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Le certificazioni di qualità

Riflessioni a margine di due recenti sentenze della giustizia amministrativa
A conferma di una particolare attenzione da riservarsi al livello qualitativo delle offerte delle imprese che partecipano alle gare pubbliche, il legislatore comunitario ha approvato la Direttiva 18/2004/CE ove, all’articolo 49, rubricato “Norme di garanzia della qualità”, stabilisce che “qualora richiedano la presentazione di certificati rilasciati da organismi indipendenti per attestare l’ottemperanza dell’operatore economico a determinate norme in materia di garanzia della qualità, le amministrazioni aggiudicatrici fanno riferimento ai sistemi di assicurazione della qualità basati sulle serie di norme europee in materia e certificati da organismi conformi alle serie delle norme europee relative alla certificazione. Le amministrazioni aggiudicatrici riconoscono i certificati equivalenti rilasciati da organismi stabiliti in altri Stati membri. Esse ammettono parimenti altre prove relative all’impiego di misure equivalenti di garanzia della qualità prodotte dagli operatori economici”.

L’ordinamento italiano ha recepito integralmente la disposizione comunitaria nell’ambito dell’articolo 43 del Decreto Legislativo 12 aprile 2006 n. 163 (cosiddetto “Codice dei contratti pubblici”) finalizzato ad assicurare, attraverso la certificazione da parte di soggetto esterno qualificato, l’idoneità dell’impresa partecipante all’effettuazione della prestazione prevista nel bando di gara secondo un determinato livello qualitativo.

Dal canto suo, il soggetto di certificazione deve possedere, a sua volta, specifiche competenze definite a livello europeo, aventi lo scopo di garantire la sua attitudine ad attestare che un dato prodotto, un certo processo produttivo ovvero un determinato servizio sono uniformi ai requisiti stabiliti dalle corrispondenti norme tecniche, con adeguata garanzia di validità nel tempo.

Per impostare un sistema qualità, il modello a cui riferirsi è costituito dalle Norme della Serie UNI EN ISO 9000, costituenti un insieme di sistemi, di regole e di attività necessarie per garantire la qualità dei prodotti e dei servizi di un’impresa da prendere a riferimento per la progettazione, la realizzazione e l’attuazione dei Sistemi di Gestione per la Qualità delle imprese.

La prima codificazione delle norme in esame risale al 1947 ad opera dell’Organizzazione Internazione di Standardizzazione (ISO), dando così vita ad un Sistema Qualità a carattere generale, applicabile in qualsiasi ambito. Nel 1988, tali norme sono state recepite da parte dell’ordinamento italiano con la denominazione di UNI EN serie 29000 e successivamente, nel 1994, le stesse sono state oggetto di revisione con la nuova denominazione EN ISO 9000, avente lo scopo di orientare lo sviluppo dei Sistemi di Qualità verso la Qualità Totale.

L’adozione del S.Q. - nel rispetto delle norme UNI EN ISO serie 9000 - permette di ottenere la certificazione, ossia il riconoscimento formale che il proprio Sistema è conforme a quello delle norme di riferimento. A seconda del dettaglio richiesto, la certificazione è graduata secondo uno o più livelli di documentazione, alla cui base, di norma, è posto il “Manuale Qualità”.

Nell’ambito dei lavori pubblici, la certificazione è un obbligo e non una mera facoltà, in quanto l’articolo 63, comma 3, reg. 2008 stabilisce che la stessa venga predisposta da parte di una società organismo di attestazione (SOA). Al contrario nell’ambito dei servizi e delle forniture, la conformità della qualità aziendale è lasciata alla libera scelta della stazione appaltante, con l’unico limite, introdotto dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato che occorre richiedere certificazioni basate sulla corrispondente serie di norme europee EN 29000, rilasciate da organismi a loro volta qualificati conformi alle serie di norme europee EN 45000.

Una volta ottenuta tale documentazione, l’impresa partecipante alla gara ha diritto al beneficio previsto dall’articolo 75, comma 7 del Decreto Legislativo 12 aprile 2006 n. 163, in base al quale “l’importo della garanzia, e del suo eventuale rinnovo, è ridotto del cinquanta per cento per gli operatori economici ai quali venga rilasciata, da organismi accreditati, ai sensi delle norme europee della serie UNI CEI EN 45000 e della serie UNI CEI EN ISO/IEC 17000, la certificazione del sistema di qualità conforme alle norme europee della serie UNI CEI ISO 9000, ovvero la dichiarazione della presenza di elementi significativi e tra loro correlati di tale sistema. Per fruire di tale beneficio, l’operatore economico segnala, in sede di offerta, il possesso del requisito, e lo documenta nei modi prescritti dalle norme vigenti”.

La cauzione provvisoria ha funzione di garanzia della fondatezza delle dichiarazioni fornite dall’impresa, relative al possesso dei requisiti prescritti dal bando o dalla lettera di invito. Data la portata dell’ agevolazione prevista dall’art. 75, una recente sentenza del TAR Liguria (n. 5260 del 24 giugno 2010) è intervenuta precisando che per poter beneficiare del dimezzamento della cauzione provvisoria, il certificato prodotto ai sensi delle Norme della serie UNI EN ISO 9001:2000 deve essere relativo all’oggetto dell’appalto. La giurisprudenza amministrativa di merito, per non svilire il ruolo di tale istituto, introduce dunque un limite fondamentale consistente nella necessità che il requisito della certificazione sia posseduto con riferimento all’oggetto specifico dell’appalto, dovendo pertanto esservi corrispondenza tra la categoria prevalente dei lavori posti in gara e quella a cui si riferisce la certificazione di qualità.

Rimanendo nell’ambito della qualità, merita speciale attenzione il settore delle certificazioni ambientali: la citata Direttiva 2004/18/CE, con il combinato disposto degli articoli 48, comma 2, lett. f) e 50, inserisce la certificazione ambientale nel computo dei requisiti in materia di capacità tecniche-professionali che le stazioni appaltanti possono richiedere alle imprese partecipanti alle gare. Lo scopo è quello di incentivare le amministrazioni committenti a preferire, nella loro selezione, i soggetti in grado di garantire specifici criteri di salvaguardia ambientale.

Il legislatore italiano, a sua volta, ha recepito l’orientamento comunitario introducendo le “Norme di gestione ambientale” all’articolo 44 del Decreto Legislativo 12 aprile 2006 n. 163, per cui “qualora, per gli appalti di lavori e di servizi, e unicamente nei casi appropriati, le stazioni appaltanti chiedano l’indicazione delle misure di gestione ambientale che l’operatore economico potrà applicare durante l’esecuzione del contratto, e allo scopo richiedano la presentazione di certificati rilasciati da organismi indipendenti per attestare il rispetto da parte dell’operatore economico di determinate norme di gestione ambientale, esse fanno riferimento al sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS) o a norme di gestione ambientale basate sulle pertinenti norme europee o internazionali certificate da organismi conformi alla legislazione comunitaria o alle norme europee o internazionali relative alla certificazione. Le stazioni appaltanti riconoscono i certificati equivalenti in materia rilasciati da organismi stabiliti in altri Stati membri. Esse accettano parimenti altre prove relative a misure equivalenti in materia di gestione ambientale, prodotte dagli operatori economici”.

Occorre da subito ricordare che l’EMAS - Eco Management and Audit Scheme è un regolamento che nasce dall’emanazione, da parte del Consiglio delle Comunità Europee, del Regolamento n.1836 del 29 giugno 1993 su adesione volontaria delle imprese del settore industriale ad un sistema comunitario di ecogestione e audit. E’ finalizzato pertanto all’adozione di un Sistema di Gestione Ambientale - SGA - che si propone di consentire la registrazione in un apposito elenco dell’Unione Europea riservato alle imprese che gestiscono il loro impatto ambientale secondo standard elevati. Si definisce Sistema di Gestione Ambientale - SGA: "Quella parte del sistema di gestione complessivo che comprende la struttura organizzativa, le responsabilità, le prassi, le procedure, i processi e le risorse per definire ed attuare la politica ambientale”.

Anche in materia di certificazioni ambientali, è intervenuto recentemente il Consiglio di Stato con la sentenza n. 5069 del 2 agosto 2010 con cui la Sezione V ha stabilito che l’articolo 44 del decreto legislativo aprile 2006, n. 163, nel prevedere i casi di richieste di specifiche certificazioni relative alla gestione ambientale, limita tuttavia tale facoltà “unicamente nei casi appropriati”, ossia nell’ipotesi di appalti particolarmente complessi, ad alto impatto ambientale, che necessitano di apposite misure di prevenzione durante la loro realizzazione. La sentenza in commento aggiunge che la richiesta di una particolare certificazione (nel caso di specie la certificazione ISO 14001) deve rispettare il requisito di proporzionalità previsto sia dalla disciplina generale, sia dalle specifiche disposizioni del codice dei contratti pubblici. Al contempo, chiarisce che la stessa non deve essere obiettivamente in contrasto con il principio di ampia partecipazione, anche al fine di conseguire in concreto la migliore offerta economica.

La giurisprudenza amministrativa in esame ha quindi voluto evidenziare due limiti alla disciplina della certificazione ambientale, e precisamente:

1. il primo, derivante dal rispetto del principio di proporzionalità, definito dal Consiglio di Stato come “principio generale dell’ordinamento (che) implica che la pubblica amministrazione debba adottare la soluzione idonea ed adeguata, comportante il minor sacrificio possibile per gli interessi compresenti”;

2. il secondo, in ossequio al principio del favor partecipationis, ossia della massima partecipazione alla gara, poiché è pubblico interesse l’ampliamento del numero delle imprese partecipanti al fine di aggiudicare l’appalto al contraente che ha presentato la migliore offerta economica.

A conferma di una particolare attenzione da riservarsi al livello qualitativo delle offerte delle imprese che partecipano alle gare pubbliche, il legislatore comunitario ha approvato la Direttiva 18/2004/CE ove, all’articolo 49, rubricato “Norme di garanzia della qualità”, stabilisce che “qualora richiedano la presentazione di certificati rilasciati da organismi indipendenti per attestare l’ottemperanza dell’operatore economico a determinate norme in materia di garanzia della qualità, le amministrazioni aggiudicatrici fanno riferimento ai sistemi di assicurazione della qualità basati sulle serie di norme europee in materia e certificati da organismi conformi alle serie delle norme europee relative alla certificazione. Le amministrazioni aggiudicatrici riconoscono i certificati equivalenti rilasciati da organismi stabiliti in altri Stati membri. Esse ammettono parimenti altre prove relative all’impiego di misure equivalenti di garanzia della qualità prodotte dagli operatori economici”.

L’ordinamento italiano ha recepito integralmente la disposizione comunitaria nell’ambito dell’articolo 43 del Decreto Legislativo 12 aprile 2006 n. 163 (cosiddetto “Codice dei contratti pubblici”) finalizzato ad assicurare, attraverso la certificazione da parte di soggetto esterno qualificato, l’idoneità dell’impresa partecipante all’effettuazione della prestazione prevista nel bando di gara secondo un determinato livello qualitativo.

Dal canto suo, il soggetto di certificazione deve possedere, a sua volta, specifiche competenze definite a livello europeo, aventi lo scopo di garantire la sua attitudine ad attestare che un dato prodotto, un certo processo produttivo ovvero un determinato servizio sono uniformi ai requisiti stabiliti dalle corrispondenti norme tecniche, con adeguata garanzia di validità nel tempo.

Per impostare un sistema qualità, il modello a cui riferirsi è costituito dalle Norme della Serie UNI EN ISO 9000, costituenti un insieme di sistemi, di regole e di attività necessarie per garantire la qualità dei prodotti e dei servizi di un’impresa da prendere a riferimento per la progettazione, la realizzazione e l’attuazione dei Sistemi di Gestione per la Qualità delle imprese.

La prima codificazione delle norme in esame risale al 1947 ad opera dell’Organizzazione Internazione di Standardizzazione (ISO), dando così vita ad un Sistema Qualità a carattere generale, applicabile in qualsiasi ambito. Nel 1988, tali norme sono state recepite da parte dell’ordinamento italiano con la denominazione di UNI EN serie 29000 e successivamente, nel 1994, le stesse sono state oggetto di revisione con la nuova denominazione EN ISO 9000, avente lo scopo di orientare lo sviluppo dei Sistemi di Qualità verso la Qualità Totale.

L’adozione del S.Q. - nel rispetto delle norme UNI EN ISO serie 9000 - permette di ottenere la certificazione, ossia il riconoscimento formale che il proprio Sistema è conforme a quello delle norme di riferimento. A seconda del dettaglio richiesto, la certificazione è graduata secondo uno o più livelli di documentazione, alla cui base, di norma, è posto il “Manuale Qualità”.

Nell’ambito dei lavori pubblici, la certificazione è un obbligo e non una mera facoltà, in quanto l’articolo 63, comma 3, reg. 2008 stabilisce che la stessa venga predisposta da parte di una società organismo di attestazione (SOA). Al contrario nell’ambito dei servizi e delle forniture, la conformità della qualità aziendale è lasciata alla libera scelta della stazione appaltante, con l’unico limite, introdotto dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato che occorre richiedere certificazioni basate sulla corrispondente serie di norme europee EN 29000, rilasciate da organismi a loro volta qualificati conformi alle serie di norme europee EN 45000.

Una volta ottenuta tale documentazione, l’impresa partecipante alla gara ha diritto al beneficio previsto dall’articolo 75, comma 7 del Decreto Legislativo 12 aprile 2006 n. 163, in base al quale “l’importo della garanzia, e del suo eventuale rinnovo, è ridotto del cinquanta per cento per gli operatori economici ai quali venga rilasciata, da organismi accreditati, ai sensi delle norme europee della serie UNI CEI EN 45000 e della serie UNI CEI EN ISO/IEC 17000, la certificazione del sistema di qualità conforme alle norme europee della serie UNI CEI ISO 9000, ovvero la dichiarazione della presenza di elementi significativi e tra loro correlati di tale sistema. Per fruire di tale beneficio, l’operatore economico segnala, in sede di offerta, il possesso del requisito, e lo documenta nei modi prescritti dalle norme vigenti”.

La cauzione provvisoria ha funzione di garanzia della fondatezza delle dichiarazioni fornite dall’impresa, relative al possesso dei requisiti prescritti dal bando o dalla lettera di invito. Data la portata dell’ agevolazione prevista dall’art. 75, una recente sentenza del TAR Liguria (n. 5260 del 24 giugno 2010) è intervenuta precisando che per poter beneficiare del dimezzamento della cauzione provvisoria, il certificato prodotto ai sensi delle Norme della serie UNI EN ISO 9001:2000 deve essere relativo all’oggetto dell’appalto. La giurisprudenza amministrativa di merito, per non svilire il ruolo di tale istituto, introduce dunque un limite fondamentale consistente nella necessità che il requisito della certificazione sia posseduto con riferimento all’oggetto specifico dell’appalto, dovendo pertanto esservi corrispondenza tra la categoria prevalente dei lavori posti in gara e quella a cui si riferisce la certificazione di qualità.

Rimanendo nell’ambito della qualità, merita speciale attenzione il settore delle certificazioni ambientali: la citata Direttiva 2004/18/CE, con il combinato disposto degli articoli 48, comma 2, lett. f) e 50, inserisce la certificazione ambientale nel computo dei requisiti in materia di capacità tecniche-professionali che le stazioni appaltanti possono richiedere alle imprese partecipanti alle gare. Lo scopo è quello di incentivare le amministrazioni committenti a preferire, nella loro selezione, i soggetti in grado di garantire specifici criteri di salvaguardia ambientale.

Il legislatore italiano, a sua volta, ha recepito l’orientamento comunitario introducendo le “Norme di gestione ambientale” all’articolo 44 del Decreto Legislativo 12 aprile 2006 n. 163, per cui “qualora, per gli appalti di lavori e di servizi, e unicamente nei casi appropriati, le stazioni appaltanti chiedano l’indicazione delle misure di gestione ambientale che l’operatore economico potrà applicare durante l’esecuzione del contratto, e allo scopo richiedano la presentazione di certificati rilasciati da organismi indipendenti per attestare il rispetto da parte dell’operatore economico di determinate norme di gestione ambientale, esse fanno riferimento al sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS) o a norme di gestione ambientale basate sulle pertinenti norme europee o internazionali certificate da organismi conformi alla legislazione comunitaria o alle norme europee o internazionali relative alla certificazione. Le stazioni appaltanti riconoscono i certificati equivalenti in materia rilasciati da organismi stabiliti in altri Stati membri. Esse accettano parimenti altre prove relative a misure equivalenti in materia di gestione ambientale, prodotte dagli operatori economici”.

Occorre da subito ricordare che l’EMAS - Eco Management and Audit Scheme è un regolamento che nasce dall’emanazione, da parte del Consiglio delle Comunità Europee, del Regolamento n.1836 del 29 giugno 1993 su adesione volontaria delle imprese del settore industriale ad un sistema comunitario di ecogestione e audit. E’ finalizzato pertanto all’adozione di un Sistema di Gestione Ambientale - SGA - che si propone di consentire la registrazione in un apposito elenco dell’Unione Europea riservato alle imprese che gestiscono il loro impatto ambientale secondo standard elevati. Si definisce Sistema di Gestione Ambientale - SGA: "Quella parte del sistema di gestione complessivo che comprende la struttura organizzativa, le responsabilità, le prassi, le procedure, i processi e le risorse per definire ed attuare la politica ambientale”.

Anche in materia di certificazioni ambientali, è intervenuto recentemente il Consiglio di Stato con la sentenza n. 5069 del 2 agosto 2010 con cui la Sezione V ha stabilito che l’articolo 44 del decreto legislativo aprile 2006, n. 163, nel prevedere i casi di richieste di specifiche certificazioni relative alla gestione ambientale, limita tuttavia tale facoltà “unicamente nei casi appropriati”, ossia nell’ipotesi di appalti particolarmente complessi, ad alto impatto ambientale, che necessitano di apposite misure di prevenzione durante la loro realizzazione. La sentenza in commento aggiunge che la richiesta di una particolare certificazione (nel caso di specie la certificazione ISO 14001) deve rispettare il requisito di proporzionalità previsto sia dalla disciplina generale, sia dalle specifiche disposizioni del codice dei contratti pubblici. Al contempo, chiarisce che la stessa non deve essere obiettivamente in contrasto con il principio di ampia partecipazione, anche al fine di conseguire in concreto la migliore offerta economica.

La giurisprudenza amministrativa in esame ha quindi voluto evidenziare due limiti alla disciplina della certificazione ambientale, e precisamente:

1. il primo, derivante dal rispetto del principio di proporzionalità, definito dal Consiglio di Stato come “principio generale dell’ordinamento (che) implica che la pubblica amministrazione debba adottare la soluzione idonea ed adeguata, comportante il minor sacrificio possibile per gli interessi compresenti”;

2. il secondo, in ossequio al principio del favor partecipationis, ossia della massima partecipazione alla gara, poiché è pubblico interesse l’ampliamento del numero delle imprese partecipanti al fine di aggiudicare l’appalto al contraente che ha presentato la migliore offerta economica.