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L’avvocato può opporsi al prelevamento e visione dei fascicoli di studio da parte della Guardia di Finanza?

Quando agisce senza mandato dell’Autorità Giudiziaria
un cielo sfumato
Ph. Ermes Galli / un cielo sfumato

 

In materia di antiriciclaggio la Guardia di Finanza, senza specifica autorizzazione o ordine dell’A.G. può prelevare e visionare i fascicoli di studio del professionista? L’avvocato può opporre l’eccezione del segreto professionale o della tutela della privacy dei clienti?

 

Il tema è stato affrontato dal Consiglio Nazionale Forense (Commissione), con il parere 19 novembre 2014 n. 92.

Il quesito sottoposto al parere è il seguente: “se, in sede di indagine della Guardia di Finanza relativa all’osservanza della normativa in tema di antiriciclaggio, la stessa Guardia di Finanza, anche senza specifica autorizzazione o ordine dell’Autorità Giudiziaria, possa prelevare e visionare i fascicoli di studio, senza che a ciò possa opporsi l’eccezione del segreto professionale e della tutela della privacy dei clienti”.

La risposta al quesito è la seguente: L’avvocato sottoposto a controllo antiriciclaggio dalla GDF può legittimamente opporre il segreto professionale in relazione alla richiesta di acquisizione/esame dei fascicoli di studio.

In questo caso gli operanti hanno l’obbligo di chiedere l’autorizzazione dell’AG per procedere in tal senso.

Resta fermo il disposto di cui all’art 103 c.p.p. per le ipotesi particolari ivi previste.

Alla risposta si arriva con il seguente percorso argomentativo:

 

Quadro normativo

Il punto di partenza è il collegamento tra legge antiriciclaggio (L.A.), normativa valutaria e normativa tributaria e l’articolo 103 del codice procedura penale.

Ai sensi dell’art 8 L.A.:

Per effettuare i necessari approfondimenti delle segnalazioni di operazioni sospette:
a) la DIA e il Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza si avvalgono anche dei dati contenuti nella sezione dell’anagrafe tributaria di cui all’articolo 7, sesto e undicesimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, come modificato dall’articolo 37, comma 4, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248;

b) gli appartenenti al Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza esercitano anche i poteri loro attribuiti dalla normativa valutaria. Tali poteri sono estesi ai militari appartenenti ai reparti della Guardia di finanza, ai quali il Nucleo speciale di polizia valutaria puo’ delegare l’assolvimento dei compiti di cui al comma 3;

Per i controlli di competenza di cui all’articolo 53, nei confronti dei soggetti sottoposti agli obblighi antiriciclaggio, ivi compresi quelli svolti in collaborazione con la UIF, il Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza esercita i poteri di cui al comma 4, lettere a) e b).

In sede di controlli antiriciclaggio la GDF esercita i poteri previsti dalla normativa valutaria (DPR 148/1988). Il DPR 148/1988, all’art 26 così recita:

Gli ufficiali e i sottufficiali del nucleo speciale di polizia valutaria esercitano gli stessi poteri e facoltà riconosciuti ai funzionari dell’Ufficio italiano dei cambi nello svolgimento dell’attività ispettiva in materia valutaria.


I militari della Guardia di finanza nell’accertamento delle violazioni valutarie esercitano i poteri che sono loro attribuiti in materia finanziaria dalla legge 7 gennaio 1929, n. 4, e dalle leggi tributarie.

A questa disposizione va aggiunto l’art 2 del d.lg. 68/2001, sui compiti della GDF, per l’esame del testo: Link.

La normativa valutaria richiama i poteri previsti dalla normativa tributaria (previsti nel DPR 600/1973 per le imposte dirette e nel DPR 633/1972 per l’IVA).

Interessa in questa sede l’art 52 del DPR 633 (Accessi, ispezioni e verifiche) ai sensi del quale gli Uffici dell’imposta sul valore aggiunto (e, per quanto detto, la GDF) possono effettuare l’accesso nei locali destinati all’esercizio di attività professionali, per procedere ad ispezioni documentali, verificazioni e ricerche e ad ogni altra rilevazione ritenuta utile per l’accertamento dell’imposta e per la repressione dell’evasione e delle altre violazioni.

Si evidenzia che in ogni caso per accedere in locali che siano adibiti anche ad abitazione, è sempre necessaria anche l’autorizzazione del procuratore della Repubblica.

L’accesso nei locali destinati all’esercizio di professioni dovrà essere eseguito in presenza del titolare dello studio o di un suo delegato.

L’accesso in locali diversi da quelli indicati può essere eseguito, previa autorizzazione del procuratore della Repubblica, soltanto in caso di gravi indizi di violazioni delle norme del presente decreto, allo scopo di reperire libri, registri, documenti, scritture ed altre prove delle violazioni.
Decisivo il comma 3:

È in ogni caso necessaria l’autorizzazione del procuratore della Repubblica o dell’autorità giudiziaria più vicina per procedere durante l’accesso a perquisizioni personali e all’apertura coattiva di pieghi sigillati, borse, casseforti, mobili, ripostigli e simili e per l’esame di documenti e la richiesta di notizie relativamente ai quali è eccepito il segreto professionale ferma restando la norma di cui all’articolo 103 del codice di procedura penale.

Ai controlli antiriciclaggio della GDF negli studi legali si applica, in particolare, l’art 52 del DPR 633 (Accessi, ispezioni e verifiche).

La ricostruzione appena effettuata coincide con quella operata dalla stessa GDF nella Circolare 19 marzo 2012, n. 83607, pagina 222.

Ebbene la richiamata Circolare 22 dicembre 2008 n. 1, “Istruzione sull’attività di verifica”, richiama innanzitutto il disposto di legge, per poi aggiungere alcune soluzioni interpretative (e operative):
Ai sensi del comma 3 dell’art. 52 del D.P.R. n. 633/72, è sempre necessaria l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale competente ovvero dell’Autorità Giudiziaria più vicina, per procedere a:

  • perquisizioni personali;
  • apertura coattiva di pieghi sigillati, borse, casseforti, mobili e ripostigli.

Conseguentemente, allorquando durante le operazioni di accesso si presenti la necessità di procedere ai citati adempimenti, occorre provvedere tempestivamente a richiedere alla competente Autorità Giudiziaria il necessario provvedimento autorizzatorio; nelle more delle decisioni del magistrato, dovrà essere adottata ogni cautela, fra cui anche il piantonamento e/o il suggellamento, per impedire che vengano alterati, occultati o distrutti libri, registri, scritture e documenti, ovvero che vengano sottratti plichi sigillati, borse, ecc. o il loro contenuto.

Secondo la GDF (che richiama la “prevalente giurisprudenza di legittimità”)

la specifica autorizzazione del Procuratore della Repubblica in argomento è necessaria unicamente per procedere durante l’accesso, oltre che a perquisizioni personali, all’apertura coattiva di casseforti, mobili, ripostigli e simili che risultino chiusi, per cui è legittimo procedere, ove non sia necessario ricorrere all’uso della forza, all’apertura di un cassetto non chiuso contenente documentazione anche senza detta specifica autorizzazione.

A proposito della questione che qui rileva (opposizione del segreto professionale ai sensi del comma 3 dell’art 52) nella circolare si trova scritto:

Al riguardo, deve ritenersi che, nel corso di accessi a fini fiscali, il segreto professionale possa essere fondatamente opposto soltanto per quei documenti che rivestono un interesse diverso da quelli economici e fiscali del professionista o del suo cliente e, pertanto, quando i documenti non presentano alcuna utilità ai fini fiscali; non pare quindi che possa essere eccepito il segreto professionale per le scritture ufficiali né per i fascicoli dei clienti, limitatamente però, per quanto attiene a questi ultimi, all’acquisizione dei documenti che costituiscono prova dei rapporti finanziari intercorsi fra professionista e cliente.

In ogni caso, qualora venga opposto il segreto professionale, da far risultare chiaramente in atti, i verificatori devono richiedere l’autorizzazione dell’Autorità Giudiziaria per procedere all’ulteriore esame,

avendo cura di rappresentare all’Autorità stessa tutti gli elementi necessari per operare le proprie valutazioni, con particolare riferimento all’utilità ai fini delle operazioni ispettive dell’esame dei documenti per i quali detto segreto è opposto. Va posto in adeguato risalto che l’autorizzazione del magistrato è necessaria per l’esame dei documenti e non già per l’adozione di atti che non richiedano detto esame; nelle more delle decisioni del magistrato, appare quindi consentito che i verificatori cautelino la documentazione in argomento, senza procedere ad alcuna consultazione del relativo contenuto, in maniera tale da assicurarne l’integrità fino a quando non sarà concessa l’autorizzazione all’esame di merito. Le cautele adottate saranno fatte risultare nel processo verbale di verifica, in cui si darà chiara contezza che i documenti cautelati non sono stati in alcun modo visionati dai verificatori, in attesa del nulla osta del magistrato interessato.

Infine, la circolare si sofferma sulla posizione degli avvocati che svolgano funzioni difensive o dei professionisti che assumano l’ufficio di consulenti tecnici, attesa la clausola di salvaguardia contenuta nel citato art. 52 con riferimento all’art. 103 c.p.p., in tema di ispezioni, perquisizioni e sequestri presso i difensori.

Secondo la GDF, l’ampia portata dell’art 103 c.p.p.,

dettata chiaramente con specifico riferimento alle ispezioni ed alle perquisizioni disposte per finalità di carattere processuale-penale, deve ovviamente essere calibrata nel momento in cui se ne debba fare applicazione nel campo fiscale.

In questa prospettiva, il vincolo che detta disposizione viene a produrre pare riguardare i divieti di sequestro di carte o documenti relativi all’oggetto della difesa e di ogni altra forma di controllo della corrispondenza tra imputato e difensore; ai fini dell’individuazione dei documenti che, in concreto, rientrano nel campo di applicabilità di tali divieti, occorre fare riferimento all’art. 35 delle norme di attuazione del codice di procedura penale, a mente del quale, tra l’altro:
– la corrispondenza fra l’imputato ed il suo difensore deve riportare il nome ed il cognome dell’imputato, il nome ed il cognome e la qualifica professionale del difensore, nonché la dicitura “corrispondenza per ragioni di giustizia” con la sottoscrizione del mittente e l’indicazione del procedimento cui la corrispondenza si riferisce;

– quando mittente è il difensore, la sottoscrizione è autenticata dal Presidente del consiglio dell’ordine forense di appartenenza o da un suo delegato;
– se l’imputato è detenuto, l’autorità che ne ha la custodia appone il proprio timbro o firma sulla busta chiusa recante le indicazioni suddette.

Per quanto precede, l’ambito giuridico del citato art. 103 c.p.p. deve intendersi circoscritto all’esame della predetta corrispondenza fra imputato e difensore e non comprende, ad esempio, la risposta a richieste di notizie avanzate dai verificatori per esigenze istruttorie relative al controllo in corso.

Il documento chiude la questione in esame con le seguenti disposizioni:

Nei casi in cui, invece, la previsione della menzionata norma del codice di procedura penale risulti trovare piena operatività, non è sufficiente l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica per procedere all’apertura dei plichi, ravvisandosi la necessità che vi proceda direttamente il giudice delle indagini preliminari, ovvero un magistrato dell’ufficio del Pubblico Ministero in forza di un decreto motivato del giudice, il quale ipotizzi che il relativo contenuto costituisca corpo del reato (art. 103, commi 2 e 4, c.p.p.); sarà, pertanto, necessario che i militari operanti, comunichino tempestivamente al pubblico ministero, anche in forma orale, ai sensi dell’art. 347 del c.p.p., la notizia di reato che ritengano eventualmente ravvisabile, per i successivi atti che l’Autorità Giudiziaria stessa riterrà di compiere.

Resta inteso che, anche per i documenti che non rientrano nel campo di applicazione della richiamata disposizione, il professionista potrà comunque opporre il segreto professionale, eventualmente superabile attraverso una specifica autorizzazione dell’Autorità Giudiziaria, nei termini dianzi esposti.

La risposta al quesito è resa, pertanto, nei seguenti termini.

L’avvocato sottoposto a controllo antiriciclaggio dalla GDF può legittimamente opporre il segreto professionale in relazione alla richiesta di acquisizione/esame dei fascicoli di studioIn questo caso gli operanti hanno l’obbligo di chiedere l’autorizzazione dell’AG per procedere in tal senso.

Resta fermo il disposto di cui all’art 103 c.p.p. per le ipotesi particolari ivi previste.