è vero quanto sopra, in una situazione contingente di vacanza di posti di responsabilità dell’ufficio e di conseguente stasi e/o diminuzione di carico lavorativo dello stesso, in attesa di copertura definitiva della vacanza tramite concorso, il dirigente – privato datore di lavoro non può che adoperare la determinazione più favorevole all’impresa in termini di efficienza, produttività, economicità, buon andamento e soddisfazione dell’interesse pubblico.

Sul punto può essere utile riportare uno stralcio del parere dell’Avvocatura Generale dello Stato n. 17975/PR4 del 6/9/2002, le cui indicazioni, anche se più direttamente rivolte ad una Amministrazione statale, possono risultare utili anche per gli enti del Comparto delle Regioni e delle Autonomie Locali.

“va premesso che la sentenza 194/2002 (della Corte Costituzionale) per quanto non abbia altro effetto diretto che quello di espungere dall’ordinamento le norme dichiarate incostituzionali e cioè gli articoli 3, commi 205, 206, 207 e 22, comma 2, della legge 13/5/1999 n. 133 che non riguardano il rapporto di lavoro del personale di codesta Amministrazione, enuncia principi già espressi in altre decisioni (314/94, 478/95, 320/92) e confermati nella successiva decisione 218/02 relativa al personale della Camera di Commercio, dei quali non può non tenersi conto per valutare la legittimità delle procedure di riqualificazione (o di selezioni interne).

Tali principi sono riconducibili alla regola contenuta nell’art. 97 Cost. secondo la quale per la copertura dei posti nei ruoli della Pubblica Amministrazione deve essere svolta procedura concorsuale pubblica, sicché un "automatico e generalizzato scivolamento verso l’alto del personale non può non essere ritenuto illegittimo".

La Corte Costituzionale nel riaffermare la validità di tale regola non può dirsi avere escluso in assoluto possibilità di far ricorso a sistemi diversi dal concorso pubblico propriamente detto a condizione che si fissino "criteri selettivi o verifiche attitudinali adatte a garantire l’accertamento della idoneità dei candidati essendosi in presenza di particolari situazioni che possano giustificare per una migliore garanzia del buon andamento della Amministrazione il ricorso a tali sistemi diversi dal pubblico concorso". Il contemperamento della regola del concorso pubblico con l’opportunità di consentire ai dipendenti già in servizio (e che hanno quindi superato un concorso pubblico per il primo accesso in servizio, salvo eccezionali e circoscritte ipotesi diverse ad es. ciechi ed invalidi di guerra) qualche avanzamento, appare legittimare l’uso di concorsi interni o di corsi di riqualificazione solo quando vengano rispettati taluni criteri che dalla sentenza delle Corte costituzionale è possibile desumere e che qui di seguito si indicano.

La individuazione e determinazione anche numerica dell’organico della Amministrazione per ciascuna delle …. (categorie) ….. dovranno rispondere non alla volontà di soddisfare le aspettative di carriera del personale in servizio ma alla necessità di soddisfare le esigenze effettive ed oggettive della Amministrazione.

Alla luce di quanto sopra una corretta argomentazione porta a ritenere che possao meglio debba procedersi al rinnovo e/o a turnazione (sempre nel rispetto dei criteri delineati di scelta dei soggetti) ovvero ad una attribuzione ex novo delle mansioni superiore eventualmente non connessa alle precedenti al fine di superare la contingenza della situazione concreta.