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Le cartelle esattoriali ed i condoni fiscali

Il mercato
Ph. Marta Stranges / Il mercato

In tema di condoni fiscali, spesso viene dibattuto il problema se la cartella esattoriale rientra tra gli atti condonabili.

A tal proposito, è intervenuta una costante giurisprudenza della Corte di Cassazione, che, soprattutto per il condono del 2011, ha stabilito i seguenti principi.

L'articolo 39, comma 12, Decreto legge n. 98 del 2011 così recita:

"Al fine di ridurre il numero delle pendenze giudiziarie e, quindi, concentrare gli impegni amministrativi e le risorse sulla proficua e spedita gestione del procedimento di cui al comma 9, le liti fiscali di valore non superiore a 20.000 Euro in cui è parte l'Agenzia delle Entrate, pendenti alla data del 31 dicembre 2011 dinanzi alle Commissioni Tributarie o al Giudice Ordinario in ogni grado del giudizio e anche a seguito di rinvio, possono essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l'atto introduttivo del giudizio, con il pagamento delle somme determinate ai sensi della Legge 21 dicembre 2002, n. 289, articolo16. A tale fine, si applicano le disposizioni di cui al citato articolo 16, con le seguenti specificazioni:

a) le somme dovute ai sensi del presente comma sono versate entro il 31 marzo 2012 in unica soluzione;

b) la domanda di definizione è presentata entro il 31 marzo 2012;

c) le liti fiscali che possono essere definite ai sensi del presente comma sono sospese fino al 30 giugno 2012 (…).”

Occorrendo, dunque, fare riferimento all'ambito della procedura di definizione della lite fiscale pendente di cui all'articolo 16 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, deve osservarsi che, in base al comma 3, lett. a), di tale disposizione "per lite pendente" si intende "quella in cui è parte l'Amministrazione Finanziaria dello Stato avente ad oggetto avvisi di accertamento, provvedimenti di irrogazione delle sanzioni e ogni altro atto di imposizione".

Sul punto l'Agenzia delle Entrate, con circolare n. 48 del 2011, ha ritenuto che non possano essere ricondotti alla categoria degli atti impositivi, e non siano pertanto suscettibili di definizione agevolata, ai sensi della disciplina in esame, "l'avviso di liquidazione" ed "il ruolo", in considerazione della loro natura, non essendo riconducibili nella categoria degli "atti impositivi" in quanto finalizzati alla (mera) riscossione dei tributi e degli accessori (paragrafo 4.2).

In linea generale, non sono definibili le liti fiscali aventi ad oggetto i ruoli emessi per imposte e ritenute indicate dai contribuenti e dai sostituti di imposta nelle dichiarazioni presentate, ma non versate.

I controlli su tali versamenti sono disciplinati espressamente dalla lettera f) del comma 2 dell'articolo 36 bis del DPR 29.9.1973 n. 600.

Al recupero delle imposte non versate non si provvede, infatti, mediante atto impositivo che presupponga la rettifica della dichiarazione, ma con atto di mera riscossione, ricognitivo di quanto indicato dal contribuente o dal sostituto nella dichiarazione". Secondo l'Agenzia delle Entrate, pertanto, rientrano nella categoria degli atti suscettibili di definizione agevolata quelli che assolvono alla funzione di accertamento, oltre che di riscossione.

Tanto premesso, è orientamento consolidato e condivisibile, invece, della Corte di Cassazione che, in caso di cartella di pagamento emessa ai sensi del DPR n. 600 del 1973, articolo 36 bis, l'atto non rappresenta la mera richiesta di pagamento di una somma definita con precedenti atti di accertamento, autonomamente impugnabili e non impugnati, ma riveste anche natura di atto impositivo, trattandosi del primo ed unico atto mediante il quale la pretesa fiscale è esercitata nei confronti del dichiarante, conseguendone la sua impugnabilità, ex articolo 19 del DPR n. 546 del 1992, anche per contestare il merito della pretesa impositiva (cfr. Cass. 4.12.2015, n. 24772, 22.1.2014, n. 1263 e, da ultimo, Corte di Cassazione – Quinta Sezione Civile – con l’ordinanza n. 27271 depositata in cancelleria il 24/10/2019).

L'impugnazione della cartella di pagamento, con cui l'Amministrazione liquida le imposte calcolate sulla base dei dati forniti dallo stesso contribuente, origina comunque una controversia definibile in forma agevolata, ai sensi della Legge n. 289 del 2002, articolo 16, in quanto detta cartella, essendo l'unico atto portato a conoscenza del contribuente con cui si rende nota la pretesa fiscale e non essendo preceduta da avviso di accertamento, è impugnabile non solo per vizi propri della stessa ma anche per questioni che attengono direttamente al merito della pretesa fiscale ed ha, quindi, natura di atto impositivo (cfr. ex multis, Cass. n. 31055 del 2017; Cass. n. 28611 del 2017; Cass. n. 1296 del 2016; Cass. n. 1295 del 2016; Cass. n. 26997 del 2014; Cass. n. 22672 del 2014).

La Corte di Cassazione, del resto, con giurisprudenza costante, non ha mancato di chiarire che risulta, di per sé, irrilevante la circostanza che la cartella esattoriale contenga la liquidazione di imposte dichiarate e non versate, una volta che, da un lato, la cartella di pagamento rappresenta il primo atto con cui l'Amministrazione ha esercitato la propria pretesa tributaria, e dall'altro occorre comunque riconoscere al contribuente di poter impugnare la cartella, anche al fine di esercitare il proprio diritto alla emendabilità, pure in sede contenziosa, della propria dichiarazione (cfr. Cass. n. 22672 del 2014; Cass. n. 23269 del 2018).

Pertanto, la motivazione del provvedimento di diniego opposto dall'Amministrazione finanziaria al condono, ai sensi dell'articolo 39, comma 12, del Decreto legge n. 98 del 2011, deve pertanto giudicarsi non conforme a diritto.

In definitiva, la costante e corretta giurisprudenza della Corte di Cassazione deve ritenersi applicabile in tutti i casi di condoni o definizioni delle liti pendenti.