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Le linee guida Anac

Prospettiva
Ph. Fabio Toto / Prospettiva

Nelle vesti di autorità amministrativa indipendente preposta alla prevenzione di fenomeni di corruzione nelle pp.aa., l’Anac dispone anche di poteri regolamentari, oltre che di potestà sanzionatorie.

Tra le facoltà che la legge riserva all’autorità vi rientra quella di emanare o comunque contribuire all’emanazione di linee guida, le quali sono prescrizioni di carattere generale che completano il disposto normativo, regolandone l’applicazione e l’attuazione.

Si suole distinguere sostanzialmente tre differenti tipologie di linee guida, alle quali l’ordinamento riconosce natura e portata diverse.

Nessun dubbio sussiste in ordine alla natura giuridica e agli effetti delle linee guida adottate con delibera del Ministro competente su proposta dell’Anac, le quali devono essere considerate alla stregua di regolamenti ministeriali.

Chiaro è inoltre il carattere delle linee guida adottate con delibera dell’autorità indipendente ma non aventi efficacia vincolante, la cui attuazione è affidata alla c.d. “moral suasion” del destinatario.

Maggiori dubbi, invece, sussistono in ordine alla qualificazione delle linee guida adottate con delibera dell’Anac e aventi efficacia vincolante.

 

L’ANAC, quale Autorità nazionale anticorruzione, svolge importanti compiti in materia di contratti pubblici: il legislatore specialistico, in particolare, dedica una specifica disposizione del nuovo codice appalti all’indicazione di tali poteri.

Come previsto espressamente dall’art. 213 del d.lgs. n. 50/16, l’ANAC vigila sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture nei settori ordinari e nei settori speciali, nonché su quei contratti esclusi dall’ambito di applicazione del codice, garantendo l’economicità dell’esecuzione ed accertando che dalla stessa non derivi pregiudizio per il pubblico erario, provvedendo a segnalare al Governo e al Parlamento, con apposito atto, violazioni particolarmente gravi della normativa di settore e potendo inoltre formulare all’organo governativo proposte di modifica della suddetta disciplina.

Sulla base di quanto previsto dal nuovo impianto normativo, la giurisprudenza (Cons. St., parere n. 855 del 2016) era pervenuta a classificare le linee guida esistenti in materia di contratti pubblici in tre differenti tipologie: in primo luogo, le linee guida approvate con decreto ministeriale su proposta dell’ANAC e previo parere delle competenti commissioni parlamentari; in secondo luogo le linee guida adottate con delibera dell’ANAC, aventi efficacia vincolante ed effetti erga omnes; infine, le linee guida adottate con delibera dell’ANAC a carattere non vincolante.

Le prime due categorie sono desunte da specifiche disposizioni del nuovo codice appalti, il quale le contempla come atti integrativi od attuativi del relativo precetto legislativo al quale accedono; la terza, invece, discende dalla clausola aperta codificata dal comma 2 dell’art. 213 citato.

Ai sensi di tale norma, in particolare, l’ANAC, attraverso linee guida, o altri strumenti di regolazione flessibile comunque denominati, garantisce la promozione dell’efficienza e della qualità dell’attività delle stazioni appaltanti; ferma, in ogni caso, l’impugnabilità delle decisioni e degli atti assunti dall’ANAC innanzi ai competenti organi di giustizia amministrativa.

Secondo la dottrina e la giurisprudenza, il carattere vincolante di una linea guida deve essere desunto dal tipo di disposizioni che pongono in essere: vanno qualificate come vincolanti, infatti, quelle che introducono regole di azione dirette ad integrare, con valenza generale ed astratta, il precetto contenuto nella disposizione legislativa primaria, e senza le quali quest’ultima resterebbe sostanzialmente inapplicabile; al contrario, devono considerarsi non vincolanti quelle che non sono suscettibili di integrare il comando contenuto nella legge, risolvendosi in indirizzi, interpretazioni, istruzioni o mere raccomandazioni.

Tanto premesso, mentre nessun problema di qualificazione è sorto con riferimento alle linee guida ministeriali e a quelle adottate con delibera dell’ANAC non vincolanti, maggiori dubbi sono sorti invece in ordine all’inquadramento delle linee guida vincolanti.

Per quanto riguarda, nello specifico, le linee guida approvate con decreti ministeriali ed interministeriali, deve ritenersi che le stesse siano a tutti gli effetti regolamenti ministeriali ex art. 17, comma 3, l. n. 400/88, possedendo una chiara efficacia innovativa nell’ordinamento in ragione dei caratteri di generalità ed astrattezza delle disposizioni ivi previste.

Dovendo essere considerate alla stregua di regolamenti, esse si collocano nella gerarchia delle fonti in posizione subordinata rispetto alla legge e resistono all’abrogazione da parte di fonti di rango inferiore; d’altra parte, analogamente a quanto avviene per i regolamenti, anche per le linee guida ministeriali ne è prevista la disapplicazione entro i limiti sanciti dalla giurisprudenza amministrativa.

Quanto alle linee guida adottate con delibera dell’ANAC e non vincolanti, invece, esse sono collocate nel sistema delle fonti ad un rango inferiore rispetto a quello delle circolari ministeriali e la loro effettiva applicazione è pertanto affidata alla c.d. “moral suasion” e al vincolo di motivazione che è imposto dall’autorità emanante. E’ previsto, in particolare, che il destinatario di tali linee guida, pur non essendo obbligato ad applicarle, qualora decida di non farlo è tenuto a motivare la sua decisione al fine di evitare di porre in essere un vizio di legittimità per eccesso di potere.

Per contro, importanti questioni interpretative sono sorte con riguardo alle linee guida deliberate dall’ANAC aventi efficacia vincolante, delle quali è incerta la qualificazione giuridica.

Sulla problematica è intervenuto il Consiglio di Stato (Cons. St., parere n. 1767 del 2016), il quale ha preso in considerazione le due differenti posizioni in materia, ovvero quella che qualifica le suddette linee guida come atti normativi atipici e quella che le considera in termini di atti di regolazione equivalenti a quelli adottati dalle autorità indipendenti.

Secondo il supremo Collegio, le linee guida vincolanti devono essere considerate come atti amministrativi generali “di regolazione”: trattasi infatti di atti aventi carattere generale ed emanati da un’Autorità amministrativa indipendente con funzione anche di regolazione.

La considerazione di tali linee guida in termini di atto amministrativo generale comporta l’impossibilità di esercitare il potere di disapplicazione, operativo solo per gli atti normativi in ossequio al principio juri novità curia, consentendone solo l’impugnazione secondo le stesse coordinate valevoli per i bandi di gara, ossia impugnazione tempestiva in caso di immediata lesività e doppia impugnazione in caso contrario.

Come osservato da attenta dottrina, inoltre, tale impostazione consente di assicurare anche a questi provvedimenti dell’ANAC tutte le garanzie procedimentali previste per gli atti delle Autorità indipendenti, nonché adeguate forme di pubblicità.

Si ritiene, d’altra parte, che in ragione della generalità delle questioni in esse contenute e dell’analogia con gli schemi generali di contratti tipo ed accordi o convenzioni emanati dai Ministeri, anche per l’emanazione di tali linee guida possa richiedersi un parere preventivo al Consiglio di Stato ex art. 17 l n. 400/88.

Tale orientamento è stato tuttavia criticato da parte della dottrina, secondo la quale non sussistono, con riguardo alle linee guida vincolanti adottate dall’ANAC, le condizioni che hanno consentito di affermare la compatibilità con il principio di legalità del potere di regolazione delle Autorità indipendenti.

Si evidenzia, infatti, che gli atti di regolazione rispondono in realtà ad un’esigenza differente rispetto alle linee guida, essendo destinati a porre in essere regole sostanzialmente tecniche, come tariffe o prezzi di accesso, in segmenti di mercato circoscritti e nei quali il potere esecutivo, per mezzo delle società partecipate, conserva un interesse che ne sconsiglia qualsiasi intervento normativo; le linee guida, per contro, non presentano i caratteri della tecnicalità e della settorialità e, dunque, non possono essere considerate alla stregua degli atti di regolazione delle autorità indipendenti.

Tanto premesso, l’impianto normativo introdotto dal nuovo codice appalti (d.lgs. n. 50/16) è stato innovato dal d.lgs. n. 32/19 (c.d. decreto Sblocca cantieri), il quale ha introdotto il comma 27 octies all’art. 216, il quale attribuisce all’ANAC il compito di emanare un regolamento unico recante disposizioni di esecuzione, attuazione ed integrazione del codice, prevedendo che le linee guida predisposte ai sensi dell’art. 213, comma 2, d.lgs. n. 50/16, nonché quelle che comunque siano in contrasto con le disposizioni recate dal regolamento, restino efficaci fino alla data di entrata in vigore del regolamento in quanto compatibili con il codice e non oggetto di procedure di infrazione.

A seguito di tale modifica normativa, è chiaro come non sia più valida la previgente tripartizione delle linee guida ANAC, le quali vengono in gran parte sostituite con l’adozione di un regolamento unico, ex art. 216, comma 27 octies, d.lgs. n. 50/16, attuativo ed integrativo delle disposizioni del codice.